E finalmente
è giunto il momento anche per Charlie di essere pubblicata
dopo anni di attesa!
Questa la dedico tutta
alla mia Elaine
Doyel che legge sempre tutto quello che le mando, per farmi
perdonare di essere rimasta indietro con le sue storie e non averle
ancora lasciato una recensione. Ti voglio bene, perdonami :3
P.s. per qualche
motivo il mio Word ha deciso di non segnare più gli
errori... E a dire la verità ho fatto una revisione un po'
frettolosa, quindi se qualcosa non va segnalatemelo. Buona lettura! :)
Houston,
Texas.
Era
già sera, Charlie Smith aveva appena finito di lavorare e
vagava per le strade
affollate della città nel disperato tentativo di sfuggire
all’asfissiante
calura estiva.
Non
era abituata a quel dannato caldo, era irlandese. Sbuffò e
infilò le mani nelle
tasche dei jeans. Guardandosi intorno
adocchiò un pub dall’altro lato della strada. Un
pensiero, anzi, tre pensieri
invasero i pochi neuroni che tentavano ancora di sfidare
l’insostenibile afa: “birra...
cibo... FRESCO!”. Si fiondò
tra le macchine, ricevendo una manciata di insulti a cui non
badò; la sua
salvezza si avvicinava ad ogni passo.
Finalmente
riuscì ad arrivare alla porta del locale. Alzò lo
sguardo sull’insegna colorata
e scorse un piccolo cartello posto poco sotto. Un altro pensiero si
unì ai
precedenti: “Wi-fi
gratis!”.Colma di
una ritrovata voglia di vivere, afferrò la maniglia e la
spinse, gioendo al
pensiero di ciò che l’aspettava.
Stava
per poggiare il primo piede all’interno, pensando che adesso
capiva come doveva
essersi sentito Armstrong sulla Luna, ma improvvisamente qualcosa la
mandò al
tappeto.
-
Mi dispiace. –
disse l’accidentale assalitore che si affrettava a rialzarsi.
– non ti avevo
vista.–
-
Non fa nulla non
preoccuparti. – rispose Charlie, anche se avrebbe voluto
prenderlo a mazzate.
Si tastò la fronte e sentì che stava cominciando
a formarsi un bernoccolo
proprio accanto alla tempia destra.
Cercò
di ricomporsi e di non imprecare e si voltò a guardare il
tizio che l’aveva
buttata a terra. Strabuzzò gli occhi, l’unica cosa
che avrebbe potuto dire per
rendere giustizia a ciò che aveva davanti (e anche
l’unica che le veniva in
mente), era “WOW!”.
Occhi chiarissimi,
fisico asciutto, capelli riccioluti color miele e...
“dio mio, ma quanto è alto??”
si chiese mentre lo sondava da capo
a piedi.
Charlie
voleva dire qualcosa e si sforzò di farlo, davvero, ma le
sue sinapsi si
rifiutavano di collaborare e la lasaciarono li a bocca aperta, con gli
occhi
spalancati e un’espressione da ebete. E un bernoccolo in
fronte. Rabbrividì al
solo pensiero di come doveva sembrare in quel momento.
-
Va tutto bene? –
chiese lui, preoccupato di averla seriamente stordita.
-
Sìssìbenissimo.
–
disse lei tutto d’un fiato.
-
Bene, allora se
ti va ti offro qualcosa per farmi perdonare. – disse facendo
un sorrisone a
trentadue denti.
-
Oh sì. – disse
lei annuendo con fin troppa enfasi. – voglio dire... certo,
perchè no! –
Il
povero ragazzo inclinò leggermente la testa di lato e
sembrava si stesse
chiedendo se davvero quella botta non leavesse creato qualche problema.
Charlie
ovviamente non lo notò, era intenta a pensare a quanto
sarebbe stato bello
affondare le mani in quei riccioli perfetti. “Ok,
adesso stai esagerando”. doveva tornare con i piedi
per terra
e reprimere quei pensieri.
Entrarono
nel locale, dove c’erano solo un paio di persone, si
sedettero ad un tavolo e
cominciarono a chiacchierare.
Charlie
scoprì che il tizio si chiamava Will e che neanche lui era
di quelle parti.
Voleva chiedergli di dove fosse esattamente, anche se qualcosa le
faceva
sospettare che fosse Inglese, ma non ebbe il tempo di formulare la
domanda che
lui cambiò argomento.
