pluieee
Note: perfectworldshipping {Prof. Platan x
Elisio} | R - Verde
Parole: 1924
Pluie.
{La chaleur de ton étreinte est ma maison.}
.
.
__
La pioggia in sé a Kalos era rada e passeggera. Difficilmente capitava che
piovesse per più di una mezz'oretta al massimo, e i fenomeni erano di intensità
piuttosto bassa, insufficiente a stravolgere la vita degli abitanti come a
volte faceva in regioni più fredde, quali Sinnoh.
A Luminopoli il maltempo era quasi un evento più unico che raro. La lanugine
grigia di tanto in tanto c'era, si intende, e d'inverno la neve fioccava senza
farsi troppi problemi, ma lo scroscio dell'acqua sull'asfalto era un suono del
tutto inusuale per gli abitanti della capitale.
Steso fra le coperte, il primo pensiero che lo colse fu che non aveva voglia di
andare a lavorare, con quel ticchettio contro ai vetri che conciliava il sonno.
Il secondo fu che era stretto da un paio di braccia abbastanza grosse e calde
da farlo decidere di restar lì ancora per un po'.
Se c'era una cosa che Platan amava era il cielo grigio. Lì nella sua regione
non era frequente, come spiegato, però all'uomo piaceva tanto perché gli
riportava alla mente parte della sua infanzia e adolescenza. Da bambino aveva
viaggiato tanto, assieme ai genitori, per lo più nelle regioni a nord. Da
ragazzo, invece, aveva studiato in pianta quasi fissa proprio là, a Sinnoh, la
regione più fredda e grigia di tutte. Molti compagni di corso gli avevano dato
del pazzo, quando diceva di amare quella terra in cui non c'era niente se non
pioggia e neve, eppure ... per lui
era diverso.
Socchiudendo piano gli occhi, la pesantezza mattutina venne rinforzata dal
tepore invitante del piumino morbido tirato fin sotto al mento e dal petto
altrettanto caldo che aveva premuto contro alla schiena. Si stiracchiò
pigramente, un sorriso che gli spuntò sulle labbra quando muovendosi incontrò i
piedi del compagno. Doveva essersi fatto molto su, durante la notte, perché li
avessero quasi alla stessa altezza.
Si girò, attento a non svegliarlo, limitandosi inizialmente ad affondare la
faccia nell'incavo del suo collo, godendosi il lieve pompare della giugulare
contro alla guancia. Ci fu solo il tempo di dargli proprio lì un bacio fugace e
ancora sonnolente che il petto si gonfiò più del solito, poco prima che un
verso gutturale e basso sancisse il risveglio del rosso.
«'onj..r... »
Sbuffò una risatina, contro di lui, a quel suono che in sè non era niente ma
che aveva tutta l'aria di essere un "bonjour". Fuori dalla
finestra, la pioggia batteva altrettanto pigra contro ai vetri, il cielo
lanuginoso che riversava la sua luce poco entusiasta all'interno della stanza.
Se fossero stati a casa di Elisio, aveva pensato Platan, quel lieve bagliore
grigio avrebbe preso i toni del rosso. Come molti elementi del suo arredamento,
anche i pesanti tendaggi alle finestre erano di un bel cremisi.
Il rosso rotolò di schiena, dandogli la buona opportunità di arrampicarsi sul
suo corpo, poggiando il mento sulle mani congiunte sopra al suo petto. Per
quanto socchiusi, un paio di occhi grigi come il cielo fuori si poggiarono
sull'unico aperto dell'uomo, che non pareva ancora molto propenso a comunicare
ciò che vedeva al cervello. Eppure giunse in fretta una carezza, accompagnata
da un sospiro rassegnato o forse divertito, arrivò un palmo caldo e ruvido a
passare sul viso ispido di Platan. Avrebbe dovuto sbarbarsi, ma accidenti, chi
aveva voglia di uscire al freddo quando poteva restare lì?
«Bonjour à toi. Bien dormi? »
«Oui. Tu étais ici.»
Era sempre più bassa, la voce del rosso, quando parlava in francese. Ed era
drasticamente più propensa a dire cose carine che puntualmente facevano
diventare la faccia del Professore del suo colore preferito.
In pubblico era decisamente una persona differente. Incarnava più o meno
l'espressività facciale di una statua di gesso e la compostezza era all'incirca
la stessa. Difficilmente c'era un movimento o una parola fuori posto, e Platan
immaginava fosse per le sue nobili origini. Non aveva mai conosciuto la
famiglia di Elisio, ma di solito i nobili rimanevano molto attaccati al proprio
titolo, sebbene il sangue si fosse perso nelle generazioni. Con ogni
probabilità era sempre stato abituato all'agiatezza e al rigore. Erano concetti
così strani per lui che aveva passato la sua vita in una casetta vicino a Ponte
Mosaico, con la cameretta a soqquadro più o meno quanto il resto della casa,
dove tutto era in disordine, ma al tempo stesso aveva il suo luogo preciso.
