Atti di Gloria

di Papaver Alpinum
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La campana suonava solenne sopra la sua testa e un raggio dal cielo grigio cadeva aggraziato sul volto della ragazza, illuminandone lo stupore.
Il vento giocava con una ciocca di capelli, sfilando i lembi del foulard poggiato sopra la nuca.
Nel cielo vedeva la risposta: una donna dalla pelle di porcellana, bella e cortese, le porgeva la candida mano e le rivolgeva un materno sorriso. Attorno alla sua testa una corolla di fiori variopinti e stelle colte dal più lontano dei cieli: magnifiche, ornavano la meravigliosa visione.
Nessun essere umano potrà mai vedere più bello spettacolo, che sia arte o che sia vivente: eterei gli occhi della donna giudicavano l’anima della ragazza che incombeva di fronte all’aurea estasi, giaceva ormai inerme sui ciottoli con viso invetriato, soffocato da un sottile strato di ceramica.
Mai nessuno aveva provato tanto piacere, piacere che non proveniva da viscere vincolate da razionalità o percezione, piacere donato dal più alto dei cieli che porta ad una sinfonia dei più sinistri dei sensi.
Delicata la donna dal cielo si china e poggia un velo azzurro sul corpo della ragazza nascondendone il viso, mirabile solo attraverso i sottili e giovani lineamenti curati con il panneggio della stoffa leggera e preziosa.

La Madre, scesa dallo specchio del mare, coglie tra le braccia il suo prezioso fiore, stringendolo amorevolmente al proprio seno, curandola come propria figlia e propria gemma; perla in mezzo a pietre.




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