Hermione tamburellava nervosamente le dita sugli avambracci, e andava
avanti e indietro per la Sala Comune di Grifondoro, completamente deserta. La
tunica rossa e oro che portava ondeggiava ad ogni suo
passo, e così anche la stola nera che portava sulle spalle, ricamata alle
estremità con lo stemma di Hogwarts e lo stemma di Grifondoro. Subito sopra
ogni stemma, rilucevano da una parte il distintivo di Prefetto, e dall’altro
quello di Caposcuola.
"Ve la date una mossa? Manchiamo solo noi! IO non posso essere in
ritardo!"
"Prenditela con il tuo ragazzo" mormorò laconico Harry, finendo
di aggiustarsi la tonaca e raggiungendola scendendo la scala.
"Avevamo un accordo, Potter.
Dovevi svegliarlo per tempo."
"E l'ho fatto, Granger. Quattro volte. Forse
avresti dovuto fargli un'improvvisata ieri notte, di sicuro questo lo
avrebbe..."
"Come sempre. Come sempre. Dimmi la volta che è arrivato puntuale..." mormorò Hermione, dando
l'idea a Harry che lei non lo avesse manco ascoltato. Salì poi i primi tre
scalini della scala che portava al dormitorio maschile e prese quanto più fiato
poteva.
"RONALD WEASLEY, SE NON SEI QUI ENTRO CINQUE SECONDI
TI UCCIDO! E SE ARRIVI ENTRO DIECI TI MOLLO!"
Ron arrivò correndo come un matto, inciampando nei suoi stessi piedi e
finendo lungo disteso ai piedi di Hermione, sembrando
più un involtino primavera che un diplomando di Hogwarts.
Harry, sopprimendo una risatina, pensò che Hermione continuava
ad avere uno strano concetto di priorità.
"Eccomi. Tre secondi."
Hermione aveva uno sguardo che poteva uccidere "Tu arriveresti al
ritardo perfino il giorno del tuo matrimonio."
"É una proposta?" sorrise Ron, speranzoso.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, e sollevando la tunica iniziò a
correre per le scale, prontamente seguita dagli altri. La cerimonia di consegna
dei diplomi sarebbe iniziata a momenti.
Come la professoressa MacGranitt raccontava a chiunque con visibile
orgoglio, Hermione si era confermata come l'allieva più brillante che Hogwarts avesse mai avuto dai tempi di Rowena Ravenclaw, fondatrice di Corvonero, e ogni Istituto magico
d’istruzione superiore che avesse un gufo sottomano aveva scritto che sarebbe
stato onorato d’averla tra i propri studenti. Anche
l'Accademia degli Auror l'aveva accettata. Ma quello che rendeva orgogliosa oltre ogni limite la Direttrice di Grifondoro era
l'ultima lettera arrivata a Hermione. La ceralacca, di un blu intenso, portava
il simbolo della Luna crescente, e quando Hermione l'aveva vista era quasi
svenuta per l'emozione. Inis Witrin! Era l’università più prestigiosa
d'Europa, ed era un onore anche solo ricevere una comunicazione da quel posto.
Hermione non aveva nemmeno spedito la domanda di ammissione
per Inis Witrin, sicura di non essere abbastanza intelligente per quel posto, e
invece loro scrivevano che la volevano ammettere anche se non aveva fatto
domanda. L'unica pecca era che lei avrebbe voluto specializzarsi in Rune
Antiche, e quella cattedra era stata appena soppressa. Il corso più rinomato lì
era quello di Pozioni, e pur sapendo che era un passo verso una strada incerta
e meno sicura di quella delle sue amate rune, aveva deciso di imboccarla lo
stesso.
