Il Mistero della Lettera
Daitenji osservò Kai attento.
-Kai, cosa hai scoperto?-
-Pavlov è l’uomo che ha ucciso i miei
genitori, e anche quelli di Yuri. Se lavora con mio nonno, lo fa da oltre
quindici anni-
-Lo sospettavo…-
Tutti si voltarono verso Daitenji,
sorpresi.
-Che cosa significa presidente? Che cosa sa?-
Daitenji si alzò
dalla sedia, e si avviò verso il quadro che era appeso dietro la sua scrivania.
Lo sollevò, rivelando una cassaforte. Dopo qualche secondo la cassaforte si
aprì e dall’interno l’uomo ne estrasse una lettera.
-Questa lettera mi è stata fatta pervenire
una decina di anni fa. Per molto tempo non ho voluto credere a ciò che c’era
scritto, ma più passava il tempo, più mi sono convinto della veridicità di
queste parole-
Daitenji fissò lo
sguardo su ognuno dei presenti prima di proseguire
-Ragazzi avete mai sentito parlare della
Suprema Essenza?-
(Tratto dal capitolo precedente)
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Nello palestra della BBA il silenzio era assoluto. Le quattro
ragazze che formavano il Wisteria Team erano in
perfetto silenzio, ognuno persa nei propri pensieri. Julia era rimasta
sconvolta per quello che le avevano detto.
-Los progenitores de Kai he sido... ¿Occisos?-
(I genitori di Kai sono stati… Uccisi?)
Hilary aveva semplicemente annuito. A quel punto la spagnola
l’aveva guardata a bocca aperta, e non aveva più parlato. Nemmeno le altre
avevano sentito il bisogno di commentare la notizia, o di aggiungere altro. Tutto
era surreale. Hilary si chiedeva come fosse possibile quell’improvviso e
assurdo cambiamento dell’atmosfera intorno al torneo. La castana infatti non ne
capiva il collegamento, ma sapeva che questa faccenda riguardava l’imminente
torneo di beyblade, ma ancora non capiva il perché.
Certo, sapeva del nonno di Kai e di quello che aveva
cercato di fare anni prima, sapeva cosa aveva fatto Vorkov
l’anno precedente, l’aveva vissuto… in effetti, ora che ci pensava, ogni torneo
di beyblade aveva avuto i suoi problemi, se così si
potevano chiamare. E la ragazza sapeva, in cuor suo, che anche questo non
sarebbe stato da meno. La speranza, per una volta, che il torneo fosse pervaso
solo da un sano sentimento di competizione leale tra squadre e di voglia di
divertirsi facendo uno sport che si amava era svanita totalmente dal momento
che Kai aveva ricevuto quella telefonata dalla Russia,
telefonata che l’aveva sconvolta molto di più di non quanto volesse ammettere
anche con se stessa. Forse era il fatto per come aveva visto reagire Kai, quel dolore che lei gli aveva visto negli occhi e che
conosceva bene, oppure per avere visto il ragazzo vulnerabile, come mai le era
successo, oppure perché sentiva, nel profondo del suo cuore, che c’era qualcosa
di strano, qualcosa che la stava facendo impazzire, perché pur non sapendo cosa
fosse sapeva che riguardava anche lei. E soprattutto, si era ritrovata a
provare un enorme dolore nell’avere scoperto come i genitori di Kai fossero morti, ed era una cosa assurda, visto che non
li aveva mai visti ne conosciuti. La castana sentiva che stava perdendo la
testa, e che soprattutto, aveva bisogno di saperne di più. E in quel posto
c’era una sola persona che poteva darle certe risposte, una sola persona che
sapeva, o era quello che Hilary sperava. Fu a causa di quella consapevolezza
che senza dire una parola si alzò di scatto e si avviò decisa verso gli
ascensori.
-¿Dónde estás
yendo?-
(Dove stai andando?)
Le chiesa perplessa Julia. Hilary non si
voltò nemmeno
-A trovare delle risposte-
-¿Y donde piensa de encontrarle?
(E dove pensi di trovarle?)
-Da un uomo che si trova al tredicesimo piano di questo
edificio-
Le ragazze capirono al volo. Le altre tre componenti del team
si alzarono e seguirono la loro amica.
-Allora andiamo a torchiare un po’ Daitenji-
Hilary sorrise alla frase di Julia. Per fortuna che su una
cosa Hilary era del tutto certa, una cosa che mia avrebbe messo in discussione
e che mai nessuno avrebbe potuto scalfire: l’amicizia che condivideva con le
sue amiche.
Daitenji osservò con molta
attenzione i tre giovani ragazzi che erano seduti nel suo studio, e aveva
assistito a tre reazioni completamente diverse. Max
lo aveva guardato perplesso, prima di fare di no con la testa, anche se dai
suoi occhi Daitenji aveva capito che stava cercando
di capire cosa questo avesse a che fare con lui e gli altri. Kai era rimasto impassibile, anche se il presidente aveva
notato un leggero movimento delle mani, come se un piccolo spillo avesse punto
il ragazzo, ma la reazione che più l’aveva stupito era stata quella di Rei. Il
ragazzo cinese, infatti, aveva sgranato gli occhi per la sorpresa, per poi
impallidire in pochi secondi. Perché Rei sapeva di cosa stava parlando Daitenji, o almeno, ne aveva sentito parlare. Era molto
piccolo, doveva avere avuto quattro o cinque anni, quindi il ricordo era un po’
sfocato, ma quel nome gli era rimasto impresso. Era un ricordo legato a sua
madre e ad una discussione che lei aveva avuto con suo padre. Rei si ricordava
l’interno di casa sua, il tavolo e le sedie dove cenavano ogni sera e quella
lettera che era arrivata per sua madre quella mattina, lettera che giaceva
aperta e abbandonata proprio lì sul tavolo, lettera che aveva fatto scoppiare a
piangere sua madre. Rei si era avvicinato piano a quell’oggetto capace di fare
lacrimare così copiosamente la sua forte mamma, e vi aveva trovato un semplice
foglio bianco con sopra dei simboli strani, che lui non era riuscito a decifrare.
Non era cinese, perché lui i simboli cinesi li sapeva riconoscere, e qualcuno
lo sapeva anche leggere, ma quei simboli erano proprio strani. Rei non aveva
mai visto niente del genere. Poi era ritornato a casa suo padre e quando aveva
visto la donna in lacrime era corso subito verso di lei
-Cos’è successo?-
Sua madre non aveva smesso per un secondo di piangere,
semplicemente aveva indicato all’uomo la lettera appoggiata sul piano del tavolo.
Quando l’uomo l’aveva presa e aveva letto il suo contenuto, a quanto pare i
suoi genitori riuscivano a decifrare quegli strani segni, l’uomo era
impallidito e si era appoggiato alla spalliera della sedia.
-Non è possibile…-
Aveva detto suo padre. Sua madre aveva preso a singhiozzare
ancora più forte.
