nuova storia2
Chiedo scusa del ritardo nel postare ma gli impegni non mi lasciano il
tempo di lavorare bene ai capitoli. Anche se volevo lavorarci meglio,
non posso non postare qualcosa, quindi ecco il nuovo capitolo. Buona
lettura
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Un rumore acuto e penetrante rimbombò per
l’ambiente
silenzioso. Deunan gemette svegliandosi di colpo, sbattendo lievemente
la tempia sull’addome del compagno. Si tirò sulle
braccia
osservando intorno, portando poi una mano dietro la sua schiena verso
la pistola.
Un sibilo la fece rizzare e spostare da sopra il cyborg, estraendo
definitivamente l’arma e togliendo la sicura.
L’oscurità senza luna ne stelle la rese nervosa ed
elettrica, da saltellare da un piede all’altro senza
accorgersene, inciampando a volte fra le gambe di Briareos.
Qualcosa nell’oscurità iniziò a
ringhiare
pesantemente e Deunan si tuffò verso il portello alzato
davanti a
lei e vi si appoggiò, per avere una posizione stabile di
mira.
Vari scricchiolii e colpi sordi la accerchiarono, come se fossero ad
ogni lato, facendole rizzare i peli del corpo. Il fiato mozzato le
accelerò il battito cardiaco, il sangue che le arrivava alle
orecchie e al cervello. O era l’adrenalina?
Respirò profondamente e provò a pensare. Si
voltò
e cercò con le mani gli scatoloni. Aveva paura di accendere
la
torcia e attirare chiunque o qualunqua cosa ci fosse là
fuori.
Toccò con le dita vari oggetti, studiando la forma con i
polpastrelli. Alla fine, al terzo tentativo trovò gli
occhiali
termici e li indossò stringendo l’elastico sulla
testa.
Dal buio totale si ritrovò a una massa di verde e nero,
delimitando la forma di cosa la circondava. Vedeva il grosso masso, la
foma in lontananza di montagne e gruppi rocciosi, la forma della jeap,
Briareos immobile e gli scatoloni vicino a lei. Il fuoco si era spento
e la calma innaturale riempiva il luogo. Poi un brontolio come dietro
le sue orecchie e lei fece un salto di spavento. Non era assolutamente
da lei ma sapeva che era dettato solo dalla situazione. Alle sue spalle
vi era solo Briareos, che per promessa aveva smesso di comunicare con
la gola, quindi scartò l’idea. Un latrare rauco e
capì. Si sporse dalla jeap e notò un esemplare
arruffato
e sporco di coyote. Sembrava giovane, snello, con le orecchie tese in
alto e il muso irrequeto. Fissava il mezzo, girava in tondo, annusava.
Si chiese se non volesse provare a fare un salto
nell’abitacolo e
decise di provare a spaventarlo. Alzò l’arma in
aria e
sparò un singolo colpo che echeggiò, fendendo
l’aria con un boato squarciante, da far stridere e latrare
l’animale e farle venire un colpo in gola. Non era una
sorpresa,
aveva sparato lei, ma il silenzio totale aveva fatto credere che quel
singolo sparo fosse chissà quale boato distruttivo. Vide la
sagoma verde dell’animale sfuggire a una velocità
record,
si gettò con le mani sul bordo aperto del mezzo, posando la
fronte sul freddo metallo, rinfrescandole la pelle accaldata.
Insirò profondamente un paio di volte, tolse il visore e si
ritrovò nel buio penetrante della notte.
Rinfroderò la
pistola dietro la schiena e si sistemò di nuovo,
accoccolata,
sul corpo del compagno. Strinse con forza la coperta e
strofinò
la tempia sinistra sul petto di lui, cercando di ricacciare indietro le
lacrime che senza motivo volevano uscire. Tirò con il naso
per
fermare qualunque cosa volesse sfogarsi, come con le lacrime, e si
strinse a lui. Non riusciva più a dormire, il
cuore non
aveva smesso di rimbombare nella cassa toracica, anche se
più
lentamente di prima, ma continuava a farsi sentire. Si accorse con
sconcerto di apparire, ai suoi occhi, debole. Aveva pianto quando
Briareos era caduto sulla schiena, solo tre giorni prima, e aveva
sentito una disperazione sorda e opprimente al pensiero di perderlo o
saperlo immobile per sempre. Aveva stretto i denti in quei giorni, ma
la
sensazione di impotenza l’aveva colta troppe volte,
portandola
quasi a piangere, fermandosi a respirare per evitarlo, anche se per lei
non doveva accadere.
