La Casa

di polymerase3
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E’ stato un autunno caldo e l’inverno, almeno nella sua prima piega, si presenta mite.

Molti se ne rallegrano, alzano il viso verso un sole che non dovrebbe più riscaldare. Io no.

Non tollero le eccezioni. L’estate è calda, perché deve esserlo. L’inverno non è mite, non può.

Le cose sono diverse perché tu le vedi così. Forse sono io ad essere caldo quando desidero il freddo. Non lo so. Non lo capisco. Come non comprendo me, quello che vorrei essere e invece non sono.

 

Pausa

 

 

Cado a terra ed il tappeto svanisce.

I sensori brulicano, elettrizzando la superficie che copro. Particelle artificiali che frizzano, si trasformano e trasformano. Sono confuso.

Le piastrelle sfumano, si forma una fredda lastra metallica.

La gabbia.

E’ tutto finito.

Una grata in ferro si innalza a ritmo cadenzato, delimita un perimetro preciso che avvolge il mio corpo disteso e tremante.

Sensori aerei tessono il tendaggio color porpora.

Voce registrata: 3…2…1 STOP.

 

Indietro

 

 

Hai diritto ad un bagaglio a mano e quindici minuti di tempo, il resto lo fanno loro.

Non è poi così male, o forse passa troppo in fretta, considerando che è il giorno che aspetti per tutta la vita. La vigilia dei 18 anni, l’inizio del Recupero.

Il bagaglio a mano è pronto, semivuoto. Non so esattamente cosa portare, cosa mi servirà in un posto del genere? Ancora una volta, faranno tutto loro.





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