-Cat… Cat
è morta!-
Aveva detto in mezzo alle lacrime. Nella casa era sceso il
silenzio. Poi, ad un tratto, Rei si era ritrovato a fissare gli occhi scuri di
suo padre e solo in quel momento l’uomo sembrò accorgersi della presenza del
figlio. L’uomo gli si era avvicinato e si era inginocchiato davanti a lui in modo
da poterlo guardare negli occhi, e rivolgendogli un sorriso forzato gli aveva
chiesto
-Rei, perché non vai fuori a giocare?-
Rei sapeva che quella era la classica frase che gli dicevano
gli adulti quando non volevano che lui sentisse certe cose o ascoltasse certi
discorsi. Rei però, era un bravo bambino, e dopo avere abbracciato sua madre,
perché anche se aveva solo quattro anni il piccolo Rei aveva sempre avuto una
forte sensibilità, era uscito di casa. Ma Rei era anche un bambino molto
curioso, ed era rimasto dietro la porta chiusa di casa, ad origliare. Ed era stato lì, dietro quella porta chiusa,
mentre origliava ad una conversazione che non doveva sentire, che aveva sentito
quel nome. I suoi genitori avevano iniziato a parlare a voce prima bassa, poi
sempre più alta. Stavano litigando.
-È stato lui, ne sono certa!-
-È follia, Jun! Tutta questa storia
sarebbe dovuta finire molto tempo fa!-
-Ma è una cosa importante… e tu lo sai!.
-Ma ora abbiamo un figlio Jun,
dannazione. Non siamo più ragazzi, dobbiamo pensare anche a Rei-
-Non osare usare tirare in ballo nostro figlio come
motivazione Tao. Abbiamo fatto un giuramento-
-Che ci farà morire tutti!-
Per un attimo il silenzio era sceso dentro la casa dei Kon, e Rei non aveva sentito più niente. Poi la voce di sua
madre era risuonata, forte e decisa
-Io non li lascio Tao. Sono i nostri amici, io non li
abbandonerò. Sono i miei amici, i miei migliori amici e non li lascerò ora nel
momento del bisogno, ora che hanno più bisogno di me. Lo sai questo. Poi pensa
a quel povero bambino Tao… dobbiamo fare qualcosa! Non possiamo lasciarlo solo
nelle mani di quell’uomo. Io devo aiutarli, non posso tirarmi indietro-
Rei sapeva che sua madre era una donna forte e soprattutto,
era una donna decisa che sapeva farsi valere con suo padre. E se c’era una cosa
che Rei aveva imparato su sua madre era che se la donna dava la sua parola o
giurava di fare qualcosa, niente era capace di farla desistere, solo la morte
avrebbe potuto avere quella forza.
-Potresti morire…-
Era stato il debole, e forse disperato, tentativo del padre di
fermare sua moglie.
-Non accadrà. Sono forte, lo sai. E poi tu sarai con me, non è
vero?-
-Non c’è modo di riuscire a farti desistere, vero?-
Era seguito un attimo di silenzio, dove sua madre doveva avere
negato con la testa. Alla fine Rei aveva sentito suo padre sospirare
-Certo, ti aiuterò sempre. Sarò sempre al tuo fianco, lo sai. È
stata proprio la tua forza di volontà a farmi innamorare di te. Non ti lascerò
sola-
-Lo so che sarai sempre al mio fianco. E grazie per avere
capito. Ho promesso Tao e manterrò quella promessa fatta. Finché io ci sarò,
non svanirà mai. Non permetterò a nessuno di distruggere quello che abbiamo
creato. Io sono parte di essa, e finché io vivrò, la Suprema Essenza non
scomparirà. Lo prometto-
Ed ecco dove aveva sentito quel nome, era successo solo una
volta, ma era bastato. Rei non sapeva cosa fosse la Suprema Essenza, non ne
aveva più sentito parlare, nemmeno per sbaglio. Se ne era anche completamente
dimenticato di quella lettera, di quella giornata e di quel nome. Fino a quel
giorno. E di una cosa ora Rei ne era sicuro: sua madre sapeva cosa era la
suprema essenza, avrebbe potuto sapere tutto da lei. Peccato che i suoi
genitori fossero spariti da quasi nove anni ormai. Nessuno li aveva più visti,
una notte, semplicemente, erano spariti. E Rei ora iniziava a pensare che la
scomparsa dei suoi genitori, fino ad ora rimasta legata al mistero più totale,
fosse legata proprio a quel nome e a ciò che si celava dietro di esso. Ma
questo, a Daitenji, non poteva dirlo. Prima avrebbe
dovuto fare delle ricerche. Per ora avrebbe continuaro
a mantenere il segreto.
All’improvviso, fuori dalla porta dello studio di Daitenji si sentì un gran rumore e delle voci femminili.
Non era difficile capire chi potessero essere le responsabili di tutto quel
baccano.
-Signori, credo che le signorine stiano per unirsi alla nostra
piccola riunione-
In quel preciso momento, la porta dello studio si spalancò,
rivelando la figura di Julia Fernandez, una mano appoggiata sulla maniglia
della porta, uno sguardo determinato sul volto e l’altra mano protesa ad
indicare il presidente
-¿Hola viejo,
que está sucediendo aquí? ¿Cómo es eso cada vez que organiza
un torneo alguien siempre arriesga de restablecernos la vida? Porque es de éste que se sacado
no… ¿Algo está succednedo y puede ser peligroso para nosotros, no es
verdadero? Me excusar presidente… ¿Pero no es que por casualidad ella puerta mal?-
(Ehi vecchio, che sta succedendo qui? Come mai ogni volta che
organizza un torneo qualcuno rischia sempre di rimetterci la vita? Perché è di
questo che si tratta no… Qualcosa sta succedendo e potrebbe essere pericoloso
per noi, non è vero? Mi scusi presidente… Ma non è che per caso lei porta male?)
-Julia!-
Dissero in coro le altre tre ragazze che formavano il team
delle Wisteria. Julia scosse il capo scocciata, prima
di girarsi verso le sue amiche
-Che c’è? He dicho simplemente lo que todos piensan, pues qué nadie
tiene el coraje de decir-
(Ho detto semplicemente ciò che tutti pensano, ma che nessuno
ha il coraggio di dire)
Hilary, rossa in volto, si mise di fronte alla spagnola in
modo da potere guardare il presidente
-La scusi presidente. È solo che lei è…-
-La signorina Fernandez, che possiede il dono di dire sempre
ciò che le passa per la testa. Non ti preoccupare Hilary, non sono offeso per
ciò che la tua compagna di squadra mi ha detto. I giornalisti mi muovono critiche
decisamente peggiori quindi non mi posso assolutamente offendere per una cosa
del genere. E se devo essere sincero ragazzi, inizio a pensare di attirare la
sventura sul torneo internazionale di beyblade-
Sia le ragazze che i ragazzi fissarono allibiti il loro presidente.
Ma l’uomo sembrò non farci troppo caso, anzi si concesse un breve sorriso.
-Visto che ora siete arrivate anche voi, che ne dite di
sedervi assieme ai vostri colleghi? Dopotutto quello che ho da dirvi potrebbe
interessare anche voi. E visto che siete arrivate al momento opportuno, mi
risparmio anche la fatica di dovere ripetere ciò che sto per dire-
Dopo alcuni attimi di sistemazione logistica, in cui nella
stanza furono portate altre quattro siede dove si sedettero le ragazze, Daitenji riprese a parlare
-Bene, ora che siete tutti sistemati, permettetemi di
spiegarvi alcune cose. Intanto signorine permettetemi di presentarvi il
detective John Maxwell, dell’interpol. Il detective
Maxwell si occupa della ricerca di un noto assassino, Dimitri Pavlov, che
qualche giorno fa è stato visto mentre…
-Mentre andava a trovare il nonno di Hiwatari,
lo sappiamo presidente-
Daitenji fissò stupito Mariam Non si era aspettato che le ragazze fossero già
informate di quei fatti. Fu Max a spiegargli come
stavano le cose
-Prima di venire da lei ne abbiamo parlato tra di noi. Kai ci ha riferito ciò che Yuri aveva scoperto-
Daitenji fissò Kai,
stupito. Non si sarebbe mai aspettato che il russo si confidasse con gli altri
ragazzi. Era ormai abituato a pensarlo come una persona solitaria che cercava
di risolvere tutto da solo. Evidentemente quei ragazzi erano cambiati molto più
di quanto non si fosse aspettato. Ma dopo tutto quello che avevano passato,
forse Daitenji non se ne doveva stupire più di tanto.
