Un passo verso te

di giraffetta
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Inghilterra, 1835
 
Tutta la casa era tranquilla e silenziosa. Dovevo essere l’unica ancora sveglia a quell’ora.
Era stata una giornata frenetica, passata a finire gli ultimi preparativi per il Natale, che sarebbe arrivato l’indomani mattina. Io e Rosalie avevamo addobbato il salone con festoni colorati e un piccolo abete decorato con fiocchi rossi faceva mostra di sé nell’ingresso. Avevamo cotto i cibi per il pranzo e scelto quali tovaglie utilizzare. Perfino Jasper si era lasciato contagiare da quell’atmosfera e aveva portato su dalla cantina una bottiglia di vino.
Diedi un’ultima occhiata al salone e mi decisi a salire in camera per dormire. Mi spogliai del vestito e indossai la camicia da notte, liberando i capelli dalla crocchia ordinata che avevo fatto quella mattina.
Improvvisamente, fui attraversata dalla testa ai piedi da una strana sensazione. Non era la sensazione di una scossa elettrica, era più acuta e spaventosa, più folgorante e terribile.
Rimasi immobile, con le mani ancora nei capelli e con gli occhi e le orecchie all’erta.
“Bella, Bella, Bella!”
Un urlo accorato si levò sul silenzio, lasciandomi senza fiato. Rabbrividii e mi guardai intorno, invano. La voce non proveniva né dalla stanza né dal giardino. E non veniva nemmeno dall’aria, dal cielo, dalla terra. L’avevo udita, ma non sapevo da dove era arrivata. Era come se mi fosse fluita nelle vene, insieme al sangue, per arrivare dritta al cuore.
Eppure, era la voce di un essere umano, una voce conosciuta e cara, la voce di Edward Cullen. Aveva però un tono doloroso, urgente, malinconico.
Mi avvicinai alla finestra aperta e guardai l’oscurità rischiarata appena dalla luce lunare.
“Vengo!” gridai, sentendo la gola bruciare. “Vengo, aspettami!” aggiunsi, provando a scorgere qualcosa nel buio.
Allora, mi lanciai verso la porta e guardai nel corridoio: era buio e deserto. Scesi le scale in fretta e corsi fuori in giardino, ma non c’era anima viva.
“Dove sei?” urlai al nulla. Nessuno era lì con me, almeno non fisicamente. Guardai la luna, alta nel cielo: sembrava sorridermi e rassicurami.
“Questa non è una magia, non può essere. È la natura, è la natura che si è messa in moto per unirci ancora, per farci ritrovare.” dissi convinta, sorridendo di rimando a quella sfera imperfetta.
Rientrai in casa frettolosamente e mi chiusi nella mia stanza. Era arrivato il momento della rivincita. Avrei parlato a Jasper e mi avrebbe capito. Mi avrebbe lasciato andare.
Mi gettai sul letto, ancora sconvolta ed eccitata, e presi la mia decisione.
Sarei tornata da Edward.
Sarei tornata dal mio unico amore.
 





Note:

Salve!
Non so come abbia fatto a ripescare dai meandri del mio pc questa “bozza” di storia, né dove abbia trovato il coraggio di pubblicarla.
Sono stata appassionata alla saga di Twilight tempo fa, ma di recente ho ripreso in mano i libri e puf, mi è nata di nuovo la voglia di tentare di scrivere su questa saga.
Questo è una sorta di esperimento: la storia si ispira al libro “Jane Eyre” di Charlotte Bronte, con la ripresa di alcune scene/dialoghi, ma anche con tutte le dovute modifiche di trama.
I personaggi, appartenenti alla Meyer, sono tutti umani e non ci saranno implicazioni di carattere sovrannaturale.
Non so ancora dove voglio andare a parare con questa cosa, ma per adesso ho avuto il coraggio di pubblicare il prologo… vedrò se mi tornerà per andare avanti con altri capitoli! >.<
Grazie a chiunque sia arrivato fin qua <3
A presto!
 
Baci,Giraffetta
 


 




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