Micro-nota
iniziale:
Le parti in corsivo sono dei
flashback, e sono in ordine cronologico, mentre le parti non in
corsivo si riferiscono al presente.
Buona lettura!
L
e
lacrime cominciano a scorrere sul suo volto quando si rende conto che
il gran mal di testa che l'ha colpita non appena ha aperto gli occhi
è dovuto al post-sbornia: si copre gli occhi con le mani e
si dà
mentalmente della stupida, perché ce l'ha fatta solo per trenta giorni, e, di conseguenza,
ora dovrà ricominciare tutto daccapo. Poi improvvisamente
ricorda di
essersi addormentata in auto, mentre si è risvegliata in un
letto
caldo: il profumo di Alex la circonda e la fa sorridere per un
nanosecondo, finché non sente i suoi passi entrare nella
stanza ed
avvicinarsi al comodino.
"Sono un
fallimento."
sussurra quando lui appoggia un bicchiere sul piano di legno.
"Non lo sei."
"È
la sesta ricaduta in
tre mesi."
"Beh, sei
migliorata: la
prima volta non sei durata più di tre giorni." commenta,
mentre
ripensa a quando l'ha trovata a vomitare l'anima nel giardino del
condominio.
"Mi sei
venuto a
cercare." la donna cambia volutamente argomento.
"Non
tornavi."
"Non è la prima volta."
"Ieri mattina
mi ha
promesso che saresti tornata: volevi tornare, questa è la
differenza."
Il punto è, però, che era ricorsa all'alcool
proprio perché aveva
sentito il bisogno di tornare.
Musica
a volume altissimo, alcol a fiumi e luci piuttosto soffuse e
colorate: questo è il bar "Da Ludovico", aperto e pieno
zeppo quasi tutte le sere.
Al bancone il
proprietario, un
uomo sulla quarantina, ma dai capelli già brizzolati, sta
servendo
una donna mora, sua coetanea: i capelli lisci e sciolti volano a
destra e a sinistra mentre lei scuote la testa e sorride ad una frase
detta dall'uomo seduto di fianco a lei.
"No, non ballo!"
esclama con un tono di voce piuttosto alto a causa della musica.
"Suvvia, ti
divertirai!"
risponde l'altro, avvicinandosi pericolosamente a lei, che si scansa
prontamente.
"Ho detto che non
ballo."
ribatte improvvisamente seria, la voce ferma.
"Fai la preziosa,
vedo...
che ne dici di venire da me in albergo?"
Lei tenta di sorridere
cordiale
mentre gli mette le mani sulle sue spalle, lo spinge ad allontanarsi
di una cinquantina di centimetri e gli riferisce di essere
felicemente fidanzata, ma il suo volto presto si rabbuia.
"Non mi sembri molto
convinta..." osserva l'altro, mentre lei tortura il povero
anello con brillante che porta al collo, appeso ad una catenina
d’argento, e sospira a sentirlo parlare.
"Crisi? Ripensamenti?
Posso
essere un buon scacciapensieri: una notte con me e sarai come nuova!"
a quell'ultima affermazione lei alza un sopracciglio e realizza che
lui non vuole affatto aiutarla, solo approfittarsi di lei e della sua
debolezza, come la maggior parte degli uomini.
"Ripeto: felicemente
fidanzata." sbotta, poi si alza ed attira l’attenzione di
Ludovico per pagare il conto.
"Tutto ok? Ti molesta?"
"No, non ti
preoccupare:
sono solo stanca."
"Vuoi che ti chiami un
taxi?" ribatte lui, gentile, ma lei declina l'offerta scuotendo
la testa.
"No, grazie:
è un bella
serata, vado a piedi." aggiunge, mentre l'altro fa spallucce:
"Perfetto, allora ti faccio il conto."
"Grazie." risponde e,
mentre attende, si concede di dare un'ultima occhiata al suo compagno
di bevute della serata, che era talmente tanto ubriaco quando ha
cominciato a rivolgerle la parola da non accorgersi neppure che ha
bevuto a malapena un sorso della tequila che lui le ha offerto. Era
un tipo simpatico: se si fossero conosciuti fuori da un bar
è sicura
che avrebbero potuto diventare buoni amici.