Avevano affrontato situazioni molto difficili che li avevano fatti crescere
molto in fretta, e che soprattutto li avevano anche costretti a fidarsi cecamente
l’uno dell’altro. Non erano solo uniti dalla passione per uno stesso sport,
quei ragazzi erano anche diventati ottimi amici, e questo, Daitenji,
avrebbe fatto bene a tenerselo bene a mente.
-È bello vedere che lo spirito del beyblade
vi abbia pervaso così…-
Tutti i ragazzi si trovarono a fissare il loro vecchio
presidente.
- Yo lo he dicho
que ha enloquecido-
(Io l’ho detto che è impazzito)
Disse sottovoce Julia, che si meritò una gomitata da parte di
Mao e un’occhiataccia da parte di Mariam. Hilary,
semplicemente, sospirò. Max quasi scoppiò a ridere
sentendo ciò che la spagnola aveva detto, e anche Rei e Kai
trattennero a stento un sorriso, ma Daitenji continuò
il suo discorso, come se non avesse sentito niente
-Vedete ragazzi, il beyblade è uno
sport praticato a livello mondiale. Ogni bambino o ragazzo lo conosce e almeno
una volta ci ha giocato. Voi siete tutti di nazionalità diverse, e forse non vi
sareste mai nemmeno incontrati o sfiorati, è stato il beyblade
che vi ha unito. Questo sport ha fatto si che paesi e culture diverse, che
difficilmente sarebbero entrate in contatto le une con le altre, si unissero,
si conoscessero e si parlassero, e questo tutto a causa di uno semplice sport. Ma
è proprio questo il bello dello sport, unisce le persone, e il beyblade ha
unito voi e vi ha reso amici. Per questo dico che lo spirito del beyblade è in voi, perché l’avete ragazzi, e vi ha fatto
creare dei rapporti di amicizia che spero rimangano con voi per tutta la vita-
A quello i ragazzi non seppero cosa dire. Rimasero tutti in
silenzio, persi nei loro pensieri. Hilary si ritrovò a riflettere su quelle
parole, e si ritrovò d’accordo con quello che il presidente aveva detto. Le sue
migliori amiche erano tutte di nazionalità diverse, a cominciare da una pazza
spagnola, una cinese dal carattere sia estremamente dolce ma anche estremamente
forte e autoritario quando ci si metteva e da una finta asociale come Mariam, che ora che Hilary ci pensava bene, non sapeva dire
con precisione da che nazione provenisse. Poi c’era Rei, uno dei suoi più cari
amici, sempre pronto ad ascoltare e a darti una mano se ti trovavi nei guai che
era cinese pure lui, Max il nippo-americano
che con il suo sorriso era capace di farti dimenticare per un istante ogni tuo problema
e Kai, il freddo e distaccato, anche se solo
apparentemente, russo, ma che era pronto a sacrificarsi per aiutare un suo
amico. Per non parlare poi di tutti gli altri che aveva conosciuto attraverso
il torneo internazionale. Si, le parole di Daitenji
erano assolutamente vere. Senza il beyblade non li avrebbe
mai incontrati. Guardandosi attorno, Hilary si rese conto che anche gli altri
dovevano avere concordato con ciò che il presidente aveva detto, perché nessuno
ritrovò niente da ridire a quelle parole.
-Detto questo, però ragazzi, ora sarà meglio tornare alla
domanda che avevo posto ai vostri colleghi ragazzi prima che voi signorine
entraste nel mio ufficio. Allora, avete mai sentito parlare di qualcosa noto
come “Suprema Essenza”?-
Nella stanza ripiombò il silenzio. Questa volta Rei non si lasciò
sfuggire nessuna emozione, e Daitenji per un attimo
pensò di essersi sbagliato prima, quando gli era sembrato di vedere il ragazzo
irrigidirsi e impallidire sulla sedia. Anche le ragazze sembravano non avere
provato nessuna reazione a sentire quel nome. Non che Daitenji
se la fosse aspettata, per la verità, ma per un secondo si era lasciato
pervadere dalla speranza che qualcuno in quella sala lo potesse illuminare su
quel mistero che lo ossessionava ormai da dieci lunghi anni.
-Lo immaginavo. Sono ben dieci lunghi anni che io sto cercando
di scoprire che cosa sia, quindi non mi aspettavo di certo che voi sapeste
qualcosa. Però, forse voi potreste finalmente aiutarmi a scoprire di che cosa
si tratta-
Max, Kai e
Rei guardarono sconcertati il presidente, al contrario delle ragazze. Infatti,
Hilary non si lasciò stupire da quell’esternazione
- Si tratta di qualcosa legato al mio beyblade,
vero presidente?-
Daitenji fissò gli occhi marroni di
Hilary, e non fu capace di mentirle
-Si Hilary, proprio così-
Tutti si voltarono verso la ragazza. Ma prima che i ragazzi la
sommergessero di domande, Hilary riprese a parlare
-Prima che me lo chiediate, no, non so niente di questa
“Suprema Essenza”-
-Ok, but…
what do you mean Hilary? What’s about your beyblade?-
(Ok, ma… che cosa intendi Hilary? Cosa riguarda il tuo beyblade?)
Hilary tirò fuori dalla sua borsa il suo beyblade
e lo appoggiò sulla scrivania del presidente. Tutti poterono vedere il bit power del cigno che splendeva al centro del bey bianco.
-Hilary? il tuo beyblade ha…-
-Un bit power, si Rei. Ne sono
sconvolta anche io. Mi è stato dato dal presidente, dicendomi che era stato
destinato proprio a me-
Di nuovo i ragazzi si voltarono verso il presidente, in cerca
di risposte. Daitenji si alzò dalla sua poltrona e si
avvicinò all’enorme vetrata del suo ufficio, dando la schiena a tutti i
presenti. Nonostante sapesse che quel giorno sarebbe arrivato, l’uomo non era
per niente pronto ad affrontare quei sette ragazzi che aspettavano solo che lui
gli desse qualche informazione in più. Informazioni che purtroppo lui non
aveva. E poi c’era Kai,
e tutto il problema che riguardava suo nonno e l’assassino Pavlov. E Daitenji sospettava che le due cose fossero legate. Eppure
non aveva prove, era solo una sensazione che ormai lo accompagnava da dieci
anni. E poi c’era un’altra cosa che stava facendo preoccupare ancora di più il
vecchio presidente. Daitenji sapeva, infatti, che non
appena avesse detto loro di quella lettera e del suo contenuto, si sarebbero
innescate tutta una serie di meccanismi che non si sarebbero più potuti fermare
fino a che la verità non fosse venuta fuori, o fino a quando qualcuno non si
sarebbe fatto male. O fino a che non fossero successe entrambe le cose. E lui
ne sarebbe stato il responsabile. Come poteva affidare un compito così gravoso
e impegnativo a dei semplici ragazzi? Ma il momento era giunto, lo sapeva, ed
era stato proprio lui a dare quel beyblade a Hilary,
era stato lui a mettere insieme gli elementi, era stato lui a portare a livelli
mondiali il beyblade, era stato lui che aveva seguito
le istruzioni di quella lettera. Ormai non si poteva più tirare indietro. E
doveva avere solo fiducia in quei ragazzi, anche se la cosa lo avrebbe lasciato
in uno stato di profonda preoccupazione. Alla fine, dopo un lungo sospiro, si
voltò verso quegli innocenti ragazzi, pronto a consegnarli sulle spalle un
pesante fardello.
