Hey
Angel...
Harry Syles
inforcava la sua bicicletta
tutte le mattine per scorrazzare tra le strade trafficate di
Brooklyn. Quando il suo caposezione aveva provato a fargli cambiare
area, lui si era gentilmente impuntato per poter continuare a
gironzolare per quello che lui riteneva uno dei quartieri
più belli
e magici di tutto il mondo. L'aveva cercato a lungo ed era finalmente
riuscito a trovarlo. Il fatto che poi dovesse consegnare anche la
posta, non faceva che aumentare il divertimento.
La decisione di
trasferirsi a NewYork
si era fatta strada dentro di lui in una di quelle notti dove ti
siedi al chiaro di luna, non importa bene dove, l'essenziale
è che
sia anche solo uno spicchio di satellite a farti da consigliere. E
lì
aveva deciso: la Grande Mela sarebbe stata la sua casa e niente e
nessuno l'avrebbero potuto fermare. Così, una volta finiti
gli studi
e guadagnato abbastanza per comprarsi il biglietto aereo, aveva fatto
i bagagli, salutato la sua famiglia, detto arrivederci ai suoi amici
ed era partito. Il lavoro come postino era capitato tra le sue mani
solo una settimana dopo il suo arrivo nel sottotetto di uno degli
edifici vicino al MoMa. Era entrato per far colazione in uno dei
millemila caffè di cui New York sembrava essere sempre
provvista e
la sua attenzione si era catalizzata immediatamente sul foglietto
appeso vicino alla cassa, mentre pagava per il suo frappuccino. Aveva
le mani piene di oggetti, dato che stava cercando di non far cadere a
terra né il suo taccuino in pelle marrone, né il
telefono con cui
stava mandando la foto che si era scattato il giorno prima al
CentralPerk (il famoso bar di Friends) all'invasata di sua sorella
Gemma, né il portafoglio con cui doveva pagare. Fu per
questo, o per
la sua irresistibile faccia concentrata, con tanto di rughetta in
mezzo alla fronte, che la cameriera si offrì di dargli una
mano e
gli disse non solo di prendere in numero ma di chiamare dicendo il
suo nome, perché il caposezione di quell'ufficio postale era
un suo
amico. Nell'arco di due giorni era all'asta che la polizia di NewYork
faceva ogni martedì pomeriggio per comprarsi una bicicletta
e
cominciare a lavorare.
Il fatto che gli
fosse stata affidata
la zona di Brooklyn era avvenuto un po' per caso, più che
altro
perché nessuno dei suoi colleghi si voleva svegliare
così presto
per fare una semplice zona residenziale doveva solitamente avevi una
sola lettera per casa da consegnare ed erano per lo più
bollette ed
avvisi di pagamenti di carte di credito. Ben presto, però,
Harrry
aveva scoperto che c'era ben altro.
Non c'era
voluto, molto, infatti perché
tutte le signore dai sessanta in su che abitavano nella zona
residenziale lo aspettassero alla porta per scambiarci qualche
chiacchiera e per ammirare il suo irresistibile sorriso contornato da
fossette. E nemmeno perché qualche ragazzina si svegliasse
presto
anche il sabato mattina per vederlo arrivare di corsa, fasciato nel
suo paio di skinny jeans neri, con i capelli lunghi al vento, per
consegnare loro la bolletta del gas.
Adorava i viali
alberati costeggiati di
tante villette a schiera tutte uguali eppure tutte diverse, dove vi
scorgeva il passare delle stagioni, il susseguirsi delle
festività,
i cambiamenti nelle vite dei proprietari: un ottimo modo per scoprire
un'infinità di storie senza chiedere a nessuno di
raccontargliele.
Era sempre stato una persona molto intuitiva e gli bastava poco per
capire chi aveva di fronte e dopo due anni di lavoro come postino,
alla veneranda età di ventuno anni, Harry poteva dichiararsi
un
raconteur.
Le vite delle persone che incontrava e gli eventi scanditi dalle loro
lettere si trasformavano in versi e parole in musica che qualche
volta finivano per essere cantati anche da qualche personaggio da
video clip. Era un autore di testi musicali abbastanza conosciuto nel
giro ma non gli era passata per la testa neanche per un secondo
l'idea di abbandonare il suo lavoro da postino perché per
lui la
sensazione del vento sulla faccia, i muscoli che si muovono per
portare una novella a qualcuno, le loro espressioni al suo arrivo non
avevano prezzo.
Quella
mattina erano le sei in punto quando la sveglia suonò e gli
ci
vollero i soliti cinque minuti per ricordarsi di essere al mondo,
altri quindici per lavarsi e vestirsi, addirittura due per comprare
il solito muffin ai frutti di bosco nel chioschetto sotto casa ed
otto per prendere la metro ed arrivare dentro alla sede delle poste,
salutando Ben, il suo caposezione. Salutò Betty, una signora
di
circa cinquantanni, ma quelli d'un tempo, che si occupava dello
smistamento della posta oltre che di voler un bene dell'anima a
Harry, e raccolse le sue due borse piene di lettere. Le issò
ai lati
del portapacchi della sua bicicletta rossa e si immerse nell'aria
fredda di metà Novembre. Halloween era passato
già da un pezzo, ma
qualche bambino di ostinava a lasciare delle terrificanti zucche
intagliate alle finestre, facendolo sorridere, nonostante l'aria da
neve che lo circondava, gli stesse congelando le guance.
