C'era
una volta un regno non lontano con a capo un Re e una Regina
dispettosi. Il Re e la Regina un tempo si amavano alla follia, ma un
giorno scoprirono l'uno i difetti dell'altra e, invece di
comprendersi, decisero di arrabbiarsi, tenere il broncio, e darsi
fastidio a vicenda.
Il
Re accusava la Regina di debolezza e di ignoranza, spargendo tra i
sudditi la voce che solo le cose carine e delicate potevano andarle
bene; mentre, al tempo stesso, la Regina incolpava il Re di essere
troppo rozzo e prepotente, spargendo la voce che solo le cose
violente quali spade o fucili potevano piacergli. Il Re e la Regina
continuarono a litigare finché, in un giorno di pioggia,
stabilirono
che tutti gli uomini e le donne erano uguali a loro solo per essere
uomini e donne, creando due mondi divisi per il femminile e il
maschile. Racchiusero in pacchetti blu e rosa queste caratteristiche
per renderli più facili. Il blu, che era il colore preferito
del Re,
era il pacchetto contenete un carattere prepotente e iroso, quasi
selvaggio, di chi amava comandare e giocare a calcio. Il rosa, che
era il colore preferito della Regina, era il pacchetto contente un
carattere dolce e paziente, gentile e quasi servile, di chi amava
farsi bella e tenere pulite le proprie case. Il Re e la Regina,
così
arrabbiati l'una con l'altro, lasciarono che questi pacchetti
viaggiassero fra il loro immenso regno, arrivando nelle case di ogni
nuovo nato. Ad ogni nuova nascita, il pacchetto blu veniva aperto per
i maschietti e quello rosa per le femminucce, destinando a entrambi
questi caratteri, con pregi e difetti, dividendo di netto i due
generi, definendo cos'era un maschio e come doveva comportarsi, e
cos'era una femmina e come doveva comportarsi.
Con
il tempo passato, i maschietti e le femminucce di ieri sono oggi gli
uomini e le donne che hanno accettato di vivere come sono stati
costretti a fare. Non lo hanno mai pensato come un obbligo, certo,
perché quella scatola rosa, o blu, è con loro
dalla nascita e ci
sono cresciuti dentro.
Tuttavia,
non tutti sono della stessa opinione.
Nel
villaggio a sud, difatti, c'è una bambina piccolina che ha
dato una
sbirciata alla sua scatola rosa ma non l'ha mai convinta e, anche se
è pur vero che le piace il rosa, non è docile per
niente e per
niente vuole diventarlo: ama giocare a calcio e non si veste alla
moda, né sempre di rosa. A nord invece c'è un
bambino un po' più
grandicello che ha rifiutato la sua scatola blu: il suo colore
preferito è il rosa e guai a dirgli che è da
femmine, perché è
pronto a rispondere per le rime. A est c'è un'altra bambina
che è
nata lo stesso giorno di suo fratello, sono gemelli, e così
ha
potuto dare un'occhiata a entrambe le scatole, quella rosa e quella
blu, e ha preso ciò che preferiva da tutte e due: ha un
carattere
gentile ma non è per niente debole e non vuole che sia
qualcun altro
a difenderla, inoltre le piacciono le spade quanto giocare con i
pony. E siccome lo so che ve lo state chiedendo, il suo colore
preferito non è il rosa e nemmeno il blu, ma il verde, come
l'erba
su cui le piace tanto sdraiarsi la sera dopo aver giocato. A ovest,
infine, c'è un bimbo un po' più piccolo che va
matto per i
dinosauri e gli piace il blu, mentre la sua passione sono le bambole.
Le prende e le coccola, dà loro da mangiare e cambia il
pannolino,
così poi le mette a dormire. Se ne prende cura tutto da
solo, anche
se quelle bambole sono uscite dalla scatola rosa di qualcun'altra e
le ha desideraste così tanto che le ha dovute rubare. Sa che
non si
fa e gli dispiace molto, ma la sua scatola blu gliele proibiva.
