Capitolo 1: Primo Incontro
!! Avvertenze !!
Prima d'iniziare a leggere,
tengo a precisare che
tutto quello che trovate scritto
in questa storia è una mia completa invenzione: ogni
riferimento a fatti reali e/o realmente accaduti è
puramente casuale. Anche rifermienti a
storie già esistenti sono puramente casuali
in quanto non ho letto tutte le millemila storie presenti su Efp;
quindi, autore che leggerai e ti riterrai derubato delle tue idee e
della tua storia,
ricrediti: io non ci guadagno niente dal copiare, sopratutto dopo
essermi spremuta le meningi e aver fantasticato per un paio di giorni
su come fare lo svolgimento della storia.
Se comunque ti ritieni offes@,
ti pregherei di contattarmi prima di
denunciarmi persino al WWF perchè credi ch'io tratti male il
mio gatto: non c'è bisogno di alzare un polverone e io non
ci metto nulla a premere il tasto 'elimina'. Prima di premere il tasto,
però, voglio sapere che "l'accusa" che mi viene rivolta,
consta
di fondamento.
Questa è
un'avvertenza che scrivo solo in questo primo
capitolo e che non voglio riscrivere in tutti gli altri.
Detto e appreso questo, di
seguito trovate l'inizio di "La Discordia della Morte": buona lettura.
- Kurokage
1.
Primo Incontro
«Dottore, la stiamo
perdendo...» sento dire, sfocatamente, da
una voce in lontananza.
«Dottore, i battiti stanno rallentando!» un'altra
voce, ancora più lontana di quella di prima.
«La
pressione sta diminuendo!» ah, ecco di nuovo la prima voce.
Tento di aprire gli occhi ma non ce la faccio: sono troppo pesanti.
Sento dei mugugni da qualche parte, in sottofondo.
"Ma possibile che non si possa dormire in pace?!" vorrei
dire, ma
la mia bocca è troppo pesante per poter essere aperta.
In lontananza, sento una voce strozzata e disperata che incomincia a
piangere.
"E per la miseria! Anche i piagnucoloni, ora?! Cosa sarà mai
successo?!"
«Vuoi
saperlo?» dice una voce nella mia testa,
improvvisamente, molto più chiara delle altre.
«Non credo comunque
che la risposta ti piacerà.»
"Cosa diamine..!"
«Sì»
fece sbrigativa la voce.
"Eh?" «Sì, ti ho
detto»
"Ma 'sì' cosa?!" chiesi irritata alla voce.
«Che diamine di
domanda è "Ma 'sì' cosa"?! Sì.
La domanda la dovresti
già sapere!»
Stavo incominciando a spazientirmi.
In sottofondo, le voci si allontanavano sempre più, dandomi
la calma che tanto agognavo da qualche minuto.
"Senti, non so chi tu sia, non so quale dev'essere questa 'domanda che
dovrei già sapere', ma ora sono stanca, quindi lasciami
dormire
in pace"
«No. Questo non posso
ancora fartelo fare»
"... Come... scusa? Mi vuoi anche impedire di dormire, ora?"
«Se necessario,
sì. Non puoi ancora dormire, quindi vedi di
svegliarti»
"Eh no! Questo è troppo! Chi diavolo saresti per darmi
ordini, stupida voce della mia testa?!"
«Chiariamo bene le
cose, ragazzina, io NON SONO una delle voci della tua testa.
Se soffri di
schizofrenia sono affari tuoi, a me non interessa.
Ma ora...
SVEGLIATI!!!» mi strillò quella voce,
facendomi aprire gli occhi improvvisamente.
La testa prese a girarmi e farmi male e figure sfocate si paravano
sopra di me, per poi allontanarsi e tornare di nuovo.
Sbattei gli occhi più e più volte per riprendere
lucidità.
"Dove..." un fascio di luce mi colpì dritta nelle pupille,
facendomi perdere il filo dei miei pensieri e facendomi vedere tutto
sfocato. Di nuovo.
Tentai di sbuffare ma la mia bocca era bloccata da qualcosa,
così
, a fatica, incominciai a mugugnare perché mi liberassero.