-Ragazzi, quella lettera che vedete appoggiata sulla scrivania
mi fu consegnata dieci anni fa. Quello che contiene potrà sorprendervi, e sconvolgervi
forse, ma sappiate che tutto quello che dice è vero. Io all’inizio non volevo crederci,
e forse non lo farete nemmeno voi, ma il tempo mi ha dimostrato che non c’era
menzogna in quelle parole. E, purtroppo, ci sono troppe domande che lascia
senza risposte, domande a cui ancora non sono riuscito a dare delle risposte.
Forse voi riuscirete dove io ho fallito-
Daitenji si avvicinò alla sua scrivania
e porse la lettera a Hilary
-Ti dispiacerebbe leggerla per tutti quanti noi Hilary?-
Hilary non mostrò nessuna esitazione nell’alzarsi e
nell’afferrare con decisione la busta ormai ingiallita che l’uomo le porgeva.
Con mani sicure la aprì e ne estrasse un foglio di carta. Fu solo allora che la
ragazza provò un certo senso di disagio. Il foglio era ricoperto da una scrittura
chiara e precisa, sicuramente frutto di una mano femminile, ma c’era qualcosa
in quel foglio che fece tremare Hilary, qualcosa all’inizio che le parve così
indefinito, fino a che non lo riconobbe
-Questa carta profuma di…-
-Si Hilary, immaginavo che tu avresti riconosciuto subito il
profumo-
-Non può essere…-
-Hilary, che succede?-
Chiese con una leggera nota di preoccupazione Mariam. Hilary le allungò piano la lettera, in modo che la
turchina potesse annusare il foglio. Mariam non ci
mise molto a capire, e guardò stupita la castana
-Deve essere una coincidenza…-
Disse Mariam, mentre Hilary
continuava a passare la lettera alle sue altre due compagne, che come Mariam, spalancarono gli occhi stupite.
-Anche io l’ho pensato all’inizio, ragazze, ma ormai faccio
fatica a crederci. Penso invece che sia un chiaro segno del destino. È anche
questo ciò che mi ha spinto a rivelarvi tutto quanto-
-Girls…
potreste dire anche a noi che succede?-
Chiese Max, guardando le ragazze una
ad una, fissandosi poi alla fine su Mariam. E fu
proprio Mariam a rispondergli
-Il nostro team si chiama Wisteria.
Sai che vuol dire?-
Max scosse la testa, ma per Rei
invece la risposta era semplice
-Wisteria è il nome latino del
glicine, il fiore, giusto?-
Hilary annuì. Poi anche a lui porse la lettera
-Senti l’odore…-
Rei si avvicinò, come anche Max e Kai. I ragazzi ci misero pochi secondi per capire, ma fu
Rei a dirlo per tutti
-Questo è il profumo del glicine-
-Si Rei, è esatto. Non potete immaginarmi la mia sorpresa
quando le ragazze mi hanno comunicato il nome del loro team-
Disse calmo Daitenji.
-Questo spiega anche perché lei era sembrato così sorpreso
presidente-
Fece notare Hilary, che quella volta si era accorta del
leggero sussultare dell’uomo quando aveva sentito il nome della loro squadra.
-Non c’è che dire, è davvero una coincidenza stupefacente. O
come ha detto lei…-
-È il filo del destino che si sta muovendo-
Finì di dire Hilary. Daitenji la
guardò, annuendo piano. Poi, senza aspettare altro, Hilary allungò la mano
verso Rei che gli passò senza esitazione la lettera profumata. Poi, con voce
ferma e decisa, la castana si mise a leggere
- Egregio presidente Daitenji,
le scrivo questa lettera con la
speranza che le venga consegnata direttamente, senza che il suo contenuto venga
letto da altri occhi. Se così dovesse succedere, la prego di leggere fino in
fondo e di credere a tutto quello che vi troverà scritto. Anche se dovesse
essere difficile e per lei potessero essere cose totalmente folli, la prego, mi
creda. Chi vi scrive è una semplice persona agli occhi di molti, una persona
totalmente ordinaria, banale, prevedibile, una persona come tante. Ma sotto
questa facciata, in realtà, io sono ben altro. Sono una custode, una delle
ultime rimaste purtroppo a custodire un segreto millenario, un segreto che mai
al mondo dovrebbe essere svelato, ma che si trova ora in enorme pericolo. So
che in questo momento penserete di avere tra le mani la lettera di una pazza,
ma vi prego, ciò vi sto scrivendo è la verità. Sto infrangendo tutti i miei
voti di segretezza mettendo per iscritto queste parole su questo semplice
foglio di carta, ma devo farlo, perché gli avvenimenti dell’ultimo periodo mi
hanno fatto capire che ormai il nostro segreto è orribilmente compromesso, e
temo che la nostra fine sia ormai vicina, se io non affido queste parole a voi.
Perché qualcuno deve rimanere, una traccia di noi deve restare, o tutto sarà
stato vano. E alla fine, dopo molto pensare e riflettere vi ho scelto, ho
scelto proprio voi perché ammiro lo spirito con cui vi state battendo per
proteggere e diffondere lo sport del beyblade a
livello non solo del Giappone, ma anche a livello mondiale. Perché è proprio
così presidente, il nostro segreto riguarda proprio lo sport che amate e che
state cercando di proteggere. Posso confermarvi che in tutto il mondo è uno
sport praticato, da millenni, e vi sono anche motivazioni ben precise per cui
questo avviene ancora oggi, ma non posso rivelarvi di più. Già quello che vi
sto per dire dovrebbe rimanere un segreto, ma, come vi ho già detto, credo che
per la nostra sopravvivenza sia indispensabile che io scriva questa missiva.
Spero che i miei fratelli e sorelle lo possano capire e perdonarmi per questo
peccato che sto compiendo.
Sono venuta in questo paese in fuga, sono venuta in Giappone
convinta di essermi lasciata alle spalle il pericolo che ha colpito me e la mia
famiglia. Sono venuta in questo paese per sfuggire a coloro che mi stavano
braccando con un unico intento, quello di uccidermi. Sono arrivata qui senza
niente, senza avere denaro o un posto dove andare, ma almeno ero salva. Ero
ancora viva e, cosa ancora più importante, avevo portato con me il mio tesoro
più grande. Ero convinta di avercela fatta, di avere eliminato la minaccia per
sempre dalla mia vita, ed ingenuamente, ero convinta di potere incominciare di
nuovo una vita felice. Ma ciò che sono non si può cancellare, e per quanto
abbia cercato di farlo, non sono riuscita ad eliminare il mio giuramento, ed ho
continuato a difenderlo fino ad oggi. E alla fine, il nemico che era sulle
nostre tracce, il nemico che pensava ormai di avere sconfitto, è tornato, più
forte che mai. E con la tristezza nel cuore so che alla fine riuscirà a
trovarmi e quando lo farà, non credo di riuscire a scappargli di nuovo. E
questo segnerà la mia fine. Perché il nemico verrà ponendo delle domande,
cercando di rubarci i nostri segreti, e se non li otterrà, ci eliminerà. Come è
successo ai miei fratelli e sorelle, così capiterà anche a me. Perché il nostro
giuramento è di proteggere il segreto fino alla morte, e di impedire che a coloro
che non sono i prescelti che esso venga svelato. E coloro che ci danno la caccia
non lo devono assolutamente sapere. Vede presidente, ciò che noi possediamo e
custodiamo da millenni sono informazioni, informazioni che forse agli occhi dei
più potranno sembrare prive di qualsiasi attrattiva, addirittura solo delle
favole, ma che se prese da mani malvage e senza scrupoli possono trasformarsi
in un pericolo a livello mondiale. Noi custodiamo questo segreto da millenni
ormai, e vi è un motivo, e ora, per quanto mi sarà possibile, cercherò di
dirvelo.