L'aria autunnale le
rinfresca il
volto non appena mette piede fuori dal locale e la fa rabbrividire
per un attimo: sospira e comincia a camminare in direzione di casa
sua cantando sottovoce una canzone per scacciare la paura di trovare
qualche malintenzionato per strada. Giusto ieri ha incontrato un uomo
che aveva molta voglia di stuprarla, ma fortunatamente per lei era
talmente tanto imbottito di droga che è caduto a terra al
primo
tentativo di difesa della donna: è arrivata all'appartamento
con il
fiatone e si è accorta che stava tremando, ma si
è resa conto anche
del fatto che non avrebbe potuto chiamare nessuno per confortarla un
poco. Oggi, invece, quando arriva trova Lorenzo, il fisioterapista,
che si riempie un bicchiere di birra in cucina:
"Ne vuoi un po'?" le
chiede, alzandolo nella sua direzione.
"No, grazie." ribatte
lei, tentando di sorridere: povero illuso, non sa che lei non
accetterà mai né i drink serali del
mercoledì né le sue avances.
Sono due mesi che tenta di flirtare con lei, comincia anche ad essere
stanca, anche perché questo si somma alla lista di tutto
quello che
sta mettendo a dura prova i suoi nervi negli ultimi tempi.
"Sicura sicura?"
"Certo." ribatte lei,
mentre si riempie un bicchiere d'acqua al lavello: trova una montagna
di piatti da lavare che le sbatte contro ad una mano e sospira,
nessuno le dà una mano neppure su quel fronte.
"Progressi?" chiede
invece, ma il tono di voce non è speranzoso come quello di
qualche
settimana fa.
"I muscoli non si
atrofizzano." beh, questa non era proprio l'informazione che sperava di ricevere, ma se ne accontenta: almeno ha sue notizie. Sta per uscire
dalla stanza, quando una domanda non espressa troppo a lungo esce
involontariamente dalla sua bocca:
"Quante coppie si
separano?"
sussurra.
"Come scusa?" chiede
l'altro, al che lei ripete, senza avvicinarsi o voltarsi verso di
lui:
"Tu tratti persone
paraplegiche da anni: quante coppie resistono alla crisi?"
"Vuoi la
verità, immagino."
ribatte lui, al che lei annuisce e il fisioterapista continua.
"Alcune non vanno in crisi, semplicemente lottano assieme,
trovano un nuovo equilibrio, altri ci mettono anche mesi a
ritrovarlo, altri, però, più o meno il 50%, non
riescono a
trovarlo."
"Si separano."
"Già."
"E tu che dici di noi?"
"Non ne ho idea,
Angela: è
ancora presto." lei sospira e si allontana: in cuor suo sa che
Lorenzo ha dato quella risposta in modo poco convinto, che anche lui
la pensa come lei. Entrambi sanno che manca poco perché la
situazione tra lei ed Alex scoppi. Le lacrime comincino a scorrere
sul suo volto mentre si infila il pigiama, troppo stanca anche per
farsi la doccia, e si fanno più copiose quando affonda la
testa sul
cuscino del suo fidanzato: non controlla neppure che Lorenzo se ne
vada e chiuda a chiave la porta. Ripensa a quel lungo mese trascorso
in ospedale ad aspettare che il suo fidanzato si risvegliasse, si
rivede sdraiata al suo fianco, lotta nuovamente assieme alla madre di
lui con sua sorella, la quale voleva spegnerei macchinari che lo tenevano in vita: lui,
però,
alla fine si era risvegliato, solo che non era più
l'Alex sorridente
e premuroso che aveva avuto la pessima idea di innamorarsi di lei,
quello che non l'aveva abbandonata neppure quando lei lo cacciava via,
quello che la aspettava invano alla stazione quando ritornava dalle
sue missioni da medico dell'esercito, mentre lei si stava ubriacando
in qualche locale: no, il nuovo Alex è scorbutico, ha
allontanato
tutti da lui, Angela in primo luogo. Avevano fatto uno stupido
incidente d'auto una settimana prima del loro matrimonio: stavano
ridendo ad una stupida battuta di lui quando un furgone pieno di
giovani ubriachi li aveva coinvolti in uno scontro frontale. Di
conseguenza, lei si era fratturata il polso ed aveva affrontato
una
brutta commozione cerebrale, mentre lui aveva subito un intervento chirurgico al
cervello ed era rimasto paralizzato dalla vita in
giù: si rivede
stringere la sua mano mentre erano imprigionati in quella maledetta
auto, si rivede a supplicarlo di non lasciarla, e piange ancora
più
forte. Solo che lui dorme nella camera degli ospiti da ormai due
mesi, non può sentirla.
