Capitolo Quattro
Capitolo Quattro
o
La seconda parte del Capitolo Tre
ovvero
Quali meravigliose sorprese
Al Aki rimaneva sempre sorpreso dalla piega che potevano
prendere certi fatti se solo ci si spiegava: una formalità burocratica che
avrebbe potuto protrarsi per più di qualche ora si era drasticamente ridotta a
soli quindici minuti grazie all’aggiunta di alcuni piccoli particolari che
prima aveva omesso.
Così aveva deciso di cercare la sorella e portarla a
comprare dei vestiti: perché era vero che la ragazza aveva portato degli
indumenti, ma Al sarebbe stato dannato se prima di lasciare il paese non fosse
riuscito a comprarle almeno un bel completo.
Se lei lo chiedeva, comunque, la motivazione sarebbe stata
qualcosa tipo ‘un vestito per ogni clima’.
Non vi era poi un reale problema nel cercare la sorella, o
almeno, non c’era in quel momento. Non avevano più la camera, quindi lei era
costretta a rimanere fuori. Sicuramente non aveva ne fame ne sete, quindi non
doveva essere andata da qualche parte per mangiare. L’unica possibile scelta,
insomma, era cercare negli angoli bui in cui era possibile sedersi.
Fu fortunato. Ci vollero solo dieci minuti per individuare
la panchina su cui era seduta. Si poteva dire che, avendo lei i capelli blu,
dieci minuti fossero quantomeno eccessivi: c’era però da dire che aveva
scartato le panchine con più di due persone a priori.
Trovarla seduta accanto a qualcuno fu insieme una felice
visione e un avvenimento inquietante.
“Coco!” Al
sorrise, decidendo di essere estremamente felice e che no, le cicatrici sul
volto del tizio accanto a Ko Rah non potevano essere state procurate da lei. “Vedo che ti sei fatta degli amici!”
La ragazza mormorò qualcosa sottovoce: Al Aki decise di
prendere quel borbottio incomprensibile per una frase affermativa.
Mihel alzò lo sguardo, aggrottando la fronte appena vide che
a parlare era stato un ragazzo più giovane di lui.
Sembrava conoscere la ragazza. Come era possibile che
conoscesse la ragazza?
Mihel serrò le labbra, assumendo un’espressione inferocita.
“Chi sei tu?”
Il ragazzo si voltò verso di lui, gli occhi sgranati e la
bocca a forma di ‘o’, in un inequivocabile espressione di sorpresa. Si riprese
subito, comunque: compreso che Mihel stava davvero parlando con lui, questo
decise di sorridere e fare un elegante quando estremamente ridicolo inchino.
Rimessosi in piedi ridacchiò, divertito da se stesso. “Al Aki Lari! Oh, magari vuoi sapere anche
il titolo che mi è stato affibbiato, eh?” una risatina sfuggì nuovamente
dalle sue labbra mentre arrotolava una ciocca di capelli fra le proprie dita. “Eh! Non ne sono estremamente soddisfatto,
perché, cioè, da una parte è fin troppo da ragazza ed ha qualcosa che, cioè,
insomma, sembra così pomposo, ma,”
ed a quella parola Al Aki si mise impettito, la mano sinistra portata sotto il
gomito destro e l’altra mano ad accarezzargli il mento, forse nel tentativo di
far comprendere meglio il dubbio interno che lo dilaniava, “dall’altro è così carino e, uh, forte! Già, proprio forte!”
Al Aki fece un enorme sorriso che quasi sembrava risplendere
di luce propria: Mihel si limitò a fissarlo con un’occhiata omicida, silenzioso
suggerimento a tagliare il discorso.
“Ebbene, il mio
titolo è ‘Piccola Morte’!” Al fece una piccola smorfia, incerto. “Come ti sembra?”
“Tu,” ringhiò
Mihel indicando, lentamente, Ko Rah, “la
conosci?”
Il ragazzo aggrottò la fronte, perplesso. “Mia sorella?” spostò lo sguardo verso
Ko Rah, che si limitò a fare un piccolo ringhio. “Certo che la conosco! Sarebbe strano il contrario, no?”