La mano del compagno si spostò sulla schiena, seguita dalla gemella, un tocco
tiepido che gli giunse piacevole come la manna dal cielo e che gli strappò un
mugolio di soddisfazione. Oltre gli occhi chiusi avvertì la sua barba
solleticargli il mento, mentre lo scienziato sporgeva il capo e le loro labbra
si incontravano, in un bacio dolce e ancora assonnato. Poco a che vedere con
quelli roventi della sera prima.
«Dovresti alzarti. Il laboratorio ti attende.»
«Oggi entro più tardi, Sina e Dexio hanno detto di dover fare qualcosa.»
Il sopracciglio rosso che si alzò nonostante gli occhi azzurri sotto fossero
ancora serrati fu il riassunto più azzeccato di quello che pensava anche il
moro. Insomma, andiamo ... qualcosa cosa?
«Non ti conviene disturbarli, allora. Anche se probabilmente ti staranno
riempiendo l'ufficio di fiocchetti rosa. Sai, quelle festività che conoscono
solo loro, tipo il giorno del Sylveon o la festa a tema sui Pyroar.»
Non poté fare a meno di ridere, Platan, a quelle parole così vere. Quei due
giovani trovavano sempre qualche festa sconosciuta ai più e portavano il rito
anche in laboratorio. In particolare, la festa sui Pyroar aveva avuto come
invitato speciale Elisio. Con ogni probabilità, il rosso si era ripromesso di
non mettere mai più piede in un luogo dove gli attaccavano una coda lunga mezzo
metro al sedere.
Pur a fatica, il corpo esile del Professore scivolò giù da quello dell'altro,
riuscendo a raggiungere il bordo del letto e tirarsi a sedere. Si perse per un
momento a guardar fuori dalla finestra, oltre il vetro tempestato di piccole
goccioline, perdendosi nel grigio che tanto amava. Se ci fossero state le
foglie autunnali il paesaggio sarebbe stato stupendo, ma beh...
«Potremmo andare a far colazione. E poi un giretto per la città. So che ti
piace la pioggia.»
Non poté fare a meno di girarsi e sorridere pieno di gratitudine, il corvino,
puntando i propri occhi in quelli azzurrissimi del compagno. Forse, però, il
cielo limpido non era così male.
Infagottato nel cappotto col pelo di Elisio, di una ventina di centimetri più
lungo sia sul busto che sulle maniche, stava appiccicato contro al corpo del
suddetto, sotto un ombrello tenuto quasi unicamente dalle sue spalle immense.
La brezza fredda, in qualche modo, riusciva a insinuarsi nella nuca nonostante
indossasse anche la sciarpa, e c'era sempre quella goccia gelida che riusciva
ad infilarsi nel calzino appena scoperto sulla caviglia, strappandogli un
brivido a metà fra il disappunto e il compiacimento.
Appoggiato al braccio del rosso che sorreggeva un ombrello del medesimo colore -
nemmeno a farlo apposta - stringeva nell'altra mano un pacchetto ricolmo di
almeno cinque croissant appena usciti dal forno. Elisio sapeva dove andare a
parare per renderlo felice.
La scena che stavano presentando ai passanti era vagamente comica, dolce sotto
vari aspetti. Lo scienziato aveva entrambe le mani impegnate, una dall'ombrello
e l'altra da una borsa pesante quanto un macigno di Bignè da portare ai Pokémon
del laboratorio. Era quindi compito di Platan allungargli, di tanto in tanto,
un boccone del cornetto. Ogni volta il moro non poteva fare a meno di ridere,
quando al rosso restavano sia il naso che la barba sporchi di zucchero e doveva
sporgersi lui stesso a pulirli. Che fosse con le dita o con le labbra dipendeva
dalla situazione.
«I meteorologi saranno già fuori di sé per questa pioggia epocale. Ben
un'ora intera di diluvio.»
Mimando il linguaggio eccessivo dei presentatori Meteo di Kalos non poté fare a
meno che farlo ridere come un bambino, gli sguardi dei pochi passanti che si
calamitarono su di loro. Inutile dire che il sorriso adorante sulla faccia di
Elisio fosse molto poco equivocabile, come il cambio repentino e forse un po'
scomodo di posizione, di modo che potesse andarlo a cingere per la vita con un
braccio, attirandolo contro al proprio corpo.