Una
sera tarda, il Re e la Regina decidono di rivedersi dopo tanti anni
per una grande festa alla piazza principale, che si trova esattamente
al centro del regno. La gente sarebbe venuta da ogni parte del mondo
per vederli, dal villaggio a sud, a nord, a est e ovest. Come
tantissima gente, anche quei quattro bambini e loro famiglie hanno
viaggiato verso la festa: la immaginavano immensa e bellissima, piena
di luci colorate e tante attrazioni divertenti, ma quando arrivano il
loro sogno si spezza, poiché le uniche luci presenti erano
blu con
su dipinto un uomo e rosa con su dipinta una donna. Le attrazioni e i
giochi erano pochi ed erano divisi per maschi e femmine: a calcio
potevano giocare solo i maschi e le femmine non erano ammesse; con le
bambole potevano giocare solo le femmine e i maschi non erano
accettati; i souvenir rosa erano solo per le bambine e i bambini non
si potevano neppure avvicinare o venivano presi in giro da tutti; le
battaglie con le spade erano riservate ai bambini e le bambine
potevano solo guardare, fare il tifo per un bambino o, addirittura,
essere prese come ostaggio per essere salvate da qualche bambino.
Disgustati
e amareggiati, i quattro bambini si avviano verso una panchina e si
siedono, con una gran voglia di piangere.
«Non
è giusto», dice la bambina del sud,
«Anche io volevo giocare
calcio».
«Non
è giusto», continua il bambino che viene dal nord,
«Non c'è
niente di male se mi piace il rosa e sono maschio».
«Non
è giusto», rincara il bambino dell'ovest,
«Anche un bambino come
me può prendersi cura di una bambola».
«Non
è giusto», sbuffa anche la bambina dell'est,
«Non voglio essere la
bambina che viene salvata perché io so lottare con la spada
quanto
loro e li posso sconfiggere da sola».
Tutti
e quattro si guardano a vicenda e scoprono di avere qualcosa in
comune: ognuno di loro ha deciso di essere qualcosa di più
che il
contenuto di una scatola che qualcun altro ha scelto per loro. Felici
di conoscersi, decidono di andare a parlare con il Re e la Regina e
chiedere spiegazioni, ma soprattutto chiedere cosa c'era di sbagliato
nei loro desideri da essere stati proibiti solo per essere nati
femmine o maschi.
Tutti
e quattro insieme si mettono in marcia nella grande piazza,
scavalcando recinti blu e rosa di palloncini e cartelloni festosi,
finché non li vedono sopra un palco di legno dipinto di rosa
e di
blu, seduti su due grandi sedie, blu per lui e rosa per lei,
così li
raggiungono. Il Re e la Regina guardano verso direzioni opposte e
sono entrambi zitti, arrabbiati ancora tra di loro nonostante tutto
il tempo passato.
La
bambina del sud finge un colpo di tosse e i regnanti si girano
entrambi verso di loro, incuriositi che quei quattro bambini e
bambine si siano avvicinati.
«Non
è vero che a tutti i maschi piace il blu», dice
subito il bambino
del nord, non trattenendosi più. Stringe i pugni ed
è arrabbiato,
ma il Re scuote la testa.
«Sì,
invece. Il blu è da maschi come il rosa è da
femmine», replica il
Re.
«Io
sono maschio e mi piace il rosa», continua il bambino, che ha
fatto
qualche passo avanti. Il Re a quel punto ride e, con lui, anche la
Regina e tutti i sudditi, che lo indicano e iniziano a prenderlo in
giro. Il bambino del nord ci resta male ma decide di non mollare.
«Mi
piace il rosa e se pensate che questo è motivo di presa in
giro fate
pure; io non mi vergogno perché mi piace davvero, e se una
cosa mi
piace davvero non mi preoccupo. Se voi ridete e perché non
lo
capite, e se non capite è un problema vostro, non
mio», dice a quel
punto il bambino del nord, con fierezza. «Il rosa
è solo un colore
come gli altri, non vuol dire femmina», aggiunge poco dopo.
«Ha
ragione», interviene a quel punto la bambina dell'est,
andando al
suo fianco e prendendogli una mano con la sua, «E io dico che
i
colori non sono solo due ma tanti, e possono piacere sia ai maschi
che alle femmine. Ad esempio a me piace il verde e qui non ce
n'è
neppure un poco». Si guarda intorno ma ci sono solo tante
cose rosa
e blu, mai verde o altri colori. «Solo rosa e blu
è noioso: dove
sono gli altri colori?», chiede al Re e alla Regina.
«Il
rosa e il blu sono quelli importanti», risponde allora la
Regina,
«Gli altri non servono».
«Ma
così ci si annoia», grida la bambina dell'est,
«Il mondo è bello
perché tutto colorato. Io voglio una spada verde, non
blu». Si
ricorda della sua spada a casa nel villaggio dell'est che, essendo
uscita dalla scatola blu di suo fratello, è interamente blu.
