Pucca era
senza parole. Era lì in piedi sotto la luce del lampione a
guardare con occhi sgranati il ragazzo che aveva davanti. Non poteva e
non voleva crederci. Non era possibile che il ragazzo che quattro anni
prima l'aveva fatta soffrire così tanto adesso fosse
lì in piedi davanti a lei. Dopo qualche attimo di silenzio
si fece coraggio e col cuore in gola chiese: «Garu...?
Ma sei veramente tu?»
«Sì, Pucca.-Disse
lui accennando un sorrisetto malizioso.- Sono proprio io.»
«M-Ma
che cosa ci fai tu qui?» Chiese lei indietreggiando
spaventata di qualche passo.
«Beh...
È una storia abbastanza lunga...» Disse il ragazzo
distogliendo lo sguardo un po' imbarazzato.
Pucca lo
guardò attentamente. Era cambiato, su questo non c'era il
minimo dubbio. Non solo l'aspetto, sembrava diverso anche
nell'atteggiamento: era più estroverso e spontaneo, anche se
conservava ancora il solito orgoglio da ninja, per il quale provava
vergogna per qualsiasi cosa considerata immeritevole per il suo codice.
Dedusse quindi che non era lì per affari da
ninja,
dato che dopo la sua domanda era diventato rosso in viso e non la
guardava in faccia. “ ‘È una storia
lunga’, tipica scusa
che usano tutti. Caro mio, non
mi basta sentirti dire questo.... Un attimo: SENTIRTI DIRE?! DA QUANDO
GARU PARLA?!” Pensò la ragazza sempre
più confusa. Mille domande si affollavano nella sua testa
turbinando, ma quelle che fece erano, secondo lei, le più
importanti in quel momento. Gridò in un impeto di
rabbia e sgomento: «Ma dico:
scherziamo? Prima te ne
vai senza
neanche venirmi a dire in faccia il motivo. Pronta
a farmi una nuova vita me ne vado e trovo la città dei miei
sogni: Tokyo! E poi quando tutto è perfettamente normale e
non potrebbe andare meglio, spunti
tu dal passato per rovinarmi di nuovo la vita?! Perché sei
venuto qui?
Che cosa vuoi da me? Per
quale cazzo di motivo adesso parli?!»
Lui
scoppiò a ridere a
quelle parole, mentre la
ragazza arrossiva piccata. Poi, una volta che si fu calmato, disse asciugandosi
una lacrima: «Scusami
*eheheh*.
Mi rendo conto che ti
senta un po'
confusa al riguardo. Credo che però ora
non avremo tempo per le spiegazioni. Dobbiamo andarcene prima che ne
arrivino altri... Pucca,
ti senti bene?»
La ragazza barcollò e svenne dicendo
affaticata: «Sì... Tutto.... Benissimo... Garu....!».
Il ragazzo lasciò la katana per terra e la prese al volo per
non farla cadere nella neve.
La guardò e sorrise: tutte quelle emozioni in una volta sola
e la stanchezza avevano vinto su di lei. Disse dolcemente
accarezzandole i capelli scompigliati: «Tranquilla, mia Hime,
ti spiegherò tutto prima di quanto pensi...»
Quando
si risvegliò, Pucca era nel
suo letto con le coperte tirate fin sopra le orecchie. Si
alzò piano piano sentendosi la testa pesante. «Meow»
si girò verso il miagolio e vide Mia, la sua gattina rosa
che si poggiava al lato del letto. La accarezzò e
disse: «Ohayo,
Mia.»
Guardò
la sua camera e per un po' pensò di aver sognato
finché non vide un pacchetto colorato con un fiocco sopra e
un biglietto con su scritto "per Pucca"
che sbucava appena da sotto il
cuscino.
Prima che potesse prenderlo entrò Saki in
camera sua che infuriata le diede uno schiaffo e disse: «Ma
sei impazzita? Che ti è saltato in mente? Potevi farti
ammazzare!»
Pucca si
toccò la guancia dove aveva appena ricevuto
lo schiaffo e con le lacrime agli occhi disse:
«Onee-chan?!»