Mihel distese la fronte mentre un barlume di consapevolezza
sembrava farsi strada nel suo sguardo. Avrebbe voluto rimarcare ciò che aveva
compreso ad alta voce, ripetendo più volte ‘tua sorella’ fino a quando tale
concetto non avesse smesso di avere un suono così meraviglioso e il ragazzo –
il fratello – non si fosse seccato e avesse deciso di rispondere che sì,
era vero, c’era un legame di parentela fra lui e Ko Rah: tuttavia un’immotivata
allegria gli bloccò le parole sul nascere, modificandole in “Piacere di
conoscerti, fratellone!”
Si alzò in piedi, tutto d’un tratto energico e pimpante, e
gli diede un’amichevole pacca sulla spalla, dimenticando completamente che
pochi secondi prima aveva ragionato sulla possibilità di saltargli al collo.
Anche Al Aki sembrò dimenticarsene, più preoccupato di
massaggiarsi la spalla dolente che di ricordarsi del pericolo appena evitato. “Piacere
di essere diventato tuo fratello, ragazzo sconosciuto che non ho mai incontrato
prima!”
Per quanto Ko Rah fosse occupata a giocare con il Wired,
qualcosa che di solito riusciva a distrarla completamente dal mondo esterno,
non poté trattenersi dall’emettere un ringhio feroce.
Come al solito, nessuno dei due ragazzi sembrò notarla.
“Eh… eh.” Mihel ridacchiò, incerto sul come intendere
le parole di Al Aki. “Uh… sì, bhé, il mio nome è Mihel. Spada Sacra.
Allora,” e dicendo questo tornò a rilassarsi, ficcando le mani in tasca e
spostando il peso sulla gamba destra, “come mai partecipate al torneo? Tua sorella”
sottolineò l’ultima parola con un tono esageratamente euforico, ancora eccitato
da quella nuova scoperta, “non mi ha risposto.”
Al Aki schioccò la lingua, lisciandosi una ciocca di capelli
con un’espressione pensosa. “Sì, bhè, mi avrebbe sorpreso se l’avesse fatto.
Temo di non averle detto perché vogliamo partecipare al torneo.” Ridacchiò
brevemente, gettando un’occhiata colma d’affetto alla sorella. “Ammirabile
fiducia, no? Intendo dire,” ed emise una nuova risatina, lasciando stare i
propri capelli e agitando la mano nel vuoto, “non ha chiesto nulla! Niente!
Ora che ci penso sono piuttosto commosso perché, seriamente, chi lo avrebbe mai
fatto? È un amore!”
Ko Rah ringhiò sommessamente. “Immagino di sì.”
Mihel alzò un sopracciglio, eloquente segnale di quanto poco
ci avesse capito del monologo di Al Aki. Aprì la bocca, probabilmente per
ribattere o quantomeno per rendere noto che, se anche gli aveva risposto, lui
non aveva compreso, ma poi la richiuse, senza sapere cosa dire con precisione.
“Oh.”
“Eeeeeesattamente!” Ko Rah mormorò qualcosa
sottovoce, in quello che era un segnale per far capire al fratello quanto
trovasse inquietante quel suo gorgheggiare sulle parole: in tutta risposta, Al
Aki si limitò a ridacchiare, trattenendosi a stento dal carezzarle la testa. “Già,
già. Avevo ora in mente di, sai, fare un giro per questa deliziosa cittadina e,
perché no! Mangiare qualcosa, anche se, bhè, quello sarà più o meno per l’ora
di pranzo e-”
“L’ora di pranzo?” disse Mihel, interrompendolo, con
la fronte aggrottata in un’espressione perplessa.
Vedendo quella strana espressione sul volto dell’altro Al
Aki sembrò perdere parte della propria gioiosa sicurezza, arrivando a stringere
di qualche dente il sorriso ed assumendo una smorfia che, più che allegra,
sembrava terribilmente forzata. “Uh, sì. Pranzo.”
Mihel assottigliò ancor di più lo sguardo, piegando la
schiena leggermente all’indietro: non sembrava più perplesso, bensì confuso,
come se l’informazione che Al Aki gli aveva appena dato stesse cozzando contro
una qualche legge su cui si basava la sua concezione della realtà.
Si inumidì le labbra, raccogliendo le idee: Al lo osservò in
trepidante attesa, quasi sporgendosi verso di lui. “Il torneo… Non inizia
circa alle…”
Come disse quelle incerte parole si interruppe, guardandosi
attorno alla ricerca di qualcosa. Al Aki lo guardava, attendendo speranzoso che
finisse la frase, ma Mihel sembrava aver spostato la sua attenzione su qualcosa
che non riusciva a trovare.