-
Come mai sei qui?
– le chiese.
-
Oh, è una lunga
storia... – biascicò lei, sorseggiando la terzo (o
quarto?) bicchiere. – anzi, a dire il
vero non è così lunga, ma
non voglio annoiarti. –
-
Ma no, non mi
annoi, parla pure. –
Charlie
lo guardò, fissandosi ancora su quel suo sorriso
dannatamente bello. Possibile
che fosse già più brillo di lei?
Scrollò
le spalle. – se proprio ci tieni... –
Ecco,
adesso bisogna fare un passo indietro e raccontare la storia di Charlie.
Charlotte
Becky Smith viveva ad Edimburgo con suo padre e il suo gatto ciccione
ed aveva due
o tre amici con cui passava la maggior parte del tempo.
Ora,
quello che veramente c’è da sapere di tutta questa
storia è che quando qualcosa
la colpiva, che fosse una band, un film o chissà
cos’altro, rischiava di
diventare ossessiva. Alcune di queste manie erano solo passeggere e
sparivano
dopo pochi mesi, altre non se ne andavano mai. In particolare, quelle
che
continuavano a perdurare erano due: gli alieni e Harry Potter. Entrambe
queste
passioni resistevano stoicamente da quando lei aveva appena otto anni.
Charlie
in cuor suo aveva sempre sperato che un giorno un bell’omino
verde venisse a
farle visita di notte e la portasse sul suo pianeta. Così
ebbe il via la sua
collezione di film di fantascienza, fumetti, libri, gadget e
quantaltro. A
diciassette anni aveva persino frequentato un corso di astrofisica
insieme a
sua cugina Elaine, ma quando gli integrali si complicarono, si rese
conto di non essere per nulla ferrata in materia e rinunciò,
iscrivendosi
invece ad un corso per progettisti di eventi, che era
un’altra delle sue
passioni.
Accadde
poi che quella stessa cugina ottenne un lavoro
all’osservatorio di Houston.
Charlie era impazzita alla notizia e, esasperando la povera Elaine,
riuscì a partire
con lei, insistendo che sarebbe stato solo per qualche tempo;
finchè “qualche
tempo” non diventò
“ti prego farò tutto quello che vorrai ma
fammi lavorare con te”. Al che Elaine decise di
assumerla per organizzare
meeting e conferenze.
Ed
ecco spiegato come si era ritrovata in un pub del Texas, a sopportare
il caldo
e a bere con un ragazzo che aveva appena scontrato.
-
Alieni? Sul
serio? – disse Will senza riuscire a trattenere una risata,
Charlie non riuscì
a capire se fosse ubriaco se la stesse prendendo in giro.
-
Ehi, sta attento
a quello che dici, potrebbe benissimo essercene qualcuno anche qui in
giro. –
rispose lei offesa e alterttanto sbronza.
-
Oh ma è proprio
questo che intendevo! – esclamò nuovamente il
ragazzo mentre si alzava per
pagare il conto.
Charlie,
non capì cosa intendesse ma si disse che aveva semplicemente
bevuto troppo e
rise insieme a lui. Con quel poco di lucidità che le
restava, pensò che sarebbe
stato meglio andare, dato che nessuno dei due era messo molto bene.
Uscirono
dal locale che erano già le due del mattino, le strade si
erano quasi del tutto
svuotate e Will insistette per accompagnarla.
Charlie
per un attimo si chiese che senso avesse dato che sicuramente nessuno
dei due
era in condizioni di opporre resistenza ad un eventuale aggressore, ma
in fondo
l’idea di poter restare ancora con quel tipo affascinante
cominciava a
intrigarla, e inoltre glielo doveva dato che l’aveva stesa
con quel colpo in
testa, quindi accettò.
Poco
dopo si ritrovarono ad intonare canzoni a caso, camminando a zigzag per
la via
semi deserta, beccandosi occhiatacce dai passanti e rimproveri dalle
vecchiette
alle finestre.
-
Ssciamo...
arrivati. – dichiarò la ragazza con voce
strascicata.
Un
sorriso ebete le si dipinse in volto mentre la sua mente vagava: le
sembrava
una di quelle scene da film, in cui lei esitava davanti alla porta e
alla fine
si baciavano. Effettivamente, Will era proprio lì che
esitava e Charlie gli si
avvicinò lentamente, ridacchiando piano a causa
dell’ebrezza. Era così vicina
che sentiva il suo respiro sul viso... Non proprio una cosa piacevole
in
effetti, dopo aver bevuto così tanto.