Piange,
piange tutte le lacrime che ha trattenuto nelle ultime settimane,
perché lui ora è qui con lei, dopo mesi e mesi di
lontananza, e ne
è sollevata: ha avuto paura che lui non tornasse, che
rimanesse
ucciso sotto le bombe mentre tentava di salvare delle vite. Non ha
mai pianto, neppure quando lo ha fatto la madre di lui: doveva essere
forte.
Lo sente
alzare le coperte dal
suo lato del letto, percepisce il materasso abbassarsi sotto al suo
peso e poco dopo le su braccia forti la cingono da dietro: lei si
volta, affonda la testa nel suo petto e finalmente si addormenta
sentendosi bene.
La
mattina dopo Angela si sveglia di soprassalto quando il rumore delle
padelle che cadono quasi la assorda: si tira a sedere, chiedendosi se
qualcuno si sia introdotto in casa, ma quando percorre il corridoio e
spunta in cucina trova semplicemente il suo uomo chino a terra a
raccogliere quello che ha fatto cadere. Alex sta per seguire le pentole
cadendo a ruzzoloni, quindi lei decide di accucciarsi sul pavimento
per dargli una mano: rabbrividisce per un attimo quando il suo
braccio da poco uscito da sotto le coperte calde si scontra contro le
piastrelle gelide, e la canottiera dalle maniche a spalline sottili
di certo non è d'aiuto. I pantaloni lunghi a righe del
pigiama sono
ormai bagnati dell'acqua calda che era dentro al pentolino, quando il
suo fidanzato interviene:
"Ce la faccio, torna a
dormire."
"Ti do una mano: non
preoccuparti, non mi scoccia." ribatte lei tranquilla, mentre solleva il viso nella sua direzione accennando un sorriso. Sorriso che si spegne non appena i suoi occhi incrociano l'espressione piena d'odio del fidanzato.
"Vattene." ribatte lui
a denti stretti, al che lei si alza, sbatte il pentolino nell'acquaio
ed esce dalla stanza, stanca di sentirsi trattare come uno zerbino
quando cerca semplicemente di dargli una mano.
Il
rumore di padelle che cadono la sveglia di soprassalto: si tira a
sedere con il fiatone e si guarda attorno, rendendosi conto del fatto
che si trova ancora sul divano, dove si è addormentata ieri
sera
dopo essere tornata a casa alla fine di un turno di trentasei ore
alla centrale. Alex non c'era, era ancora in ospedale, ma ora lo
sente borbottare qualche imprecazione in direzione delle padelle e si
mette a ridere.
"Che fai?"
gli
grida, cercando di rimanere seria, ma fallendo miseramente.
"Ferma
lì, non alzarti:
è una sorpresa."
"Dimmi un
po', la
sorpresa è che vuoi distruggere casa cosicché ci
liberiamo
finalmente di questo appartamento?"
"Potrebbe
essere!"
ribatte lui ridendo. "O forse sono solo appena tornato da un
turno di notte." propone poi, portandola a sorridere: invece che
dormire si sta prendendo cura del loro amore.
Oh, non
merita affatto un uomo
così: l'ha conosciuto quando l'ha difesa da un drogato che
la
stava molestando un anno fa, e da quel momento l'ha sempre aiutata.
È grazie a lui se ha smesso di ubriacarsi da qualche mese,
grazie a
lui che l'ha sostenuta mentre vomitava l'anima, che le ha gridato
che con l'alcol non avrebbe risolto i suoi problemi, che l'ha
accompagnata ad un gruppo di alcolisti anonimi e che le ha impedito
di vivere ancora nella sua automobile, ospitandola a casa sua. Quando
è assente per qualche mese a causa di una missione per
l'esercito
lei si sente un'intrusa lì dentro, le prime volte se ne
è anche
andata, ma la madre di Alex l'ha sempre spinta a ritornare ed
è
andata più volte a trovarla e ad aiutarla. Laura e Joseph
sono ormai
diventati la madre e il padre che lei non ha mai avuto, l'hanno
subito accettata come una figlia, nonostante il suo passato.
