heavy rain cap 1
Storia e personaggi appartengono a David Cage e alla Quantic Dream, ho
solo reso gli avvenimenti della trama come un racconto (una pratica che
si chiama Novelisation) in modo da far conoscere questa trama anche a
chi magari interessa, ma non ha voglia o modo di giocare al videogame!
heavy rain cap 1
Il centro commerciale
sembrava tanto gonfio di persone da poterne vomitare.
Chissà
perché tutta questa gente ha avuto la nostra stessa idea, Diamine, è sabato
pomeriggio e fuori non piove! Non hanno di meglio da fare?
Si chiese Ethan tenendo il piccolo Jason sulle sue spalle, che cominciava a pesare nonostante fosse un fuscello.
Grace sembrava non essere della stessa opinione. A vederla, in
realtà, pareva entusiasta di passare ore a cercare
vestiti per il compleanno del primogenito. In mezzo a loro, Shaun si divertiva a saltare da una mattonella nera all'altra del lucidissimo pavimento.
“Devo comprare delle scarpe per Shaun, tu intanto bada a
Jason, d’accordo?” chiese Grace, prendendo il
figlioletto per mano.
Ethan annuì, anche se compativa il piccolo Shaun.
Sicuramente lui e il fratello Jason avrebbero preferito fare ben altro
piuttosto che comprare scarpe. In effetti anche lui avrebbe
voluto per lo meno distrarsi in un qualche altro negozio.
Fece scendere il bambino dalle sue spalle e poi, con gesto automatico, controllò qualche nuovo messaggio
sul cellulare. Il suo capo chiedeva quando avrebbe consegnato quel
progetto sull’appartamento in ristrutturazione.
Impiegò quello che credeva fosse un minuto per rispondere,
ma non appena sollevò la testa non trovò
più Jason accanto a lui.
“Eh, no, cavolo!” Gli scappò di bocca, e
sospirando prese a camminare, guardandosi attorno. Non era la prima
volta che capitava e immaginava non sarebbe stata l'ultima.
Lo trovò solo nell’angosciante minuto seguente,
accanto ad un variopinto clown dall’impressionante parrucca
gialla che vendeva palloncini vicino alle scale mobili a cento metri di
distanza. Lo salutava come se fosse stato normale sparire in mezzo alla
folla e fargli prendere un colpo.
“ Non dovresti allontanarti troppo, lo sai?
C’è troppa gente” lo
rimproverò l’uomo. Quante volte ti ho detto che
devi avvertimi, cacchio?, era quello che avrebbe voluto
dirgli, invece.
“Ti prego papà, me ne compri uno? Dai
papà!” chiese il bambino per nulla pentito,
nell’innocenza dei suoi otto anni.
Davanti allo sguardo del figlio, ogni altro pensiero di rimprovero
scomparve. Jason sapeva come farsi perdonare. E poi, era il suo
compleanno …
“D’accordo” cedette Ethan.
Forse lo stava viziando troppo.
“Voglio quello rosso!” scelse il ragazzino.
“Sono due dollari” lo informò il clown
mentre il bambino si godeva il suo palloncino. Fino al mese prima lo
implorava di comprargli Dei
del Male 5, quel videogame su cui campeggiava quel pelato
coperto di sangue in copertina, (un gioco completamente inadatto a lui
come al fratello di sei anni) e ora si appassionava ad un semplice
palloncino! Roba da non credere.
Mentre Ethan cercava le due banconote da un dollaro, spiegazzate in un
angolo della sua tasca, lo raggiunse Grace con Shaun.
“Sembra impossibile trovare un paio di scarpe giuste per
Shaun, con questa ressa!” esclamò la moglie, a
mani vuote. “ Ma... dov’è
Jason?” chiese, cambiando completamente tono.
Ethan stava per dirle che era proprio lì, accanto a lui, ma
si accorse di essere in errore. Di nuovo.
“Era qui un secondo fa, gli ho preso un palloncino ma adesso
c’è più!”
“Che significa che non c’è
più?” chiese la donna cominciando ad agitarsi. Ora
avrebbe dato di matto. Shaun la guardava senza capire.
“Resta qui. Lo troverò subito.” disse
Ethan.
Si aggirò per il lungo corridoio e il suo sguardo
vagò ovunque. Non era nel negozio di fumetti, niente neanche
nel reparto giocattoli. Nella libreria non tentò neanche.
Cominciava a pensare che non lo avrebbe ritrovato in pochi minuti come
prima. Diamine, gli aveva tolto gli occhi di dosso solamente un attimo!
Anche chiamandolo non ottenne risposta. Scese senza aspettare il lento
avanzare delle scale mobili, urtando persone che nemmeno
guardò in faccia. Ma al piano terra, la ressa peggiorava
rispetto al piano terra, come se tutti a Philadelphia si fossero dati
appuntamento in quel dannato centro commerciale. Era un gorgo
assordante, quasi impenetrabile.
Ethan urlava il nome del figlio, spintonando persone che lo colpivano
con le loro borse, ma le sue parole si disperdevano, risucchiate nella
calca. Poi si ricordò del palloncino rosso appena acquistato
al bambino, e diresse il suo sguardo sopra la folla, ma non ce
n’era nessuno di quel colore.
Eppure, il ragazzino doveva essere per forza sceso al piano
terra. Alla fine, spintonando, boccheggiando per la mancanza
d’aria, raggiunse l’uscita del centro commerciale.
E finalmente lo trovò.
Jason era distratto dalle vetrine di un negozio all’esterno,
dall’altra parte di una strada molto trafficata. Un manifesto
all’esterno mostrava un uomo pelato e coperto di sangue.
“JASON!” lo chiamò, con tale foga che lo
fece subito voltare.
“ Ehi papà!” lo salutò Jason
con calma. “Arrivo subito!”
Impulsivamente, attraversò la strada, come dimenticandosi
quanto fosse trafficata nel sabato pomeriggio.
Una macchina sfrecciò mancando il ragazzino per un soffio.
Un’altra stava arrivando velocissima, nella carreggiata
opposta. Ma il bambino non se ne curava, troppo intento a correre verso
il padre. O forse, l’aveva vista e pensava di poter fare in
tempo.
“Jason, NO!” urlò Ethan, e
corse verso di lui, lanciandosi, nel disperato tentativo di
allontanarlo dall’auto. Lo raggiunse, ma era già
troppo tardi. La luce dei fanali li abbagliò entrambi.
Per un istante si fece buio.
.
.
.
La luce tornò, ed era troppo fioca per appartenere al pomeriggio. Lui sentiva il sapore del ferro in bocca, ed era
come se un elefante si fosse seduto sul suo corpo. Ethan
sentì delle voci attutite, e quasi credette di stare
sott’acqua, poi riconobbe quella di Grace che chiamava il suo
nome. Chiamava anche Jason. Percepiva una nota di terrore che mai aveva sentito nella voce della moglie.
Non poteva muovere il volto. Vide solo che nel cielo talmente pulito da
non avere nuvole c’era un puntino rosso, e lo
seguì mentre si innalzava e diveniva sempre più
piccolo. Poi, finalmente, perse conoscenza.
note: Questo è praticamente un esperimento (a tempo perso),
e sarà una storia interattiva!
Mi
sono chiesta come una storia che proviene da un certo medium
(videogiochi) possa essere fruita in altri (scrittura) e se sia
godibile per chi non conosce la storia originale, solo attraverso la
narrazione scritta qui!
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