Improvvisamente
provò una sensazione strana dalle parti dello stomaco.
Quando si accorse che
non erano farfalle, fu troppo tardi.
-
Mi dispiace, mi
dispiace! – Dopo che Charlie gli aveva vomitato tutto
addosso, Will stava per
sentirsi male a sua volta, così Charlie lo fece salire per
pulirsi.
Inutile
dire che non aveva più il coraggio di guardarlo in faccia.
Inoltre non aveva
nessun vestito che potesse andargli bene, quindi il poveretto rimase
con solo i
jeans addosso e Charlie dovette impiegare tutte le sue forze per
frenare i suoi
istinti da astinenza. Ormai erano passate le tre da un bel pezzo,
così disse
che gli avrebbe lasciato il divano per quella notte: a suo dire non era
una
buona idea lasciare andare un bel ragazzo come lui in giro di notte,
perdipiù ubriaco
e seminudo. “e poi per quale motivo
dovrei
privarmi di questa vista... me lo sono meritato dopotutto!” pensò con un
sorriso gongolante stampato in
volto. C’è anche da dire che lui non se lo era
fatto ripetere due volte.
Si
era appena addormentata, quando un forte tonfo e un grido soffocato la
fecero
svegliare di soprassalto. D’istinto afferrò la
prima cosa che trovò accanto al
letto: una padella. Che diavolo ci facesse una padella accanto al letto
non lo
sapeva neanche lei.
Al
momento però non aveva altre armi, così si
alzò e spalancò la porta brandendo
minacciosamente
la sua arma ammaccata, pronta a scagliarsi contro chiunque aveva
provato a
disturbarla. Socchiuse gli occhi, con fare circospetto, ma non
c’era nessuno.
-
Ehm... – sentì
una voce provenire da dietro il divano – Potresti metterla
giù?–
Vide
una testa spuntare tra il pavimento e una coperta: era Will. A
giudicare dal
fatto che era steso a terra doveva essere caduto dal divano. Come
diavolo aveva
fatto a non pensarci prima? Ripose la padella sul piano della cucina
tirando un
sospiro di sollievo e si avvicino a lui, che intanto si era rialzato.
-
Non volevo
svegliarti, mi dispiace. – disse, reprimendo a stento uno
sbadiglio.
-
Non preoccuparti,
non mi ero ancora addormentata. – mentì lei.
– piuttosto, ti va un po’ di tè?
–
-
Alle quattro del
mattino? – chiese lui inarcando un sopracciglio. –
d’accordo. –
Dopo
aver preparato il tè, Charlie si sedette sul divano accanto
al suo ospite.
Sembrava sovrappensiero e la ragazza si chiese a cosa stesse pensando,
ma non
dovette aspettare molto per saperlo.
-
Ricordi cosa ti
avevo detto prima al pub? Riguardo gli alieni intendo. –
-
Ehm... – Charlie
si sforzò di ricordare; non era facile data la
quantità di alcool che si era
scolata. Aveva ancora la mente annebbiata. – Oh... Oh si
certo! – esclamò
quando il ricordo le tornò in mente. – Avevi detto
che avevo ragione. – disse
tutta contenta.
-
Sai... quello che
intendevo è che... io sapevo che
in
quel posto c’era… Un alieno. –
Charlie
cercò nuovamente di mettere in moto i suoi poveri neuroni
sbronzi e accaldati.
-
Oh mio dio... –
-
Già... – disse
Will.
Sperava di non averla sconcertata troppo.
-
Mi stai
dicendo... che tu conosci un alieno? E chi era? No un momento, ho
capito! Era
il barista vero? Sìsì, deve essere per forza
così, non appena l’ho visto mi ha
fatto pensare a quell’attore che fa Khan
nell’ultimo film di star trek e quello
sì che sembra davvero un alieno! Oh, lo sapevo! –
Will
si passò una mano sulla faccia, chiedendosi per
l’ennesima volta se facendola
cadere non le avesse procurato un trauma irreparabile.
-
Charlie... –
cercò di dire qualcosa, ma la ragazza non lo aveva
minimamente sentito, troppo
presa a fare congetture insensate sul barista. Non aveva smesso un
attimo di parlare.
-
Charlie smettila
ti prego! – quasi urlò per la disperazione.