Tutto
è cominciato con un
molestatore, ed ora ha una famiglia ed un compagno fantastici: no,
non li merita.
Alcune
ore dopo Alex sta spingendo la sedia a rotelle per il corridoio
quando sente dei singhiozzi strozzati provenire dal bagno: si ferma
davanti alla porta socchiusa ed osserva Angela piangere addossata alla
lavatrice. L'ha sentita spesso singhiozzare negli ultimi mesi, l'ha
vista fin troppe volte con gli occhi rossi, quasi sempre a dire il
vero, ma non ha mai avuto né il coraggio né la
forza di
avvicinarsi.
Questo,
però, non vuol dire che
non gli strazi il cuore sentirla o vederla in quello stato: ci ha
provato, ha provato fin troppe volte a ferirla, ma lei è
sempre
rimasta stoica davanti a lui, ha continuato ad aiutarlo anche quando
lui non voleva, non si è arresa. Eppure tutto quello che lui
vuole è
che si arrenda anche lei, così come a lungo andare hanno
fatto sua
madre, suo padre e sua sorella, vuole che lei trovi un altro uomo,
che sia felice: non vuole pesarle, non vuole che lei alla fine si
guardi indietro e veda tutto ciò che non ha potuto fare a
causa del
suo stupido compagno paraplegico.
"La dovresti piantare
di
piangere per me: non ne vale la pena." sussurra, e subito gira
la carrozzina, ma lei è più veloce e gli
impedisce di andarsene
cominciando a ribattere:
"Non tutto gira
attorno a
te, sai? Potrei anche piangere per me, perché sono
così stupida da
lasciare che quell'idiota continui a provarci con me, solo
perché è
il tuo fisioterapista, perché sono stata talmente tanto
debole ieri
sera da bere la tequila che uno stupido ubriacone mi ha offerto da
Ludovico. Oh, e perché non riesco più a salire su
un'automobile da
mesi. Senza contare che dopodomani mio fratello sarà operato
per
un'ostruzione alla carotide e non mi vuole in sala d'attesa. Sei
l'ultimo dei miei problemi, Alex." conclude, abbassando il tono
di voce mano a mano che si sfoga, poi si alza in piedi, apre del
tutto la porta e lo guarda negli occhi. "In due mesi mi sto
abituando ai tuoi scatti e ad aiutarti anche quando mi urli contro."
conclude, rassegnata, per poi andarsene e lasciarlo in mezzo al
corridoio a bocca aperta.
Solo quella sera,
distesa a letto
mentre legge un libro su cui non riesce a concentrare l'attenzione,
Angela si rende conto del fatto che lo sta lasciando andare: si sta
arrendendo al comportamento scorbutico di Alex, non insiste
più per
spingere la sua sedia a rotelle fino al parco, non lo aiuta
più con
le punture, non passa più le giornate seduta accanto a lui
sul
divano a guardare un film che nessuno dei due guarda davvero, non gli
porta neppure più il telefono e urla perché lui
chiami i suoi
genitori. Probabilmente tra qualche settimana sarà talmente
tanto
stressata da lasciarlo e andarsene di casa, mentre prima
dell'incidente pensava che avrebbero trascorso assieme la loro vita
intera: rigira l'anello tra le mani e decide che non vuole
arrendersi, perché nonostante tutto lo ama ancora e
perché aveva
quasi promesso di stare al suo fianco sia in salute che in malattia.
Sbatte
la padella dentro al lavello, frustrata: per una volta voleva fare
qualcosa di buono, voleva cucinare per lui, voleva semplicemente non
essere di peso, perché, diamine, stanno assieme da quasi due
anni e
lei non ha praticamente mai fatto niente per lui. Le lacrime
cominciano a scendere sul suo volto ed Alex la trova singhiozzante e
con la testa contro al mobiletto che è sopra ai fornelli: si
avvicna
lentamente e le chiede cauto se va tutto bene, sperando che lei non
si volti di scatto con il tipico sguardo inceneritore che utilizza
quando è arrabbiata.