Saki si
calmò e, vedendo la cugina piangere, la
abbracciò forte e disse: «Su, stai tranquilla, è
tutto apposto. Krishna, Pucca!
Mi hai fatto prendere un colpo, però!»
L'esclamazione
della cugina fece sorridere Pucca tra le
lacrime che continuavano a rigarle
il viso. Ogni tanto si dimenticava che sua cugina era induista,
anche perché non aveva mai capito perché avesse
scelto quella religione. Quando se ne usciva con imprecazioni come
questa le veniva da ridere. Cercando di
asciugarsi le lacrime,
disse:
«Mi dispiace, Onee-chan,
ho avuto tanta paura anche io!»
Dopo
qualche minuto passato in silenzio abbracciate, Saki si
sciolse dall'abbraccio per guardare in faccia la cugina e disse: «
Non ho idea di come tu
abbia fatto a
ritrovarti nel letto ieri,
ma sono felice che tu stia bene!»
Riprese
l'altra dandole
un bacino sulla fronte.
Pucca sbarrò
gli occhi e disse: «Cosa?!»
«Piccina
mia, ti posso solo dire che ieri per la
preoccupazione…» cominciò a rispondere, ma si
interruppe mordendosi
il labbro inferiore;
poi aggiunse un po' imbarazzata: «beh,
ho alzato un po' il gomito. Ho i ricordi un po' sfocati, ma so che ad
un certo punto stavo svenendo nel retro del locale e per fortuna c'era Kiku Soma -
sai, quel ragazzo che ogni
weekend viene a
dare una mano a lavare i piatti - che mi ha presa al volo e mi ha
scortato al piano di sopra…»
«Kiku ti ha
portato di sopra?!» la interruppe Pucca con
un'espressione che sprizzava malizia da tutti i pori.
Saki arrossì
vistosamente, si mise una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio
destro e schiarendosi la voce riprese: «Ehm, sì mi
ha portato in casa. Ovviamente non prima che gli delegassi il compito
di chiudere il locale, in
assenza del mio vice che si è preso la giornata libera per
andare a un matrimonio.»
«E proprio tu
ti fidi di un perfetto sconosciuto per chiudere il tuo prezioso
ristorante quando
non affideresti neanche a tuo fratello un compito del
genere?»
rispose la brunetta continuando ad avere un'espressione maliziosa.
«Per
prima cosa, lui non è uno sconosciuto: viene spesso a
fare da gavetta. In secondo luogo, è stato l'unico ad
ascoltarmi quando ero preoccupata per te e anche l'unico
così gentile da offrirsi di portarmi su quando sono crollata,
non credo avessi molta scelta nei fumi dell'alcol.»
Ribatté la cugina.
«In
più è molto carino...» Disse Pucca ridacchiando. Saki le
assestò una cuscinata in faccia dicendo con
un sorriso nervoso:
«Ma piantala!»
«Ahahah…
Oh, quindi ti
sei addormentata prima che io tornassi giusto?» Riprese la
ragazza.
Saki tornando
seria disse:
«Sì. Prima di addormentarmi, mi
ricordo di aver pianto, perché mi sei
tornata in mente e il pensiero di non sapere dove fossi mi aveva
spaventato a morte…» distolse lo sguardo triste.
Aggiunse trattenendo le lacrime: «Poi la mattina ti trovo a
dormire nel tuo letto così beata, e mi chiedo se tutto
quello che è accaduto l'ho sognato fino a che non vedo i
lividi sulle tue braccia e allora…» strinse le
palpebre mentre calde lacrime le rigavano
le guance.
«Tranquilla, Saki,
non succederà più.» Disse l'altra
abbracciando la cugina. Aggiunse: «Devo
aver battuto la testa perché ho la memoria un po' offuscata:
ricordo che mi avevano rubato le ruote del motorino, è
arrivato un uomo piuttosto giovane a salvarmi da dei maniaci che mi
stavano aggredendo e dopo qualche minuto credo
di essere svenuta. Non
ricordo nient'altro e anche questi ricordi hanno icontorni sfocati.» Non
raccontò di Garu perché
se sua
cugina avesse saputo che era lui il suo salvatore, probabilmente
sarebbe andata su tutte le furie. Saki odiava Garu per
ciò che aveva fatto passare alla
sua Pucchan.