“Ma
come diavolo fa a parlare così
velocemente senza prendere fiato??” si
chiese il povero alieno. Perché sì,
l’alieno era lui, ormai dovrebbero averlo
capito tutti. Solo Charlie ovviamente non ci era arrivata. La ragazza
infatti
lo guardò con un’espressione che la faceva
sembrare un’enorme triglia lessa,
poi finalmente, la sua mente provata da quell’informazione
sconvolgente, riuscì
a far partire l’ingranaggio giusto.
-
Ooh... – non
riuscì a mettere insieme una sola parola, e Will fu grato
per quell’attimo di
silenzio. A quanto pareva aveva capito. Purtroppo per lui
però, a quel momento
di pace seguì la conversazione più assurda e
demenziale cui il ragazzo/alieno
avesse mai partecipato.
-
Quindi ti
trasformi in un piccolo omino verde? – chiese lei di punto in
bianco.
-
Omin... cosa???
Certo che no! –
-
Oh...
– Charlie
sembrava esserci rimasta male. – beh, meno male
perché quelli sono bassi piccoli
e con gli occhi enormi... E dai film che ho visto sembra anche che
siano
senza... Uhm... Ok lascia stare... – fece una breve pausa.
– Non è che sei un
mangiaumani, vero? Oh e comunque non sapevo che gli alieni si
ubriacassero. –
Il
povero e disperato Will si schiaffò nuovamente una mano in
faccia.
-
No, non voglio
mangiarti... accidenti a quei dannati film! –
-
E... non vuoi
nemmeno conquistare il mondo? No perchè sai, in caso potrei
darti una mano, mi
piacerebbe conquistare il mondo!
-
Charlie... No –
-
Nemmeno un
continente? –
-
No. – Will
diventava sempre più disperato.
-
Nemmeno uno
stato? Una città? – ottenne solo
un’occhiataccia in risposta. – nemmeno il
Canada? –
-
Oh, ti prego, non
puoi essere seria! – l’esasperazione del ragazzo
aveva raggiunto livelli
esagerati. – E comunque sì, come hai potuto vedere
anche gli alieni si
ubriacano... Adesso se hai finito con le domande insensate... mi pare
di capire
che l’hai presa bene, no?– chiese speranzoso.
Charlotte
non rispose subito, era immersa nei suoi pensieri. Pensieri che
andavano da “chissà come
è arrivato qui” a “dio
mio, sapevo che era troppo figo per
essere uno squallido umano” fino a “chissà
se è sempre così o cambia forma... magari
è ancora più figo... Potrei
spassarmela!”, passando per ulteriori pensieri
poco ortodossi che sarebbe
meglio censurare.
–
Ma certo! Come avrei potuto prenderla male?
È il sogno della mia vita conoscere un alieno! –
disse alla fine, tutta
contenta. A Will sembrò quasi che le luccicassero gli occhi.
–Però vorrei
proprio sapere che ci fa un alieno nel Texas e soprattutto come ci
è
arrivato... Oh, e voglio anche sapere se sei sempre così o
se cambi forma e sei
hai un’astronave e… –
-
No, io... Non
cambio forma. Non proprio, ma se davvero vuoi vedere... –
disse il ragazzo.
Tutto pur di interrompere quel fiume di domande idiote che sapeva
sarebbe
uscito dalla sua bocca.
-
Beh, ovvio che
voglio vedere, come faccio a crederti se non ho delle prove?
– disse lei
incrociando le braccia.
Sospirò
rassegnato. Charlotte non se ne accorse subito, ma la sua pelle era
aveva poco
a poco preso una sfumatura grigio chiaro. A parte questo
però non notò
ulteriori cambiamenti, almeno finchè lui non aprì
nuovamente gli occhi: due bellissime
iridi viola, leggermente più grandi del normale.
-
Certo che sei...
–
-
Inquietante? –
chiese lui, ansioso di sapere cosa avrebbe detto.
-
Ehm...no, intendevo
dire che stai molto bene così. – disse lei,
lottando ancora una volta per
riprendersi dai suoi pensieri che le urlavano di dirgli quanto lo
trovasse
estremamente sexy.
-
Meno male. – rise
lui, tornando al suo colore umano.
Charlotte
in quel momento stava combattendo una feroce disputa con se stessa.
