Due
settimane dopo
Adele
era uscita in giardino a passeggiare: il parco dell’ospedale
era incredibilmente vasto, più grande di quello del palazzo
dove aveva vissuto negli ultimi due anni e di quello della casa della
suocera, in Francia.
L’aspetto
vistosamente curato, grazie ai salici sapientemente potati, ai pini e
agli abeti, le procurava un senso di pace a lungo cercato.
Il lungo viale
di terra battuta e ciottoli ordinatamente in fila l’uno
dietro l’altro era circondato da cespugli di rododendro, per
il resto non c’erano altri fiori o piante messi lì
dalla mano dell’uomo.
La giovane, la
vestaglia color turchese con i pizzi alle maniche e una mantella blu
scuro a proteggerla dagli sbalzi di temperatura, si sedette su una
delle numerose panchine di cemento che tappezzavano i prati carichi di
margherite selvatiche.
Era ormai
aprile inoltrato: l’aria era ancora frizzante a causa del
temporale di due notti prima, ma il sole cominciava a scaldare come
solo sa fare a primavera avviata.
I lunghi
capelli ricci le cadevano ordinati sulle spalle, lucidi e dai riflessi
dorati alla luce mattutina.
Non aveva
più quel pallore e quell’eccessiva magrezza che
l’avevano indiscutibilmente sciupata, adesso Adele si stava
rimettendo velocemente e felicemente.
Era
già la terza passeggiata che le permettevano di fare da
sola, senza alcuna suora e senza quella specie di sedia che aveva
accompagnato tutti i suoi spostamenti nell’ultima settimana,
quando il medico le aveva dato il benestare per alzarsi dal letto.
Ovviamente non
poteva stare fuori dalla stanza per molto tempo, non più di
mezz’ora al mattino e al pomeriggio, rigorosamente
quando l’aria era più calda.
Chiuse gli
occhi, il viso intiepidito dal piacevole tepore che la stava invadendo:
il pensiero corse ad Umberto, a cui aveva dedicato quasi ogni minuto
della sua convalescenza.
Non aveva
ottenuto il permesso per vederlo, perché si trovava pur
sempre nell’ala femminile dell’ospedale, e solo i
mariti erano ammessi, ma ormai lei non aveva più un marito.
L’unico
uomo che aveva visto in quelle due settimane era stato Filippo, suo
cognato, che lavorava nello stesso reparto, e che durante la pausa
pranzo la passava a trovare.
Angelica, la
moglie di Filippo, veniva a trovarla durante il fine settimana, mentre
la madre si recava a farle visita un giorno sì e uno no,
spesso insieme a Nina, la balia, che la guardava come solo lei sapeva
fare: compassionevole e dura allo stesso tempo, forse perché
la riteneva unica responsabile di tutto quello che le era successo.
In
realtà, erano tutte molto preoccupate per lei e per le
creature che aveva perso: Adele fingeva di essere addolorata, ma non
aveva avuto il coraggio di affrontare il discorso, né
tantomeno dell’abbandono di Francesco e, soprattutto, delle
meschinità del padre di cui era stata vittima due anni
addietro.
“E’
ora di rientrare, cara” la giovane si riscosse dai suoi
pensieri: suor Eleonora le aveva appoggiato con delicatezza una mano
sulla spalla e, il sole alle spalle, la invitava ad alzarsi.
“Domani
finalmente potrò uscire da questo posto”
mormorò sorridendo Adele, mentre si appoggiava al braccio
che le tendeva l’altra donna.
“Grazie
al Signore, sì! A tal proposito, volevo parlarvi un
minuto”
“Possiamo
sederci ancora un po’, quindi?” indagò
dubbiosa la ragazza, che temeva un rinvio alle sue dimissioni.
“Certo,
sediamoci. Volevo solamente augurarvi tanta fortuna, cara. Domani
mattina partirò per una missione in Libano, quindi non
potrò esserci per salutarvi” la suora strinse con
gioia ed emozione le mani calde di Adele “che Dio e
la Madonna vi proteggano, figliola. Spero che troviate la pace e la
serenità che meritate” e accompagnò le
sue parole alla benedizione impressa sulla fronte della giovane.
“Grazie,
suor Eleonora. Siete stata il mio conforto in questi giorni di
solitudine e di amarezza. Qundo tornerete dalla missione, mi farebbe
piacere rincontrarvi!”
“Starò
via due mesi ma, appena rientrerò, sarà mia
premura scrivervi per potervi riabbracciare e parlare delle belle cose
che spero vi capiteranno in questo tempo! Anzi, sapete cosa
farò? Chiederò al dottor Franzini di farvi
recapitare le mie lettere, così potremo tenerci in contatto!
Cosa ne pensate?”
“E’
una bellissima idea, suor Eleonora, davvero! Vi scriverò
almeno una volta a settimana e tutte le volte che avrò
bisogno di un consiglio, saprò su chi fare
affidamento!”