Harry, nemmeno da dirlo, contava i giorni, i minuti e i secondi che lo
dividevano dal primo giorno d'addestramento. Fosse dipeso
dagli Auror, non gli avrebbero quasi lasciato terminare l'anno
scolastico. Ai loro occhi, Harry si era distinto in più di un'occasione per
coraggio e una buona dose d’incoscienza, doti fondamentali per entrare nella
loro casta. E, cosa che non guastava, era anche l'eroe
che aveva sconfitto Voldemort. Era capitato a metà dell'anno scolastico, ma
nessuno sapeva com'era andata. Hermione e Ron erano rimasti feriti prima dello
scontro, e non ricordavano granché. L'unico a parte Harry che sapeva come si
erano svolti i fatti era Silente, ma non parlava. Ed
Harry aveva lasciato intendere di non voler sollevare l'argomento mai più. Comunque fosse andata, lo aveva cambiato. Era diventato
serio, taciturno, ed era stato solo perchè la MacGranitt si era opposta,
altrimenti avrebbe lasciato Hogwarts prima del
diploma. Era un sentimento che ora accomunava tutti e tre: Hogwarts era stato
un buon posto per migliorare l'istruzione magica, ma non ci sarebbero voluti
stare un minuto di più. I brutti ricordi legati alla scuola avrebbero
potuto sormontare quelli belli... anche se la trasformazione in furetto
di Malfoy, come la fuga di Fred e George, erano ormai diventate materia di
leggenda.
Ron invece, sorprendendo Hermione e Harry, che erano certi che sarebbe andato in Accademia, aveva deciso di iscriversi
all’università, e di laurearsi in Trasfigurazione. Non ci voleva una palla di
vetro per capire che non era quello che voleva, anche se lui diceva il
contrario. Hermione, che aveva fatto l'inverosimile per spronarlo a non
abbandonare i suoi sogni, aveva capito che non avrebbe mai potuto battere colei
che aveva deciso la vita futura di suo figlio, in altre parole Molly Weasley.
La donna durante la guerra aveva perso un marito e un figlio. Percy si era
tolto la vita per il senso di colpa. Fred era talmente preso dagli affari che
ora doveva gestire da solo che raramente aveva il tempo per lei. Charley e Bill
vivevano lontano. Se pensava di aver fallito con loro,
si era ripromessa fermamente di non fallire con Ron. E Ron, non volendo dare
alla madre un altro dolore, aveva deciso di lasciar perdere
tutto e di accontentarla. Ginny quando lo aveva saputo gli aveva detto chiaro e
tondo che era un mollusco aveva spina dorsale. Non era ambiziosa ai livelli di
Percy, ma abbastanza da renderla diversa da lui. Ginny, come Harry e Hermione,
non solo avrebbe perseguito i suoi sogni. Li avrebbe realizzati. E forse anche di più.
La cerimonia del diploma fu esattamente come se l'erano
sempre immaginata, con i professori, la folla dei genitori, e un’indiscussa
felicità di lasciare quel posto e di iniziare un nuovo capitolo delle loro
vite. Harry era quello che l’avrebbe iniziato per primo, visto che la data
d’inizio dell’addestramento era appena ad un mese di distanza. Hermione e Ron
invece avrebbero avuto ancora un’estate da passare insieme, e poi avrebbero
dovuto scoprire le croci e le delizie di una relazione a distanza. Sembravano
decisi a tenere in piedi quel germoglio della loro relazione, ed Harry aveva
già da tempo fatto loro i più sinceri auguri al riguardo.
Ron era quello più fiducioso. Hermione invece già elencava nella sua testa tutti i dubbi e i problemi che sarebbero
scaturiti o potuti scaturire. Trasfigurazione a Glasgow non era
Pozioni ad Inis Witrin. Se avrebbe avuto il
tempo di dormire, sarebbe stata fortunata.
Questo era quanto pensava prima di varcare la soglia delle mura del campus. Dopo averle varcate, e aver ammirato i palazzi,
si rese conto che tutti gli studenti guardavano lei. Non ne era
certa, ma un paio sembravano perfino aver sussurrato il suo nome, indicandola.
Hermione continuò a camminare. Probabilmente era solo uno scherzo che
facevano alle matricole. Quando però arrivò all’interno e la cosa si ripeté,
iniziò a domandarsi cosa ci fosse che non andava.