Avevo le braccia pesanti e la sensazione delle mie gambe equivaleva
all'importanza di uno sputo.
"Che... miserabile... schifo."
«"Che schifo" non si
dice. Non ti hanno insegnato nulla a scuola?»
Di nuovo quell'insulsa voce.
«Sei
pregata di non darmi dell'"insulsa voce"» disse in tono offeso.
"Tu dimmi chi sei e io correggo i modi. Non soffro di schizofrenia,
quindi sono sana come un pesce"
«Ancora per poco. Sei
fortunata a poterlo ancora dire, in realtà»
quel tono da sbruffona mi avrebbe mandato in manicomio dopo averla
uccisa.
Di rimando, quella voce si fece un grossa e grassa risata.
Potevo quasi immaginarmela prendere forma e rotolare su un immaginario
pavimento.
"Cos'avresti da ridere, ora?!"
«Nu.. Nulla... hehe...
he...» disse a fatica, tentando di ricomporsi.
«Dunque, emh...
Williams... Williams... Ah, eccoti qui!» sentivo
come uno sfogliare di pagine, ma era molto confuso e distante.
«Eris
Williams, nata il 19 giugno nelle vicinanze di Toronto da Mary Margaret
Jones e Kayle Williams in una casetta dall'adorabile tetto azzurro
e-»
"FRENA
FRENA FRENA! Come fai a sapere tutte queste cose su di me?! Chi diavolo
sei?!"
«No, non sono un
demone. E nemmeno un diavolo. Sono solo una docile ed innocua vocina
che vuole confermare chi sei»
"'Docile ed innocua vocina' i gioielli di famiglia che non ho! Mi
manderanno in terapia psicopatica intensiva se continuo a parlare con
te! Sparisci!
Sparisci ora!"
«Io...
sono altamente offeso per ciò che mi hai detto, sappilo.
Questo tuo atteggiamento deve cambiare.
Ad ogni modo, ti stanno per chiamare, quindi fa' la brava e
svegliati»
"...'Offeso'?
Sei... un uomo? La tua voce è indecifrabile, dimmi chi
s-aspetta un attimo, COS'È CHE HAI DETTO?! ALTAMENTE
OFFESO?! Ma se tu non rispondi nemmeno alle mie doman-?!"
«Eris,
tesoro...? Sono... Sono la mamma, mi senti?» mi chiese la
dolce voce di mia madre.
Realizzai solo ora tutto il buio e il silenzio del luogo che mi
circondavano, disturbato solo da un leggero ronzio.
Lentamente, aprii gli occhi, preoccupandomi che quello strano e forte
fascio di luce mi colpisse ancora.
Una dolce ombra, invece, mi accompagnò nel mio risveglio, e
la dolce -ma preoccupata- espressione di mia madre si fece via via
più nitida davanti i miei occhi.
Tentando di sorridere, realizzai con sollievo che la bocca non era
più bloccata.
Immediatamente, quel volto tondo con tratti gentili si mosse, ed un
sollevato e gioioso sorriso si fece strada fra le labbra rosee di mia
madre.
«Oh,
tesoro! Come... Come ti senti? Ti fa' male qualcosa? Stai
bene?» chiese preoccupata.
«Ma...
Mam... Mamma...» dissi a fatica, con la gola secca e la voce
impastata.
«Io
non proverei a parlare, avevi un respiratore in bocca fino a poche ore
fa» mi
disse poco
galantemente la vocina che pensavo se ne fosse andata per davvero.
"Io
COSA?!"
«Calma,
tesoro, calma. Avevi un respiratore fino a poche ore fa.
Ma ora va tutto bene. Vado a chiamare tuo padre, era alle macchinette a
prendere un caffè» disse con un sorriso alzandosi.
Come mia madre se ne andò, quella dannata vocina
tornò a parlare.
«Quindi?
Che vogliamo fare?»
"Si
può sapere chi diamine sei?! Non sei una voce intentata
dalla mia testa, lo so... lo sento"
Lentamente,
un'ombra nera prese forma sulla sedia su cui, poco prima, era seduta
mia madre.
«Alcune
persone ci sarebbero già arrivate, ma siamo cocciuti,
eh?» disse scherzosa l'ombra con una profonda e sensuale voce
maschile.