Cominciò il
suo solito giro di consegne, fino a quando non gli capitò
tra le
mani una lettera con un indirizzo nuovo. Aveva notato qualche
movimento al numero 223 della 5th
Avenue nelle ultime mattine, camion che andavano e venivano, gente
che trasportava mobili e grossi scatoloni, ma in quella parte della
città era normale che ci fossero traslochi: non tutti erano
adatti
per vivere a New York ma al contempo era pieno di gente che voleva
darsi una possibilità in quella città
assurdamente viva. D'altra
parte, l'aveva fatto lui stesso appena gli si era presentata
l'occasione. Scesa dalla bicicletta, mise il cavalletto e si
rigirò
la busta tra le mani.
Non era solito farsi così spudoratamente gli affari degli
altri, ma
quella busta aveva qualcosa di particolare: la carta era di ottima
filigrana, candida ed il francobollo era niente di meno che francese.
Harry non poté trattenersi dal guardare il mittente e vide
che era
un ragazzo -o un uomo- di nome Antoine Del Sarte. Abitava al numero 5
di Rue de Passy, Parigi. Per poco non gli cadde la lettera dalle
mani, perché lui a Parigi c'aveva sempre voluto andare e si
era
detto che prima o poi, magari quando avrebbe trovato la donna giusta
per lui, avrebbe fatto come tutte quelle coppiette sdolcinate e
sarebbe andato nella capitale francese con lei, ma non l'avrebbe
portata solo sulla Tour Eiffel, le avrebbe fatto fare un ritratto a
Montmartre, per poi andare a visitare nella Ile de la Cité
la Sainte
Chapelle, mentre i raggi di un caldo sole al tramonto si sarebbero
riflessi in mille colori sulla sua pelle e lui... Lui doveva
svegliarsi e smetterla di fantasticare, altrimenti non avrebbe mai
finito tutto il giro. Infilò la busta nella cassetta della
posta e
la osservò per un secondo: era di ferro battuto, argentata e
con due
ali in ceramica bianca applicate sopra. Molto romantica se doveva
essere sincero. Scosse la testa, giungendo alla conclusione che si
stava davvero fottendo il cervello guardando tutti i film
strappalacrime che sua sorella continuava a suggerirgli per trovare
ispirazione.
Inforcò la bicicletta e ripresa la sua strada,
perché due porte più
in là, la signora Gonzales lo stava già
aspettando sulla soglia,
con la sua solita vestaglia arancione e i bigodini in testa.
֎֎֎
Erano passati circa dieci giorni da quando Harry aveva consegnato
quella busta arrivata da Parigi e quella mattina, mentre una leggera
neve cominciava a cadere, una nuova lettera proveniente dallo stesso
mittente era finita nelle sue mani. Si fermò davanti alla
cassetta
delle lettera argentata e controllò che la busta fosse ben
sigillata: se c'era una cosa che proprio non sopportava era il
pensiero che qualcuno potesse pensare che la sua posta fosse stata
aperta da qualche sconosciuto. Gli sembrava semplicemente orribile.
Fu in quel momento che Harry notò il nome del destinatario.
Era
strano che non ci avesse fatto caso la prima volta, dato che era
scritto con una calligrafia ordinata ed elegante giusto sopra
l'indirizzo, ma era sicuro che non se lo sarebbe più
dimenticato.
Angel. Angel Williams. Gli suonava tanto come il nome di una
principessa. Okay, doveva decisamente piantarla con i film
consigliati da Gemma e pure con i libri che gli suggeriva Betty. Si
rese conto di essere letteralmente circondato da donne e decise che
quella sera avrebbe raggiunto i ragazzi del lavoro per la partita di
calcetto al parco e la consueta birra nel pub all'angolo
perché
forse era il caso di risvegliare un attimo la sua parte più
virile.
Infilò la busta nella cassetta di Angel e si diresse dalla
signora
Gonzales: se era fortunato, gli aveva preparato anche un bicchiere di
caffè da bere al volo.
֎֎֎
Quella
mattina diluviava. E la pioggia in combinazione con il ghiaccio,
dovuto alla bufera di neve che aveva investito New York negli ultimi
cinque giorni e alle temperature rigidissime della notte appena
passata, rendevano le strade un campo minato: se non morivi per un
qualche volo colossale, rischiavi comunque di essere investito da
qualche macchina che andava fuori carreggiata. Una roulette russa,
praticamente. Ben stava valutando se sospendere il servizio, almeno
fino a quando le strade non fossero state praticabili, ma Harry a
lavoro c'era andato lo stesso, nonostante avesse rischiato di morire
quelle quattro volte nel solo tragitto tra l'uscita della metro e la
porta dell'ufficio. Doveva comunque andare a Manhattan nel pomeriggio
per un incontro con un paio di dirigenti di una delle case
discografiche con cui collaborava, quindi tanto valeva uscire subito
di casa. Betty lo salutò con un sorriso accogliente che lo
riscaldò
immediatamente e gli pizzicò il sedere come era solita fare
quando
aveva una buona giornata: lei era l'unica donna al di sopra dei
sessant'anni che al posto di essere preoccupata per eventuali
infortuni dovuti alla neve, non vedeva l'ora che ne scendesse
abbastanza per fare i pupazzi di neve con i suoi nipotini. Un
portento.