«Tu
non puoi avere una spada», le fa notare la Regina,
«Abbiamo una
scopa rosa per spazzare il pavimento della tua cameretta o, se
preferisci, la lavatrice rosa per imitare la mamma. Uno specchio per
farti bella, qualche nastro rosa per i capelli, o i pony».
La
bambina dell'est si ferma e ci pensa prima di rispondere. «Mi
piacciono i pony», le fa notare poco dopo, «Ma mi
piace anche
giocare con la spada contro mio fratello e altri bambini»,
sorride,
«Che male c'è?», chiede poi.
«Che
non sei un maschietto», dice la Regina, «Le
femminucce devono farsi
salvare, non combattere».
La
bambina dell'est prende coraggio e risponde ancora: «Io non
voglio
essere salvata perché mi salvo da sola, e se tu, Regina, hai
bisogno
di essere salvata, non vuol dire che ne hai bisogno perché
sei
femmina, ma solo perché hai un carattere diverso dal mio o
da
qualche altra bambina o bambino. Siamo tutti diversi. Non sei
più
debole, ma solo diversa».
«A
me piace giocare a calcio», s'intromette la bambina piccina
del sud,
che si affianca a quella dell'est e le prende la mano. Il Re e la
Regina ridono di nuovo, ma lei non si scoraggia e dice ad entrambi di
non prenderla in giro. «Mi piace il rosa ma non mi vesto
sempre di
rosa o diventa noioso, mi piace anche il blu, e il rosso, e il nero e
il marrone. Non esistono cose da maschi o da femmine, esiste solo
ciò
che ci piace», continua la bambina del sud, «Vale
anche per il
calcio. Io non ho potuto giocare a calcio perché voi avete
deciso
che è da maschi e non è giusto».
A
quel punto, è il Re a dire la sua: «Il calcio
è uno sport per soli
uomini. Le donne possono giocare, se lo vogliono, va bene, ma solo
tra di loro e come passatempo, perché se lo giocano le
femmine non è
importante».
«Ma
anche questo è sbagliato», urla la bambina del
sud, che si sta
arrabbiando, «Non è meno importante se lo giocano
le femmine perché
le femmine non sono meno importanti dei maschi. Il calcio non
è
maschio o femmina, ma è solo uno sport, un gioco, ed
è uguale per
tutti».
Il
Re sta zitto e si scambia uno sguardo con la Regina, che nel
frattempo stava ad ascoltare con attenzione. Stavano per decidere
cosa fare con quei bambini quando il quarto del gruppo, il
più
piccolo, il bambino dell'ovest, si fa avanti con timore e un po' di
vergogna, mettendosi accanto al bambino del nord e prendendogli la
mano; un gesto che pare strano al Re e alla Regina, che si guardano
di nuovo l'un l'altra per capire cosa sta succedendo.
«A
me piace… A me piace», il piccolo bambino
dell'ovest cerca di
prendere coraggio, guardando il Re e la Regina con visibile
imbarazzo, «A me piace… Piace giocare con le
bambole», dice
finalmente tutto d'un fiato, facendo sorridere l'altro bambino e le
due bambine del gruppo.
Nella
grande piazza, la gente stava per riprendere a ridere, ma la Regina e
il Re, questa volta, si sono stancati e lei si alza in urla:
«Adesso
basta», sbatte una mano contro la sua sedia rosa e tutti i
sudditi
stanno zitti immediatamente, mentre il bambino dell'ovest si mette
sempre più paura. «Le bambole! Le bambole sono per
femmine perché
sono le donne a fare figli, caro bambino. Tu non devi prenderti cura
di una bambola perché non ti prenderai cura di un bambino,
in
futuro. È un lavoro da donne, da mamme», specifica
la Regina.
«Non
è vero», gridano in coro il bambino del nord, la
bambina del sud e
la bambina dell'est, infondendo coraggio al piccolo dell'ovest.
«Le
mamme hanno figli come li hanno i papà», dice il
bambino del nord.
«È
una bugia perché anche i papà si prendono cura
dei figli»,
continua la bambina del sud.
«La
bambola è un giocattolo e tutti i giocattoli sono da femmine
come da
maschi, che un giorno lui voglia figli oppure no», aggiunge
invece
la bambina dell'est.
La
Regina si siede di nuovo sulla sua sedia rosa, infastidita, mentre il
Re stringe un pugno, decidendo di mettere fine al battibecco:
«Se
giochi con le bambole, sei una femminuccia. Tu sei una femminuccia,
bambino dell'ovest?», domanda.
