Quando Aileen riprese i sensi non aveva idea di dove si trovasse.
Cercando di alzarsi si accorse di avere mani e piedi legati, si
guardò intorno; era distesa sui sedili posteriori di quella
che sembrava un’auto d’epoca ristrutturata come
nuova. Poco dopo si accorse che l’auto era in movimento.
Ascoltò il debole rombo del motore in funzione,
“quest’auto va a benzina”
pensò accigliata, non pensava che ne esistessero ancora di
funzionanti.
Le girava la testa come se fosse appena scesa da un ottovolante e la
nuca le doleva come se fosse stata colpita… Ma era stata
colpita. Ricordò di essere andata alla stazione di servizio
a comprare qualcosa da mangiare perché aveva trovato il
frigo vuoto e poi… qualcuno l’aveva seguita, e
colpita. La stessa persona che in quel momento era al volante e la
stava portando chissà dove? Aileen non ne aveva idea. Con un
piccolo sforzo si tirò su a sedere.
- Ah, finalmente ti sei svegliata!- disse l’uomo al volante
- Che cosa mi hai fatto? Dove mi stai portando?-
- Non ti ho fatto niente, diciamo che ti sto solo
“consegnando”-
- A chi? - chiese Aileen sempre più inquieta
- Questo non posso dirtelo, dolcezza -
“La vedo male…” pensò la
ragazza. Guardò fuori dal finestrino sperando di riconoscere
il luogo: stavano percorrendo una via molto ampia, illuminata dai
regolari lampioni posti ai suoi lati, non c’era
un’anima viva per la strada. Abbassò lo sguardo
sul suo orologio da polso e si stupì notando che segnava le
2 del pomeriggio, forse si era rotto... Tornò a guardare
attraverso il vetro, a giudicare dalla luce doveva essere notte fonda;
quella via le sembrava stranamente familiare, ma non la riconobbe.
- Dove siamo? -
- Via Roham, Budapest -
“Via Roham?” Aileen guardò con
più attenzione la strada. Conosceva bene Via Roham, ma non
era certo così; come struttura le sembrava esattamente come
la ricordava, ma non aveva mai visto gli edifici che la delimitavano,
né portoni di palazzi, negozi chiusi… quasi
niente le sembrava al suo posto. “Ma che sta
succedendo?”
Il guidatore parlò di nuovo: - Budapest, 9 aprile 2001 -
Ad Aileen sfuggì un sorriso amaro: si stava prendendo gioco
di lei. Non erano a Budapest, quella non era Via Roham, solo una strada
che le somigliava, tuttavia… Una parte di lei
considerò la possibilità che le parole di
quell’uomo fossero vere. “Che cosa succede nel
2001?” si chiese sforzando la memoria, cercò di
ricordare i libri di storia che aveva studiato,
“L’11 settembre… le torri
gemelle…” le sembrava quella la cosa
più rilevante, ma non vedeva come potesse riguardarla, visto
che non si trovava neanche in quel continente. Però nel
2002… “nel 2002 sì che
c’è stato un bel putiferio…”
non nella comunità umana ovviamente, gli umani non avevano
mai saputo nulla di quello che accadde realmente nel 2002: la fine
della sanguinaria guerra tra i vampiri e i lycan. A quanto ne sapeva
non ci fu un vincitore, ci fu uno scontro decisivo e i vertici di
entrambe le fazioni morirono ma ci furono molti sopravvissuti da
entrambe le parti, solo che… questa era una pazzia!
Semplicemente non poteva essere tornata indietro nel tempo,
“queste cose non sono possibili” si disse.
Cercò inutilmente di liberare le mani, quella corda era
robusta e molto ben legata. Ricordò che aveva una pistola
sotto la giacca prima di essere colpita; la cercò, ma senza
risultato, ovviamente gliel’avevano tolta. Non aveva altre
armi con se, dopotutto non si aspettava certo di venire rapita. La
situazione le piaceva sempre di meno, ogni minuto diventava
più inquieta e per di più l’ultima
risposta di quel tipo cominciava a preoccuparla davvero.
“Ok” pensò “è il
momento di prendere in mano la situazione”. Scattò
in avanti, passò le mani legate sopra la testa
dell’autista per poi stringergliele sulla gola,
l’uomo emise un verso di sorpresa e frenò
bruscamente.