-Allora Betty, che cos'hai oggi per me?
-Una nuova lettera dalla Francia...
-Davvero? Sembra che quei due abbiano un sacco di cose da dirsi.
-E sembra anche che tu abbia già qualche idea su come usare
questa
storia, vero ricciolino??
Harry le sorrise malizioso, perché sì, era vero:
nell'ultima
settimana aveva pensato parecchio ad Angel e Antoine. Avevano dei
nomi troppo belli e dal suono decisamente troppo armonioso per avere
una storia banale da raccontare. Così aveva immaginato cosa
potessero scriversi in quelle lettere che sembravano sempre molto
lunghe ed alcuni versi avevano cominciato ad imbrattare una nuova
pagina del suo taccuino. Sperava quasi che il nuovo cantante per cui
doveva scrivere fosse una ragazza e che avesse bisogno di una canzone
d'amore, perché sentiva di essere pronto per scriverne una
degna di
entrare nella storia.
-Ehi Styles!!
Ben
lo richiamò al suo dovere e gli comunicò che
poteva effettuare
tranquillamente il suo giro, dato che le strade in quella zona della
città erano appena state pulite. Harry prese le sue lettere
e partì
alla volta di 5th
Avenue.
A Ben potevano anche aver detto che le strade erano state sistemate,
ma Harry rischiò comunque la vita almeno altre cinque volte,
compresa una pericolosissima mentre frenava di fronte al numero 223,
finendo rovinosamente a terra. Si alzò a fatica,
districandosi dalla
bicicletta e da tutte le lettere che erano fuoriuscite dalle sacche:
si stavano inzuppando con la neve che si era accumulata sul
marciapiede e su cui lui si era appena schiantato. Le raccolse il
più
in fretta possibile, ma la busta di quella di Antoine si era
addirittura strappata a metà, lasciando che il contenuto
uscisse.
Non lo fece apposta. Stava davvero cercando di rimettere la lettera
dentro quel restava della busta, ma questa gli si aprì in
mano e gli
mostrò tutto il suo contenuto. La calligrafia ordinata ed
elegante,
vergata quasi sicuramente con una stilografica costosissima, si
stendeva lungo tutto il foglio di carta spessa e sembrava tracciata
con una cura quasi maniacale. Nulla a che vedere con l'impeto d'amore
che Harry si era immaginato scorresse tra di loro. Scacciò
un ciuffo
ribelle che gli era scivolato davanti agli occhi e soffiò
fuori un
respiro caldo che diventò immediatamente una piccola
nuvoletta di
fumo bianco: avrebbe ricominciato a nevicare a breve. Diede una
rapida occhiata alla finestra del numero 223 e quando non vi scorse
nessuno, si mise a leggere: non era stato lui ad aprire quella busta,
quindi non aveva senso sentirsi in colpa.
30 Novembre 2015
Così
non può funzionare A.
Io
non so cosa tu ti sia messa in testa, ma non mi interessa nemmeno ad
essere
sincero.
Se
c'è una cosa di cui però sono certo è
che tu devi uscire dalla mia
vita.
Non
chiamarmi più, non mandarmi più messaggi, ma
soprattutto
non
scrivermi più lettere.
Io
mi sposo tra un mese: lo vuoi capire?!
Non
mi interessa se tu sei partita per raggiungere l'altra parte
dell'oceano
solo
perché io me ne ero andato per primo: tu hai gettato la
spugna ed
ora
non
puoi venire a piangere da me. Ero disposto a darti un posto nella
sede
della
mia azienda che c'è qui a Parigi e saremmo potuti stare
assieme lo
stesso...
Ma tu no! Dovevi essere la sola ed unica! A. quando lo capirai
che
non troverai mai nessuno che vorrà metterti al primo posto?
Tu sei
carina,
intelligente, persino sensuale alle volte e gli uomini hanno bisogno
che
una come te si prenda cura di loro... Ma non ti sposeranno mai.
Potevi
avere tutto se solo avessi accettato di stare al tuo posto e
rispettare
i patti. Non hai voluto, quindi per me finisce qui.
Ribadisco:
non telefonarmi, non mandarmi messaggi e NON
SCRIVERMI
LETTERE!
Addio
A.
E'
stato bello finché è durato.
Antoine
Del Sarte
Non riusciva a crederci. Quel tipo non poteva davvero averle scritto
una cosa del genere. Forse, dal momento che era cresciuto circondato
praticamente solo da donne, aveva imparato a rispettarle e adorarle
più del normale, ma ciò che quell'essere aveva
scritto nella
lettera rasentava l'insulto alla razza umana. Non l'aveva nemmeno mai
chiamata per nome. Come se la sua futura moglie potesse capire chi
fosse l'amante dalla lettera, quando sulla busta era riportato nome,
cognome ed indirizzo per esteso. Era pure un coglione quel tipo,
diamine.