“Allora è vero. Hermione Granger è arrivata ad Inis Witrin.”
Quelle esatte parole le aveva sentite anche sette anni
prima, ma erano rivolte a Harry. Ed era stato
Malfoy a dirle. La persona che si era rivolta a lei era una ragazza dai capelli
color topo, dall’aria fintamente buona. Aveva un aspetto familiare, ma non
capiva dove l’avesse già vista.
“Beh, era tempo. Anche se mi sarei aspettata che l’erede di Priscilla
Corvonero arrivasse anche lei un anno prima della
media.”
“Si può sapere chi sei?”
“Io sono Demetra. Demetra Umbridge. Immagino tu abbia conosciuto mia
madre.”
“Sì, ho avuto il piacere…”
Sempre che piacere si possa dire, completò
mentalmente Hermione.
“Una ragazza della tua fama e con il tuo
cervello può fare molto per Inis Witrin, e per il mondo magico. Forse ti potrò
essere d’aiuto.”
Hermione continuava ad avere di fronte agli occhi la conversazione di
Harry con Draco. Le parole erano diverse, ma il succo era lo stesso. E anche la risposta che lei avrebbe dato. Stava per aprire
bocca, quando un’altra persona fece al sua comparsa
nell’atrio.
“Diamine, a furia di girare mi dimentico sempre quanta nebbia c’è in
questo posto!” esclamò una ragazza dai capelli castani, con due borse da
viaggio a tracolla e piena di bracciali e collanine etniche che spiccavano
sulla pelle abbronzata.
Demetra appena la vide sulla porta, assunse subito un’espressione
contrariata. “Madeline. Già di ritorno?”
“Eh sì, Demetra, che vuoi… dopo un po’, perfino apprendere le pozioni
curative degli sciamani africani diventa noioso. Volevo un po’ di civiltà”
rispose Madeline, posando le borse a terra, e poi passando una mano nei capelli
castano dorato per rimetterli a posto, richiamando l’attenzione sui monili
etnici che portava addosso. Era disinvolta, bella, e tutto quello che a prima
vista mancava a Demetra.
Demetra strinse forse i pugni. “Indubbiamente.”
Hermione, guardando l’una e poi l’altra, capì che tra le due non correva
buon sangue. Maddy, finalmente guardando al fianco di Demetra, vide la
ragazzina che la guardava con aria confusa, e le sorrise.
“Hermione Granger. Che bello, finalmente una Grifondoro
in questa landa di Serpeverde… o ti sei sbagliata di corso?”
“Seguo il corso di Pozioni, Veleni e Antidologia.”
“La mia stessa specializzazione. Che colpo di fortuna. Beh, mi piacerebbe rimanere a far salotto, ma credo che la professoressa Silenius mi caccerà
se non mi presento all’istante, per cui a presto. Demetra, come al solito rivederti nei miei brevi soggiorni ad Avalon è
sempre un avvenimento ricco di emozioni. Ciao!”
E aprendosi una scia tra il resto degli studenti
rimasti a fissare le tre ragazze sulle scale, Madeline raccolse le borse e
s’incamminò fino all’ufficio della preside della facoltà.
“Puttana” sibilò Demetra fissando con odio la sua schiena che si allontanava
per le scale. Aveva pronunciato l’insulto talmente piano che non l’aveva
sentita nessuno, tranne Hermione che era proprio al suo fianco. E anche Demetra
doveva essere certa di non essere stata udita da nessuno, perché subito dopo si
voltò verso Hermione, tutta sorrisi e buone maniere,
offrendole un’amicizia oltremodo interessata.
“Posso aiutarti a fare nuove conoscenze. Ci sono tante persone che non vale la pena di conoscere meglio, come quella Madeline. Ha
la reputazione peggiore di tutta l’università. Ha fatto il
primo trimestre qui, prima di vincere, in modo del tutto immeritato, una
borsa di studio che le permette di studiare ogni trimestre in un posto diverso…
in quel periodo si è fatta due professori e buona parte del corpo studentesco.
