Il
Bagliore della Luna
Nessun abitante di Extramondo
rivolgeva lo sguardo alla sua Luna. Squarciava il cielo come un sorriso
fuori luogo, con i suoi denti marci. Non diffondeva un bagliore candido
e riconciliante come sulla Terra: sembrava invece risucchiare la luce
dalle stelle vicine per rendersi visibile. E a renderla ancora più
disprezzata era la sua funzione di legante con il il mondo degli umani.
“Perché noi maghi, razza superiore, dobbiamo dipendere dagli esseri
umani, dai loro sporchi sentimenti, per vivere?” Nessuno osava
pronunciare parole simili, ma formavano un tacito pensiero comune nella
mente della gente. Si preferiva quindi ignorare l’esistenza del
satellite giallo, classificandolo come una porta scomoda ma necessaria.
Come poteva allora la Regina di quel popolo passare intere nottate a
rimirarlo?
Si affacciava sul balcone della sua camera e ignorando il giardino che
si distendeva per chilometri davanti a lei puntava lo sguardo dritto
sula Luna. La attirava proprio come faceva con le maree e come queste
ella non poteva sottrarsi a quella forza mistica. Le riempiva il cuore
di sentimenti contrastanti. A volte scorrevano lacrime mentre in altre
sbocciava sorriso o, spesso, entrambi comparivano contemporaneamente
sul viso di Vanilla.
Le prime notti si era sconvolta nel ritrovarsi così fragile e
influenzabile e si era imposta di tornare fra le lenzuola, senza però
riuscire a prendere sonno. Ci era voluto del tempo, anni, per accettare
quel rituale notturno, che ogni sera le scatenava emozioni
indescrivibili. Ed allora si infilava la vestaglia e si faceva
accarezzare dall’aria frizzante, lasciando che la Luna la travolgesse.
I pensieri scorrevano lenti, ridondanti e ben distanti dalla realtà
pratica di un regno da governare. Spesso non ne afferrava nemmeno il
significato e ne emergeva solo un quadro generale e sbiadito. C’era
però una parola che si affermava prepotente e accesa, sovrastava ogni
altra riflessione e non si dissipava fino al mattino successivo, in cui
spariva come in un lampo.
Chocola. Chocola. Chocola. Chocola.
Chocola. E poi eccone arrivare altre, più piccole e gracili, ad
affiancarla. Amica. Alleata. Rivale. Felice. Lei è felice. Svanivano in
fretta così come erano comparse. Chocola.
Chocola. Chocola. Chocola. Chocola. Aldilà della Luna, di ogni
preoccupazione reale, sostava l’appiglio di quella parola. Quando si
erano separate, Vanilla non si aspettava che sarebbe stata l’ultima
volta che l’avrebbe vista. Era appena salita al trono allora, stava
sfiorando eccitata il potere di una regnante. Il potere assoluto. Ma
prima ancora che lo afferrasse pienamente fu travolta da quello per cui
non era pronta: ufficialità, burocrazia, intrighi, falsità, impegni
inutili e soprattutto l’essere manovrata da chi il potere lo deteneva
realmente. E allora non aveva più pensato a Chocola, ma soltanto a
restare a galla in quel mondo d’oro e di pietre preziose.
Solo con il suo incontro con la Luna la sua memoria era tornata
all’amica d’infanzia. Aveva iniziato ad immaginare la sua vita:
circondata d’affetto, di calore, semplice.
Il paragone arrivò puntuale e straziante, per quanto avesse provato a
tenerlo lontano. Ed ecco che il tempo si arrotolava su se stesso e lei
tornava timida e sola, all’ombra dell’allegra e amata Chocola. Il
desiderio di essere come lei corrodeva Vanilla fin da quando l’aveva
conosciuta. La possedeva e la guidava, facendola inciampare e cadere,
provocando la sua stessa disfatta, mentre Chocola era felice. Non
poteva più negarlo. Provava invidia, profonda radicata ancora più della
loro amicizia. Nulla era cambiato: Chocola poteva vedere il bagliore
della Luna e Vanilla ne era all’oscuro.
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