L'istinto di accartocciare quell'abominio di lettera e gettarla nel
primo cestino a portata di lancio gli stava davvero solleticando la
testa, ma non poteva. Quella non era la sua vita. Non avrebbe dovuto
nemmeno leggere il contenuto di quella busta, figurarsi decidere di
gettarla via. Forse Angel si aspettava già una missiva del
genere e
quella sarebbe stata l'ultima parola del capitolo Antoine-Coglione,
per poi girare pagina. Lui non lo poteva sapere, ma soprattutto non
era un suo diritto scoprirlo.
A malincuore mise la lettera nella cassetta argentata e quasi si
scusò con le piccole ali in ceramica per quello che stava
facendo:
se avesse potuto, si sarebbe scusato direttamente con la loro
proprietaria per il dolore che le avrebbe inferto.
La sua voglia di scrivere una canzone d'amore era improvvisamente
sparita e mentre cercava di raggiungere la porta della signora
Gonzales senza schiantarsi di nuovo a terra, si chiese come fosse
possibile che qualcuno di nome Angel soffrisse per amore.
֎֎֎
La verità
era che il Natale lo
metteva estremamente di buon umore. E il fatto che le strade fossero
tornate alla loro normale percorribilità, permetteva ad
Harry di
sopportare anche il freddo pungente che gli sferzava ogni mattina il
viso. Quell'anno, finalmente, sarebbe stata la sua famiglia a
raggiungerlo nella Grande Mela per trascorrere le festività
assieme
ed il pensiero di poter riabbracciare sua madre, sua sorella e Robin
dopo un intero anno lo faceva sorridere automaticamente.
Perché
Harry era così: trovava la bellezza nell'aria profumata di
cannella
che usciva dai caffè, nei fiocchi di neve che scendevano
lenti alla
luce calda dei lampioni all'angolo tra la Broadway e la Fifth Avenue,
i colori a dir poco caleidoscopici di Rockfeller Plaza. Il Natale lo
rendeva estremamente felice e lo era anche quella mattina, mentre
prendeva i pacchetti di posta dalla scrivania di Betty, per infilarli
dentro le sacche.
Fu allora che gli
cadde l'occhio
sulla lettera in cima alla pila. Non poteva crederci. Un
“RIMANDARE
AL MITTENTE” spiccava in rosso sul nome del destinatario, che
era
il nome dell'ultima persona che Harry avrebbe mai voluto leggere:
Antoine. Non l'aveva nemmeno letta e gliel'aveva rispedita indietro.
Un moto di stizza, ben poco nella sua indole, lo spinse a gettare le
lettere dentro la borsa, senza nemmeno guardare se l'ordine fosse
corretto: c'avrebbe messo un secolo per consegnarle tutte ora.
Inforcò la bicicletta ed arrivò senza nemmeno
accorgersene di
fronte al 223, rendendosi conti di aver con ogni probabilità
saltato
qualche casa, e si fermò per riprendere fiato.
Perché aveva così
tanta fretta di consegnare quella lettera? E soprattutto:
perché si
sentiva così arrabbiato? Non sapeva nulla di quella ragazza:
chi
fosse, cosa avesse passato, che relazione ci fosse tra lei e quel
tipo francese, eppure... Eppure non si capacitava di come qualcuno
potesse chiudere i ponti con una persona senza nemmeno leggere che
cosa questa avesse da dire. Tutti meritavano almeno una
possibilità
di spiegarsi, questo Harry l'aveva imparato a sue spese. Una volta,
quando mancavano ormai pochi mesi al suo diciassettesimo compleanno,
aveva cominciato a frequentarsi con una donna di circa quattordici
anni più grande di lui. Era un semplice flirt, di quelli che
ti
fanno scoprire cosa di piace davvero e che ti fanno sentire vivo ed
importante con un nonnulla. Ed era andato tutto bene, finché
la voce
non si era sparsa e la storia che andavano raccontando non era altro
che un insieme di luoghi comuni, di accuse infondate e di bigotteria.
Lei era stata costretta a cambiare città, non ufficialmente
certo,
ma gli sguardi e le parole della gente quando camminava per strada
erano stati peggio di una condanna a morte. Nessuno le aveva mai dato
la possibilità di spiegarsi. A nessuno era mai importato che
fosse
stato lui ad avvicinarsi per primo e a trascinarla in quella innocua
storiella. Era in quel momento che aveva imparato come le persone si
arrogassero il diritto di sparare sentenze e giudizi senza
minimamente sapere di che cosa stessero parlando e che a nessuno
interessa la verità. Ma a lui sì, la
verità di una storia è
quello che ricercava nelle sue canzoni e nei suoi mini racconti,
perché solo quello lo metteva in contatto davvero con la
gente e
rendeva le sue creazioni così emotivamente travolgenti. O
almeno era
quello che dicevano i produttori della case discografiche con cui
collaborava.
Fu per
quell'insopprimibile
desiderio di verità che aprì la busta di carta
bianca, leggera, ed
estrasse una lettera scritta con una calligrafia minuta, leggermente
inclinata verso destra e arricchita da qualche svolazzamento sulle
gambette delle “f”. Eccola lì: quella
era Angel e quella era la
sua verità.