Doveva
cedere ai perversi pensieri che la sua mente aveava macchinato o
sarebbe stato
meglio starsene buona buona e comportarsi da persona normale? Infondo
non le
aveva nemmeno detto perché era lì. Non sapeva
nemmeno se Will fosse il suo vero
nome... però non voleva mangiarla, ne conquistare il
mondo... Era già qualcosa
no? e se invece avesse voluto usarla per qualche esperimento? Se avesse
voluto
torturarla o controllarle la mente? O forse aveva solo sbagliato rotta
o era lì
in vacanza. Insomma, non sembrava uno di quegli alieni malvagi che
inceneriscono la gente con i laser come nei film.
-
Tutto bene
Charlie? – chiese lui preoccupato.
Che
si fosse spaventata? Eppure non pensava di essere così
terrificante. La scosse
leggermente. Charlie continuò a non rispondere, stava ancora
rimuginando.
“Beh,
in fin dei conti...”
-
Ch... Charlie?. –
“potrei...”
-
Maledizione, l’ho
terrorizzata davvero!
Charlie
alzò lo sguardo su di lui; sembrava quasi di poter vedere il
turbinio di
pensieri ingarbugliati che le frullavano in testa– Oh, ma che
importa! – disse
più rivolta a se stessa che a lui, poi attirò
Will a sè e lo baciò, affondando
le mani nei suoi capelli, come aveva fantasticato di fare per tutto il
tempo. Lui,
preso alla sprovvista, non recepì subito quello che era
successo e rimase
bloccato contro il divano, frastornato dal gesto impulsivo, ma non gli
ci volle
molto per riacquistare lucidità.
Charlie
potè finalmente smettere di chiedersi molte delle sue
domande sugli alieni,
ritenendo di essere decisamente più che soddisfatta dalla
risposta che aveva
trovato.
Dopo
quello che le parve un tempo deliziosamente interminabile, se ne stava
lì
distesa, con gli occhi spalancati, senza la minima idea di quante ore
fossero
passate veramente, anche se sospettava fosse ormai mattina.
-
Che ne dici se
adesso dormiamo un po’? –
-
Ottima idea. –
disse Will
Charlie
borbottò qualcosa di incomprensibile che a Will
sembrò tanto una presa in giro e
sbadigliò, poi sembrò addormentarsi. Pochi
secondi dopo il ragazzo si sentì
scuotere e dovette riaprire gli occhi.
-
Will? –
-
Uhm... –
-
Questo non è il
tuo vero nome, vero? –
-
No... ma non
credo riusciresti a pronunciare il mio vero nome, quindi adesso
lasciami
dormire. Poi ti racconterò tutto quello che vuoi.
– rispose Will con la voce
impastata dal sonno, cercando di sistemarsi meglio per riprendere a
dormire.
-
Ma... – aveva una
miriade di domande da fargli ma si interruppe. Sentì il
ragazzò mugugnare
mentre nascondeva il viso nel cuscino.
Non
riusciva a convincersi del tutto che quello che era accaduto dalla sera
prima
fosse vero, ma decise che non era saggio farsi domande su questioni
riguardanti
alieni incontrati per caso e che poi si era portata a casa. Non alle
otto del
mattino dopo una nottata insonne. Ci sarebbe stato tempo dopo.
Bip-bip,
bip-bip.
Il rumore insistente della sveglia sembrò perforarle
la testa. Cercò di ignorarla e si rigirò nel
letto, premendosi il cuscino sulla
testa; di spegnerla non se ne parlava, era troppo distante, e lei era
troppo
stanca e soprattutto troppo pigra per fare lo sforzo di sporgersi
dall’altro
lato del letto e disattivarla. Una vocina nella testa però
le diceva che c’era
qualcosa che non andava, anche se non riusciva a capire cosa.
La
sua mente però, non poco tramortita dal mal di testa dovuto
a un mix di
stanchezza e doposbornia, dovette impiegare qualche secondo
più del solito per
carburare.“Un momento... Pub.
Sbronza.
Alieno... Will!!!”. Stirò la mano,
tastando il cuscino accanto al suo. Will
era sparito.
Si
mise a sedere di scatto e si guardò freneticamente intorno,
poi tentò di
alzarsi ma le lenzuola le si erano tutte attorcigliate addosso e per
poco non
finì a sbattere contro il comodino. “Beh,
almeno questo spiega quell’assurdo sogno in cui una piovra
gigante mi si
avvinghiava alla gamba”.