Si era vista allo specchietto retrovisore troppe volte per contastare
come l’aveva segnata tutto quello. L’ aspetto
smunto e
stanco, in primis. Per altri sarebbe stato scarno o emaciato solo per
il suo
colorito e le occhiaie. Per non parlar e poi dei capelli sporchi da
farle sembrare il suo biondo un cenere spento. Le labbra e le mani,
secche e screpolate, per la mancanza di attenzione alla cura di se
stessa, la facevano sembrare come con gli abiti, una stracciona. Lo
sapeva,
avrebbero pensato questo, se altri l’avessero vista. Doveva
cambiarsi, lavarsi ma quando decideva di farlo, si ritrovava sempre di
notte e senza acqua. Aveva solo quella per bere, non poteva sprecarla.
Si girò dall’altro lato nervosa, triste. Doveva
essere
forte, caparbia, per se stessa e Briareos. Lacrime e dolore dovevano
sparire. Restare in un angolo di se stessa e lasciar posto alla Deunan
capace di qualunque cosa, solo se lo volesse. Quella che Briareos
amava. Strinse i denti e accarezzò il braccio del cyborg fin
giù al gomito, per poi risale verso la spalla.
Sospirò e provò a dormire.
Deunan si svegliò quando il sole le toccò il
viso,
portandole luce sugli occhi. Si strofinò con la guancia
contro
il petto di Briareos, sbadigliando. Si mise a sedere, poi si
alzò barcollando, ancora stordita. Si stiracchiò
per
bene, diede il buongiorno al compagno e prese cosa le serviva per la
colazione. Prese il pentolino e preparò un beverone di
latte,
frutta e cereali per Briareos, che potesse ingurgitare senza dover
masticare e spiluccò pane non più fresco e
marmellata
avanzata per sè. Dopo quarantacinque minuti, era pronta per
andare nuovamente su strada. Disse a Briareos di avere pazienza e
aspettare le fermate di pausa per dargli l'acqua e l'orario del pranzo,
quando si sarebbe fermata definitivamente per un tot di tempo per
riposare. Chiuso il pianale, si sistemò sul sedile e
tornò e alla guida come gli altri giorni, cercando un
cartello
che le dicesse che strada prendere per New York.
Dopo quasi due ore, la prima sosta. Secondo il suo orologio erano circa
le dieci di mattina e il caldo che fino a una settimana prima picchiava
forte, iniziava a sparire. L'autunno sgomitava contro un'estate che gli
dava pian piano posto, portando i primi freddi, sopratutto di notte. In
inverno la situazione per lei, se non giungeva subito a destinazione,
sarebbe stata disastrosa. Non sarebbero bastate le coperte e il tepore
del corpo del compagno a scaldarla, questo lo sapeva. Se non trovava
almeno un tetto, erano spacciati. Gli inverni negli ultimi anni erano
più duri del solito e le estati distruttive. Il suo pensiero
primo era, a causa del cambio di stagione, il problema malattie. Se si
ammalava, erano nei guai entrambi. Non era tanto per lei il problema,
anche se ammalarsi non era un aiuto in quel periodo, ma per il suo
compagno. Messa male lei, lui sarebbe stato nei casini. Anche se
cyborg, aveva sempre bisogni umani. Si era ormai abituata a doverlo
nutrire, lavare, aiutare nei normali bisogni umani.
Rise al ricordo di tutte le persone che rimanenvano sconcertate nello
scoprire che non vi erano differenze come immaginavano, tra umani e
cyborg. Anche lei all'inizio non lo immaginava, eppure era
così.
Anche i cyborg avevano bisogni fisiologici dovuti al bere e mangiare.
Respirava e si nutriva, come tutti. E lei doveva, quando poteva,
'occuparsi' di lui in quel senso. Lavargli il corpo con una doccia o
ccon una spugna non era la sola mansione che doveva considerare, ma
anche assicurarsi di non lasciarlo senza cure tutto il giorno. NOn era
in grado di aiutarlo ad alzarsi nè altro per i suoi bisogni,
poteva solo cambiarlo quando poteva.
