Echeggia ancora il pianto tuo
tra i grovigli di mille ricordi e
m’accarezza lieve il freddo viso
per far esperienza d’una lacrima.
Ma di lacrime non son carceriere.
Ardito le nascosi tra il cielo e l’infinito,
ove nessuno potesse impugnarle,
ove tal sciagura fosse il riso di un poeta.
E timido nevica lo stupido rimpianto,
in bianchi fiocchi di dolci parole.
Ma nulla ricopre, non più, o vecchio amor,
da quando di morte mi son cinto il petto. |