“E
io sarò felice e onorata di poter rispondervi. Sarete sempre
nei miei pensieri, cara Adele, così come nelle mie
preghiere. Ora però, è meglio tornare dentro,
ricordatevi che siete ancora convalescente!”
La ragazza
sorrise ed obbedì, stringendo con calore il braccio della
donna attorno al suo.
Il pomeriggio
successivo, verso le tre, Adele era in corridoio ad attendere
l’arrivo di Angelica e della carrozza che l’avrebbe
portata a casa della sorella, almeno per qualche altro giorno ancora,
con l’intento di continuare la convalescenza.
La madre,
appoggiata dalla balia, insisteva perché tornasse a palazzo
con lei e il padre, tanto che per convincerla aveva proposto ad Agnese,
la novella moglie del fratello Alberto, di trasferirsi a vivere con
loro, in modo da avere qualcuno della sua età con cui
scambiarsi confidenze e farsi compagnia.
Adele
rifiutò categoricamente l’invito, adducendo come
scusa la mancanza di tatto della madre e della balia, dal momento che
la cognata era felicemente incinta, mentre lei aveva perso i due figli
che aspettava: entrambe le donne arrossirono violentemente, dandosi
delle stupide per non averci pensato, zittendosi all’istante.
In
realtà, non era ancora pronta per affrontare il padre, per
vederlo e stare in sua presenza nella stessa stanza, dopo che, due anni
prima, l’aveva venduta al miglior offerente come un insulso
prodotto di scarto del peggior mercato.
Quando
Angelica arrivò, abbracciò emozionata la giovane,
seduta su una delle panche in legno dipinto di bianco come tutto il
resto che l’aveva circondata in quei quindici giorni, e la
salutò dicendole:
“Sei
pronta?! Non vedo l’ora di portarti fuori di qui!”
L’altra
annuì, un sorriso finalmente felice sulla bocca carnosa di
nuovo viva:
“Devo
chiederti un favore: prima di andare a casa, mi devi accompagnare da
Umberto. Ti prego, ho bisogno di vederlo” disse tutto
d’un fiato la ragazza, stringendole le mani con vigore.
“Ancora
con questa storia?!” sbraitò la sorella,
sciogliendo l’intreccio con la sorella “lo devi
dimenticare! Dopo quello che ti è successo, devi pensare
solamente a te e a Francesco!”
“Mi
ha lasciata” la interruppe seccamente, nascondendo il trionfo
che sentiva dentro a pronunciare ad alta voce quella semplice frase.
“E' successo il giorno stesso in cui mi sono risvegliata. Da
allora non è più venuto a trovarmi, anzi, mi ha
espressamente detto che sono libera come l’aria”.
“Non
ci credo, Adele! Tu hai ancora le idee confuse! Forza, andiamo, la
strada da fare è lunga” tentò di
trascinarla lungo il corridoio asettico e privo di presenza umana.
“Aspetta!
Se non credi alle mie parole, chiedi a Filippo! Lui potrà
confermarti che quel mostro che avevo per marito non si presenta da
giorni, né ha scritto per informarsi della mia
salute!”
L’altra
donna, avvolta in un lungo abito stretto di seta color rosa confetto,
scosse la testa, e rimase in silenzio per una manciata di secondi.
“E
quale sarebbe il motivo che l’avrebbe spinto a una decisione
così stupida?”
“Non
è il momento di parlarne, Angelica. Ma ti prometto che,
appena troverò le forze, racconterò ogni cosa a
te e alla mamma … “
“Va
bene” concesse alla fine “ti porterò da
lui. Ma fino a quando non ti sarai completamente ristabilita, verrai a
stare da me! Almeno questo me lo devi, Adele, anzi, lo devi prima di
tutto a te stessa!”
La sorella
l’abbracciò con tutta la forza che aveva e,
baciandola, la ringraziò, gli occhi che cominciavano ad
arrossarsi per le lacrime di felicità che premevano per
uscire.
Quando la
giovane bussò alla porta di Maria la stiratrice,
pregò –esattamente come aveva fatto per
l’intera ora di carrozza che l’aveva condotta
lì- che Umberto vivesse ancora con la donna.
Non
c’era nessuno in giro, solo Angelica che attendeva nella
vettura, le tendine scostate, a un centinaio di metri
dall’ingresso, l’espressione di disapprovazione sul
bel volto allungato.
La giovane
accennò un sorriso nella sua direzione, come per
rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, che quella era
l’unica cosa giusta da fare.
Ritornò
a guardare di fronte a lei, tremante di paura e di gioia e, finalmente,
l’uscio si aprì, rivelando il viso di Maria,
stupito e felice al contempo:
“Adele!
Siete proprio voi!? Oh, Dio del Cielo, come state?! Umberto era
così preoccupato!