"Ho
riottenuto il mio
posto in polizia." la sente sussurrare in risposta, e un sorriso
spunta automaticamente radioso sul suo volto: Angela ha studiato
tanto per quel concorso, e gli ha tirato talmente tanti cuscini
perché lui la distraeva che ha perso il conto ormai da
qualche mese,
e, di conseguenza, è felicissimo che lei sia riuscita a
riscattarsi
dopo il periodo buio che ha trascorso. Sapeva che ce l'avrebbe fatta
dalla prima volta che ha messo piede in casa sua ed ha borbottato un
grazie dopo essersi fatta una doccia.
"E
perché non saltelli
da tutte le parti, allora?" commenta, ma il suo tentativo di
farla sorridere fallisce miseramente.
"Perché
volevo cucinare
qualcosa per festeggiare, questa sera, ma sono così
imbranata da
bruciare tutto quello che metto sul fuoco!" esclama lei in
risposta, la voce stridula e allo stesso tempo spazientita, e solo
allora lui nota la montagna di padelle che giace bruciacchiata nel
lavabo: ne afferra una e la risciacqua pazientamente, poi si volta
verso Angela, che ora lo sta fissando incuriosita.
"Ti insegno
io, che
dici?"
A quelle
parole un timido
sorriso spunta sul suo volto: "Che io non ti merito: sei troppo
speciale."
"Sono
speciale solo
perché tu sei con me." ribatte lui, avvicinandosi e cingendole la vita, mentre
lei
si asciuga le lacrime: quella frase non l'ha del tutto convinta, ma
le è piaciuto sentirsela dire.
La
sera dopo Angela rientra a casa stanca morta: il direttore l'ha
mandata a dirigere il traffico del centro per l'intera giornata e le
scartoffie che deve compilare entro dopodomani sono rimaste in bella
vista sulla scrivania, pronte per essere prese in mano domani: non
appena infila le ciabatte, però, sente la televisione accesa
e in
sottofondo la voce spazientita di Loredana, l'infermiera del
venerdì,
al che avrebbe solo voglia di ritornare in ufficio e compilare anche
i rapporti e i moduli dei suoi colleghi. Si rimette le scarpe e sta
per infilarsi la giacca, quando le tornano alla mente i pensieri
della sera prima, così si reca in soggiorno:
"Loredana, dici che
potrei
portarlo a fare quattro passi?" esordisce, attirando
l'attenzione di entrambi: la donna le sorride, grata perché
è
ritornata prima del previsto, ed esclama felice che sarebbe un'ottima
idea.
"E se io non volessi?"
borbotta a quel punto Alex.
"Ti porto lo stesso."
ribatte lei con noncuranza, avvicinandosi e cominciando a mettergli il cappotto: lui
si dimena, ma lei è ormai diventata più forte di
lui, quindi dopo
cinque minuti buoni di lotta, la spunta.
Sono in corridoio
quando lui
blocca la sedia a rotelle chiudendo le mani sulle ruote: Angela quasi
cade a causa della fermata inaspettata, ma si limita a sospirare.
Quando lui blocca la porta, però, lei sbotta:
"Ma si può
sapere che cazzo
di problema hai?!"
"Non voglio uscire."
ribatte lui, secco.
"Non è solo
questo,
diamine! Mi urli sempre contro, ogni volta che provo solo ad
aiutarti: ma lo sai quanti lividi ho a causa tua?!"
"Allora vattene!" urla
Alex in risposta, facendola ammutolire. Lo fissa nei suoi occhi color
smeraldo, delusa, mentre capisce il perché di tutto quello
che lui
ha fatto negli ultimi due mesi.
Sospira, poi risponde
con un tono
di voce tornato normale. "Tu non te ne sei andato neppure quando
io ti urlavo contro, ubriaca marcia, tu non ti sei mai arreso:
perché
dovrei farlo io?"
"Perché non
posso più fare
niente: non sono autosufficiente in niente, non potrò
più neppure
salvare delle vite."