- Adesso spiegami che diavolo sta succedendo - gli disse
all’orecchio
L’uomo si portò le mani alla gola cercando di
liberarsi della stretta, ma Aileen non mollò la presa e il
malcapitato iniziò a boccheggiare
- Dove siamo? - ripeté allentando leggermente la morsa per
permettergli di parlare
- Te l’ho detto, a Budapest, ma non quella che conosci, siamo
nel 2001… - la voce gli si strozzò in gola appena
Aileen riprese a stringere più forte
- Te lo ripeto per l’ultima volta, dimmi la verità
- gli intimò ancora
- E’ la verità, ti hanno rapita per via del tuo
sangue, sei una discendente di Corvinus, è esattamente
quello che serve ai lycan in questo tempo… -
Purtroppo tutto cominciava ad avere senso: in quegli anni Lucian, il
capo dei lycan, conduceva davvero esperimenti sul sangue per poter
diventare una creatura potentissima. E in effetti lei era davvero
ciò di cui aveva bisogno per riuscire nel suo intento, e
poi… l’auto a benzina, gli edifici che non
conosceva in una inconfondibile Via Roham… la realizzazione
di una spaventosa verità stava ormai prendendo forma.
- E come avreste fatto? Come sareste riusciti a viaggiare nel tempo? -
- Non lo so, io dovevo solo portarti a Lucian e spiegargli quanto eri
potenzialmente utile…-
- Fammi tornare indietro - lo interruppe Aileen - portami da dove siamo
venuti-
- Non è possibile, mi è stato ordinato di
distruggere il congegno e l’ho fatto appena siamo arrivati -
concluse l’uomo.
- No… - Aileen sentì lo stomaco chiudersi come in
una morsa, cosa avrebbe fatto ora? Certo, sempre che fosse tutto
vero… Di una cosa era certa: di sicuro non si sarebbe fatta
portare da Lucian come una cavia da laboratorio. Guardò il
viso dell’autista nello specchietto retrovisore appena in
tempo per notare i suoi occhi diventare di un uniforme azzurro scuro,
sentì i suoi artigli affondare nel dorso della mano con cui
gli stringeva la gola, ritrasse la mano di scatto,
“accidenti! Un lycan!” e stava anche iniziando a
mutare! Doveva agire i fretta se voleva scappare, ma ce
l’avrebbe fatta? Quello era un lycan adulto e lei solo
un’umana e anche abbastanza giovane… Almeno doveva
provarci, ma alla svelta! Afferrò la testa del lycan con
entrambe le mani, raccolse tutta la forza che poté e la
girò di scatto con uno strattone riuscendo a spezzargli il
collo. Il corpo smise di mutare e si afflosciò senza vita
sul sedile. Aileen tirò un sospiro di sollievo, poggio la
testa sul sedile concedendosi qualche momento per calmarsi. Dopo pochi
minuti decise che doveva fare qualcosa, liberarsi, tanto per
cominciare. Frugò nelle tasche della giacca del lycan in
cerca di una qualche arma o un coltello. In una tasca interna
trovò un coltellino a serramanico:
“perfetto”. Tagliò le corde che le
legavano i polsi e le caviglie e uscì nella notte.
Pensò rapidamente al da farsi: doveva accertarsi del luogo e
soprattutto del tempo in cui si trovava. Se quella era davvero Via
Roham, il palazzo reale non doveva essere lontano da lì. Se
c’era si trovava davvero a Budapest, e se si trovava davvero
a Budapest… probabilmente si trovava anche in un bel guaio.
L’aria era fredda e il cielo coperto non prometteva niente di
buono. Mentre camminava a passo svelto si ricordò di avere
la mano ferita dagli artigli del lycan; avrebbe dovuto farsela
medicare, ma in quel momento le sembrava la minore delle sue
preoccupazioni. Continuò a camminare cercando di ignorare
tutti gli edifici a lei sconosciuti sulla strada, le mancavano ancora
molti metri per raggiungere la sua meta, ma già riconobbe il
profilo dell’imponente edificio che non poteva esser altro
che il palazzo reale del 21esimo secolo. Si bloccò a quella
vista, si guardò intorno, cercò indizi:
cartelloni pubblicitari, manifesti che le confermassero in che anno si
trovava. Finalmente trovò ciò che cercava: una
locandina, faceva da pubblicità a un film che non aveva mai
sentito. Ma non era quello che le interessava: in basso
all’immagine che raffigurava una strana creatura
dall’aria tutt’altro che amichevole appariva una
scritta. Nei cinema dal 14/04/01. Allora era vero. Era tutto
vero… si sentì completamente svuotata: tutto
quello che aveva, tutto quello che conosceva da un momento
all’altro non esisteva più, o meglio, non esisteva
ancora. Sentì il mondo crollarle addosso, come poteva essere
accaduta una cosa del genere? E come poteva essere accaduta a lei? Si
sedette pesantemente sui gradini di un portone, e poggiò le
braccia sulle ginocchia, stava iniziando a piovere, il tempo esprimeva
perfettamente il suo stato d’animo. Non cercò
riparo, rimase seduta lì, lasciò che la pioggia
gelida si unisse alle calde lacrime a bagnarle il volto.