Poi, d’un tratto, sembrò che qualcosa gli avesse colpito lo
stomaco perché Mihel impallidì, sgranando gli occhi.
“Oddio!” esclamò lui con una vocina stridula che
sarebbe stata comica, se solo Al Aki ci avesse capito qualcosa. Mihel, reso
momentaneamente cieco dalla rivelazione che aveva appena ricevuto, sembrò non
vedere l’espressione sconcertata sul volto di Al o il modo in cui questo era
arretrato per il timore- semplicemente scattò, scomparendo fra la gente che in
quel momento riempiva la piazza del paesino.
Al Aki aprì e richiuse la bocca, cercando invano di
comprendere cosa era appena successo o cosa doveva fare: la parte più
irragionevole della sua mente gli diceva di correre, che qualsiasi cosa ci
fosse era meglio non rimanere lì, ma dall’altra parte sua sorella non accennava
a muoversi.
Non che Ko Rah fosse riuscita a rimanere completamente
impassibile. Aveva osservato la scena con la coda dell’occhio ed aveva persino
inarcato un sopracciglio quando quel tizio irritante aveva strillato ed era
scappato via: tuttavia, sembrava pensare la ragazzina mentre pestava i tasti
del Wired, se doveva prestare attenzione a tutto ciò che c’era di strano
attorno a lei non avrebbe mai avuto il tempo di finire per l’ennesima volta il
suo gioco.
“Ooh, affascinante!”
Al Aki aveva fatto appena in tempo a rendersi conto che
qualcuno aveva parlato quando Alhanaliam gli afferrò una ciocca di capelli,
osservandone le punte con attenzione. “Rosso carminio! Se non è un colore di
capelli curioso questo, non so cos’altro possa essere!”
Mentre Liam continuava nella sua minuziosa ispezione, Al Aki
non poté fare a meno di chiedersi come potesse il suo essere un colore
‘curioso’. Sua sorella aveva i capelli blu scuro, i suoi genitori avevano avuto
i capelli viola e, probabilmente, tutti gli altri appartenenti della sua
famiglia – forse persino razza – avevano dei colori simili al suo. Ciò che
davvero era curioso era che quel tizio avesse i capelli bianchi e non
appartenesse alla razza dei Sakiro- anche se, a dire il vero, forse apparteneva
alla razza dei Sakiro, ma si limitava solamente a non indossare una maschera.
Il che, continuò a ragionare Al Aki, sarebbe stato quantomeno curioso visto che
Venner e Maali sembravano sempre sorpresi nel vedere che la figlia osava andare
in giro con abiti che mostravano le braccia: c’era però da dire che Venner e
Maali erano distanti dalla civiltà da parecchio tempo, quindi forse le cose
potevano essere cambiate.
Al Aki piegò leggermente la testa d’un lato, schioccando
rumorosamente la lingua. “Sei un Sakiro?”
Alhanaliam lo fissò per qualche secondo, alzando per pochi secondi
le sopracciglia in un’espressione vagamente sorpresa. “Perché?”
Sembrava, con quella semplice parola, che qualsiasi emozione
che lo aveva animato fino a pochi secondi prima fosse scomparsa. Se fosse stato
possibile, Al Aki avrebbe definito lo sguardo di Liam con il termine ‘annoiata
sorpresa’: in effetti era solo l’impossibilità dei due termini di esistere
nella stessa frase che gli faceva avvertire tale espressione come sbagliata.
Sorrise, non esattamente a proprio agio. “Uh, ecco, hm,
sai, i capelli. Intendo dire, i capelli sono bianchi e, uh, tipo, pensavo che
fosse perché… ecco.”
Continuò a sorridere, reso più sicuro dal suono della
propria voce. Poco importava che avesse semplicemente balbettato una frase con
poco senso compiuto: aveva parlato e ciò bastava a farlo sentire, in un qualche
modo, meglio.
Alhanaliam continuò a squadrarlo con quello sguardo
incomprensibile, soppesando le parole dell’altro secondo chissà quale
ragionamento interno: poi sorrise.
Sembrò quasi che fosse stata accesa una luce, perché il
volto di Liam sembrò tingersi di una qualche dolcezza che, davvero, era
difficile da ottenere contando quanto strani fossero i suoi occhi e i vari
tagli che rompevano la regolarità del viso.
“Oh. Oh! Un’osservazione sensata, analitica, scientifica!”