È una poco di buono, la pecora nera della famiglia.”
“A me pare simpatica.”
“Te ne accorgerai presto di che pasta è fatta. Allora, come ti dicevo…”
“Grazie dell’aiuto, ma credo sappia distinguere
da sola le persone degne della mia amicizia. E ora scusami, devo andare a
prendere l’orario dei corsi.”
Non aveva fatto neanche uno scalino che già lo aveva compreso. Si era
appena fatta una nemica per la vita, come Draco era per Harry. Se avesse
scoperto che il rettore era il gemello di Albus
Silente, a quel punto non si sarebbe neanche scomposta. Ma
si rifiutava di vivere per altri quattro anni in una copia di Hogwarts!
Trovati gli orari delle lezioni, e rimpiangendo di non avere più la sua
fidata GiraTempo, Hermione ritornò verso i dormitori. Aveva voglia di fare
quattro chiacchiere con qualcuno… e sperava che Harry non fosse troppo occupato
per venire al focolare.
Non lo era. Anche se a rispondere alla sua
chiamata fu uno dei suoi compagni di stanza, Harry scese subito dal letto
appena sentì la voce familiare di Hermione, e si affrettò a mandare via il
ragazzo, che si chiamava Ed.
Hermione guardò con sgomento il braccio che Harry portava al collo.
“E quello cos’è?”
“Sono felice di vederti anch’io, Hermione” rispose Harry sedendosi sul
pavimento di pietra ed evitando di rispondere.
“Scusa. Come vanno le cose?”
“Non male, potrebbero andare meglio. Ed, ti
dispiace smetterla di fare l’idiota?”
Hermione ridacchiò, chiedendo che cosa stesse
facendo. Harry rispose fingendo, con un po’ di difficoltà, di suonare un
violino immaginario.
“Crede che tu sia la mia ragazza.”
“Dio me ne scampi, Ed! Senza offesa, Harry, ma non sei proprio il mio
tipo.”
“Nessuna offesa. Neanche tu lo sei.”
“E dopo aver appurato una cosa che sapevamo da sette anni, ti va di
sapere come è andato il mio primo giorno?”
“Sentiamo.”
“Questo posto sembra la versione accademica di Hogwarts. E pensa, mi sono
già inimicata una il cui nome ti farà rizzare i
capelli… beh, più del solito.”
“Fa di cognome Piton, Goyle, Tiger o Malfoy?”
“Peggio. Umbridge!”
La faccia di Harry era tutta un programma. “Stai scherzando? Umbridge?”
“Già. Demetra è la figlia di Dolores, ed è antipatica giusto un filo meno
di sua madre.”
“Che sfiga.”
“Verissimo. Mi ha fatto lo stesso discorsetto che ti ha fatto Draco quando vi siete conosciuti sulle scale di Hogwarts il
primo anno, e l’ho mandata a quel paese.”
“Brava ragazza.”
“Poi ho conosciuto la sorella maggiore di Pansy
Parkinson, Madeline. Ho una mezza idea di chiederle
se è la figlia dell’amante o se lo è sua sorella, perché non si somigliano per
niente… e avresti dovuto vedere quando Demetra se l’è
vista davanti!”
“Umbridge. Parkinson. Scusa, Hermione, ma il
posto dove sei capitata è la succursale del Serpeverde e Case affini in
Europa?”
Hermione si strinse nelle spalle. “No. Solo la mia facoltà.”
“Bella gatta da pelare.”
“Proprio. Come sta Ron?”
“A rigor di logica non dovresti nemmeno chiedermelo. Sei o non sei la sua
ragazza?”
“È che l’ultima volta che ci siamo visti abbiamo finito per litigare. Ma porca miseria, perché non capisce che…?”
Harry la guardò e disse qualcosa in una lingua che Hermione non comprese.
“Sarebbe a dire?”
“È una perla di saggezza di uno dei nostri
insegnanti. Parafrasato suona più o meno ‘Risolvetevi
da soli i vostri casini’.
“Grazie della comprensione, Harry, ricambierò quando
sarai in crisi con Ginny.”