(Nota
d’autrice: Sì, Saki la
chiama anche così, soprattutto per farla innervosire come di
seguito.)
«Beh,
dovrò ringraziare il tuo salvatore allora...»
Disse lei sorridendo.
Pucca chiese alla
sua Onee-chan se
c'era ancora la colazione, ma con sua enorme sorpresa scoprì
che era passata da poco l'una. Allora chiese allarmata: «Saki,
perché non mi hai mandato a scuola? E che ci fai qui all’ora
di pranzo? E il locale?!»
Lei
rispose sorridente: «Tranquilla, l'ho lasciato al mio vice.
Avevi bisogno di riposo, così ho preferito lasciarti
dormire e rimanere
qui finché non ti saresti svegliata. Infatti adesso
dovrò andare giù a controllare la situazione. Fra
tre quarti d'ora ti manderò su il pranzo. Tu riposati
adesso.»
«Ma,»
ribatté Pucca preoccupata.
«e gli spaghetti jajang?»
«Rilassati.
Li serviremo domani. Tu hai bisogno di stare a riposo e di studiare
oggi. Giornata libera per la mia Pucchan.»
Rispose Saki con un
sorrisetto dolce stampato sulle labbra.
La
brunetta sentendo salire la rabbia iniziò a prendere i cuscini
e a lanciarli alla
cugina urlando: «Non mi chiamare Pucchaaan!!!»
L'altra corse fuori dalla stanza della sedicenne ridendo e disse:
«D'accordo, PUCCHAN, ti manderò il pranzo fra un
po'! *ahahahahah*»
Pucca rimasta
sola nella sua camera pensò: “Grrrrr,
perché continua a chiamarmi così dopo tutti
questi anni? Quanto dovrò aspettare prima che si renda conto
che non sono più una bambina?”
«Meow!» Pucca si
girò e prese in braccio Mia. Disse in tono ultra smielato:
«Scusami, piccolina,
hai ragione. Adesso andiamo a fare la pappa.» e si diresse
verso la cucina dove aveva messo la ciotola.
Dopo
aver dato da mangiare a Mia, si sedette sul letto, non vedeva il motivo
per cui dovesse riposare
dato che non era malata, ma in fondo le piaceva il fatto di potersi
rilassare almeno una volta evitandosi
un sabato,
anche se adesso le toccava andare a recuperare gli appunti presi
durante quella giornata. Doveva
assolutamente studiare chimica per il test che avrebbe dovuto
affrontare di lì a poco e chiamare Yomi per sapere
se poteva passare da casa sua nel pomeriggio per gli appunti e i
compiti assegnati.
Prima che si potesse rialzare per organizzare il lavoro l'occhio le
ricadde sul pacchetto che spuntava da sotto le coperte. Nel vederlo
sentì un brivido lungo la schiena. Poteva immaginare come ci
fosse finita una cosa del genere nel suo letto, allo stesso modo
immaginava come fosse tornata a casa dopo quell'episodio terrificante.
Piano piano lo prese in mano e lentamente iniziò a
scartarlo. C'era una scatolina di metallo rosso
chiaro con dentro delle fotografie che la ritraevano in vari momenti:
al bar con Yomi e le
sue compagne di classe, Haru e Fuyumi; al
parco seduta a una panchina mentre leggeva un libro circondata da
alberi con le foglie rosse e gialle in
parte già cadute per terra; una
la ritraeva affacciata alla finestra
in camicia da notte a
osservare il
paesaggio innevato; l'ultima mentre
passeggiava insieme a Yomi sorridente
con gli stessi vestiti con cui era uscita il giorno prima. Nel
vedere quelle foto rabbrividì.
