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I
Figli di Tanaros - Trailer
Prologo
«Anticamente
i regni erano una terra unica, fertile e incontaminata dalla mano
dell'uomo. Cinquecento anni fa, un gruppo di coloni approdò
sulle coste di quello che oggi è il regno di Crùn.
Fuggivano dalla devastazione della loro terra natale, morte e guerra
avevano consumato la loro patria e, impauriti, avevano scelto di
solcare il mare per colonizzare e trovare la pace.» era la voce
della loro madre, quella nota calda e dolce che aiutava a chiudere
occhio. Adoravano la storia degli antichi, soprattutto quando era
Seraphi a narrarla. «L'antico impero era caduto e ai
sopravvissuti non era restato altro che la speranza in una vita
migliore su Dòchas. I coloni erano capitanati da quattro
nobili, rappresentanti le quattro principali famiglie che, fino a
quel momento, aveva fatto parte del consiglio della corona
dell'antico impero. Dòchas ospitava già da tempo un
piccolo gruppo di donne.»
«Erano
le sacerdotesse, madre?»
«Sì,
mia piccola Soraya, erano le sacerdotesse della dea Àrsaidh,
giunta molti secoli prima della colonizzazione per custodire in
queste terre i mistici segreti della dea, la custode del destino. I
quattro clan lasciarono loro l'isola di Coltas, già da tempo
loro tempio, e, ben presto, colonizzarono questa terra, dividendola
in cinque regioni e quattro regni, Crùn, Logh, Keyll, Talamh e
la regione di Clagh, le miniere dei regni.» Seraphi guardò
sua figlia Soraya negli occhi, accarezzandole i capelli neri. La
piccola di quasi cinque anni non voleva proprio saperne di dormire,
mentre Erik chiudeva ed apriva gli occhietti ogni volta che sentiva
la voce della gemella. «Ad est, oltre le montagne che
dividevano Dòchas, sorsero i regni di Keyll e Logh, la regione
dove risiede la saggezza delle sacerdotesse e dei sacerdoti e dove,
nella baia di Adhar, sorge la famosa e sacra isola di Coltas.»
«Il
regno dove sei nata?» stavolta fu Erik a porre la domanda, con
sguardo assonnato.
Seraphi
gli accarezzo i capelli biondi. «Sì piccolo mio. Poi ad
ovest, fu fondata la regione di Clagh ed i regni di Talamh e Crùn.
I quattro re si suddivisero i regni e Clagh, promettendosi pace e
trasparenza, alleanza e sostegno l'un l'altro. Dòchas non
doveva conoscere carestie o morte, tanto meno battaglie e sangue, ma
molti anni dopo, sul letto di morte, la regina di Logh, Aiyana
Nathair-sgiathach, pronunciò una profezia che ancora oggi
aleggia nell'aria di questa terra.»
«Cosa
dice la profezia, madre?» domandarono all'unisono i due
bambini.
«Quando
il tempo di cinque volte cento giungerà, l'ambizione ed il
potere porteranno la guerra e Dòchas verrà bagnata da
un'onda di sangue e morte. Una regina porterà la guerra,
un'altra porterà la morte, e dal mare antichi nemici
giungeranno per reclamare Dòchas. Quando i re cadranno nuovo
sangue regnerà.»
«Aiyana
era la tua antenata, madre?» Soraya spalancò i grandi
occhi blu, sorridendo alla madre.
Seraphi
le sorrise di rimando, scostandole una ciocca di capelli dalla fronte
e lasciandole un bacio per poi spostarsi e lasciarne uno ad Erik,
ormai mezzo addormentato. «Anche la vostra, piccoli miei.»
con fatica Seraphi si alzò dal letto, reggendosi il pancione
di nove mesi.
«Cosa
significa il tempo di cinque volte cento?»
«Non
lo so, ora dormi, Soraya!»
«Buona
notte, madre.»
«Buona
notte, miei piccoli scorpioni.»
...Tredici
anni dopo...