Si
rimise in piedi e andò nel salotto, pensando che
probabilmente nel sonno poteva
averlo spinto a calci giù dal letto e magari lui era andato
a dormire sul
divano; era una cosa che le era capitata spesso, non riusciva mai a
controllarsi.
Arrivata
nella stanza vide con delusione che non c’era traccia del
ragazzo e che il
divano era in ordine, con tutti i cuscini al loro posto e neanche una
piega,
nonostante fosse sicura di averlo lasciato completamente disfatto la
notte
prima. Controllò in cucina, in bagno, in terrazza...niente,
sparito.
Charlie
cominciò a chiedersi se davvero non fosse diventata pazza,
se non si fosse
immaginata tutto, se non fosse semplicemente stata troppo ubriaca o se
quella
botta in testa le avesse fatto più male del previsto.
Probabilmente era così,
non c’era mai stato nessun Will. Oppure era solo un idiota
che si era divertito
a prenderla in giro con la storia dell’ extraterrestre per
poi sparire nel
nulla. O forse si sbagliava? Che avesse beccato l’unico
alieno idiota in tutto
l’universo?
Insomma,
fosse stato un ragazzo normale non le sarebbe importato più
di tanto che fosse
sparito senza neanche avvertirla, lei stessa l’aveva fatto,
ma Will le aveva
detto delle cose assurde e le aveva promesso delle spiegazioni e
nessuno,
neanche un alieno supersexy, poteva permettersi di sfuggire ai suoi
tediosissimi interrogatori.
No,
ok, stava decisamente delirando. Era stato tutto uno stupido sogno, non
c’era
proprio alcuna traccia del passaggio Will. Si diede
dell’idiota e si gettò di
peso sul divano.
Guardò
l’orologio che segnava le dodici. Era certa che sua cugina
stesse sbraitando
per la sua assenza a lavoro e si chiese come mai non l’avese
ancora chiamata.
Frugò nella borsa e trovò il cellulare impostato
su silenzioso, con ben dieci
chiamate perse da parte di sua cugina. Stava per chiamarla ma non aveva
proprio
la forza di sentire la sua ramanzina, la testa ancora le pulsava,
così si
limitò ad inviarle un messaggio dicendole che non stava bene.
Tornò
in camera sua, si rivestì e uscì di casa, diretta
allo starbucks in cui
lavorava Brian, suo inseparabile compagno di serate nerd. Aveva proprio
bisogno
di raccontare a qualcuno quell’assurdità.
Entrò
nel locale e ordinò due ciambelle e una cheescake ai
lamponi.
–
oh, e ovviamente anche il caffè… Tanto
caffè. – aveva aggiunto quasi
supplicante, mentre il suo amico sghignazzava vedendo in che stato era:
con
quelle occhiaie e il bernoccolo era degna del miglior film horror di
serie Z.
Brian
servì gli ultimi due tavoli e si sedette di fronte a lei.
Quando la ragazza
finì il suo racconto, l’altro non potè
fare a meno di riderle in faccia: era
ovvio che aveva bevuto troppo.
-
Grazie del conforto
Bri. – disse imbronciata mentre si ingozzava di cheescake.
-
Su non fare la
melodrammatica, alla fine è stato solo un sogno no? e da
quanto mi hai
raccontato deve essere stato anche un gran bel sogno, quindi... di che
ti
preoccupi? – disse lui, malcelando una vena di disgusto nel
guardare l’amica
ingozzarsi di dolci a quell’ora del giorno.
Charlie
restò lì finchè non si accorse che
erano le due e, dato che sua cugina era
probabilmente in giro per la pausa pranzo, decise di non sfidare troppo
la
sorte e se ne tornò a casa.
Chiuse
la porta dietro di sè e sospirò, dirigendosi poi
in bagno. Si guardò allo
specchio per controllare il bernoccolo, pareva essersi sgonfiato ma
continuava
a mantenere delle terribili sfumature violacee, poi si
spogliò e decise di fare
una lunga doccia, con tanto di Muse di sottofondo.
“Giuro
che da oggi non toccherò più una
sola goccia di alcol”. Pensò fra
sè e
sè. “beh, magari non
proprio mai più...
ogni tanto potrei... No. No. Mai più, ho deciso... Come no,
sono troppo pigra e
ho troppa poca volontà per mantenere una promessa del
genere.”