Esisteva un periodo sulla nostra terra, un periodo di cui
ora parlano solo le leggende, in cui gli uomini erano in grado di controllare
gli elementi della natura, come acqua, terra, fuoco, aria, o anche fulmine,
ghiaccio o luce, attraverso delle creature magiche, o per meglio dire divine. L’uomo
imparò ad avvalersi del loro supporto stabilendo un rapporto come di
fratellanza tra lui e lo spirito di queste creature, un rapporto di assoluta
lealtà e fedeltà, un rapporto in cui l’anima di un uomo veniva legata a quella
di una di queste creature, chiamate fin dall’antichità con il nome di “spirti
sacri”. All’inizio l’uomo non ricorreva allo spirito sacro mai per motivi
puramente egoistici, ma con il passare del tempo, e capendo l’enorme potere che
un animale sacro poteva sprigionare, gruppi di uomini dall’animo corrotto
iniziarono ad usarli per i propri scopi personali. E ciò, come potere
immaginare, portò il mondo sul baratro della distruzione e del caos. Interi
paesi vennero spazzati via, intere civiltà rischiarono di scomparire in una
sola notte. E più gli uomini corrotti si avvalevano dei loro spiriti sacri con
malvage intenzioni, più cadevano in una spirale di odio e devastazione senza
fine. Capendo la pericolosità di tutto questo, un gruppo di uomini e donne
dall’animo puro e spinti da un desiderio di ristabilire l’equilibrio nel mondo,
si assunse l’arduo compito di combattere questi uomini malvagi, cercando di
impossessarsi dei loro spiriti sacri scindendo il loro rapporto di fratellanza.
E l’unico modo che questi uomini furono capaci di trovare fu quello di imparare
a sigillare gli spiriti sacri in modo che non potessero essere più richiamati
dai loro fratelli spirituali. Tuttavia vorrei dirvi che gli animali sacri non
sono cattivi, essi non conoscono la cattiveria, sono essere superiori a noi, ma
quando essi si legano all’anima e al cuore di una persona, gli spiriti
consacrano la loro esistenza alla difesa del loro custode. E questo legame non
può essere spezzato facilmente. Infatti, in alcuni casi, la custodia tra
spirito sacro e uomo si è tramandato con la discendenza. È stato in questo modo
che molti animali sacri sono arrivati fino a noi, ai nostri giorni, anche se
molti si sono dimenticati della loro presenza. Noi membri della suprema essenza
siamo custodi di alcuni tra i più antichi spiriti sacri che ci siano, e siamo
tra i pochi che hanno mantenuto tale discendenza viva, siamo tra i pochi, ormai
che hanno mantenuto un ricordo vivo del loro immenso potere da quasi mille anni
e più. Siamo i soli ad avere ancora un rapporto di fratellanza originale, come
era all’origine con questi spiriti sacri. Purtroppo molte famiglie hanno
perduto questi antichi legami, e molte creature sacre sono andate
irrimediabilmente perdute, o almeno era quello che pensavamo. Gli animali sacri
che erano ritenuti sigillati per sempre, negli ultimi anni sono come… tornati
in vita. Molte creature hanno stretto nuovi rapporti di custodia e purtroppo
alcuni di essi hanno scelto uomini malvagi. Per più di mille anni noi della
Suprema Essenza abbiamo protetto e custodito molti animali sacri, continuando
quella lotta millenaria dei nostri avi, sigillando e spezzando quei legami che
avrebbero potuto causare distruzione e dolore nel mondo. Purtroppo, però, molti
di noi sono morti adempiendo a questo compito, perché gli uomini privi di
scrupolo usano ogni mezzo per impossessarsi di ciò che vogliono. E purtroppo
molti si sono rivelati più forti di noi. Una volta eravamo un gruppo numeroso e
forte, ma il tempo ha fatto si che rimanessimo in pochi, troppo pochi per
potere proteggere il mondo, e ormai non siamo più in grado di farlo. Ma
nonostante questo, io non mi voglio arrendere, e anche se vado contro ai miei
voti di segretezza, io devo chiedere aiuto, ed è per questo motivo che mi
rivolgo a lei. Perché lei è degno, lei è un uomo buono, lei, sono sicura, sarà
capace di mettere un freno a certi uomini malvagi e soprattutto, so che sarà in
grado di mettere insieme una nuova generazione di custodi. Voi vi chiederete
come posso avere tale certezza, e ora, se me lo permetterete ve lo spiegherò. I
nostri avi custodi, compresero che era necessario porre un limite all’immenso
potere degli spiriti sacri. Era necessario trovare un modo per sigillare in
parte il loro potere, ma anche era necessario trovare un modo per potersi
avvalere ancora di esso in caso di bisogno. E fu allora che venne scoperto il solo
metodo che potesse conciliare le due esigenze. Per evocare uno spirito sacro, è
necessario un notevole sforzo fisico e mentale da parte di un custode, anche se
con il passare del tempo, e cementando il legame tra spirito e uomo esso
diventa più facile. Tuttavia per evocarlo, il custode deve avvalersi di uno
strumento, uno strumento che una volta venivano semplicemente chiamato trottola,
ora più note con il nome di… beyblade. E forse ora
può capire il perché io mi rivolga a lei. Dobbiamo cercare di fare in modo che
nuovi custodi si palesino alla presenza degli spirti sacri, e formino nuove unioni, nuovi rapporti di fratellanza. E i
ragazzi sono i perfetti custodi degli animali sacri, perché prima essi si
avvicineranno al mondo del beyblade, più possibilità
ci saranno che animali sacri decidano di unirsi con loro, invece che scegliere
uomini malvagi . E so che con la sua guida lei
riuscirà a fare capire a colore che riusciranno a stabile ed evocare uno
spirito sacro quei valori di giustizia e di lealtà che dobbiamo cercare di
insegnare a coloro che un giorno prenderanno il nostro posto nel mondo. Ora so
che non tutti coloro che sono capaci di evocare uno spirito sono destinati a
diventare custodi della fratellanza, ma quando il momento sarà giunto, i miei
fratelli si paleseranno con i prescelti e tramanderanno la nostra conoscenza
ancora nel tempo. O almeno è quello che dal profondo del mio cuore spero.
Naturalmente sono molti i segreti che ancora custodiamo e che non vi ho
rivelato, ma spero capirete che non posso permettermi di svelare ciò che ancora
custodisco, perché se questa lettera dovesse finire nelle mani sbagliate
sarebbe la fine del mondo come ora lo conosciamo.