Non che Platan avesse qualcosa in contrario, si intende. C'era un po' di
rossore sulla faccia di entrambi, tutti e due vagamente timidi nel profondo,
eppure a nessuno dei due dispiaceva se Platan affondava per un istante il viso
nella spalla dell'altro, o se il rosso si chinava a baciare i riccioli scuri
del compagno. A volte quest'ultimo si
chiedeva se le fan scatenate del professore li seguissero per far loro delle
foto. A quanto sapeva, un gruppo di loro urlava al matrimonio imminente, mentre
l'altro lo voleva vedere morto stecchito, complice l'invidia bruciante di non
potersi nascondere loro stesse contro al petto esile e pallido dello studioso.
Chissà se erano solo voci, quelle che gli aveva comunicato Malva, oppure
rispecchiavano la realtà. Non sapeva davvero, lui, ma gli bastava solamente la
risata cristallina dell'amante per spazzare via ogni incertezza.
«È già tardi, dovrei andare.»
«Davvero non puoi fermarti un altro secondo? Non c'è nessun altro nel
Laboratorio a parte me, mi sentirò solo.»
«Vorrei restare, Platan, ma il lavoro chiama. Stacco comunque a mezzogiorno
perché il progetto su cui stiamo lavorando è quasi ultimato, e il resto della
giornata è vuoto. Starò con te nel pomeriggio.»
Non c'erano implicazioni a doppio fine nella solitudine di cui Platan
avrebbe sofferto, benché per un momento il rosso ci avesse pensato. Stretto
contro a lui, sotto alla veranda rialzata dalla scalinata che conduceva
all'interno del laboratorio, il Professore non sembrava molto intenzionato a
scostarsi, benché fosse ormai in tenuta da lavoro e stesse battendo i
denti per il freddo. Non poté proprio trattenersi, Elisio, dal passare le mani
prima sulle braccia e poi sulla schiena, nel tentativo di scaldarlo. Era
proprio un incosciente, avrebbe pensato sulla strada del lavoro. Come minimo
alla sera si sarebbe presentato a casa con un febbrone pauroso o un raffreddore
che l'avrebbe costretto a letto. Platan si ammalava con niente, ma se le andava
anche a cercare.
«Davvero torni? Sei sicuro?»
«Bien sûr.»
«Uhm.»
Non pareva molto convinto, il moro. Lo fissava dal basso, a metà nascosto
contro al suo cappotto per non prendere troppo freddo, le labbra appena piegate
verso il basso.
Come negargli un bacio di arrivederci, accidenti?
Si chinò piano su di lui, nonostante fosse già in ritardo, la mano che scivolò
dietro la sua nuca, affondando nei riccioli morbidi che si stavano allungando.
Si sarebbe messo a ridere, al sentire con quanta impellenza ricambiò il suo
bacio, ma si limitò a sorridere contro alla sua bocca, staccandosi una manciata
di secondi dopo. Non ci fu bisogno di altre parole, perché entrambi sapevano
che se continuavano a parlare nessuno dei due si sarebbe più smosso. Uno non
tanto facilmente disposto a lasciare l'accogliente petto del rosso, quell'altro
troppo indaffarato a guardarlo premersi contro di lui e a scaldarlo per curarsi
veramente del lavoro.
Si staccarono, dunque, in silenzio, mentre il rosso girava sui tacchi e
scendeva le scale, l'ombrello che gli si aprì sulla testa nello stesso istante
in cui le prime gocce iniziavano a scivolargli addosso.
Non appena giunto al cancello, però, dovette fermarsi ancora un istante, al
suono della voce di Platan e di ciò che gli uscì dalle labbra.
«Je t'aime, Elisio.»
E come impedirsi di sorridere, come impedirsi di rispondere prima di avviarsi
definitivamente lasciandolo sotto al portico come un'adolescente innamorata ad
esultare di ciò che aveva sentito?
«Moi aussi, Augustine. Moi aussi.»
__
{Post Scriptum:
Un piccolo momento fluff senza pretese richiesto da Seshiiru che ha molto bisogno di Perfectwolrdshipping
Breve angolo del francese, anche se è tutto abbastanza comprensibile:
Pluie - Pioggia
La chaleur de ton étreinte est ma maison - Il calore della tua stretta è casa mia.
Bonjour
- Buongiorno
Bonjour à toi. Bien dormi? - Buongiorno a te. Dormito bene?
Oui. Tu étais ici. - Sì. Eri qui.
Bien sûr. - Certo.
Je t'aime. - Ti amo.
Moi aussi. - Anche io.
E niente, come al solito spero che sia di vostro gradimento e che la
lettura vi sia piaciuta~
|