"Puoi fare tutto se
decidi
di volerlo."
"Non ti merito, sai?"
"Anche io una volta
dicevo
lo stesso."
"La
odio!"
"Chi
odi? Mia sorella o
mia madre?!" stanno ritornando a casa in auto dopo una
braciolata a cui ha partecipato la maggior parte dei parenti di Alex,
e lui sta cercando di tirarle su il morale, ma lei continua
imperterrita il suo monologo, senza ascoltare la sua pessima battuta.
"Mi
chiede se voglio
bere, poi esclama il suo sfacciatissimo: 'Ah, già, che tu
sei una ex
alcolizzata!'" borbotta, imitando il tono di voce della sorella
del suo ragazzo: "Non serve che me lo rinfacci ogni volta,
diamine! Lo so che non approva il fatto che io ti stia 'rovinando',
ma sono sobria da tre anni, TRE cazzo! Ed ho il mio cazzo di
stipendio per il mio cazzo di lavoro; e sì, forse mi hai
mantenuta
per qualche mese, ma ora ti sto restituendo tutto, TUTTO!"
Lui
ride tra sé e la lascia
sfogare: le parole che utilizza sono sempre le stesse, ma oggi lui ha
intenzione di prenderla in contropiede: "Dovrà farci
l'abitudine, visto che ho intenzione di sposarti." ribatte
tranquillo, sperando solo di non farla fuggire a gambe levate, mentre
lei si ammutolisce di colpo.
"Che
hai detto?"
sussurra poco dopo.
"Hai
sentito."
"E se ti dicessi di no?"
"Ti
lascerei all'angolo della strada e ti rincorrerei con un coltello
fino al tuo sì."
"Con la forza: mi piace! Comunque non
servirà, perché io voglio sposarti." a quella
risposta lui
frena di colpo, facendo suonare qualche clacson di conseguenza, poi
accosta e si volta, incrociando i suoi occhi color cenere:
"Dici
davvero?"
"Tecnicamente
non mi hai
neppure fatto una proposta decente, ma io dico di sì lo
stesso. E
non voglio un ane-" si blocca quando lui posa la mano destra
nella sua ed un piccolo oggetto rotondo si scontra contro il suo
palmo: lui sa meglio di lei che, anche se non lo dà a vedere
apertamente, ama quei piccoli gesti romantici, 'da coppie smielate'.
"Ti
amo." sussurra:
ci è voluto tempo, ma alla fine ha avuto il coraggio di
pronunciare
quelle due parole che ha pensato per tanti anni, quelle parole che la
dichiarano apertamente una donna innamorata con una
stramaledettissima paura che il loro amore fallisca. Dalla donna
indipendente che non accettava alcun aiuto si è trasformata
piano
piano nella Angela 'persona comune' che è ora.
"Ti
amo anche io."
ribatte lui, che, a differenza sua, quelle parole le ha pronunciate
tante volte: ogni volta, però, il cuore di Angela,
emozionato, perde
un battito.
Venerdì
alla fine riesce a portarlo a passeggiare, ed il silenzio regna sovrano per il
resto della serata. Il giorno dopo, però, quando lei
è seduta sul
divano con il volto tra le mani e il cellulare sul tavolino, con lo schermo ricolto verso l'alto, a pochi
centimetri da lei, lui si avvicina lentamente e posa una mano sul suo
ginocchio: lei alza la testa ed incrocia il suo sorriso confortante,
quello stesso sorriso che non vedeva ormai da troppo tempo, quel
sorriso che l'ha fatta innamorare di lui, e lì capisce che
ce la
faranno a riemergere dal baratro.
I don't care
if it hurts
I want to have control
I want a perfect body
I want a perfect soul
I want you to notice
When I'm not around
You're so fuckin' special
But I'm
creep, I'm a weirdo
(Creep-Radiohead)
Angoletto
di Hope-barra-Gio:
Questa storia è nata di getto: è un po' triste ed
ha delle situazioni che si ripetono nel corso della narrazione; spero
non sia risultata noiosa...
E ricordate... una recensione è gratis, ed ha un'unica
controindicazione: fa sorridere incontrollabilmente chi la riceve :)
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