Inoltre, assieme alle mie parole, mi sento di doverle
affidare anche una mia fedele compagnia, che sarà sicuramente più al sicuro con
voi che non con me. Non posso permettermi che finisca nelle mani sbagliate, e
so che prima o poi troverà di nuovo qualcuno degno con cui stringere un
rapporto di fratellanza. Si chiama Nemesis, e la
prego, la tratti con affetto. Mi ha difeso molte volte, è stata con me nei
momenti più bui della mia vita, ma ora tocca a me difenderla. Le trovi un
compagno degno, la prego. So che quando lo troverà se lo sentirà e saprà a chi
affidarlo. La mia speranza era di affidarlo ad una persona speciale, ma il
destino non si può comandare. Troppe cose sono cambiate nella mia vita, i miei
piani sono stati tutti annullati, e le mie speranze sono state cancellate. Perciò
è giusto che io affidi Nemesis a voi, anche se questo
mi provocherà molta tristezza. Doversi separare da una cara amica non è mai facile.
Ma almeno ora posso stare tranquilla.
Ora
sapete la verità, o almeno, quella che come vi ho detto, potete conoscere.
Rivelandovi in questa lettera i nostri segreti, non solo ho infranto tutti i
voti del silenzio e della segretezza che avevo giurato di difendere, ma ho
messo a repentaglio la mia stessa esistenza. Perché coloro che mi cercano ora
mi troveranno con estrema facilità. Non so quanto ancora mi aspetti da vivere,
ma almeno so che il nostro sapere non si perderà totalmente con la mia
scomparsa. Siamo rimasti in pochi a conoscere i segreti, e so che piccoli
innocenti pagheranno per le nostre colpe, e questo mi addolora. Ma il seme della
speranza non morirà, e grazie a voi non si perderà nella memoria, ma continuerà
a crescere fino a germogliare. Abbiatene cura. La responsabilità che vi affido
è enorme, lo riconosco, ma io mi fido di lei. Protegga il nostro segreto fino a
che l'ora non sarà giunta.
La serva fedele della Suprema Essenza”-
Quando
Hilary smise di leggere nessuno osò fiatare. Durante la lettura la voce di
Hilary non aveva mai ceduto, era sempre rimasta ferma e calma, ma ora, il senso
delle parole di quella lettera si impossesso di lei, facendola sprofondare in
uno strano stato di torpore. Senza rendersene conto aveva afferrato il suo bey Nemesis, stringendolo forte. E come lei, anche tutti gli
altri blaider lo avevano fatto. Daitenji
li guardava, impassibile, aspettando una loro reazione. Dovevano essere loro a
trovare un senso a ciò che quella lettera diceva, lui non poteva permetterselo.
Lui doveva solo tramandare quella conoscenza a chi avrebbe saputo portarla
avanti, e questo voleva dire i giovani sette ragazzi che erano seduti davanti a
lui. E oltre a loro, anche a tutti gli altri blaider
in grado di evocare uno spirito.
-Ragazzi,
so che tutto questo non è facile, e che tutto sia difficile da credere ma…-
-In
realtà, presidente non lo è poi così tanto-
Disse
con calma Mariam, dando voce a quello che tutti i
ragazzi stavano pensando.
-Io
faccio parte della tribù degli Scudi Sacri, e avevo proprio quel compito:
sigillare gli spiriti sacri dei bladebreakers perché
non eravamo sicuri che fossero in buone mani-
-Mariam ha ragione presidente. Proprio lei era pronta a fare
di tutto per impossessarsi del mio Draciel…-
-È
vero, Max. Ma come purtroppo ho avuto modo di constatare gli Scudi Sacri non
hanno nessun collegamento con la Suprema Essenza. Dico bene signorina?-
Mariam annuì
-Si
presidente, non so assolutamente niente di questa Suprema Essenza, non ne ho mai sentito parlare, mi dispiace-
-Non
ti preoccupare, giovane Mariam. Non te ne fare una
colpa. La Suprema Essenza è qualcosa di assolutamente segreto e misterioso, e
dopo dieci anni di ricerche non sono stato capace di trovare nessuno che ne
facesse parte. Non so chi sia la donna che mi ha scritto, certo, ho qualche
ipotesi, ma niente di certo. Temo che il compito più difficile toccherà a voi.
Voi siete coloro che sanno evocare i bit power, o
spiriti sacri. Siete dei custodi, e avete instaurato un rapporto di fiducia con
loro. Siete voi coloro che dovranno cercare la Suprema Essenza, perché io non
posso spingermi oltre. Io sarò qui nei momenti di bisogno, e vi metterò a
disposizione qualsiasi cosa vogliate o di cui abbiate bisogno. E cercherò di
fare di tutto per impedire che persone malvage si mettano contro di voi. È per
questo motivo che il detective Maxwell si unirà a noi in questo torneo come
altri agenti dell’interpol. Lasciate a noi la caccia
dell’assassino Pavlov, e Kai, so che ti chiedo molto,
ma ti prego di lasciare a noi la faccenda di tuo nonno. Per ora non c’è niente
di sospetto o preoccupante, e ti prometto che non appena avremo maggiori informazioni
te lo farò sapere. Ma per favore, non permettere a quell’uomo di trascinarti
ancora nei suoi loschi piani. Per favore, permettimi di proteggerti questa
volta-
Kai guardò con uno sguardo stupito il presidente. Fidarsi di
quell’uomo e lasciare che per una volta qualcun altro si occupasse dei suoi
affanni era una prospettiva piacevole, e poi lo stesso Kai
non voleva più avere niente a che fare con suo nonno. Però sapeva che non
avrebbe mai potuto dimenticarsi per sempre di quell’uomo, soprattutto dopo
quello che aveva scoperto da Yuri
-Io
posso provarci-
Si
ritrovò a dire Kai, sorprendendo anche lui stesso. Ma
forse si sentiva in dovere di tranquillizzare in parte l’uomo che aveva fatto
di tutto per cercare di proteggerlo più di una volta. Ma Daitenji
sapeva molto bene che Kai non avrebbe mai dimenticato
e lasciato perdere totalmente, ma si ritrovò ad annuire.
-Tanto
mi basta, grazie Kai-
Il
russo si limitò ad annuire semplicemente. Ora c’era un’altra cosa che Daitenji doveva dire, ma non sapeva proprio come fare.
Hilary era stata silenziosa per tutto il tempo, continuando a stringere Nemesis come se fosse la sua sola ancora di salvezza.
-Hilary…-
-Perché
a me?-
Daitenji si specchiò in quegli enormi occhi marroni, e vi lesse
dentro l’unico sentimento che non si sarebbe mai aspettato di leggervi, paura.
L’uomo si alzò prontamente dalla sua sedia, e si avvicinò veloce a quella della
ragazza, poggiandole poi le mani sulle spalle
-Hilary,
tu e Nemesis siete destinate l’una all’altra. Non
chiedermi perché, ma dal primo momento che ti ho visto ho sentito qualcosa,
come una voce che mi diceva “è per lei, è destinato a lei” e ne sono ancora
sicuro-
-Ma
io…-
-Hilary,
devi avere fiducia. Nemesis ti ha scelto, non sono
stato io a farlo, ma è stato il tuo spirito sacro. Ne sono sicuro. Era
destinata a te, devi solo crederci anche tu. Sei una ragazza forte e piena di
forza di volontà non dimenticarlo mai. Credi in te stessa e nelle tue capacità,
non permettere alla paura di fermarti. Sei con i tuoi amici, non sei sola.