1 Dicembre 2015
Caro
Antoine.
So
che non mi vuoi più sentire e nemmeno ricevere mie lettere,
ma
questa volta non ti ascolterò.
Sono
finita a New York perché tu hai deciso di seguire quello che
i tuoi
genitori, a cui peraltro
non
è mai importato nulla della tua felicità, avevano
programmato per
te, preferendo una vita
negli
agi piuttosto che una vita che avresti amato davvero. Non dico che
con me saresti stato
felice,
perché se hai rinunciato al nostro amore così in
fretta vuol dire
che forse non è mai stato
così
forte come tu sostenevi che fosse, eppure ho come la sensazione che
almeno ci avremmo
provato...
Ad essere felici, intendo. Insieme. L'uno affianco all'altra. Ho
fatto così tanto per te,
per
sostenerti nei tuoi più improbabili progetti, spesso
mettendo da
parte quello che era importante
per
me, ma non te ne faccio una colpa perché è stata
una mia libera
decisione... Probabilmente sono
stata
una sciocca a fidarmi delle tue promesse e a credere che un giorno
avresti scelto me a tutte le
altre,
che sarei stata l'unica... Ma quelle come me non sono mai abbastanza.
Non
sono sicura di quello che dici tu, che non troverò mai
nessun uomo
disposto a mettermi al
primo
posto, magari se mi accontento e la smetti di sperare che il principe
azzurro esista anche
per
me, un compagno lo troverò anche io... Mi dispiace solo che
non sia
tu.
So
che sei molto più della persona materialista e meschina che
mi ha
scritto quell'ultima lettera
perché
sono certa di non essermi sbagliata durante tutte quelle notti
passate ad ascoltare il rumore
del
traffico londinese sul tetto del mio appartamento, mentre mi
raccontavi dei tuoi progetti per
lasciare
un segno su questa terra ed essere il cambiamento... Io so chi sei
davvero...
O
almeno lo spero...
Tua
(comunque) per sempre
Angel
xx
Un brivido gli
percorse la
schiena, ma non era colpa del freddo. Lui non aveva letto quelle
parole e non le avrebbe mai lette. Ma soprattutto: Angel non avrebbe
mai ricevuto una risposta, dopo essersi esposta ed aver rischiato
così tanto. Harry aveva sempre pensato che ci volesse un
certo
coraggio per scrivere una lettera. Insomma, una volta spedita non si
può più modificare e se ci si accorge che quello
che si è scritto
è sbagliato o avventato o troppo intimo, non si
può far altro che
aspettare la risposta con le sue conseguenze. Mettersi a nudo in una
lettera era un estremo atto di coraggio, perché chi la
leggeva aveva
tutto il tempo per rifletterci sopra, per soppesare ogni singola
parola, per scandagliare nell'anima del mittente senza che questi sia
presente. Era anche per questo che Harry amava il suo lavoro:
ammirava il coraggio di quelle persone e cercava di carpirne il
segreto.
Ed allora decise che
quella
lettera non poteva rimanere senza risposta, eppure non poteva nemmeno
pretendere di essere una persona che non era. Non che gli fosse
neanche passato per l'anticamera del cervello di fingersi quel
coglione di Antoine, però sapeva di dover fare qualcosa per
lei.
Così rimise la lettera di Angel dentro la sacca e
continuò il suo
giro, con la testa però già proiettata sulla
carta da lettere che
sapeva di aver imbucato da qualche parte nel suo appartamento e che
con ogni probabilità risaliva all'epoca del suo decimo
compleanno.
֎֎֎
Quella sera non era
riuscito nel
suo intento, perché uno dei cantanti per cui aveva scritto
già
qualche pezzo voleva portarlo in un locale appena aperto sull'East
River, così l'indomani, in un insospettabilmente soleggiata
domenica
mattina (quel semestre gli era andata bene con il giorno libero), si
sedette su uno degli sgabelli che aveva in cucina, appoggiò
sul
bancone la tazza di tea aromatizzato alle rose che stava
sorseggiando, e riprese in mano la lettera di Angel. L'aveva
già
riletta un paio di volte, cercando una scusa sensata con cui iniziare
la sua risposta, ma non ne era ancora venuto a capo.
L'abbandonò sul
ripiano usurato dal tempo (tre quarti dei mobili di casa sua
provenivano da mercatini dell'usato) e prese in mano la carta e la
penna rigorosamente nera che teneva sempre infilata nel suo taccuino.
Doveva trovare un modo per iniziare e poi sapeva che le parole
sarebbe uscite da sole, come quando scriveva una canzone: i primi
versi erano sempre quelli che scriveva per ultimi. Si legò i
capelli
in uno chignon spettinato, valutando anche l'opzione che fosse giunto
il momento di tagliarli, così avrebbe fatto felice anche sua
madre,
ma poi pensò che ci si era affezionato troppo ed
abbandonò l'idea.
Ecco come poteva iniziare!
10 Dicembre 2015
Cara Angel,
so che questa non è la lettera che ti
aspettavi, ma spero che mi
concederai il privilegio di arrivare a leggere
fino alla fine di quanto
sto per scriverti.