Sua
madre era morta sul finire della primavera, subito dopo aver dato
alla luce il piccolo Marek. Soraya guardò la statua
raffigurante Seraphi, ricordando quell'ultima volta in cui l'aveva
vista serena e in pace. Era spirata poco dopo il parto, tenendo i
suoi tre figli tra le braccia. Soraya non aveva più pianto da
quella notte, si era fatta forza, rifugiandosi nei ricordi e nelle
favole della sua nutrice, raccontando al fratello Marek chi fosse la
madre e quanto fosse dolce e protettiva. Lei ed Erik si erano presi
in carico l'educazione del giovane, cercando in ogni modo di non
fargli mancare la figura materna.
Dopo
il funerale suo padre, re Markos an Sgairp, sovrano di Crùn,
aveva fatto erigere un piccolo mausoleo nei giardini della Rocca, sul
lato sud, da dove si poteva ammirare la baia di Liath ed il porto.
Era un piccolo gazebo di marmo bianco circolare, con sette colonne,
ognuna a rappresentare una delle dee e, al centro, la statua
raffigurante l'amata regina Seraphi Nathair-sgiathach. Ogni notte il
re faceva accendere le candele ai suoi piedi, talmente tante da
illuminare quell'angolo del giardino e, attorno al gazebo, negli
anni, erano stati piantati gigli bianchi in ricordo della defunta.
Là, circondata dai fiori e gli alberi del giardino, sembrava
una dea.
«Era
così bella» sospirò Soraya, piegando la testa di
lato. Ricordava ancora i lunghi capelli biondi come il grano e gli
occhi blu di Seraphi. Da piccola si soffermava spesso a guardarla
mentre si pettinava o tesseva al telaio. A differenza di molti
matrimoni reali, suo padre l'aveva sposata per amore e non per
politica. Ora la nuova regina, Antee, figlia del re di Talamh, era
stata scelta per riempire un posto vacante e non per amare Markos.
Per sua fortuna, lei aveva sposato l'uomo amato, sebbene quella
scelta l'aveva portata a rompere un fidanzamento politico voluto dal
padre.
«Sapevo
di trovarti qui.»
La
giovane si voltò, osservando la figura massiccia del fratello
farsi avanti con passo pesante. Gli sorrise, riportando lo sguardo
sulla statua. «Sono così prevedibile, Erik?»
«No,
la tua arroganza supera la tua prevedibilità!» esclamò
lui, dandole un colpo con la spalla.
«E
così, la data delle nozze è stata decisa.»
«Quattro
settimane da oggi.» annuì Erik, contraendo i muscoli
della mandibola.
«Nostro
padre vuole vederti sposato prima del tuo diciottesimo compleanno.»
«Nostro,
dimentichi troppo spesso che siamo gemelli.»
«Non
me lo ricordare» sospirò lei, ridendo lievemente. «Ti
sopporto da fin troppo tempo.»
«Ed
io no?» Erik scoppiò a ridere, porgendole un braccio per
condurla verso la Rocca, il palazzo reale. «Io mi sposerò
tra quattro settimane e tu, tra pochi mesi, lascerai Crùn per
diventare regina di Logh.»
«Ti
mancherò, fratello?»
«Ricordi
cosa ci disse nostra madre, prima di morire?»
«Noi
siamo gemelli, due metà della stessa anima.»
«Esattamente.
Possiamo anche separarci, vivere in due regni distanti, ma saremo
sempre l'uno parte dell'altra, in eterno.»
«Ed
io che pensavo non ci fosse niente in quella testa da caprone che ti
ritrovi!»