Un'esplosione improssiva la fece sobbalzare, sterzando pericolosamente.
Alla sua destra qualcosa stava producendo del fumo nero e scuro, che si
levava oltre delle masse rocciose. Frenò di colpo e
osservò l'ambiente intorno. Non vi era nessuno. Eppure quel
fumo non poteva comparire da solo. Aggrottò le sopracciglia,
cercò di riflettere su cosa fare e poi sospirò.
"Cosa devo fare Bri...secondo te dovrei andare a vedere? Sarebbe la
prima volta che vedo qualcosa che non siano idioti mercenari..."
Briareos non emise neanche un rumore e lei, preoccupata, si
voltò verso il retro. Sapeva però che lui non
poteva muovere un muscolo e le aveva promesso di non faticare a
emettere suoni gutturali, usando l'Os per parlare. Sorrise devolmente e
poi si risistemò sul sedile stringendo forte il volante.
Dopo aver riflettuto, sterzò verso il fuoco e
trovò un sentiero poco battuto e non facilemente
individuabile e si chiese da dove si poteva svoltare. Aveva guidato
stando attenta a ogni angolo della strada e dell'ambiente circostante e
poteva giocarsi una mano, non vi era una diramazione. Il fumo si
avvicinava e sembrava che dietro due enormi rocce ci fosse qualcosa.
"Bri, so che cosa pensi. Ma...magari è qualcosa di
positivo...non lo so. Ma voglio vedere cosa cè..."
Sfrecciò alzando la polvere della strada non asfaltata e
giunse, girando attorno ai massi rocciosi alti non capiva quanti metri,
a una specie di installazione di qualche tipo. Due
costruzioni in cemento e metallo una e metallo e vetro l'altra, una
più grande dell'altra, si stagliavano là in mezzo
al nulla. La più grande aveva una base rettangolare in
metallo alta quanto la porta a vetri, dal colore ormai smangiucchiato
dagli agenti atmosferici, sormontata da forse due piani con tetto
spiovente a triangolo in vetro all'ingresso. Il tetto poggiava prima su
una superficie metallica forse a dividere i piani sopra da quello gande
e in parte scendeva fino a coprire un terzo del
rettangolo, dove vi erano montati dei nomi. Pannelli di vetro verdi
formavano la parete anteriore. Il resto era composta da sezioni in
metallo, con griglie forse per l'aria agli angoli dell'edificio. Il
tetto spiovente aveva delle sezioni rientrate a vetri come il davanti.
Una delle due parti laterali, quelle più lunghe, portava una
specie di enorme targa per tutta la lunghezza con un nome ormai
sbadito, ma si capiva solo la parola Facility. Dei divisori metallici
alti quasi tre metri erano completamente abbattuti a terra, se ne
salvavanosolo tre sul lato a ovest dell'edificio. Sembrava tutto
abbandonato ma il fumo fuoriusciva da qualche parte dal tetto. I vetri
mostravano qualcosa che Deunan non riusciva a capire. L'altro edificio
sembrava alla ragazza come una rimessa o qualcosa del genere. Tutto
lamiere e finestre. Si fermò a qualche metro dall'ingresso e
osservò il tutto. A parte il probabile incendio non sembrava
esserci anima viva. Deunan scese dall'auto e diede un colpo
vicino Briareos sussurrandogli che sarebbe tornata subito. Poi, pistola
alla mano, si avviò verso la porta a vetri dell'ingresso.
Sbirciò, sporgendosi, dentro e notò che sembrava
più un misto tra un laboratorio e l'ospedale. Gli ampi vetri
a triangolo illuminavano l'interno senza bisogno di luci artificiali e
notò delle strutture a livelli con tavoli metallici, strani
tubi in vetro chiusi da placche metalliche e cose a schiera che non
riconosceva. Ma la cosa che le veniva in mente era apparecchiature
mediche.
NOn vedeva nessuno e decise di entrare spingendo l'ampia porta a vetro.