In
allegato alla scatolina c'era un foglio ripiegato. Lo aprì e
iniziò a leggere la breve lettera che conteneva:
mi
sarebbe piaciuto incontrarti in una maniera meno brusca, ma se ti fosse
successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. So che hai tante cose
da chiedermi, come ad esempio il motivo per cui sono qui,
perché io mi sia voluto mettere in contatto con te, come io
ti abbia trovato, dove io sia stato in tutti questi anni…
Vorrei tanto poterti dare una risposta, ma non mi sembra giusto dirti
tutto questo via lettera. Sappi per ora che non ho mai smesso di
tenerti d'occhio da quando sono a Tokyo, come penso avrai dedotto dalle
foto, principalmente perché, come ho già detto,
se accadesse qualcosa di male alla mia Hime,
non potrei sopportarlo. Ho incontrato i tuoi zii un po' di tempo fa, mi
hanno detto che a loro manchi molto. Anche a Ching e
agli altri manchi... Se vorrai te
ne parlerò. Se vorrai
avere delle risposte,
mi troverai lunedì pomeriggio alla
tua panchina preferita al parco. So
di non avere il diritto di piombare all'improvviso nella tua nuova
vita, perciò se non verrai lo capirò.
P.
S. Sei molto sexy con quel pigiama...
Quando
lesse l'ultima riga arrossì violentemente e
accartocciò il foglio stizzita. Se questo non era stalking,
non sapeva come altro chiamarlo. Si alzò dal letto,
buttò la lettera nel cestino e nascose le foto in uno dei
cassetti vicini alla scrivania. Rifece il letto, si vestì e
si sedette alla sua scrivania intenzionata a studiare senza badare a
ciò che aveva appena letto e visto. “Che cazzate!
Perché dovrei riaprire un capitolo della mia vita che
pensavo di aver chiuso una
volta per tutte tanto
tempo fa? No! Non gli darò questa soddisfazione!”
Pensò arrabbiata. Appena aprì il libro di chimica
sentì suonare il campanello e andò ad aprire
pensando: “Questo deve essere il fattorino con il
pranzo.”
Aprì
e vide un ragazzo alto con i capelli lisci biondi a caschetto e gli
occhi verdi, con indosso la tenuta da lavoro da lavapiatti del
ristorante di Saki,
che teneva in mano una porzione da sporto coperta. Riconobbe
il volto sorridente di Kiku
e lo salutò sorridendo a sua volta: «Ciao, Kiku.»
«Ciao, Pucca.» Le
rispose il ragazzo. «Sono
venuto a portarti il pranzo. Oggi serviamo ramen al
tavolo vip. *ahahah*
Come stai? Eravamo tutti in pensiero ieri.» Anche
lei rise.
«Va
molto meglio, devo mangiare così che possa riprendermi.» Disse
sentendo il suo stomaco brontolare.
Il
ragazzo sorrise e dandole il pranzo disse: «Capito.
Allora ti lascio, sicuramente Saki mi
ucciderà se non torno subito da lei.»
«Ah,
a proposito, grazie mille per averla riportata a casa.» Disse,
e aggiunse lanciandogli un'occhiata maliziosa: «Stamattina
non faceva che parlare di quanto fossi stato gentile e comprensivo con
lei.»
Lui
arrossì e rispose un po' imbarazzato sorridendo
nervosamente: «N-non
c'è di che. Era così preoccupata che mi sono
sentito in dovere di aiutarla... Scusami, ma devo scappare: il lavoro
mi chiama. Ci vediamo, Pucca-chan.»
«Ciao, Kiku.» rispose
la ragazza sorridente.
Chiuse
la porta e si avviò in cucina. Dopo aver sistemato sul
tavolo una tovaglietta, una bottiglia d'acqua e un bicchiere
posò il piatto. Prese un paio delle sue bacchette preferite,
nere con alle basi delle else di katana rose e dorate, e il cucchiaio saimin di
ceramica, facente parte dello stesso set di posate,
nero con sopra disegnato un dragone con le scaglie rosse e dorate e gli
occhi smeraldo. Le ricordava un po' il suo amico dragone del villaggio Sooga,
mentre le bacchette le ricordavano la sua amica Ching per via
della sua passione per le spade… improvvisamente le vennero
in mente tutti i ricordi belli della sua infanzia: i suoi zii, i suoi
amici… Garu...
