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di Javaadda
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27 agosto

Il mio nome è Noemi Vangelli, ho diciassette anni, e corre l'anno 2014.
Corre perchè il tempo, con me, ha sempre deciso di finir prima.

Ho una vita, che da 5 anni, non è più mia, ma di decisioni altrui. 
Non ho il diritto di scegliere per la persona che sono, devo solo portare a termine un piano, come fosse la ragione che mi tiene in vita. 
Un piano che, mio padre, non è riuscito a compiere.

A soli 13 anni ho imparato a maneggiare una pistola, e a vedere la vendetta come un traguardo.
A soli 13 anni mi hanno insegnato questa vita.

Devo diventare l'antagonista d'un ragazzo, mi han detto.
Consiste in ciò il piano, anzi propriamente consiste nel negare ad un padre, la gioia d'un figlio.
Perchè io ho perso il mio di padre, per questo conflitto.

Provrancore per i Garoti per questo, li odio ormai da ben 5 anni, si.
Ma non al punto d'andare dalla parte del torto, non al punto di diventare tali a loro.

Nonno dice anche che è per un fattore d'onore, che è per mio padre.
Che è la cosa giusta da fare.
Io credo che sia per un fattore d'orgoglio, e che non gli importi più di tanto il resto.

L'orgoglio è predominante, tra queste due famiglie.

Noi dovremmo essere il giusto, ma se fossimo così giusti non staremmo certo a tramare piani d'attacco.
Loro dovrebbero essere sbagliati, ma qua, credo di esserlo anch'io.

Il capo dei Garoti, come dicevo, nel settembre del 2009, ha ucciso il nostro capo, Alessandro.

Era un poliziotto in borghese, seguiva da anni i loro omicidi, ma un giorno divenne il loro colpo grosso.
Era un marito, oltre a quella vita, era un padre, era parte di me.

Alessandro, è il mio vuoto adesso, e l'unica mia ragione di lotta.

Credo che negare un figlio ad un padre, equivalga al mio dolore.
Una volta attuato il piano, ad ogni modo, il vuoto persisterebbe.

Oramai però sono così parte di questa vendetta che non potrei mai uscirne, a così poca distanza dall'attacco, e non dopo tutti quest'anni di preparazione.

Domani inizierà tutto, e quel tutto sarà sulle mie mani.

Mi chiedo se perderò ancor più me stessa, per quella strada.
Se riuscirò mai a trovarmi.
Se è la strada giusta da percorrere, e se troverò qualche briciolo di serenità nel camminarci sopra.

Mi chiedo che forma abbia il viso di quel ragazzo, e se siamo simili seppur con viste differenti.
Legati da macerie, e crolli continui.

Ma più profondamente vorrei chiedere a mio nonno, con quale coraggio si è permesso di immettere sua nipote in questo schifo di vita. 
E quanta forza ci ha messo nel credere che io potessi farcela.

Con più corrompenza chiedo a me stessa, voglio farcela?

Il nome del ragazzo è Lorenzo, trovo assurdo che il paese sia così piccolo da causare problemi, un senso di claustrofobia che ha fatto innamorare mia cugina di lui.

Il suo nome è Lorenzo, e non vorrei conoscere oltre, perché io mi ci perdo nelle persone.
E non so odiarle, solo perdonare ogni gesto, far scivolare le accuse, e giustificare i fatti.

Mi conosco così bene, da farmi paura.

E poi penso a mia cugina, bella e fragile nei suoi capelli mogano e occhi di cioccolato.
E penso se lui, le fa brillare gli occhi. 
Se le fa torcere il corpo dalle risate.
Se le fa incurvare le labbra in sorrisi distratti.
Se lui riesce a farsi amare lo stesso.

Poi penso a mio nonno, dal viso pallido e invecchiato d'un colpo. 
E penso a quanta energia ha sprecato dietro a questa vendetta, quanto tempo perso dietro le persone sbagliate. 
Capisco che anch'io, dopotutto, sono sbagliata per questo ruolo, perché non riesco ad esserne orgogliosa.

Mio padre invece, lo sento depositarmi serenità dall'alto, addolcendomi la posizione delle spalle. 
E penso che, se c'ha speso la vita per questa causa, ne valga forse la pena.

Allora mi dico, che ad ogni modo dovrò farlo, qualsiasi sia il mio volere.
E quindi, gli dico; ad ogni costo, ti renderò onore.





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