I cardini metallici cigolarono stridendo e lei si maledì per
la scelta di non provare a sbirciare in giro. Fece un rapido tratto di
corsa, con la pistola bassa, nascondendosi dietro i primi mobili
metallici attaccati dalla ruggine che si trovò nelle
vicinanze. Alzando lo sguardo notò rimanenze rotte di
provette, pinze metalliche sparse e fogli ingialliti. L'atmosfera che
respirava pareva quasi sacrale e il luogo era così grande
che le sembrava una cattedrale. Il posto dove si trovava era
più ampio di quelli più in alto che erano sospesi
da piani in metallo e vetro da farle pauyra al sol pensare di
camminarci. Deglutì e controllò lentamente tutta
l'area, stando attenta ai livelli sopra e eventuali porte. In fondo
all'edificio notò un ascensore che doveva portare in alto,
non vi erano porte e aveva un computer montato al centro dela cabina. I
piani superiori sembravano divisi a zone, piattaforme metalliche
ospitavano mobili e tavoli di vari tipi, mentre i corridoi che
conducevano a quegli spazi erano in vetro. Appena si ritrovò
vicina all'ascensore qualcuno urlò parolacce e un echeggiare
di passi metallici la colsero alle spalle. Portò la pistola
avanti a lei alzando lo sguardo e solo allora si accorse di una persona
che si muoveva nervosamente al piano sopra a lei. I loro sguardi si
incrociarono quando lui passò da una piattaforma metallica
al corridoio di vetro. L'uomo non più giovanissimo e con un
camice sporco si bloccò non appena la notò sotto
di sè e rimase a fissarla sconcertato. Quando si riprese
scuotendo la testa, il suo viso smagrito e barbuto si
illuminò con un sorriso e corse all'ascensore che era fermo
vicino a lei.
"Fermo, non si avvicini!"
"No, ferma. VOglio scendere. Voglio salutarti! Fammi scendere.."
"VUole salutarmi?"
"Sei la prima persona che vedo da anni! Fammi scendere!"
urlò concitato "Fammi chiamare l'ascensore!"
Deunan dopo qualche incertezza gli indicò con la pistola di
andare e lo osservò, pistola puntata su di lui, aspettare la
cabina e poi scendere al suo stesso livello. QUando arrivò,
l'uomo la fissò quasi elettrizzato, la squadrò
dalla testa ai piedi e le fece segno di saluto con la mano. Deunan alla
fine si fidò e si scambiarono un saluto cordiale.
"Accidenti, che emozione... sei vera. Vera!"
"Si...ma chi è lei?"
"Io? Oh io sono un ex abitante di questo posto...ero...un assistente
all'epoca. Mi chiamo Dyon e sono l'ultimo rimasto alla Appleseed
Facility. Ma tu...come sei giunta qui? Sei sola?"
Deunan cercò una risposta convincente e decise di mentire.
"No, il mio partner si trova sulla jeap. Abbiamo visto da lontano il
fumo e udito l'esplosione e..."
"Ah si...l'esplosione. NOn puoi immaginare quanti danni ci sono ai
macchinari. NOn cè più nulla di utilizzabile
qui...Eh si...sono tentato di andarmene ma...non ho un mezzo per farlo
e così..."
"Da quanto tempo vive qui da solo?"
"Credo...due anni...dall'assalto dei membri della F21 per fermare il
progetto Appleseed...ma mi sono stancato..."
"Il progetto Appleseed? Non mi è nuovo questo nome ma..."
"Oh strano...il progetto Appleseed su presentato all'assemblea generale
delle Nazioni Unite ma non all'opinione pubblica e solo i rappresentati
delle nazioni e i militari sanno cosè...comunque,
perchè sei qui ragazza?"
"Stavo cercando di raggiungere New York ma...la strada è
lunga e ho...sentito il boato..."
"New York..." bisbigliò, poggiandosi a un tavolo co nsguardo
allucinato "la sogno da tanto...vorrei tanto andarci!"
"Ehm...se vuole un passaggio noi ci stiamo andando
però...abbiamo quasi finito i viveri e..."
"Viveri...qui ho cibo fresco. Davvero mi daresti un passaggio? Posso
ricambiare con il cibo per tutti..."
Deunan si morse la lingua per la stupidaggine appena detta e
ripensò a Briareos e i suoi rimproveri sul ragionare prima
di parlare. Eppure quell'uomo sembrava tutto fuorchè
pericoloso. Non aveva armi con sè, sembrava essere davvero
una specie di scienziato.
