Story of my Life

di queenjane
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Siamo cresciuti insieme, allevati a suon di scherma e miti, parafrasando una famosa frase.

In principio, eri remota e lontana, siderale, come la Dea della luna, una casta Diana.

 E mi sono paragonato ad Ippolito, il devoto sacerdote della Dea cacciatrice, innamorato di te, votato a te, eterea divinità dagli argentati raggi, anche se mi respiravi accanto.

Nel passo, parafrasando Virgilio nella sua Eneide, ti rivelavi vera Dea, tranne che il poeta parlava di Venere, in incognito, quando voleva sedurre Anchise, travestendosi da mortale.
E dai loro amori nacque il prode Enea.

Tu Oscar, sei la mia divina, ma non Venere, non ancora.

Torno a sperare che tu sia di carne e sangue.

Va bene, diventerò Adone, il suo amante più amato, il figlio di Mirra, che si fece tramutare in albero, per sfuggire alle insidie paterne, stillando poi lacrime amare e profumate dal tronco per piangere la sua amara sorte.

Tranne che io non sarò come Adone, nel poema di Shakespeare, ritroso all’abbraccio della dea.
Non sarò riluttante come nel quadro di Tiziano, di cui hai una riproduzione, ai suoi abbracci.

Sarò miele, seta e fumo, arreso tra le tue braccia di marmo, così sono in questa notte, in cui siamo io e te, intenti e partecipi, da sempre sono tuo.
Impazienti amanti dominano la scena, la tua pelle e la tua assenza, mia immortale.

Magari non mi sbranerà un cinghiale, sarà una pallottola, e non mi importa, tornerò, come un anemone, un fiore nel vento- nel mito, Venere per soccorrere Adone si lacerò le  vesti tra i rovi.

 E  dal suo sangue ebbero origine le rose rosse.

Tu sei la mia rosa, nunc et semper.
Così sia, mia amata.
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Nota, in mitologia Diana (Artemide per i Greci) era la dea della luna, della caccia e della castità, Ippolito un suo devoto sacerdote che pagò con la vita la sua fedeltà.
Venere era, invece, la dea della bellezza e dell’amore e del piacere, aveva molti amanti, tuttavia il suo preferito era Adone, giovane di leggendaria avvenenza, che morì durante una battuta di caccia sbranato dai cinghiali.
Adone era il figlio di Mirra che, per sfuggire alle brame lascive del proprio padre,  chiese e ottenne dagli dei di essere trasformata nell’omonimo albero, anche se al riguardo vi sono varie versioni.
Quando Adone morì, Venere pianse sul suo corpo esamine e si stracciò le vesti nei rovi, dal suo sangue scaturirono le rose rosse.
Dal sangue del giovane morto, nacque, invece, un fiore, ovvero l’anemone, in greco “fiore nel vento”.
Adone era amato e venerato nell’antichità.
Shakespeare compose un poema, “Venere e Adone”, in cui il giovane non gradiva le profferte amorose di Venere.
Peraltro, anche Tiziano ritrasse i due mitologici amanti in un famoso quadro.
Ancora, Venere amò il troiano Anchise, con cui generò Enea, e quest’ultimo, sfuggito alla sconfitta di Troia, approdò dopo molti giri in Lazio e fu il leggendario fondatore della città di Roma, rimandando a Virgilio  e alla sua “Eneide”.




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