Voce di un
grido silenzioso
“Il terzo incomodo!
Che pena, per un uomo intelligente, sentire che si sta facendo quella
parte orribile e non riuscire ad alzarsi e andar via!”
La certosa di Parma, Stendhal.
Non appena lo vide in
giardino, Zessica non poté fare a meno di sorridere.
Non poté
persino fare a meno di dirigersi verso Amata.
Per provare a
stargli vicino, per “scambiare quattro
chiacchiere”, per vederlo arrossire sotto le sue
provocazioni...
Stava per compiere il
primo passo – non erano poi tanti
– per colmare quella distanza fisica, ma non si mosse,
lasciando che quel sorriso sincero le morisse sul viso, subito oscurato
dalla vista di Mikono accanto a lui.
Sapeva che la ragazza
ci avrebbe pensato due volte, a differenza sua,
ad avvicinarsi al giovane, troppo timida per agire rapida, ma non aveva
immaginato che sarebbe stato Amata stesso a dirigersi verso di lei.
L'ampio sorriso sul
viso di Amata spiazzò Zessica,
raggelandola.
Non le aveva
mai sorriso così.
Non le
avrebbe mai sorriso così, pensò.
Voleva urlare, ma la
voce non si udì.
Zessica si rifiutava
di lasciare che il suo cuore parlasse per lei;
nessun suono uscì dalla sua bocca e mai avrebbe proferito
parola senza che la ragione le impedisse di mostrare quanto fosse
stupida ai suoi stessi occhi.
Si strinse tra le
braccia, immaginando il calore di una stretta che
sapeva non avrebbe mai ricevuto.
Il calore che
Mikono riceveva ogni istante, anche solo
incontrando lo sguardo di Amata.
Il calore che
dalla vista – da quelle occhiate
così intense – si propagava agli altri sensi,
penetrando in tutto il corpo, fino a raggiungere ogni profondo recesso
dell'animo, dimorandovi, in modo totalizzante.
L'animo di
una persona che ama, ricambiata.
Chiuse per un attimo
gli occhi, mentre quell'immagine lieta –
tanto effimera quanto inattesa da farle sfuggire un sospiro sognante
– che la sua mente aveva ideato si dissolse come una bolla di
sapone l'attimo successivo, per lasciar posto alla realtà.
La
realtà – così crudele,
così triste – che non riusciva ad accettare, per
quanto fosse palese e fin troppo chiara.
L'amara
realtà che continuava a ossessionarla,
lasciandola andare alla deriva verso una disperata speranza di un
qualcosa che non accadrà mai.
La disperata
speranza che l'aveva resa così
fragile, come mai avrebbe creduto di essere.
Ridevano, Amata e
Mikono, mentre parevano non curarsi di altro al di
fuori dell'altra persona.
L'altra
persona a cui hanno dato mente e cuore.
Zessica
conficcò invece le unghie nella sua stessa carne, la
rabbia che montava, il desiderio di sfogarsi a lungo latente.
Distogliendo lo
sguardo da quella scena disgustosa
si incamminò sul lato opposto, inghiottendo l'aroma
amarognolo delle lacrime che volevano uscire, ancora trattenute.
Era la voce che aveva
sempre taciuto, la voce che non era stata
più repressa al silenzio.
Era la voce che per
mezzo di quel grido silenzioso si era finalmente
fatta ascoltare dalla stessa Zessica.
Quella voce le stava
dicendo di rompere il silenzio con se stessa.
Di
distruggere le fondamenta di quel castello in aria che
aveva definito come amore.
[444 parole]
Angolino
autrice.
Salve... non so cosa dire, a dire il vero... *si gratta la testa*
Innanzitutto dico che questa storia, seppur in ritardo, ha usato uno
dei prompt dell'iniziativa di Torre
di Carta e poi dico anche che...
Non so se la storia è un OOC colossale (nel caso ditemelo
che provvedo a mettere l'avvertimento), ma si è
pressoché scritta da sola, e non senza una certa punta di
immedesimazione. *stende un telone pietoso*
Spero che possa piacervi, critiche e suggerimenti sono sempre ben
accetti, come spero la mia presenza in questa sezione.
Grazie per l'attenzione,
Barbara
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