"Ecco...possiamo parlarne...ma come è riuscito a vivere
quasi due anni?"
"La zona alloggi è nell'edificio comunale. Cè una
cucina, gli alloggi con bagni privati, il salotto per le pause e parte
cè la serra...sono riuscito a mantenere vive le piante e gli
alberi per poter mangiare. Sono riuscito a sopravvivere, non male vero?"
"Cè...verdura e frutta fresca?" quasi come una preghiera
supplichevole "Davvero?!"
"Certo, vieni..."
Si recarono insieme nell'edificio più piccolo. Ma quando lei
si avvicinò, constatò la vera grandezza della
costruzione. Pareva da lontano più piccola perchè
era tutto a un piano solo. Era in metallo con finestre rotonde alte
quanto le porte. Dyon spiegò che ogni zona dell'edificio
aveva un suo tetto spiovente e Deunan notò questa
particolarità. Il tetto era diviso in tanti più
piccoli spioventi ma non vi erano come nell'altro edificio vetrate per
la luce. Le fece visitare la cucina ben accessoriata ma limitata
nell'uso per la scarsità del combustibile per alimentarla.
Dyon le spiegò che essendo rimasto solo aveva razionato la
fornitura di gas che era chiusa sottoterra e ne rimaneva un quarto. Il
resto dell'edificio che aveva bisogno di corrente elettrica era
autonoma grazie ai pannelli solari posti sul retro che non si vedevano
e avevano una portata di immagazzinamento enorme nonostante il numero
limitato di quadri, che permetteva luso di acqua calda e altre
modernità senza problemi. Questo gli aveva permesso di
sopravvivere al caldo grazie all'aria condizionata e all'inverno per il
riscaldamento anche con la neve. Le stanze per gli ex colleghi erano
una decina, piccole ma comode anche se chiaramente abbandonate. I bagni
erano ancora utilizzabili ma avevano bisogno di un pò di
pulizia. Alla fine, rimase la serra dove Deunan vide colture
artificiali con luci e canali di irrigazioni. Non era grandissimo ma
Dyon le disse che in dodici che erano, riuscivano a sfamarsi per un
paio di giorni in attesa dei rifornimenti. Rimasto da solo, riusciva a
mangiare roba fresca ogni giorno, riuscendo a nutrirsi con cibi diversi
grazie alla riserva di semi che custodiva.
"Rimanete questa notte e mi preparerò per partire. Voglio
andarmene. NOn so comè il mondo là fuori ma
voglio andarmene. Ormai qui non posso far nulla, dopo l'esplosione di
oggi ho capito che non posso mandare avanti nessun esperimento. Umbrion
sarebbe felice della mia dedizione..."
"Chi?"
"Il dottor Umbrion era il capo schienziato della struttura. Eravamo
lui, sei suoi colleghi di alta preparazione, tre assistenti, un cuoco e
un tuttofare che faceva anche le pulizie. Lui era una delle menti che
aveva permesso la nascita del progetto Appleseed...ma lo hanno ucciso.
Un giorno che ero andato a richiedere le scorte per le ricerche, hanno
fatto irruzione...era uno dei gruppi terroristici contro il progetto e
hanno fatto una strage. Quando sono tornato, il dottor Umbrion morente
mi ha detto di salvarmi e rimanere qui, così' che nessuno
avrebbe potuto farmi del male e che ero uno dei pochi di questo posto
che conosceva il progetto. Ho fatto come ha chiesto ma non riesco
più a stare qui..."
"Allora vieni con noi...ci hanno detto ch New York e uno dei posti
sicuri dove poter andare..."
"Oh fantastico...e il tuo partner? Chiamalo, così vi
sistemate...per la prima volta potrò parlare con qualcuno a
cena...sono così felice..."
"Ehm...non posso...."
"Perchè'?"
Anche se incerta, lo condusse alla jeap e gli mostrò il
motivo. Dyon rimase sconcertato nel vedere Briareos.
Farfugliò qualcosa con tono entusiasta e fece tante domande
sui cyborg. Alla fine Deunan gli spiegò quali erano i suoi
problemi e che non poteva in alcun modo scenderlo da sola dal mezzo.
Dyon però le disse di aspettare e corse nell'edificio delle
ricerche, sparendo per diverso tempo.