Vedrai che alla fine dubbi non ci saranno-
-Ma
se quella donna fosse ancora viva? Era il suo spirito sacro, giusto? Se non
fosse morta? Se fosse ancora viva e…-
Ma
Daitenji scosse la testa lentamente
-Mi
dispiace Hilary, ma di una cosa sono certo. Quella donna è morta, molti anni
fa. Non ci sono dubbi su questo-
-Come
fa a dirlo presidente? Dopotutto lei ci ha appena detto che non ha delle
certezze, solo ipotesi-
Daitenji si voltò verso Mao.
-Hai
ragione Mao, non ho certezze, tranne questa. E vi prego non chiedetemi di più,
dovrete fidarmi della mia parola e basta-
-Io
mi fido di lei presidente, e dovresti farlo anche tu Hilary. Dopotutto, Nemesis era veramente destinato a te-
Hilary
guardò confusa Mariam.
-Cosa
vuoi dire?-
Mariam le sorrise, tranquilla.
-Il
glicine. Sei stata tu a trovare il nome, sei stata tu a pensarci e sei stata tu
a convincerci, ricordi? E la lettera profuma di glicine, e qualcosa mi dice che
anche il tuo beyblade ha quel profumo. Non può essere
una coincidenza-
-Ben
detto chica-
Hilary
si voltò verso Julia, che le stava sorridendo convinta, come anche Mao. E
strinse ancora più forte Nemesis, ma questa volta con
una grinta maggiore negli occhi.
-Bene.
E ora ragazzi, sono certo che avrete molto a cui pensare. Si sta facendo tardi,
credo che convenga sospendere qui per ora la conversazione. Ci sono cose che
devo ancora discutere con l’ispettore e immagino che anche voi vogliate parlare
fra di voi. E immagino anche che dobbiate informare l’altro bladebrakers
che non vedo qui-
A
quelle parole i ragazzi si riscossero leggermente. Era vero, i bladebreakers erano quattro, ma in quello studio ce n’erano
solo tre
-Non
è un problema mio…-
-Si
che lo è Kai! Inoltre abbiamo anche saltato
l’allenamento di oggi-
-Oh
god, ce la farà pagare-
Commentarono
i tre ragazzi. Per la prima volta in quella giornata Hilary si lasciò andare ad
una risata liberatoria, risata a cui seguì anche quella delle altre ragazze, e
anche quella del presidente.
Dopo
che i ragazzi se ne furono andati il detective si permise di parlare
francamente con il presidente
-È
convinto che sia la soluzione migliore? Lasciare tutta questa faccenda a dei
ragazzini di sedici anni?-
-Anche
se sono giovani, sanno il fatto loro. Hanno affrontato già molti pericoli, e
questo li ha fatto crescere, e i loro beyblade sono i
più forti che ci siano a livello mondiale. Se devo scegliere di affidarmi a
qualcuno, mi creda, sono proprio loro-
Il
detective Maxwell estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo oggetto
rotondo, che posizionò delicatamente sulla scrivania dell’uomo anziano.
-Una
volta erano molto più semplici, in confronto a quelli di adesso-
Daitenji lo fissò a bocca aperta
-Anche
lei è un blaider?-
L’uomo
si aprì in un piccolo sorriso.
-Una
volta non eravamo chiamati così, era solo un gioco. Ma molto spesso mi sono
chiesto se non fosse stato solo un sogno, quando mi sembrò che una luce bianca
cercasse di sprigionarsi dall’interno della mia trottola. Ma ora so che era
tutto vero-
Daitenji guardò meglio quel piccolo bey, e si accorse con sorpresa
che sopra di esso vi era come inciso il simbolo di un animale, che sembrava
assomigliare ad un piccolo uccello, un picchio per la precisione.
-Anche
lei è un custode allora-
-Un
tempo forse. Ora sono un poliziotto, presidente Daitenji
e ho un compito. Prenderò quell’assassino e lo assicurerò alla giustizia. E
farò di tutto per proteggere anche i suoi ragazzi. Non permetterò che capiti
loro qualcosa si male-
-Me
lo auguro detective, me lo auguro con tutto il cuore. Ma temo che una tempesta
si abbatterà presto su di loro, e mi auguro che riescano a superarla senza
troppi danni-
Kai sapeva che in quel momento aveva
bisogno di risposte. Da quando Yuri gli aveva telefonato e dato quelle notizie,
non faceva che pensare. Lui doveva sapere, doveva sapere cosa fosse successo, e
soprattutto, perché. Kai sapeva che suo nonno era un
sadico bastardo, ma sapeva anche che non faceva mai nulla senza un motivo. Se
aveva voluto uccidere suo padre e sua madre una ragione doveva esserci e sapeva
che si trattava di una ragione ben precisa. E lui l’avrebbe scoperta, anche a
costo di tornare in Russia e andare a parlare con Hito
Hiwatari di persona, mancando alla promessa che aveva
fatto a Daitenji. E c’era anche un’altra ragione che
lo spingeva a volere andare a Mosca. Voleva vedere ciò che Yuri aveva scoperto
nello studio privato di Vorkov al monastero. Non
sapeva per quale motivo, ma una consapevolezza era scesa su Kai,
all’improvviso, una consapevolezza che non faceva che tormentarlo: sapeva che
la morte dei suoi genitori era legata alla Suprema Essenza. Lo aveva capito
subito da quando Hilary aveva letto quella lettera. Doveva andare, subito. E lo
avrebbe fatto. E poi non sarebbe stato solo, finché avesse avuto Dranzer al suo fianco, non avrebbe avuto problemi.
“Suprema Essenza… suprema essenza…” Hilary non faceva che
pensare a quel nome. Da quando si era separata dalle altre ragazze, aveva
iniziato a camminare senza meta per le strade di Tokyo. Ancora non aveva voglia
di tornare a casa, non aveva voglia di affrontare una serata da sola con suo
padre, dove non si sarebbero scambiati che poche parole e dove avrebbero poi
cenato in assoluto silenzio. In quel momento Hilary aveva bisogno di pensare, e
non sarebbe mai riuscita a farlo sentendosi addosso lo sguardo freddo e
impassibile del padre. Per quello aveva deciso di camminare, di distrarsi, di
cercare di riordinare i pensieri. E in quello stato non si era nemmeno resa
conto di dove fosse arrivata si era affidata ai suoi piedi, facendo scegliere a
loro dove condurla. Fu solo ad un certo punto, quando la ragazza alzò gli occhi
e si ritrovò di fronte ad un condominio, un semplice e comune condominio agli
occhi di chiunque altro, che si fermò, leggermente sorpresa. Quella, infatti,
era la casa dove abitava Kai. Senza rendersene conto
Hilary era arrivata lì, guidata da chissà quale istinto. Quando, infatti, aveva
seguito Kai la sera prima, anche se sembrava passata
un’eternità alla castana, Hilary aveva seguito il ragazzo a testa bassa, persa
nei ricordi del giorno della morte di sua madre. Sembrava come se qualcuno
l’avesse guidata lì, e per un secondo, Hilary pensò che poteva essere stata
proprio Nemesis a guidarla. Ma Hilary non ebbe tempo
di fermarsi a riflettere troppo su quel pensiero che si era formato nella sua
mente, perché si trovò al fianco un’altra persona. Un ragazzo si avvicinò a
lei, una persona che lei conosceva bene
-Rei…-
Il cinese le rivolse un sorriso tirato. Hilary notò che Rei teneva
un foglio di carta. Senza dirle niente, il ragazzo le porse il foglio. Hilary
vide che sopra al foglio bianco erano state scritte poche parole, ma che la
calligrafia era precisa e con un tratto deciso. Eppure era senza dubbio una
scrittura maschile. Hilary lesse ad alta voce il breve messaggio
-Sono andato a Mosca. Devo sapere-
Il foglio non era firmato, ma non era difficile immaginare chi
fosse il mittente di quella missiva. Hilary si aspettava una cosa del genere.