Al Aki allargò il proprio sorriso, gonfiandosi il petto per
la gioia che tale strano complimento gli procurava.
“Anche totalmente inesatta ma,” aggiunse Alhanaliam,
lasciando la frase in sospeso e congelando il povero Al Aki sul posto. Liam
sventolò la mano destra, tentando di far capire che era un sciocchezza,
davvero: poi riprese. “i Sakiro hanno i capelli bianchi perché è l’unico
modo che hanno per ottenere un po’ di sole. Sai, con la loro peculiare idea che
mostrare un lembo di pelle sia estrema maleducazione non riescono mai a farsi
una soddisfacente abbronzatura.”
Al Aki assorbì la notizia in silenzio. Per quanto ne sapeva
poteva essere sensato, ma contando che non ne sapeva molto non aveva davvero
idea se ciò fosse vero o no.
Forse avrebbe dovuto chiederlo a Venner e Maali in una
lettera.
Poi si riscosse – o,
più precisamente, si ricordò che Alhanaliam continuava a stringere un ciuffo
dei suoi capelli– ed alzò timidamente una mano, tentando di far capire
all’altro che aveva bisogno della sua attenzione.
Liam non comprese perfettamente il messaggio. “Oh già!
No, non sono un Sakiro. I miei capelli una volta erano azzurri. Nel senso,”
e alzò la mano libera per fermare qualsiasi reazione di Al Aki- che, a dire il
vero, non aveva dato segno di voler parlare. “Non che sia vecchio. Ho solo
settantasette anni.”
Al Aki sgranò gli occhi, dimenticandosi per qualche secondo
il particolare dei suoi capelli in grave pericolo e concentrandosi sul fatto
che- aveva sentito bene? Settantasette anni? Ne doveva avere qualcosa di più di
venticinque, trenta al massimo.
“Lo so, lo so…” Alhanaliam aveva inteso l’espressione
esterrefatta di Al Aki e cominciò così a giustificarsi, interrompendosi
solamente per uno sbuffo avvilito. “I tagli mi invecchiano terribilmente, vero?”
Per qualche secondo Al Aki aprì la bocca con l’idea di
rispondere, di dire qualcosa. Poi si rese conto che, davvero, aveva troppe
risposte a disposizione per riuscire a sceglierne una soddisfacente in meno di
cinque minuti: così decise di cambiare discorso, ricordando in quel momento che
c’era l’inquietante possibilità che Alhanaliam decidesse che valeva la pena
tirargli i capelli. “A proposito dei miei capelli,” e così dicendo
ridacchiò leggermente, “potresti, tipo, lasciarli?”
Alhanaliam lo scrutò per qualche secondo, la fronte
corrugata nel tentativo di capire di cosa stesse parlando: poi,
improvvisamente, qualcosa nel suo sguardo si illuminò, probabilmente
ricordandosi che non solo stava stringendo un ciuffo di capelli di Al Aki, ma
che c’era anche un motivo dietro a quel gesto.
“Oooh, giusto. Stavamo parlando del tuo curioso colore di
capelli che deve sicuramente avere un- i tuoi occhi!” E con un acuto
strilletto Alhanaliam attirò più vicino a se Al Aki, utilizzando, con grande
rammarico del più giovane, i capelli che stava stringendo da ormai dieci
minuti. Ignorando completamente il grido di dolore di Aki (dolore reso ancor
più insopportabile dal fatto che era da dieci minuti che temeva quell’azione),
Liam fece un enorme sorriso reso in un qualche modo inquietante dalla scintilla
di interesse che si era accesa nel suo sguardo. “I tuoi occhi! Che colore
estremamente affascinante! Cioè, sì, anche tua sorella ha lo stesso colore ma…
ehm…” ed un ringhio proveniente da dietro le spalle di Alhanaliam sembrò
chiarificare il concetto che il ragazzo sembrava non aver coraggio di
pronunciare.
“Senza contare che chissà in quale stato sono, visto
tutto il tempo che passa giocare con quel coso.” Liam borbottò qualcosa
sottovoce, apparentemente infastidito da qualcosa: poi continuò, allegro come
prima. “Ma tu! Capelli rosso carminio, occhi gialli! Probabilmente è un
qualcosa di razza, vero? Intendo dire, anche tua sorella ha gli occhi dello
stesso colore. O forse è solo la vostra famiglia.”