"Non so se ho fatto bene ragazzone ma credo di aver fatto la scelta
giusta..."
Dyon ricomparve tirando un carrello con un generatore vecchio modello,
tenendo con l'altra mano una tanica di benzina.
"Ecco ragazza, questo è quello più leggero che ho
che potevo portare fin qui. metto la benzina, tu intanto collega questi
elettrodi agli attacchi del tuo amico. Sicuro che li avrà."
"Si, ma non so se ci sono quelli di questo vecchio modello, aspetta..."
Controllò gli attacchi e li trovò nel collo di
Briareos. Collegati, attese che l'uomo finisse di riempire il
generatore e poi lo avviò. Il rumore spaccatimpani
rimbombò per l'ambiente circostante pieno di verde. Deunan
rimase pensierosa vedendo l'apparecchio al lavoro ma nessuna reazione
del compagno.
"perchè lo abbiamo collegato al generatore?"
"Semplice, un cyborg come quello sfrutta parecchie risorse. Se come
dici tu l'os non funziona correttamente, non riuscirà
probabilmente a sfruttare l'energia continua del corpo. Diamo
direttamente corrente al cervello ausiliario e vediamo che succede..."
Attesero venti minuti ma non avvenne nulla. Dyon allora
tornò indietro e portò con sè verso la
jeap un computer. Collegò l'attacco allo slot di Briareos al
lato della testa e smanettò un pò, tanto da
spazientire Deunan. Alla fine, Dyon sorrise e urò 'bingo'
premendo un pulsante.
"Che hai fatto?"
"Non è definitivo nè risolutivo ma, ragazza, ho
cercato di sistemare il problema. Non sono uno specialista di cyborg ma
di base tutte le attrezzature delle Nazioni Uinite come quelle che ho
qui hanno un OS che è simile a quello del tuo partner. E'
difficile da spiegare a chi non capisce ma per essere chiaro, il
programma che gestisce le funzioni del suo corpo è simile a
quello di questo computer. Ma non potevo entrare senza una chiave,
quindi credo che il tuo amico mi abbia aperto una porta di sistema...."
"Ehm non ci capisco niente..."
"Beh...in poche parole, sono riuscito a resettare in parte il programma
sfruttando quello che ho qui. Ho sfruttato il sistema di riparazione
con files che ho qui. Proviamo se ha funzionato?"
"Non ho capito bene cosa hai fatto ma...ok, proviamo..."
Dyom, premuto un programma, fissò il cyborg davanti a lui.
Deunan però parve poco entusiasta constatando che non stava
funzionando. Prima che Dyon potesse dire qualcosa, Briareos si mosse e
puntandosi con una mano sul metallo del mezzo, prese Deunan con la vita
e la avvicinò a sè, salutandola. Deunan
urlò il suo nome con entusiamo postando le mani sul suo
viso. Gli chiese se andasse tutto bene e il cyborg rispose che
i problemi non erano spariti ma grazie al computer con il
quale era stato collegato, era riuscito a riparare in parte alcuni
sistemi crashati. Si alzò con fatica e Dyon gli disse di
aspettare la carica completa, cosa che a quanto sembrava era
già avvenuta da un pò.
"Nessun problema, il sistema mi dice che la batteria è
carica ma non so per quanto.Grazie mille,davvero."
"Di nulla, io sono felice di aver conosciuto un cyborg come te. Cosa
sei?"
"Un Hecatonchires da combattimento..."
"Non conosco nulla sui cyborg ma a sentire il nome pare una cosa
figa..."
Deunan e Briareos risero e andarono all'edificio comunale con l'uomo
per mangiare qualcosa. Dyon mostrò anche a lui ogni cosa e
chiese di fargli compagnia fino al giorno dopo. Dopo vari minuti
Briareos si lasciò convincere da Deunan, anche se
chiaramente non contento della cosa.
"Ascolta, se per te va bene, vorrei pranzare e poi riposare fino a
domani. Così hai il tempo di preparare tutto per il
viaggio..."
"Certo, certo. Vi preparo qualcosa da mangiare, perchè non
andate a farvi una doccia? Un bagno? Immagino che non vedete acqua
calda da tempo...ho un paio di stanze apposta per voi. le
più pulite..."