Sentì
un po' di nostalgia, anche se continuava a serbare rancore verso di
loro. Si
sedette e chiudendo gli occhi giunse le mani e disse: «Itadakimasu!»
Mangiando
ripensò alla lettera di Garu.
Non le piaceva l'idea di rivederlo, perché non voleva che la
sua vita fosse stravolta di nuovo da quel ragazzo; però era
l'unico modo per sapere qualcosa su come stessero le persone a Sooga. Non era
affatto sicura su cosa scegliere, ma aveva ancora un giorno per
decidere e nel frattempo decise di non dire a nessuno la
verità finché non fosse stata sicura se
andare o meno.
Dopo
pranzo si mise a studiare chimica e fortunatamente riuscì a
finirla abbastanza presto. Mandò un messaggio a Yomi per
chiederle se poteva passare da casa sua più tardi, sperando
che, anche
se impegnata col club di basket, riuscisse a riceverlo e a rispondere
in tempo utile. Con sua
sorpresa rispose subito dicendo che non c'erano problemi e che se
voleva poi poteva rimanere a cena,
così si diedero appuntamento per le 18 in punto. Nel
tempo che le rimaneva ne approfittò per farsi una doccia e
preparare la borsa con tutto quello che le serviva.
Non
fu difficile convincere Saki a farla
uscire dato che era per la scuola e si fidava della sua amica. Quando
disse che sarebbe rimasta a cena da loro, in mezzo alla confusione del
ristorante rispose
solamente: «Va
bene, ma devi avvisarmi mezz'ora prima se ti devo venire a prendere.»
Una
volta arrivata, Pucca suonò
il campanello di casa Nakajima,
una villetta che era a 10 minuti
da casa sua. Aprì la
madre di Yomi, Asako,
che la fece entrare. Lei si tolse le scarpe e, dopo aver salutato sia
la donna che
il fratellino Shinichi di 4
anni, si fece da sola strada
verso la stanza della ragazza al piano di sopra.
La
stanza aveva tutte le caratteristiche
tipiche del gusto punk: le
pareti quasi non si vedevano quasi più per via della marea
di poster di band punk, rock e
metal che vi erano attaccati; l'armadio
era a più ante di colore nero, sulle quali erano attaccati
degli sticker a forma
di teschietti, con gli
interni viola; la scrivania era molto in disordine, così
come la libreria, salvo per gli scaffali dei libri Horror, che erano
accuratamente catalogati per autore in ordine alfabetico; infine sul suo puff violaceo
troneggiava la figura alta e magra di Yomi,
che aveva i
capelli scuri mesciati di viola raccolti in due codini un po'
spettinati con un ciuffo che le copriva l'occhio sinistro e indossava
una maglietta a
maniche lunghe nera
con su scritto in rosa "Stressed depressed but well dressed",
dei jeans grigio topo strappati qua e là con le borchie
sulle tasche e dei calzettoni
a righe rosa e nere.
«Pucca-chan!
Come sono felice di vederti!»
disse la ragazza abbracciando forte l'amica e subito aggiunse: «Come
mai oggi non sei venuta a scuola? Stavi male?»
«Beh,
è una lunga storia...»
disse lei un po' imbarazzata iniziando a raccontare ciò che
era successo il giorno prima,
evitando accuratamente di parlare di Garu.
«Oh
mio Dio, Pucca!
Mi dispiace tanto, non ne avevo idea!»
esclamò, quando ebbe finito, Yomi che,
sinceramente preoccupata, la abbracciò. «Tranquilla, Yomi.
Ora sto bene, anche se credo che Saki non mi
permetterà di fare le consegne per un po' da quanto si
è preoccupata... anche perché non ho idea di dove
sia il mio scooter... Ma basta parlare di questo, abbiamo dei compiti
da fare.» rispose
l'altra sorridendo.
Si
misero a lavoro e nel giro di un'ora e mezza avevano finito. Giusto in
tempo per sentire la signora Nakajima chiamarle
dal piano di sotto per la cena. Quella sera Asako aveva
preparato riso gohan e zuppa
di miso con tempura di
gamberi e di verdure e sashimi di salmone.