Lasciò che il panico e la paura l’avvolgessero
come una fitta nebbia. Ma poi la pioggia smise di cadere,
così come le lacrime smisero di scendere e la nebbia di
disperazione si disperse, lasciando un vuoto anonimo e tacito. Non
sapeva quanto tempo fosse passato, probabilmente una dozzina di minuti.
Rimase a fissare la strada come in trance, poi d’improvviso
alzò lo sguardo verso l’imponente palazzo che
torreggiava sull’altro lato della via, “ora
basta” si disse, si era pianta addosso a sufficienza, doveva
riprendere il controllo. Promise a se stessa che non si sarebbe arresa
finché non sarebbe tornata a casa, che avrebbe cercato,
indagato e fatto tutto il necessario per riavere la sua vita. Si
alzò in piedi determinata come non mai
“è ora di iniziare”.
Aileen Corvin entrò nel suo appartamento chiudendosi la
porta alle spalle, non accese la luce, non le andava di vedere lo stato
dell’ingresso-cucina, posò la giacca e le chiavi
sul tavolo e andò nel bagno per sciacquarsi il graffio che
aveva sulla fronte. L’acqua fredda le suscitò una
sensazione gradevole sul viso, guardò il suo riflesso nello
specchio, la sottile ferita aveva già smesso di sanguinare,
per fortuna non era niente di serio.
“Solo un graffio per fortuna” si disse; aveva
l’aria stanca, sfuggire all’attacco di quel lycan
l’aveva sfinita, non le capitava spesso di imbattersi nei
lycan mentre era di pattuglia e questa per fortuna era
l’ultima notte di luna piena del mese. Si trascinò
stancamente in camera da letto dove entrava la luce della luna
illuminando fiocamente la stanza, mancavano poco più di due
ore all’alba.
Esausta si stese sul letto e rimase a guardare le crepe sul soffitto,
pensò alla sua situazione, ormai era quasi un anno che si
trovava lì. Aileen sentiva di non appartenere a quel luogo,
il suo posto era ad Ordoghaz, nel 2125 e soprattutto accanto alle
persone che amava.
Il sangue dei discendenti di Alexander Corvinus, come aveva scoperto,
aveva una parte fondamentale nel piano dei lycan per conquistare la
supremazia sui vampiri agli inizi del ventunesimo secolo. Suo padre,
discendente di Corvinus e ibrido vampiro-licantropo, aveva trasmesso
questa peculiarità a lei e a suo fratello Betram. Betram,
tredicenne vivace ma ancora troppo sorvegliato, non era un bersaglio
facile da rapire, così la scelta era caduta automaticamente
su di lei, una semplice umana con nessuna capacità
particolare se non gli insegnamenti ricevuti dai suoi genitori, Selene
e Michael. Come avesse fatto ad uccidere il lycan che avrebbe dovuto
portarla da Lucian era ancora un mistero anche per lei, che una volta
fuggita si era ritrovata sola e indifesa in un luogo e un tempo che non
conosceva. Nessuno era al corrente della sua reale identità
né della sua storia. Entrata nella polizia per guadagnarsi
da vivere, aveva preso in affitto quel piccolo appartamento e aveva
iniziato a cercare un modo per tornare indietro. A casa. Ma era passato
tempo e, nonostante i suoi sforzi, non aveva ancora trovato una
soluzione. E ora era lì, stanca e assonnata, a guardare il
soffitto mentre un nuovo giorno stava per nascere; dentro si sentiva
vuota, incompleta in quel mondo che non era il suo.
|