“Uccello del malaugurio! Scusa, ora devo andare. Se mi beccano a
comunicare con un esterno oltre l’orario consentito sono
trecento flessioni e credo capirai che con un braccio in queste condizioni non
sono l’ideale.”
“Scusa, me l’ero dimenticata. Ci risentiamo?”
“Ti chiamo io venerdì sera.”
“Il venerdì sera ho intenzione di uscire, mio caro!” esclamò Hermione
indignata. Harry rise.
“Certo, e io sono il Ministro della Magia!”
“Fai prima a chiamarmi sabato e a chiedermi come ho passato la serata!
Dico davvero, Potter!”
Harry continuava a ridere, e stava ancora ridendo
quando Hermione interruppe la conversazione.
“Ma guarda tu che idiota…” mormorò.
Alla fine fu felice che Harry non avesse proposto di scommetterci soldi,
perché li avrebbe persi miseramente. Come Harry aveva previsto, mentre il
venerdì sera le sue compagne di studio e di dormitorio erano andate quasi tutte
a Londra a spassarsela, o a passare la notte con il loro ragazzo, o entrambe le
cose, lei era rimasta sul divano a leggere, completamente rapita, una
pubblicazione di cinquecento pagine sui veleni medievali e sull’Acqua di
Napoli. Dopo aver guardato l’orologio, Hermione scosse la testa, sconsolata,
domandandosi se proprio non c’era speranza. Insomma, era una matricola, no? Le
matricole non avrebbero dovuto divertirsi? Non poteva essere così difficile!
Decise allora che la settimana prossima non ci sarebbe stato nessuno in terra
capace di impedirle di andare alla festa che di sicuro
ci sarebbe stata.
Ron quel venerdì la invitò a cena alla Tana.
Pur essendo felice di vedere il suo ragazzo e di
salutare Ginny, all’ultimo anno di Hogwarts e ormai ragazza ufficiale di Harry,
sapeva che la serata non sarebbe finita bene. E dimostrando
di avere almeno in quel caso doti di Veggente, la serata terminò con una
litigata accesa con Ron. Non facevano altro, ultimamente. Lui le rinfacciava di
non aver mai tempo per nessuno, lei era stufa di parlare delle cose che la
entusiasmavano con uno che non capiva niente di quello che diceva. Sinceramente
Hermione aveva pensato di trovarsi un altro e poi di fargli sapere di averlo
tradito. Così, per ripicca. Poi però sapeva che non ne sarebbe stata capace.
Non poteva fare questo a Ron. Non dopo quel che aveva giurato a sé stessa anni prima.
Tornava da una cena simile a quella, verso la fine del secondo trimestre,
quando nella sua camera trovò una visitatrice inattesa.
“Madeline?!”
Madeline Parkinson era seduta sul letto vuoto
della camera dove Hermione dormiva, con accanto una
valigia. Aveva l’aria di qualcuno che non aveva molta volta di trovarsi lì.
“Ciao, Hermione, come va? La professoressa Silenius mi ha detto di venire
qua perché avevi un posto libero, spero non ti dispiaccia.”
“Che? No, figurati… se non dispiace a te.”
“A me dispiace non essere ad Hanoi. Ma non ho
passato un esame tra i fondamentali, quindi lo devo ridare, ergo devo stare qui
fino alla fine del trimestre, ovvero un altro
dannatissimo mese e mezzo!”
“Che esame?” domandò Hermione sedendosi sul suo
letto e abbracciando un ginocchio con le braccia.
“Storia della Magia.”
“Io sono ferrata in materia. Vuoi una mano?”
Madeline piegò la testa di lato, sorridendo ironicamente “Credevo che le
brave ragazze di Grifondoro non aiutassero le ragazze del Serpeverde… o di Baton-verts, o di Grünwald, che
poi sono la stessa cosa.”
“Chi l’ha detto che sono una brava ragazza?”