Erik
rise, spintonandola leggermente. «Vedrai, anche se sentirai la
mancanza di casa nostra, non riuscirai a dimenticarti di tutto
questo» le disse, indicandole la città fuori dalle mura
della Rocca, dal punto alto del giardino potevano ammirarla in tutto
il suo splendore. Il fulcro nevralgico di Crùn, Rìoghachd,
si estendeva lungo il fiume Uisge che la attraversava. Era un insieme
caotico di case e piccoli edifici di pietra, dove i fabbri forgiavano
le armi migliori di tutta Dòchas e venivano addestrati veri e
propri guerrieri. Non solo gli uomini, ma anche le donne apprendevano
l'arte del combattimento, gli abitanti del regno o diventavano
soldati dell'esercito, oppure pescatori o fabbri.
Erik
aveva ragione, ma Soraya temeva di dimenticare il volto della madre,
se si fosse allontanata dal regno e dalla sua casa. Logh era così
lontano, oltre le montagne, a due settimane di marcia, ma questo la
rendeva più vicina alle sue origini e a quelle di sua madre
Seraphi.
Dopo
la sua morte la corona era passata a lei, in quanto unica discendente
della casata e, suo suo zio Calder, fratello minore della madre,
aveva giudiziosamente amministrato le terre di Logh in sua vece, ma
ora il suo diciottesimo compleanno si stava avvicinando e, con esso,
l'incoronazione.
Sovrana
di un regno che conosceva poco, era questo il suo destino. Un fato
che non voleva, ma necessario per evitare che altri avanzassero
diritti su Logh. Diversi nobili da anni avevano posato lo sguardo
sulle vaste terre del regno di sua madre, sui pascoli di pecore,
sulle risaie e sui campi d'orzo e lavanda, ma più di tutto
faceva gola il giacimento d'oro ai piedi della montagna di Òir,
nella miniera ritenuta sacra dai sacerdoti del dio Geamhradh, il
sovrano dei morti e degli inferi. Si diceva che la miniera fosse
l'entrata del suo regno.
Proteggere
Logh dagli sciacalli era il suo compito e doveva esserne la regina
per poter ottemperare a tale incarico. Non poteva lasciare che uomini
vanesi e avidi entrassero nella montagna sacra e rubassero al dio
senza occhi l'oro dei morti, come ormai era stato battezzato.
Mai
disturbare gli dei, diceva sempre Azar, la sua balia, si rischiava
d'incorrere nella loro ira e di vedersi portare via tutto ciò
che si amava.
Pronunce:
Dòchas
– Dochès la H aspirata
Logh
– Logh GH aspirata
Talamh
– Taloch CH aspirata
Keyll
– Chil
Clagh
– Clagh H aspirata
Crùn
– Crun, con la u chiusa
Coltas
– Colter
Adhar
- Aar
Àrsaidh
– Aarsid
Liath
– Lit
Nathair-sgiathach
– Naar-sghiea la TH è quasi assente nella pronuncia di
Nathair, non si sente, la H aspirata
an
Sgairp – en Sgheirp
Rìoghachd
– Riaach CH aspirata
Tuath
- Tua
Uisge
– Osghe O chiusa
Òir
- Or
Geamhradh
– Ghiamrad
Angolo
Autrice:
Questa
storia è la trasposizione originale della mia fan fiction Fire
and Blood, liberamente ispirata a Le Cronache del Ghiaccio e del
Fuoco di George R. R. Martin.
É
la mia prima fantasy, quindi se avete consigli, accorgimenti o
quant'altro, siete i benvenuti.
I
nomi dei luoghi ed i cognomi dei personaggi sono la traduzione in
gaelico scozzese di nomi comuni di cose e animali.
Per
qualsiasi cosa, critiche, accorgimenti, consigli, siete i benvenuti,
non si cresce solo con i complimenti, ma solo grazie a critiche
costruttive e ad una sana conversazione civile.
Avendo aggiunto un nuovo personaggio alla prima versione, sto revisionando i capitoli, aggiungendo e apportando modifiche varie alla trama. Quindi se troverete discrepanze tra un capitolo e l'altro è a causa di tale revisione in corso. Prevedo di riuscire a pubblicare i capitoli revisionati nel giro di una settimana, in caso...abbiate pazienza, a breve arriveranno anche gli altri.
Mappa
Dòchas
Ele.
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