Dopo
aver mangiato a sazietà le ragazze tornarono in camera di Yomi a
chiacchierare. La coreana si mise a pensare di nuovo a quel ninja da
strapazzo che era costretta a considerare suo salvatore:
non riusciva a credere che proprio lui le
avesse fatto stalking e
continuava a rimuginarci diventando improvvisamente silenziosa.
La
piccola punk guardò l'amica che era entrata in
trance e le chiese: «Pucca,
sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' sovrappensiero,
c'è qualcosa che ti preoccupa?»
Lei
abbassò lo sguardo arrossendo e non rispose.
Yomi allora
con un'espressione maliziosa sul viso disse: «Non
è che per caso c'entra un ragazzo?»
Pucca arrossì
violentemente e disse sbraitando: «Ma
che dici? Sei impazzita per caso? Nessun ragazzo, come ti viene in
mente?!»
«Cara
mia non mi inganni: conosco l'espressione
che hai quando
ti prendi una cotta, e tu ce l'hai in questo momento. Dai, dimmi: chi
è?? Non dirmi che è Kaito,
altrimenti mi impicco.»
disse la piccola punk quasi tutto d'un fiato.
La koreana guardò
l'amica con aria perplessa e ribattè: «Seriamente
mi stai chiedendo se mi sono presa una cotta per tuo fratello maggiore?
Ma che hai in testa!
Piuttosto dov'è adesso?»
«Ah
boh!- rispose l'altra con una punta di indifferenza- Probabilmente
sarà in giro a tentare di abbordare qualche ragazza con quei
deficienti dei suoi amici... Ma tornando all'argomento di prima, se non
è Kaito,
non sarà per caso il senpai Ryoichi Aijima?!»
aggiunse a metà tra lo stupore e la malizia.
Pucca arrossì
violentemente al pensiero e urlò: «EH???
AIJIMA-KUN?!»
Ryoichi era il
ragazzo più carino di tutta la scuola, il tipico superfigo che ha
un esercito di ragazze ai suoi piedi. Anche lei lo trovava attraente, ma dire
che era innamorata di lui sarebbe stato un errore, perché,
soprattutto per il fatto di averci provato
con lei invano svariate volte, non riusciva a sopportare gli
stronzetti, narcisisti figli di papà come lui che pensano di
poter avere tutto. Ogni volta che lo sentiva nominare le montava una
rabbia...
«Ti
sfido a ripeterlo se hai il coraggio!- disse Pucca in tono
minaccioso- Quello
stronzetto, spocchioso
e viziato: ma come ti viene in mente?! Sarà anche bello, ma
resta un pervertito e un maniaco.»
«Mi
piacerebbe tanto sapere una buona volta che ti ha fatto...» rispose Yomi un
po' seccata. Ma vedendo
come la guardava
storto la sua amica aggiunse: «Suppongo
che anche oggi non me lo dirai, vero?»
Pucca annuì
e disse: «Yomi non
è per un ragazzo che sto così. O meglio
è per un ragazzo non sono innamorata
di lui.- “Non
più almeno...” pensò
e aggiunse- Pensavo
al mio salvatore di ieri: mi ha mandato un messaggio dicendo di volermi
incontrare perché deve rivelarmi alcune cose.
Tu che faresti: lo incontreresti o faresti finta di niente?
Ho bisogno di un consiglio...»
Yomi ci
pensò su un attimo,
poi disse: «Beh,
il fatto che ti abbia lasciato un messaggio del genere è un
po' inquietante. Però, io andrei
almeno per ringraziare l'uomo che ha rischiato la sua vita per salvare
la mia. Cosa ti preoccupa: hai paura che ti tampini?»
«No,-rispose
preoccupata-
ho paura che mi dica qualcosa che non voglio sapere...»
Salve
a tutti, dopo ere geologiche sono finalmente
riuscita a finire e pubblicare questo capitolo. Spero che vi piaccia, e
soprattutto spero di riuscire a pubblicare
il prossimo in meno tempo. Se
avete bisogno di chiarimenti, sarò felice di rispondervi
tramite le recensioni.
|