Non ha fatto
altro che incolparsi per quello che vi è accaduto
…”
“Sono
tanto felice anch’io di rivedervi!” la
salutò la ragazza, abbassandosi per abbracciarla
“sto bene, non preoccupatevi! Ma ditemi: Umberto vive ancora
qui con voi?”
“Certo,
cara, certo! Entrate, è su, nella sua camera! E' diventato
apatico e insofferente da quando vi ha riportato indietro: svolge le
sue mansioni mattutine come prima, certo, munge le mucche,
dà da mangiare agli animali, ma poi passa il resto della
giornata rintanato in soffitta! Se continua così, si
ammuffirà, ecco che fine farà!”
“Non
posso entrare, Maria. Mia sorella mi sta aspettando”
spiegò indicando con la mano il punto dietro di
lei “dite ad Umberto di scendere, per favore,
perché gli devo parlare urgentemente”.
La donna
annuì e si ritirò per qualche istante, non prima
di essersi informata nuovamente sul suo stato di salute.
Adele capiva
che la donna era stata messa al corrente di quello che le era successo,
della perdita dei bambini che aspettava e del periodo trascorso in
ospedale, tuttavia le sue parole erano delicate e premurose, persino
materne: la giovane aveva avuto modo di affezionarsi a lei durante quei
due giorni che avevano trascorso insieme, prima che avessero inizio
quella fioritura inaspettata e quella libertà che adesso
poteva vantare.
“Mi
ricorderò per sempre della sua gentilezza e
dell’accoglienza che mi riserva ogni volta! Dopo Nina, lei
è l’unica che ha saputo accettarmi e comprendermi,
anzi, in questa occasione, ha sostituito la balia e i suoi ciechi
pregiudizi!”
Il ragazzo che
aprì la porta socchiusa, dopo nemmeno un minuto, aveva il
viso stravolto dalla gioia e dalle lacrime: i capelli corvini erano
arruffati e sporchi di paglia, i vestiti stropicciati e in disordine.
“Adele!
Amore mio, perdonami, perdonami per tutto quello che ti ho
fatto!”
Umberto
affondò il volto smagrito e pallido sulla spalla di lei,
stringendola con passione e disperazione allo stesso tempo.
“Non
hai niente da farti perdonare, non devi rimproverarti nulla!”
lo zittì con un bacio la ragazza.
Gli
passò una mano sulla barba incolta di qualche giorno poi,
con dolcezza e pazienza, gli disse:
“Io
ti amo, Umberto, e voglio stare per sempre con te! Ti prego di
aspettarmi, perché ho promesso ad Angelica che avrei passato
il resto della convalescenza da lei. Dopo, però,
tornerò da te, e questa volta non dovremo più
preoccuparci di quel maledetto di mio marito! Lui mi ha lasciata,
amore, non mi perseguiterà più!”
“Come
ti ha lasciata?”
La giovane
annuì sorridendo e, accarezzandogli il volto, gli
spiegò:
“Non
sai che cosa mi ha raccontato, è stato terribile rimanere
lì, in quel letto, ad ascoltare il disprezzo e la beffa che
trapelavano dalle sue parole! Lui e mio padre si sono presi gioco di me
e della mia libertà, ma adesso non è il momento
adatto per parlarne! Verrà il tempo anche per quello, amore
mio!”
I due si
abbracciarono nuovamente, mentre il nitrito di uno dei due cavalli
della carrozza, stanchi di stare fermi, precedette le parole di Umberto:
“Io
sono qui, Adele. Verrò a trovarti ogni giorno, in attesa che
tu possa tornare da me! Oggi stesso andrò a cercare un
lavoro, così, quando tornerai, non dovremo più
dipendere da niente e da nessuno!”
“Nessuno
ci sottometterà più, te lo prometto!
D’ora in poi saremo gli unici artefici del nostro destino,
gli unici!”
Un riverbero
di sole si frantumò sulla parete in pietra della casa,
illuminando i volti sorridenti dei giovani innamorati, finalmente
insieme e liberi di amarsi.
NOTA
DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Scusate la
mia lunga assenza di quasi un mese, ma sono impegnata fuori
città a causa degli studi universitari.
E così
si è conclusa la storia: ne sono dispiaciuta,
perché mi ero affezionata molto ai personaggi, ma non
è detto che, prima o poi, possa fare un breve seguito o una
one shot!
In sospeso per
Adele c’è il rapporto con Francesco, ma anche con
il padre e con la dolce suor Eleonora!
Per il momento
ringrazio TUTTI, ma proprio tutti coloro che hanno letto questo
racconto, chi l’ha inserito tra le preferite, le ricordate,
le seguite, chi ha lasciato un commento … se sapessi i nomi
di tutti, vi ringrazierei ad uno ad uno ma, per par condicio, vi mando
un GRAZIE generale!
A presto!
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