Lei
dorme nei tuoi ricordi
È
un ultimo sguardo quello che ti lascia, ed è così
luminoso che
quasi devi coprirti gli occhi, ma non lo fai perché vuoi
ricordarli
tutti, dal primo all'ultimo. Per qualche secondo, forse anche per un
paio di minuti, le tue iridi prendono il colore acqua-marina che ha
sempre caratterizzato quelle di lei. Rimani incantato da tanta
bellezza che quasi ti dimentichi di sbattere le palpebre
poiché
rischi di non vivere a pieno quel momento. Ciò che la
circonda quasi
scompare, è tutto sfuocato e tu non sei mai stato uno che ha
bisogno
degli occhiali ma, adesso, non sei sicuro di vedere bene. Ti incanti
in quelle pozzanghere limpide e lei preoccupata dal tuo silenzio ti
chiede se va tutto bene, annuisci ma sei ancora immobile, quasi
pietrificato dai molteplici sentimenti che ti attraversano il cuore.
E batte forte, ad un ritmo quasi sconosciuto, tuttavia non te ne
sorprendi: lei è così.
Ti
saluta, fa un cenno con la mano e sorride, regalandoti un altro
pezzetto di quella felicità che la caratterizza sempre. Rein
si
allontana e sulla soglia della porta la guardi scendere le scale,
gradino dopo gradino, passo dopo passo, ed è osservando la
sua
figura che senti qualcosa nel petto, come una scheggia di vetro che
si stacca ma non procura sollievo, solo dolore. È una
sensazione
strana, non la solita che provi quando lei se ne va; è
fredda e sa
di morte.
Ti
affacci al balcone e vedi la ragazza che ami passeggiare felice verso
il ristorante di fronte insieme alla sorella; il cielo sopra di te si
è ritirato già da qualche ora e il manto scuro
che lo ricopre
saluta chi è al sicuro nelle case, e dice addio a chi il
destino ha
riservato la sua ultima notte. Quando scompaiono dentro al locale, ti
ritiri nel salotto e accendi la televisione nella speranza di trovare
qualche film interessante. La porta cigola quando tua madre rientra
dal lavoro e come suo solito ti chiede se hai salutato Rein da parte
sua; anche questa volta, però, te ne sei completamente
dimenticato.
Passi
un'ora in cui continui a cambiare canale, soffermandoti su qualche
programma di tanto in tanto, così annoiato e stanco spegni
quella
scatola di plastica, appoggi il telecomando sul divano e sospiri,
quasi sbuffando. Poi, uno, due, tre, quattro, cinque spari e un
susseguirsi di urla, vicine, troppo vicine. Corri sulla terrazza e
quasi cadi a terra per aver urtato il divano con il bacino, ma riesci
a ritrovare l'equilibro e quando l'aria autunnale ti punge la pelle
è
crudele la realtà che dipinge le vie della metropoli.
C'è così
tanta confusione che quasi temi di diventare sordo e vorresti capire
cosa sta succedendo, anche se in cuor tuo la situazione è
perfettamente chiara. Per un attimo credi persino di essere in un
sogno, o un incubo, ma sai anche che questa è la vita vera,
nessuna
illusione. Un'altra serie di colpi ti sveglia dai tuoi inutili
pensieri e muovi la testa in direzione di quel rumore acuto: proviene
da quel
ristorante.
Riversi
al suolo, ai piedi dell'entrata, ci sono dei corpi. Ti sporgi
più
che puoi e speri di non vedere quella chioma azzurra; infatti non la
scorgi e la tua anima può rilassarsi un istante.
È viva!,
grida una voce
dentro di te. Ti precipiti verso la porta ma due braccia amorevoli,
dalla presa ferrea, ti stringono così forte che cadi sul
pavimento
insieme alla donna al tuo fianco. Cerchi di lottare, dimenandoti, ma
è inutile, tua madre non ti lascerà andare
là fuori, non può
perdere anche te. Cominci a sentire il freddo del marmo sotto i tuoi
piedi e tra urla agghiaccianti, famiglie distrutte e corpi vuoti,
serri le palpebre aspettando l'indomani.
La
mattina porta silenzio quando scivola nelle case delle persone, tutto
tace, le anime sdraiate sull'asfalto sussurrano qualcosa –
forse
cercano di comunicare qualcosa a coloro che piangono la loro morte.
Come questi ultimi, anche tu sei già lì davanti a
tutta quella
distruzione. Le ginocchia sbucciate dai ciottoli grigi non ti fanno
male, anzi sei disposto a rimanere al suo fianco per ore. Non fai
altro che guardare i suoi occhi, o almeno ci provi visto che sono
spenti, vitrei. È uno sguardo non ricambiato, ma nonostante
tutto
continui a fissare sempre lo stesso punto: le sue iridi. E poi, come
è successo un giorno fa, cominci a vedere appannato; le
lacrime ti
bagnano le guance, qualcuna cade sui pantaloni, qualcuna al suolo e
poi su di lei quando la stringi fra le tue braccia –
indipendentemente dai continui richiami della polizia che ti invitano
a non toccarla. Ti alzi quando ancora stai piangendo e lanci
un'ultima occhiata a Rein, anche se ormai tutto è vano.
♣
NOTE
DELL'AUTRICE
Saranno
5 mesi che non pubblico su questo fandom e volevo inserire questa
storia nella raccolta, poiché è nata come una
flash, ahimè mi sono
sbagliata e ho finito con lo scrivere un OS, un po' corta ma pur
sempre una OS. È in merito a ciò che è
successo a Parigi che mi è
venuta in mente, ma la città a cui faccio riferimento non
deve
essere necessariamente Parigi. Queste cose non succedono solo
lì
purtroppo, quindi volevo solo esprimere il dolore che si prova quando
si perdere qualcuno – in questo modo poi.
In
questa frase “Cerchi di lottare, dimenandoti ma è
inutile, tua
madre non ti lascerà andare là fuori, non
può perdere anche te.”
la madre si riferisce al padre di Shade che, appunto, nell'anime non
compare; volevo precisarlo perché magari non è
così scontato.
Alcune ripetizioni all'interno del testo sono volute
poiché
vogliono rimarcare certe emozioni forti che il protagonista sente.
Ahn dimenticavo, l'ultima frase quando dico “[...]
è tutto vano.”,
mi riferisco al fatto che Shade spera ancora di vedere brillare gli
occhi di Rein, ma ormai è tutto finito, non c'è
più niente. Il
tema dello sguardo è presente all'inizio in una scena felice
e alla
fine, seppur si tratti di uno sguardo non ricambiato, in una scena
drammatica/triste. Ora, non so se ho rispettato al meglio il tema,
diciamo che ho preferito farlo mio. Comunque vedremo così
dirà la
giudiciA Himeko! ^^ Ora scappo a studiare Storia della Filosofia,
adios!
Ayumu
|