Mi chiamo Harry e sono il ragazzo che tutte le
mattine passa davanti casa tua per consegnare
la posta in bicicletta.
Forse tu non avrai la più pallida idea di chi
io sia, ma te lo dico di
modo che tu non possa pensare che sono uno
psicopatico o uno stalker.
E' stato il mio lavoro a permettermi di leggere
le tue lettere.
O meglio,
prima che tu ti possa infuriare, ho letto solo
una tua lettera ed una
sua...
Sì, intendo proprio di lui. Immagino che a questo punto
vorrai
strangolarmi o rintracciarmi per chiamare la
polizia, ma ti chiedo solo
qualche altro minuto del tuo tempo per
spiegarti tutto.
L'altro
giorno stavo per consegnarti la sua lettera
quando, a causa della neve
e della mia proverbiale imbranatezza (non so
nemmeno se esista come
parola, scusa**), mi sono schiantato al suolo e
tutte le lettere che
avevo con me si sono sparpagliate per terra.
La sua era particolarmente
presa male, come avrai notato (scusa anche per
quello, mia madre me
lo dice sempre che sono la persona più
maldestra che conosce...
Scusa,
sto divagando ancora**) e la lettera è
letteralmente sgusciata fuori
dalla busta, così...
Sì, okay, lo ammetto lì ho sbagliato io, ma siamo
umani okay?? Viviamo per raccontare e leggere
storie, quindi mi sono
ritrovato a scorrere la sua lettera e...
E non potevo crederci! Come
poteva anche solo aver pensato di scriverti
parole come quelle?! Io
non so nulla della vostra storia, è vero, ma
ho letto le sue parole
e non credo che ti meriti questo.
Ma lascia che finisca prima di
risponderti...
Perché è questo che sto facendo: sto rispondendo a
quella tua ultima lettera che lui ha deciso di
non leggere e di
rispedirti indietro...
E sì, come probabilmente starai immaginando
mentre inorridisci, ho letto anche la lettera
che tu gli avevi spedito
e ho pensato che fosse il minimo che tu
ottenessi una risposta.
Perché
io non so nulla di voi, ma soprattutto di te,
eppure so che non voglio
tu rimanga senza una risposta...
Insomma: per scrivere una lettera di
quel tipo implica possedere un certo coraggio
ed io ammiro le persone
che lo posseggono e ne fanno mostra.
Angel (lo sai che hai un nome
meraviglioso? So che non centra nulla e che non
migliorerà la mia
posizione, ma è la prima cosa che ho pensato
quando l'ho letto sulla
busta della prima lettera che hai ricevuto...
Scusa, torno al punto
ora^^) forse ho un sacco di cose da dirti
oppure non ne ho nemmeno
una, ma voglio che tu sappia che una ragazza
con un nome come il
tuo non può soffrire per amore.
Non te lo meriti e di questo ne
sono convinto.
Probabilmente penserai che sono pazzo e, forse,
un po' lo sono davvero
ma spero che tu capisca che lo sto facendo per
te...
Wow: questo
suonava supponente, scusa (di nuovo**).
Credo sia meglio se mi fermo qui, perché
rischio di dire cose che
nonostante dovrei...
Spero tu non voglia ancora uccidermi o
denunciarmi alla polizia.
Se hai bisogno, sono qui (figurativamente e
materialmente, dato
che ti consegno la posta ogni mattina alle
sette e dieci).
Un abbraccio
HARRY. XX
Guardò la
sua firma in
stampatello e si chiese se fosse il caso di rileggere quello che
aveva scritto, ma ci rinunciò, spendo già che
altrimenti non
l'avrebbe mai davvero consegnata, strappandola immediatamente.
Così,
a chiuse, scrisse sopra l'indirizzo di Angel e poi il suo, forse per
aiutarla a dare meglio i suoi dati alla polizia postale o magari per
fornirle tutti gli strumenti per rispondergli, non ne era proprio
sicuro. Mise la lettera nella tasca del cappotto di montone oversize
che usava per fare le consegne e tornò a sorseggiare il suo
tea.
Fuori dalla finestra, l'atmosfera di festa che rendeva l'aria di New
York quasi fragrante lo fece sorridere e l'impressione che una nuova
canzone stesse prendendo forma nella sua mente si impossessò
di lui,
ma non era ancora il momento per scriverla. Avrebbe aspettato.
֎֎֎
La
mattina dopo consegnò le lettere così velocemente
che quasi rischiò
di cadere dagli scalini di casa di Angel ricoperti di ghiaccio. Le
aveva imbucate entrambe: sia quella che l'altro (non aveva
più
aggettivi per lui) le aveva rispedito indietro, sia la risposta che
aveva scritto la mattina precedente. Inforcò la bicicletta e
ripartì
alla volta della signora Gonzales. Quella notte ci mise un'ora prima
di addormentarsi, perché la sua testa era piena di lettere
mai
consegnate, di fogli strappati e di denunce recapitate a casa.