Chiuse
l’acqua, staccò la musica e uscì dal
bagno passandosi l’asciugamano fra i
capelli, poi se lo legò attorno al corpo e poggiò
un orecchio sulla porta d’entrata;
mentre era sotto la doccia le era sembrato di sentire dei rumori,
temeva
fossero di nuovo i ladri della settimana scorsa. Ascoltò in
silenzio per
qualche minuto, ma non sentì più nulla. Per
sicurezza però prese la sua fidata
mazza da baseball antizombie (comprata qualche anno fa ad un comic con).
Il
resto del pomeriggio passò tranquillamente; aveva trovato
qualcosa che la
metteva sempre di buonumore: sul secondo canale trasmettevano Iron Man.
Durante
uno stacco pubblicitario, uscì in terrazza a prendere una
boccata d’aria,
abbandonando la ciotola di gelato sul tavolino. Per tutta la durata del
film si
era rimpinzata di dolci e patatine come se non ci fosse un domani.
Guardò
oltre il davanzale e le parve di scorgere... No, non era possibile. Non
poteva
essere lui. Era solo un sogno diamine, ormai se ne era convinta!
Improvvisamente
vide quella figura tanto somigliante a Will svoltare
l’angolo. Doveva decidere
in fretta cosa fare: se voleva seguirlo per sapere la verità
doveva farlo in
fretta.
Si
morse il labbro, indecisa. Prese un profondo respiro e corse verso la
porta per
poi fiondarsi in strada. Una volta fuori, corse a perdifiato verso
l’angolo
oltre cui l’aveva visto sparire. “se
ho
fortuna riesco ancora a...” non riuscì a
completare la frase che qualcosa
sulla strada la fece inciampare e cadere per l’ennesima volta
in poco più di un
giorno. Si rimise subito in piedi e riprese la corsa. Finalmente poco
dopo vide
apparire nuovamente la figura in lontananza e sì, sembrava
proprio Will e stava
per svoltare in una strada secondaria, ma lei era troppo lontana per
raggiungerlo e così, pur sapendo che ci avrebbe sicuramente
rimesso la faccia,
dato che la strada a quell’ora era ancora molto trafficata,
cercò di attirare
la sua attenzione urlando.
Will
parve sentirla e infatti si guardò intorno un paio di volte,
ma poi riprese a
camminare. A quel punto, presa dall’esasperazione,
pensò bene di lanciargli
addosso qualcosa. Si guardò intorno in cerca di qualcosa che
potesse servire
alla sua missione ma non trovò niente, poi le venne la
brillante idea di
lanciargli una scarpa. Si abbassò per sfilarsela e...
-
Oh no!!! – un
urlo carico di terrore fece voltare alcuni passanti.
Ai
piedi di Charlie, c’erano delle enormi ciabatte con la faccia
di scooby doo.
-
Sono uscita in
ciabatte! Nelle mie ciabatte preferite! –
Per
un attimo aveva persino dimenticato il motivo per cui era scesa in
strada tanto
era sconvolta, poi fortunatamente le tornò in mente, ma non
poteva certo
lanciargli la sua pantofola di scooby doo! Piuttosto lo avrebbe
lasciato andare
ma no, non poteva fare neanche questo! Ormai era lì, davanti
a tutti con la
maglietta del pigiama di deadpool e quelle enormi ciabatte. Si era resa
fin
troppo ridicola per non ottenere nessun risultato, così si
sforzò e lanciò un
altro poderoso urlo.
“
Phil Anselmo sarebbe fiero di me!”pensò, non senza una
punta di orgoglio, nonostante la
gente cominciasse a lanciarle sguardi a dir poco torvi.
Finalmente
il ragazzò si voltò e lei si agitò e
sventolò le mani il più possibile, senza
nemmeno porsi il problema degli altri che la guardavano, avendo ormai
raggiunto
e superato di molto, ma davvero di molto, il limite del ridicolo.
Will
riuscì a scorgerla e le rivolse il suo solito sorrisone
prima di correrle
incontro. Charlie corse a sua volta e quasi le sembrava di vedere tutta
la
scena al rallentatore, con tanto di mielosa musichetta in sottofondo,
ma non le
importava e continuò a correre.
-
Mio dio, no! –
disse fermandosi di colpo. Da dove diavolo veniva quella musica?
Nonostante
queste constatazioni, per qualche inspiegabile motivo
continuò a vedere la
scena al rallentatore e quasi le sembrò di stare osservando
dall’esterno quando
il palmo della sua mano si schiantò sulla faccia di lui,
spingendolo a terra.