“Gioia, ce l’hai scritto in fronte a caratteri
cubitali. E scommetto che fino ad oggi hai fatto vita monastica, che Demetra ti
ha fatto vedere i sorci verdi, e che hai tanta rabbia repressa contro di lei da
ammazzare un bufalo acquatico.”
Non aveva tutti i torti. Demetra poi, approfittando del suo status di allieva migliore del secondo anno nonché di
rappresentante degli studenti, aveva veramente molte occasioni per rivalersi su
una matricola inerme.
“In parole povere.”
“Senti, ti propongo uno scambio merci: tu mi aiuti a passare l’esame, e
io ti do una mano a scrollarti di dosso la tua reputazione di suora. Ci stai?”
“Ho scelta?”
“Dopo esserti offerta tu per prima? No.”
“Guarda che io ho già buttato la spugna da un
pezzo.”
“E hai fatto male. Molto, molto male.”
Da quella sera, Maddy divenne la compagna di stanza di Hermione, ed
Hermione, prima con leggera riluttanza, e poi con entusiasmo crescente, divenne
la compagna di baldoria di Maddy. Madeline era divertente, ironica, spigliata,
e non si faceva fermare da niente e nessuno. Se voleva qualcosa
se la prendeva, e al diavolo tutto e tutti. Hermione non riusciva a capire come
un tale soggetto potesse essere imparentata con quella
ragazza dalla faccia come un carlino che aveva conosciuto a Hogwarts.
Una mattina, finita la lezione di Pozioni di base, raggiunse
Madeline presso la fontana che si trovava nel giardino, pieno di gemme ad indicare
il prossimo arrivo della primavera. Maddy stava leggendo il giornale, e
sembrava fuori di sé.
“Ehi, Maddy, che c’è?”
Madeline rinunciò ad accartocciare il giornale con le mani, e lo diede a
Hermione, sedendosi poi sul bordo della fontana reggendosi il meno con una
mano.
“Guarda la pagina della vita mondana.”
Hermione guardò la pagina della Gazzetta indicatale, e vide che la
sorella di Madeline aveva appena sposato un prominente funzionario del ministero,
che dalla foto sembrava avere più del doppio degli anni della
sposa.
“Che schifo.”
“È un matrimonio deciso dalla tua famiglia, Maddy, vero? Perché mai credo
che tua sor…”
“No. È proprio quella sgualdrina di mia sorella ad aver deciso. Quasi mi
dispiace per quel povero sprovveduto che crede di mettersi in casa una
verginella.”
A Hermione quasi venne da ridere. Pansy una
verginella? “E con che
coraggio va in giro a dire questo? Lo sanno tutti che quella… quella…”
“Puttana? Troia? Sgualdrina? Baldracca? Zoccola?”
“Che quella si è fatta tutti gli studenti del
suo anno della sua Casa, e pure molti altri. Senza dimenticare di chi è stata
l’appendice fino alle vacanze natalizie del sesto anno.”
“Già. Voglio sperare che farà passare almeno una settimana dal matrimonio
prima di far ritornare Draco Malfoy nel suo letto.”
“Sono ancora amanti?” domandò sorpresa Hermione, sedendosi a fianco di
Maddy.
“Non hanno mai smesso, da quanto ne so. Eccetto in
quei quindici mesi che Draco ha passato a Durmstrang
a fare… cosa? Uno scambio culturale?”
“Non lo so. È sparito dalla sera alla mattina” disse
Hermione. Pregando con tutta sé stessa che Maddy se la
bevesse. Aveva una cicatrice sul polso destro a ricordarle in eterno la notte
in cui Draco era sparito da Hogwarts. E a ricordarle probabilmente parte dei
motivi per cui con Ron era in crisi da quando avevano
lasciato la scuola, se non da prima.
Madeline osservò Hermione senza dire niente. Poi si alzò dicendo che andava in biblioteca a fare qualche ricerca
sulla rivolta dei goblin del 1611. Hermione la
salutò, e quando fu rimasta sola, girò la mano destra e sfiorò la cicatrice,
sottile e perfettamente dritta, esattamente sopra le vene del suo polso.
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