֎֎֎
Erano ormai passati
tre giorni e
di lettere firmate “Angel” nemmeno l'ombra. Ma
d'altra parte, non
era un po' sciocco aspettarsi una lettera da un angelo? Ormai Harry
aveva perso le speranze, perché se non aveva risposto fino
ad allora
voleva dire che non aveva alcuna intenzione di avere a che fare con
lui. Per la prima volta da quando aveva risposto alla sua lettera si
chiese, mentre usciva dalla metropolitana per dirigersi alla sua
mansarda-appartamento, come si sarebbe comportato lui al posto di
Angel. Certo, vedersi arrivare una lettera di un tipo random che ti
dice di aver letto la tua corrispondenza non è decisamente
il
massimo, ma Harry sapeva anche di aver scritto qualche considerazione
che avrebbe potuto farle piacere. O almeno: a lui avrebbero fatto
piacere. Ma lui non era le altre persone e soprattutto non era Angel.
Si stava ancora
arrovellando il
cervello chiedendosi che cosa avrebbe fatto lui al posto della
ragazza senza volto ma con una grafia delicata, che la punta dei suoi
stivaletti si scontrò con qualcosa a terra, poco prima del
tappetino
di benvenuto con i gatti che sua madre gli aveva regalato il Natale
precedente. Una lettera. Non una lettera qualunque: era una lettera
che solo una persona poteva aver spedito, perché quella
carta era
inconfondibile. La prese tra le mani, ringraziando la padrona dello
stabile per avergliela messa lì, proteggendola dalla
pioggia, ed
entrò in casa. Si tolse il giubbotto, lanciandolo sul divano
nell'ingresso, assieme alle chiavi, e si diresse al bancone della
cucina, accendendo luci a caso. Si sedette e rimase a contemplare
quella busta per quella che poteva benissimo essere
un'eternità:
perché era così nervoso nel leggerne il
contenuto? Non lo sapeva,
ma doveva a tutti i costi togliersi quella curiosità,
perché
l'euforia del momento rischiava davvero di farlo cadere dallo
sgabello.
11
Dicembre 2015
Caro Harry.
Hai perfettamente ragione: tu sei
pazzo e sì, mi sono arrabbiata da morire (per non dire
altro) con
te.
Non so come ti sia passato per la
testa di ficcare il naso nei miei affari. È stato davvero
avventato,
da
gran maleducato e penalmente
perseguibile, vorrei aggiungere.
Ma ti ringrazio. Dico davvero. No,
non sono impazzita (quella prerogativa te la lascio volentieri ^^)
è
solo che credo tu abbia fatto un
gesto speciale... Ed io adoro i gesti speciali. Credo siano quelli a
far
sì che esista ancora un
po' di
magia e di fascino in questo posto chiamato pianeta terra.
Forse mi hai contagiata e sto
impazzendo anche io, ma vorrei raccontarti la mia storia e ti prego
di
concedermi il privilegio di
leggerla
fino alla fine, anche perché sei stato tu ad offrirmi il tuo
aiuto,
quindi...
Ho conosciuto Lui (scusa, ma
scrivere il suo nome mi risulta ancora difficile) quasi sei anni fa e
quando
sei una sedicenne innamorata
dell'idea dell'amore ed incontri una persona che ti prende
così
tanto,
sembra davvero che tutto il resto
del mondo sparisca... Ed assieme ad esso anche la tua vita. O almeno,
per me è stato
così. Non
dimenticherò mai la prima volta che i nostri sguardi si sono
incrociati, perché
sono quasi certa che tutto sia
cominciato in quel preciso istante... Speravo solo durasse per
sempre. Ma
comunque, ero al centro ricreativo
del mio quartiere, a sud di Londra, perché ci facevo
volontariato
tre volte a settimana ed un
giorno,
mentre fuori c'era una straordinaria giornata di sole, è
entrato
dalla porta principale, illuminato
da una luce quasi divina, Lui... Un anno più grande di me,
fisico
asciutto, capelli lunghi e
castani,
occhi dannatamente azzurri ed una sicurezza nei modi di fare che
ti travolgeva... E mi ha travolta
eccome.
Forse il nostro reale problema
è
sempre stata la tempistica, perché vedi: quando lui
è entrato a far
parte della mia vita, nello stesso
momento, sua madre inseriva nella sua quella che doveva essere la
donna perfetta per lui... E
sì,
eravamo poco più che adolescenti, ma questo non contava per
i suoi
genitori... “La
reputazione prima
di tutto”, credo sia questa la frase che ho sentito
più spesso
uscire
dalla bocca di suo padre:
terrificante. Ti immagini vivere un'intera esistenza preoccupandoti
costantemente di ciò
che la gente
pensa di te? Impazzisci per forza... Ad ogni modo, non dico che
quella ragazza non fosse realmente
la persona giusta per lui, perché se alla fine l'ha scelta
vuol dire
che sua madre ci aveva visto molto
più lungo di me, però non riesco a non pensare
che se, forse,
avessimo avuto un po' di tempo in
più per conoscerci senza interferenze esterne, le cose magari
sarebbero andate diversamente...
Ci siamo rincorsi per
così tanto
tempo che quasi mi ero dimenticata come tutto è iniziato...
Magari
sarà così
anche per ogni altro
ricordo che ho insieme a lui o che è ricollegabile a lui, ma
con
ogni
probabilità
implicherebbe
dimenticare gli ultimi sei anni di vita... Chissà.