Dopo di che il tutto riprese la sua normale velocità.
-
Ma che ho
fatto? - a quelle
parole le venne voglia
di tirargli un altro paio di ceffoni, ma si trattenne.
-
Sei
sparito! Sei
sparito senza dire niente! Ti sembra una cosa normale?mi avevi promesso
delle
risposte! – stava nuovamente urlando e molte persone
si allontanarono in
fretta
scandalizzate, per evitare di sentire i particolari.
-
Ma... ma io... –
balbettò il povero Will.
Un
ragazzino passò di lì, ridendo a crepapelle.
Effettivamente la scena vista
dall’esterno doveva apparire piuttosto comica: Will steso a
terra e lei, due
volte più bassa, con indosso abiti improbabili e i capelli
sparati in tutte le
direzioni che gli urlava contro. Will se ne rese conto e
cercò di farla
ragionare, riuscendo infine a convincerla a finire la discussione da
un’altra
parte.
Per
tutto il tragitto nessuno dei due disse una parola, il ragazzo era
terrorizzato
dallo sguardo omicida di Charlie e non voleva rischiare di essere fatto
a
pezzetti.
Una
volta che si furono chiusi la porta alle spalle, o meglio una volta che
Charlie
sbattè malamente la porta alle sue spalle, Will si mise
comodo sul divano e cercò
le parole giuste per spiegarle il malinteso, ma non ne ebbe il tempo
che si
ritrovò qualcosa di rosa e appiccicaticcio colargli in
faccia. Charlie gli
aveva lanciato il gelato che aveva abbandonato poco prima di uscire e
che ormai
si era del tutto sciolto.
-
Dammi almeno il
tempo di parlare! –
-
Vorresti farmi
credere che ieri non hai finto di essere un alieno solo per prendermi
in giro?
– chiese lei scettica e molto, molto acida.
-
Certo che no! –
replicò lui offeso da quelle accuse. – ecco io...
ero uscito poco prima delle
dodici, volevo prenderti la colazione ma poi ho sbagliato una strada e
mi sono
perso... e quando ho ritrovato la strada si era già fatto
tardi. Ho provato a
bussare ma tu non c’eri, così sono sceso qui sotto
e ho pensato di aspettarti
ma non arrivavi più. Poi si è fatto tardi e
allora ho pensato che magari eri
tornata il quel pub di ieri sera a cercarmi e...– Charlie
sbuffò stizzita e
incrociò le braccia al petto, poi un pensierò le
passò per la testa.
-
Un
momento.. a
che ora sei tornato qui e hai provato a bussare? – chiese,
anche se sospettava
di conoscere la risposta.
-
Uhm... credo
fossero le due e mezza. –
-
Allora quel
rumore... eri tu! – disse Charlie, cominciando a sentirsi
vagamente colpevole
per averlo maltrattato. – ero sotto la doccia, con la musica
accesa, non avevo
capito fossi tu. – si sedette di peso accanto a lui e si
coprì il volto con le
mani per nascondere il colorito acceso che avevano preso le sue guance.
– Ma
non hai un cacciavite sonico o qualcosa del genere per aprire le porte?
O
qualche altro potere o che so io? –
-
Un che? – chiese
lui non capendo di cosa Charlie stesse parlando. La ragazza gli fece
cenno con
la mano di lasciare stare.
-
Comunque mi
dispiace di non averti potuto portare la cheescake ai lamponi che avevo
comprato; dopo un’intera giornata sotto il sole si
è rovinata. – abbassò lo
sguardo, ancora gocciolante di gelato, mentre Charlie
strabuzzò gli occhi dalla
sorpresa.
-
Come facevi a
sapere che quella al lampone era la mia preferita? – Will
sogghignò.
-
Sono un alieno,
potrò pur avere qualche piccolo segreto, no?
In
realtà l’aveva letto in un post-it che aveva
trovato sul pavimento della cucina
che diceva: “rifare scorta di
lamponi per
cheescake + patatine fritte, caffè, senape”, ma questo Charlie non doveva saperlo
per forza.
-
Will... E adesso?
– chiese. Will come sempre sorrise, pareva non riuscisse a
fare altro.
-
Potremmo
andarcene a spasso per l’universo, oppure... Prenderci un
altro po’ di tempo
qui... E poi andare comunque a spasso per l’universo.
–
-
Bene,
bene... Direi che si può fare! –
THE
END (?)
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