«Chi...
sei?» tentai
di dire.
«Usa il pensiero. Non hai abbastanza forze per parlare con la
voce» fece una breve pausa in cui continuai a fissare l'ombra
«Da
quanto ho visto, non hai ancora capito cos'è accaduto.
Dimmi... ricordi qualcosa?»
"Dimmi chi diavolo sei"
«Così non andremo da nessuna parte, mia cara. Non
puoi semplicemente rispondermi?»
"Dimmi chi sei"
«Recidiva,
eh? D'accordo. Sono un essere molto più vecchio di te che
odia gli specchi e che non invecchia. Contenta?»
"Oh mio... Dio, sei... sei... un-un vampiro?"
«Sì,
cioè, no! Non sono né il buon Dio né
un vampiro. Sono... qualcos'altro. Ora che ho risposto, puoi rispondere
alle mie di domande?!» mi disse meditabondo, finendo la frase
con un tono irritato.
"D'accordo, d'accordo. Mi hai chiesto se mi ricordo qualcosa, giusto?"
«Sì.
...Sei attenta, noto» disse con aria compiaciuta «Vedi, »
aggiunse immediatamente «Hai fatto una cosa
che, teoricamente, non avresti dovuto fare, quindi ora devo valutare un
paio di cose.
Ti ricordi che cosa è successo?»
"In realtà... ho appena realizzato di essere all'ospedale.
Aspetta, PERCHÉ DIAMINE SONO ALL'OSPEDALE?!"
«Quindi,
non ricordi nulla. Ottimo. No, davvero, fantastico» disse,
portandosi (quella che credevo) una mano alla (quella che
credevo) fronte.
"Perché quella voce da 'sono nella merda'?" dissi un po'
irritata.
«Perché
se tu non ricordi nulla, io non riesco a sapere che cos'hai visto. Se mi hai
visto» mi rispose, calcando l'ultima frase.
«Stanno
arrivando i tuoi. Non raccontare nulla di me, altrimenti ti prenderanno
per pazza. O schizofrenica, se preferisci» disse con una
risatina, svanendo.
Tre secondi dopo, entrarono mamma, papà, e il dottore.
«Quindi?
Come andiamo, signorinella?» mi chiese con un sorriso
quest'ultimo.
«Cre...do...
Ben...ne...» gli risposi a fatica.
«Dottore,
credo che-» iniziò mia madre «Riposo e acqua,
signora, riposo e acqua. È miracolosamente scampata ad un
incidente quasi sempre fatale. Devi considerarti fortunata» mi
disse il dottore, facendomi l'occhiolino ed uscendo dalla
stanza.
"Incidente? Quasi sempre fatale?" «Mam... ma... co...
cos... a... suc... succ... successo?» dissi molto a fatica,
sentendo chiaramente lo sforzo delle mie corde vocali.
Mia madre si sistemò sul letto accanto a me, mentre mio
padre si sedeva sulla sedia vicino al letto.
«Calma,
tesoro, calma. Caro, per favore, prenderesti un bicchiere
d'acqua?» chiese dolcemente mia madre a mio padre che, per
tutta risposta, si alzò e andò a prendere un
bicchiere.
Lei rivolse di nuovo il suo profondo sguardo e i suoi occhi marroni su di me.
«Non
ricordi nulla, tesoro?» mi chiese sorridendo, a cui risposi
di no con la testa.
Ma c'era almeno una parte del mio corpo che non mi facesse male?!
«Puoi provare con gli
occhi» disse quella voce, ridendo come una
dannata.
La ignorai, e tornai a focalizzarmi su mia madre.
Lei, tranquillamente prese a raccontarmi.
«Umh
avrei dovuto immaginarlo, hai preso una gran botta. Vediamo... da dove
incomincio... ah, ma certo! Dall'inizio!» disse con una
piccola risatina.
«Allora...
ti eri alzata sbuffando come sempre, ma eri tutta carica
perché... perché... ah, sì!
Perché a scuola facevano la proiezione di un film»
Proiezione di un film... proiezione di un film... qualcosa nella mia
mente stava incominciando a muoversi mettendo tutti i pezzi a posto.