Il
bambino dell'ovest impallidisce appena e si guarda attorno, ai
sudditi divertiti sotto al palco su cui stavano e agli tre componenti
del suo gruppo, il bambino del nord, la bambina dell'est e la bambina
del sud, che lo fissano con un sorriso. Il bambino dell'ovest capisce
che non deve avere timore di dimostrare ciò che gli piace
perché
non c'è niente di sbagliato, quindi si fa avanti ancora,
stringendo
forte la mano al bambino del nord, e alza la voce come non aveva mai
fatto: «Non capisco», dice, «Se essere
una femmina non è un male,
non lo è essere una femminuccia, quindi se tu mi chiami
femminuccia,
perché dovrei offendermi?», chiede.
«Loro sono femminucce e sono
forti e divertenti, quindi se mi dici che sono una femminuccia, io
sono contento».
Il
Re si alza dalla sua sedia blu e va verso di lui, ma il bambino
dell'ovest non si muove e nemmeno gli altri, dimostrando grande
coraggio.
«Sei
un maschio», gli dice.
«Sì»,
risponde il piccolo, «Come lui», indica con un
cenno dello sguardo
il bambino del nord, «E loro sono femmine», dice
ancora,
riferendosi alle bambine dell'est e del sud. «Siamo qua tutti
e
quattro, due maschi e due femmine che lottano per la stessa cosa.
Abbiamo tutti gusti diversi ma non perché maschi o
perché femmine,
ma perché siamo persone e le persone sono tutte
diverse», continua,
sorridendo al Re, «Tu e la Regina siete diversi non
perché tu sei
maschio e perché lei è femmina, ma
perché siete fatti così, sono
i vostri caratteri, e sono certo che in fondo vi potete amare lo
stesso».
Il
Re si gira verso la Regina e al suo sorriso. Qualcosa nell'aria
è
cambiato con quelle parole, lo sentono entrambi. Tutto quello che
è
successo fra loro sta svanendo con un solo sguardo. Si erano sentiti
diversi e avevano dato per scontato che fosse perché lui
maschio e
lei femmina e avevano fatto di quel loro litigio un castigo per tutti
i loro sudditi, confezionando quelle scatole rosa e blu. Avevano
iniziato un litigio che aveva portato alla divisione netta dei maschi
e delle femmine invece che capire che le persone sono semplicemente
tutte diverse. Un maschio e un altro maschio possono avere gusti
diversi, come il bambino dell'ovest e il bambino del nord, e lo
stesso una femmina e un'altra femmina, come la bambina del sud e la
bambina dell'est. A ognuno piace ciò che piace; e non piace
solo
perché è uscito da una scatola che qualcuno ha
pensato per noi. E
non c'è nulla di sbagliato. Ognuno di noi è
semplicemente unico.
Il
Re e la Regina si riabbracciano dopo tanti anni e la magia li riporta
indietro nel tempo, al loro contrasto, a quando erano bambini e
stavano solo giocando, da bravi fratello e sorella.
Ho
pensato a questa fiaba (?) come un racconto per bambini, appunto. E
per questo spero di non aver usato parole troppo complicate.
C'è
da dire che da anni diventa sempre più netto il contrasto
fra
femmine e maschi; vedo sempre più spesso bambini dire cosa
è da
femmine o maschi, a cosa possono giocare e cosa no, e tutto
ciò che
mi crea un immenso dispiacere. I bambini, sia maschi che femmine,
dovrebbero poter giocare con ciò che vogliono senza
influenze
negative di questo tipo. Anche perché andando a vedere
rischiano di
diventare tutti uguali, frutto di uno stampo che ti dà la
società
da quando esisti, a cominciare dal nastro blu per quando nasce un
maschietto a quello rosa per quando nasce una femminuccia. I
giocattoli sono tutti dello stesso colore e fanno perfino le uova di
cioccolato “per lei”/”per lui”,
tanto che se una bambina
vuole quello per maschi o viceversa viene presa in giro, o magari i
genitori stessi non glielo prendono perché “non
è adatto”,
andando quindi contro ai suoi stessi desideri. Ricordo ancora di una
bambina che voleva il diario di Spongebob e la commessa del negozio
non glielo voleva dare perché “da
maschi”: adesso pure
Spongebob? Tutto ciò è ridicolo.
Bambine,
bambini: amate ciò che vi piace e fregatevene del giudizio
degli
altri!
Se
un giocattolo non è per adulti, allora è adatto a
femmine e maschi.
Alla
prossima!
Chu!
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