Al Aki si sentiva estremamente a disagio e non solo perché
Alhanaliam continuava a studiarlo, o perché il tono della sua voce stava
andando dall’allegro al vagamente minaccioso: era soprattutto la mano di Liam,
quella ficcata dentro una tasca, che, si vedeva, stava stringendo qualcosa. Un
inquietante particolare che, se le cose fossero state normali, Al non avrebbe
neanche notato, troppo immerso nei suoi grandiosi piani per notare i dettagli.
“Uh, ah, ehm, uh, ehi!” Al Aki tentò di
indietreggiare, senza troppi risultati. “Hai, uh, hai notato il modo in cui,
ehm, Mihel è fuggito? Cioè, insomma, ha parlato dell’inizio del torneo e poi si
è, tipo, volatilizzato.”
Alhanaliam socchiuse gli occhi, perplesso. “Mihel? Chi…”
si interruppe, portando la mano libera al mento, quasi ciò dovesse aiutarlo a
concentrarsi. Al Aki trattenne a stento un sospiro di sollievo: qualsiasi cosa
stesse facendo, per lo meno aveva smesso di stringere qualsiasi arma si celasse
nelle sue tasche. “L’inizio del torneo? Aspetta, che ore sono?”
“Sono… l’ultima volta che ho guardato mancavano un sacco
di minuti alle dieci.”
Alhanaliam sgranò gli occhi, quasi l’informazione l’avesse
colpito allo stomaco, prima di fare uno scatto felino verso sinistra- una vista
piuttosto sorprendente, contando che Liam non dava l’impressione di essere un
tipo particolarmente agile.
Concorrenti.
Al Aki lasciò cadere la testa sul petto, lasciando che
quelle parole rimbombassero nella sua mente. Alhanaliam e, pareva, tutti gli
altri partecipanti, si erano anch’essi fermati, portando le mani alla testa in
gemiti di dolore.
Se anche avesse voluto tentare di aiutarli non ci sarebbe
riuscito. Sembrava che il suo corpo fosse impietrito, come se il solo ricevere
quella voce richiedesse tutte le sue energie.
Il torneo comincia ora. La prima prova consiste nel
raggiungere Nalos entro il tempo limite. Superatela e vi avvicinerete al vostro
desiderio.
Ko Rah. Quel nome lo riscosse, dandogli la forza di
distrarsi dalla voce. Sua sorella come stava?
Spostò appena lo sguardo – uno sforzo che appariva
incredibile, in quel momento – , riuscendo così a far entrare Ko Rah nel suo
campo visivo.
Avrebbe sospirato di sollievo se solo ci fosse riuscito. La
ragazza continuava a giocare, senza dar segno di sentire male o, quantomeno, di
notare che attorno a lei milioni di persone sembravano in preda di emicranie.
Fallite e verrete squalificati.
Al Aki annaspò in cerca d’aria, libero da quella presa
mentale che fino a poco prima l’aveva reso una specie di statua pensante.
Attorno a lui le persone cominciavano ad affannarsi verso l’uscita della
cittadina: di fronte, Ko Rah continuava a giocare, isola felice nel bel mezzo
del caos.
Al portò le mani alla fronte, ancora confuso. Una voce nella
sua mente, il torneo era iniziato- e il pranzo che aveva progettato? E i
vestiti che voleva comprare alla sorella?
La guardò, aprendo e chiudendo la bocca, tentando di dar
voce al fiume di pensieri che in quel momento lo stava travolgendo e che si
infrangevano contro il freddo ed indifferente muro che Ko Rah simboleggiava.
“Siamo in ritardo ritardo ritardo ritardo ritardo!”
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Buon Anno Nuovo!
Anil13: Grazie.
Nel senso, grazie per aver letto tutto. E, sì, grazie per avermi
dato le tue impressioni. Lo so, ma purtroppo questa storia ha bisogno
di molto tempo per ingranare... e mi dispiace. Il terzo capitolo va
rifatto. RIFATTO. E va messo assieme a questo. Che è stato una
spece di mini-parto. Ad ogni modo, scusa, davvero.
Vitani: Io ti adoro. Tanto.
Intendo dire, tu, uha. Dopo così tanto tempo tu, tu, uha. E
comunque, per favore, non pensare al TUO ritardo. Riesco a dare nuovi
capitoli solo in questi ultimi tempi -.- E solo questa storia e
Sunspots, fra l'altro... devo ancora lavorare su tutti gli altri T-T
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