«Come
tutte le mattine, ti sei alzata, ti sei lavata, cambiata e sei scesa a
fare colazione, mangiando una tazza di cereali al cioccolato col latte
caldo»
Stavo piano piano incominciando a ricordare...
«Poi,
hai preso la cartella e sei uscita per andare a scuola.
Successivamente, non so cosa sia successo, ma ad un certo punto,
un'infermiera dell'ambulanza ha chiamato me e tuo padre, dicendo che
venivi portata all'ospedale.
Ti abbiamo raggiunto in fretta e furia, e quando siamo arrivati ti
stavano per operare a causa dell'emorragia interna che avevi.
Successivamente, hai dormito per due giorni aiutata da un respiratore
che ti hanno tolto quando ti sei svegliata e hanno capito che potevi
respirare da sola.
In questi due giorni, è venuto l'uomo che guidava il
camioncino che ti ha investito per sapere se stavi bene. Che gentile.
Ci ha raccontato come si è svolta la storia. Te la
ricordi?»
Mi ricordavo qualche pezzo di quella giornata, io che
prendevo la cartella e uscivo, quello strano gatto nero che
continuava a fissarmi, la vecchietta che attraversava..
LA VECCHIETTA!
Colta da un lampo, ricordai quasi tutto, e tentai di chiedere a mia
madre come stava la vecchietta che avevo fatto capitombolare per terra.
«Stai
tranquilla, tesoro» mi disse lei dolce «la signora Green
sta bene. Ha preso solo una gran botta quando l'hai spinta, ma sta
bene»
Sospirai sollevata.
Nel mentre, mio padre mi aveva portato un bicchiere con dell'acqua che
avevo avidamente iniziato a bere a piccoli sorsi.
«Quindi...»
dissi con la gola più morbida «sono rimasta
addormentata per tre giorni?» chiesi, mentre il dottore
entrava e reclamava la presenza dei miei genitori.
«Torniamo
presto, cara» mi disse papà affettuosamente mentre
chiudeva la porta della stanza dietro di sé.
«Quindi...
ora ricordi, finalmente?» disse l'ombra , riformatasi su una
sedia poco distante dal letto, facendomi prendere un colpo.
«Mi
hai fatto prendere un colpo!»
«Scusa.
Ora ricordi, quindi?» mi disse l'ombra sbrigativa.
«P-Più
o meno... perché ci tieni
così insistentemente?» chiesi io torva e
curiosa.
«"Più
o meno" quant'è su una scala da uno a dieci? E comunque,
affari miei. Te l'ho detto, hai fatto una cosa che non dovevi fare ed
ora sto tentando di porvi rimedio»
«Umh...
cinque, presumo?»
«Cinque,
eh?» disse con tono divertito «Bene.
Vedrò di trasformare questo cinque in un numero
più alto o più basso» concluse con una
risatina, sparendo.
Io, nel mentre, mi interrogavo ancora su chi o cosa fosse
quell'ombra, ma caddi solo in un sonno profondo, mentre i miei genitori
aprivano la porta della stanza.
«Fa'
piano, sta dormendo» sentii dire da mia madre, prima
d'incominciare a sognare.
/*Angolo
Autore*/
Buona sera/mattina/pomeriggio a
tutti, cari
lettori!
Perdonate gli errori di grammatica se ce ne sono, e non fatevi scrupoli
ad indicarmeli (gentilmente, che non mangio, grazie)!
Parlando della storia, questa è la prima storia
che scrivo da capo a piedi,
senza ispirarmi da nulla.
O meglio, mi hanno ispirato un fumetto ed un film, ma la storia
è
completamente mia.
Parlando del capitolo, lo so che a primo impatto non si capisce molto,
ma se avessi già spiegato tutto non ci sarebbe la storia xD
Nel mentre, fantasticate su cosa diavolo stia succedendo e se
vi viene voglia di tirare a sorte, scrivetelo pure in una recensione...
ci si vede al prossimo capitolo!
(Per chi si è abituato con la musichetta in sottofondo,
allora ascolti pure Hitotsu
Dake no Michishirube
{Akuma no Riddle OST}
|