Deunan e Briareos si guardarono in faccia, risero lievemente e lo
informarono del loro legame. Dyon rimase incerto, affermando di non
aver inteso nulla e chiedendo scusa dell'errore. Li portò a
una delle stanze più pulite e li uscì per
preparare il pranzo. Lasciò prima una specie di diario
perchè potessero leggere e capire cosa era accaduto.
Deunan e Briareos rimasero in piedi a osservare la stanza. Un grande
lettotroneggiava al centro della semplice stanza. Una sola finestra
dava alle spalle dell'edificio mostrando solo verde, un
comodino, una cassettiera, un paio di quadri e una sola sedia. Il bagno
non era male e sembrava adatto alla stazza del cyborg.
"Almeno il letto è grande, spero però di non
avere brutte sorprese stanotte..."
Deunan fissò il compagno che si spogliava dagli abiti
sporchi sgranchendosi.
"Bri, scusa per gli abiti, non ho potuto cambiarti e..."
"Tranquilla bimba. Siamo qui ora, mi faccio una doccia e sono meglio di
prima. Da sola hai fatto davvero tanto..." abbracciandola "vuoi andare
prima tu o io?"
"Vai prima tu, così poi ti riposi."
Quando Briareos si chiuse nel bagno lei prese il diario e
sfogliò le pagine fin dove le interessava, poi
iniziò a leggere a voce alta. DAl bagno Briareos commentava
e discutevano sulle questioni scritte.
”questo tizio non ha voluto lasciare nessuna informazione
sugli
studi che aveva compiuto .”
"Da quello che ricordo, quel progetto aveva a che fare con noi..."
"Intendi con voi cyborg?"
"Da quello che ho sentito ma non so altro."
"Capisco, comunque tu non ti fidi di lui vero?"
"Non lo so, mi sembra strano però che sia rimasto solo qui
senza nessuno che..."
"Guarda che lo abbiamo trovato solo per l'esplosione. Altrimenti non
sapevo niente di questo posto e non cèra un strada vera che
portava qui. E' stato un caso..."
"Il caso a volte non è positivo. Anche se grazie a lui posso
muovermi di nuovo, rimaniamo con gli occhi aperti!"
"Ricevuto..."
Finita la doccia, Briareos uscì con una salvietta
intorno al collo e si accomodò a gambe incrociate sul letto.
Presa la salvietta sistrofinò la pelle delle braccia
osservando Deunan che si toglieva i vestiti. Abbassò i
pantaloni e, posata la pistola e altre cose che teneva nelle tasche, si
liberò anche della maglietta restando in reggiseno e slip.
Osservò gli abiti appena tolti e con sguardo poco convinto
le gettò nel cesto della biancheria nel bagno.
"Da quanto tempo non avevamo tutto questo?"
"Da troppo..." osservandola davanti ai suoi occhi in intimo, ferma a
parlargli "ma prima di arrivare a New York ci sono ore di macchina..."
"Voleranno con Dyon in macchina e le cose che ci porteremo dietro. Basta
fagioli, basta abiti sporchi, basta tutto...ci credi?"
"..."
"Che cè?" portando le mani sui fianchi "qualcosa non va?"
"NOn sappiamo cosa ci sia a New York...non è detto che sia
come ci hanno raccontato..."
"Ci stai ripensando?" avvicinadosi a lui intento a stringere il tessuto
della salvietta "vuoi andare da altre parti?"
"No, abbiamo deciso di fare questo passo, quindi andremo in
città. Spero solo di non avere brutte sorprese!"
Deunan lo guardò pensierosa, affondò un ginocchio
nel materasso e si allungò verso il compagno,
schioccandogli un bacio sulle labbra. Fece scorrere un braccio dietro
il collo e sfiorò la sua fronte con quella del cyborg,
stringendolo a sè.
"Qualunque cosa accada, mi basta che ci sia tu con me...il resto non mi
importa..."
"Lo so. E ne sono felice! Però vorrei trovare il nostro
paradiso, quello che abbiamo giurato di cercare fino alla fine del
mondo..."
"NOn so se il mondo ha una fine, ma di certo a me basta questo per
sentirmi felice" indicando prima la stanza e poi lui "...e mi va bene così..."
"brava ragazza" tirandola a sè.
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