Piuma nera.

di rosewhite
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Alcuni uomini vedono le cose per quello che sono state e ne spiegano il perché.

Io sogno cose che ancora devono venire e dico, perché no.

- Robert F. Kennedy


Tra le vie delle città si aggirano guardiani anonimi, che ogni giorno rischiano la vita con il solo compito di difendere il delicato equilibrio tra razze.

Tenere nascosta l’esistenza del Popolo Soprannaturale era necessario.

La superbia umana aveva aiutato: il fatto che gli umani si credessero gli unici abitanti di un intero pianeta aveva reso possibile nascondere la presenza di chi non era esattamente “normale”.

Nonostante vi fossero terre magiche oltre i confini terrestri e dello spazio, molti membri del Popolo Soprannaturale avevano deciso di rimanere sulla Terra, anche se nessuno vietava loro di far ritorno a quei mistici luoghi al di là della realtà: isole rigogliose, oceani dai colori vivi e creature mitologiche erano ad un portale di distanza.

In alcuni di quei luoghi, però, vi erano ancora guerre tra piccoli e grandi clan, per quanto vi fosse la buona volontà di mantenere la pace ovunque. In molti dei territori magici si respirava ancora un’aria medievale, con gente che combatteva inutilmente per lembi di terra che sarebbero andati inevitabilmente ad altri una volta che essi saranno morti combattendo per quella battaglia.

Benché i membri del Popolo Soprannaturale avessero sempre aiutato gli umani nel corso dei secoli, furono brutalmente uccisi per il semplice fatto che gli uomini temono ciò che non comprendono.

Questo è il motivo dell’esistenza dell’Alleanza, una società segreta formata da esseri con doti particolari. Guerrieri di tutte le razze si erano uniti per far sì che non vi fossero più inutili spargimenti di sangue, come successe con la caccia alle streghe o l’inquisizione.

Avevano giurato di dare la vita per quella causa e mantenevano quel giuramento da millenni.

Una di questi era Megan Evans, una ragazza ventunenne che era esattamente dove voleva essere.

Aveva un obiettivo: migliorare il mondo.

E questo comprendeva obiettivi minori, come entrare nell’Alleanza ed allenarsi duramente per essere il cambiamento che voleva vedere.

Quando quattro anni prima, dopo aver vinto il Torneo tra razze, le arrivò la famosa busta rossa, si sentì come quando una fan di Harry Potter riceve la lettera per Hogwarts.

E a lei non serviva nemmeno una bacchetta per fare le magie, perché era una strega che grazie ad un fortunato incrocio genetico era capace di controllare sia il fuoco che il vento.

Vi parlo di genetica perché tutto il mondo soprannaturale vi si basa. Prendendo come esempio Megan, ella riusciva ad essere così potente perché in principio lo erano gli avi, da entrambi i lati.

E malgrado i membri con poteri magici si fossero mischiati agli umani, era riuscita ad incamerare entrambi gli elementi predominanti nelle famiglie d’origine.

Ma, nonostante questo, per Megan non era stato semplice: si era allenata duramente e costantemente per poter contenere quel potere e per riuscire a gestirlo al meglio.
Si era fatta valere.

Tutti gli anni a sputare sangue, tutte le ore a studiare incantesimi, tutte le notti insonni ripensando agli errori commessi e a migliorarsi alla fine erano serviti.

Si era distrutta mentalmente e fisicamente, aveva dovuto rinunciare ad amore, sicurezza ed ad una vita normale, ma il risultato era stata l’attuale posizione di Agente Speciale. E non poteva essere più felice di così.

O almeno lo credeva.  


Agente Speciale Evans, suona proprio bene.”

Ripensando al passato le venne da sorridere mentre percorreva il lungo corridoio che l’avrebbe portata dal Generale Hamilton.
Era stata convocata per una nuova missione e nulla poteva renderla più entusiasta: nuovi cattivi da catturare, una nuova indagine, una nuova possibilità di cambiare il mondo!

Il suo entusiasmo, però,  si spense nel momento esatto in cui vide chi altro c’era nell’ufficio del Generale.

Tyron Cooper, demone del dolore, non era altro che un bisbetico ed asociale armadio biondo dell’Ikea alto un metro ed ottantacinque.

Mr. armadio era un concentrato di muscoli che aveva fatto più amicizia con il  bilanciere in palestra che con tutti i suoi colleghi.

Per un attimo la speranza che quella fastidiosa presenza non c’entrasse nulla con la sua convocazione fu l’unica cosa che bloccò sul nascere l’espressione di disapprovazione e fastidio che premeva per dipingersi sul volto.

Ma quando il Generale Hamilton le disse di chiudere la porta alle sue spalle capì che quella, quasi sicuramente, sarebbe stata una giornata da dimenticare.


 




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