Sunset

di Kurrin Bright
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I raggi delicati del sole si riposavano sul villaggio dei Maghi Neri, il silenzio regnava pacificamente ovunque.
Il suo dominio fu disturbato solo all’arrivo di passi goffi e lenti. Il mago era solito inciampare più volte o a fermarsi per sistemare il suo bizzarro cappello di paglia per poi riprendere il cammino, ma quella volta i suoi passi erano più continui e moderati del normale, non amava andare di fretta.
Il villaggio aveva la sua ricorrente atmosfera vivace grazie ai tanti maghi e ai tanti Jenoma che lo abitavano, eppure a lui sembrava più spenta e malinconica del solito. Dopo essersi fermato sulla collina dove giaceva il “letto” del numero 36, si fermò alzando i vispi occhietti giallognoli al cielo.
Percepiva il suo cuore pulsare forte, nonostante non fosse sicuro completamente di possederlo. In un primo momento, si illuse credendo che fosse l’emozione per il paesaggio e i ricordi che manifestava, ma ascoltando ancora più attentamente, capì che quel momento era giunto.
Il pulsare rallentò improvvisamente.
Osservò sempre più intensamente il firmamento, dove il sole incandescente spariva nell’orizzonte, una palla di fuoco che pian piano si spegneva con la sua luce e il suo calore. Si sentiva esattamente come il sole, un sole sorto coperto da nubi colme di dubbi e timore, le quali lentamente si dissipavano permettendo ai raggi di raggiungere la terra. In quel momento, quell’astro dentro il mago era pronto a scomparire, a cedere la sua luce al nulla.

«Ma s-se il s-sole risorge d-dopo il t-tramonto, a-allora…»

Non poteva incurvare all’insù le labbra come i diversi amici che egli aveva incontrato; inoltre, l’idea di dover compiere lo stesso sonno del sole lo aveva sempre terrorizzato. Eppure riuscì a essere felice, seppur immerso nella paura.
Gidan e gli altri avevano insegnato tanto al piccolo mago, il quale in quel poco tempo a lui restante attraversò i suoi ricordi ottenuti insieme al ladro gentile, alla giovane regina, al prode cavaliere, alla taciturna dragonessa, all’ingorda cuoca, alla bambina solitaria e all’orgoglioso uomo salamandra.
Tra questi discernimenti, si ricordò di non essere solo, così sorrise senza incurvare le labbra, senza la paura di tramontare.

E la notte scese.




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