Per tornare alla nostra storia,
credo ti basti sapere che sono finita a fare quella che la gente
definisce
come “amante”,
anche se io
personalmente non ho mai sentito mio questo appellativo...
Sì, sono
andata contro ogni mio principio e
ho accettato quel ruolo solamente perché lui mi aveva
giurato che
fossi io quella che amava davvero,
che con lei ci stava assieme solo per far contenta la madre e che lei
sapeva tutto ed aveva pure lei una
vita parallela più attiva della sua... Come se fosse una
sfida,
capisci?
Lo so che non avrei dovuto
accettare
lo stesso, ma lo amo okay? Dio, sto giustificando le mie scelte con
uno sconosciuto e non riesco a
scrivere nemmeno quel
verbo al passato... Diamine, scriverlo fa sembrare
tutto più vero e
tangibile ed io mi
sento una completa idiota. Probabilmente quelle promesse non sono
altro che quelle che tutte le
amanti
del mondo si sentono rifilare ogni volta... Wow.
Ne uscirò mai, Harry?
Secondo te
riuscirò mai a rilegare in un angolo della mia testa o
persino a
dimenticare tutte le promesse, le
dichiarazioni, i gesti ed i sorrisi che ci siamo scambiati?
Perché
sinceramente non ne sono per
niente
sicura e questa cosa mi fa parecchio paura.
Nella tua lettera hai scritto che
una ragazza con un nome come il mio non dovrebbe mai soffrire per
amore... Ma la vuoi sapere la
verità, Harry? Io ho solo sofferto per amore,
perché anche quando
lui mi
baciava, mi diceva di amarmi e mi
prometteva cose che non avrebbe mai mantenuto, sapevo che lui
non sarebbe mai stato davvero mio.
Ed ogni gioia, era una gioia a metà ed ogni speranza era
sempre
macchiata dalla consapevolezza che
non sarebbe mai andata davvero come io speravo... Quindi mi
dispiace deludere le tue
aspettative, ma il mio nome non mi ha salvata dal soffrire per
amore... Forse
non tutti abbiamo una storia a
lieto
fine da raccontare... Tu ce l'hai, Harry?
P.S. Sei adorabile quando ti
scusi,
ma ho l'impressione che non ti serva farlo...
Un abbraccio
Angel xx
Non ci
pensò due volte e andò a
prendere un altro foglio da lettere dal cassetto dove aveva scoperto
di averli nascosti, prese una penna a caso dal tavolo e si mise a
scrivere di getto. Quella ragazza aveva bisogno di sapere che l'amore
non era tutto come quello che lei aveva conosciuto: aveva molteplici
aspetti, era un caleidoscopio che incantava, spaventava e travolgeva
allo stesso tempo.
Cara Angel,
punto primo: grazie!! Grazie per non avermi
denunciato, per non aver
chiamato la polizia e, soprattutto per avermi
risposto. Ti
assicuro
che la tua fiducia in me non è mal riposta e
che ti puoi fidare...
E scusa se chiedo troppe volte scusa **
Punto secondo: tutti, prima o poi, trovano la
loro storia a lieto
fine da raccontare.
Non lo dico per presunzione o per credulità, ma
perché lo so.
Sono due anni che abito in questa città
straordinaria e
devo solo a lei le più importanti lezioni di
vita che ho imparato, tra
cui anche quella che ognuno di noi abbia la
propria favola personale.
Ho
sempre scritto canzoni (ora lo faccio come
secondo lavoro, o come primo,
non lo so nemmeno io quale sia il mio
preferito... Forse uno mi serve
per fare l'altro...
Scusa, sto divagando di nuovo^^).
Io scrivo canzoni e
quasi mai raccontano storie capitate a me** Non
che non sappia di cosa
parlare, ma credo che le storie che
appartengono alle altre persone mi
intrighino di più.
Starai pensando che non sono normale e sinceramente
non mi sento di darti torto, soprattutto dopo
che ti avrò detto che
la tua storia mi ha già fatto venire in mente
un nuovo testo...
Scusa...
Non so nemmeno io per cosa **
Quindi vorrei chiederti un enorme favore: ti
andrebbe di raccontarmi
tutta la
tua storia?
Un
abbraccio
P.S. Angel:
lo sai perché alziamo così spesso gli occhi verso
il cielo?
HARRY
xx
La
mise nella busta e prese il suo quaderno personale: quel post scriptum
stava per diventare qualcosa d'altro.
Hi sweethearts **
Grazie per aver
letto **
Questa
è la prima parte di una Os sbucata fuori dal perenne
"periodo Harry" in cui vivo e dai tweet emotivamente destabilizzanti
che Mr Styles ha deciso di postare... Con ogni probabilità
io non sopravviverò al primo ascolto di questa canzone,
sappiatelo, ma credo sia giusto così^^ Detto ciò,
penso sia corretto dirvi che la storia è ancora in fase di
scrittura, quindi non so quando posterò la seconda parte ma
spero abbiate la pazienza di aspettarmi... Sempre se pensiate ne valga
la pena ** Quindi ditemi tutto quello che pensate su questa
storia o sul mio modo di scrivere, perchè sarebbe
importantissimo per me... Mi trovate anche su Twitter
Lots of Love xx
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