Una parte di lei era sicura che Kai sarebbe voluto
andare a casa in cerca di risposte, non si poteva scoprire che i propri
genitori erano stati uccisi e non chiedersi il perché. E Hilary capiva
perfettamente quell’esigenza di avere delle risposte, di sapere il motivo di
quella tragedia, c’era già passata con sua madre. Ma a differenza di lei, Kai avrebbe trovato delle risposte, anche se dolorose, ma
almeno ci sarebbero state.
-Almeno questa volta ha avvisato e non è sparito come al suo
solito-
Disse Hilary al suo amico. Rei annuì
-Si, hai ragione, almeno questa volta mi ha avvertito. Mi ha
fatto consegnare una busta al dojo con dentro quel
biglietto e queste-
Rei tirò fuori un paio di chiavi, presumibilmente le chiavi
dell’appartamento di Kai. Hilary non dovette pensarci
nemmeno più di tanto, afferrò le chiavi decisa e si avviò verso l’interno del
condominio.
-Hilary, ma che…-
-Neko. Vuole che ci prendiamo cura
del gatto-
Rei rimase fermo in strada qualche secondo, prima di reagire.
Non disse niente, semplicemente seguì la ragazza dentro la palazzina fino alla
porta d’ingresso dell’appartamento di Kai. Non sottolineò
il fatto che Hilary avesse detto quel “ci”. Tecnicamente era a lui che Kai aveva affidato il compito di prendersi cura del gatto,
anche se doveva ammettere che proprio non ci aveva pensato a quella piccola palla
di pelo grigia. Ma il cinese sapeva che al blaider
della fenice rossa non avrebbe affatto dato fastidio che Hilary fosse dentro
casa sua in quel momento. Anzi, forse ne sarebbe stato molto felice. E poi,
pensò Rei, quello forse era il momento migliore per porre una domanda che lo
tormentava da tutta la mattina
-Hilary…-
-Si?-
Chiese la ragazza, intenta ad aprire una scatoletta di cibo
per gatti sotto l’attenta vigilanza del gatto, che osservava attentamente i
movimenti di quella strana creatura che teneva in mano il suo cibo.
-C’è una cosa che mi chiedevo… ma questa mattina, per caso, io
e gli altri abbiamo interrotto qualcosa?-
L’unica cosa che si sentì, fu l’inconfondibile rumore della
lattina che sbatteva contro il pavimento della cucina di Kai,
e un miagolio decisamente infastidito nel vedere il proprio cibo sparso per
tutto il pavimento della cucina. Si, decisamente Rei e gli altri avevano
interrotto qualcosa
-Allora, Hilary, ne vogliamo parlare?-
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Pavlov si riteneva una persona di gusti raffinati. Gli piaceva
indossare capi firmati e di alta moda, gli piaceva vestire completi di alta
sartoria e indossare le stoffe più morbide, come la seta. Gli piaceva avere un
aspetto curato e apparire sempre al massimo dello splendore. E, soprattutto,
gli piaceva bere del buon vino. Si riteneva un esperto del settore e dopo anni
di vita da clandestino e di alloggi di fortuna alquanto scadenti, finalmente si
concedeva il lusso che tanto gli era mancato. Dopo il volo da Mosca a Tokyo si
era diretto verso uno degli hotel più costosi che ci fosse in città, l’hotel Ritz, e aveva preso la suite più costosa che ci fosse.
Pagamento in contanti, e aveva ricevuto tutte le attenzioni che desiderava. Il
potere che riusciva ad esercitare il denaro era una delle cose che più lo
facevano impazzire. Era per quello che aveva deciso di diventare un
professionista del crimine. Voleva soldi, li voleva subito e ne voleva tanti. E
quello era stato il modo più veloce in cui era riuscito a farli. Ed ora eccolo
lì, all’ultimo piano dell’albergo, intento a sorseggiare dell’ottimo Dom Pérignon, godendosi la
sensazione del lusso e la vista del tramonto sulla città. Non aveva pensato
neanche per un istante che l’interpol l’avrebbe
trovato. Loro stavano cercando un assassino in fuga che secondo loro si doveva
trovare ancora nel vecchio continente, di certo non potevano nemmeno sospettare
che lui fosse in una lussuosa suite di uno degli alberghi più esclusivi del
mondo. Ed era proprio su questo che Dimitri contava. Più si vuole nascondere
una cosa, più la si deve mettere sotto gli occhi di tutti. Ed era esattamente
ciò che lui stava facendo con se stesso, più la polizia l’avrebbe cercato, più
lui sarebbe stato allo scoperto. Mentre aspettava che il servizio in camera gli
portasse la sua cena, Dimitri non perse di vista il motivo della sua visita
nella capitale del giappone. Aveva un compito da
portare a termine, trovare la Birkof e anche la
chiave. E se c’era una cosa su cui si poteva contare, era che Dimitri Pavlov
portava sempre a termine un compito, non lo lasciava mai a metà.
-È arrivato il momento di finire ciò che ho iniziato quasi
vent’anni fa. E quando avrò finito, nessuno parlerà mai più di “Suprema Essenza”-
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Salve a tutti!
Eccomi finalmente tornata, dopo un bel po’ di silenzio, lo so.
Ma purtroppo questi primi sette mesi dell’anno non sono stati belli, per
niente. Sono mancati molti punti di riferimento, in primis fra tutti la mia
nonna, e devo ammettere che questa cosa mi ha lasciato senza voglia di
scrivere. Per non parlare poi delle mille cose da fare che ci sono state… tra
cui anche la ricerca matta e disperatissima di un lavoro.
Ma ora eccomi qua, tornata con un capitolo che, devo dire, mi
lascia molto soddisfatta. Questa è una parte difficile per me da scrivere,
perché io naturalmente la storia in testa ce l’ho e per me è tutto facile da
capire, e qui metto un sacco di carne sul fuoco. Penso di avere fatto un buon
lavoro e di avere reso nel modo più chiaro possibile il tutto, ma se così non
fosse, non esitate a farmelo notare. Anzi, al contrario. Sono quando gli altri
ci fanno vedere certe cose le possiamo notare, quindi non vi fate scrupoli.
Anche se trovate degli errori o delle ripetizioni, o delle incongruenze,
fatemelo sapere. A volte qualcosa mi sfugge, quindi non vi preoccupate. Dopo
tutto io scrivo per voi che leggere.
Ormai non faccio più promesse su quando aggiornerò, spero
presto comunque. Intanto vi lascio con questo capitolo che è bello lungo.
Infine vorrei dire soprattutto grazie, grazie per la pazienza,
grazie per leggere la mia storia, grazie per metterla tra le preferite e le
ricordate e per recensirla. E soprattutto grazie per l’affetto che mi fate
avere, sempre. Siete stati una bellissima luce in un momento molto buoi, con i
vostri commenti, il vostro sostegno, e anche con delle belle amicizie che sono
nate, e anche se sono solo virtuali non vuol dire che siano meno reali delle
altre. perciò, grazie a tutti quanti.
Ci vediamo presto, un bacione grande grande
Juls