Entro in quella porticina
consunta
a qualche passo dalla
nuova cattedrale
e la signora oltre il
bancone ha occhi neri,
grandi ciglia dipinte
di verità surreale.
- Che lavoro vorrebbe
fare? – mi chiede.
Parole in grado di
sconvolgere la vita;
di sogno in sogno mi
perdo a fantasticare
e temo di spezzare la
matita fra le dita.
- Che lavoro vorrebbe
fare? – insiste,
porgendomi un
curriculum da compilare.
Ma non so rispondere
con la tempesta dentro,
non so mettere confini
ai desideri che sento.
Vorrei fare
l’astronauta per esplorare!
Dietro una scrivania
non ci saprei stare
se non fosse quella
d’una base di lancio
dove ammirare la
follia di scienziati
e affascinanti tecnici
plurilaureati.
Non
risponderò alla signora oltre il bancone.
No, non
metterò i miei sogni nel cassetto
per una
società che apprezza vili denari
e non si lascia
trasportare dal cielo
perché ha
lo sguardo coperto da un velo.
- Insomma, che lavoro
vorrebbe fare?!
- Vorrei solo che la
smettesse di domandare.
Me ne vado da quella
porticina consunta
a qualche passo dalla
nuova cattedrale
e la signora
all’interno sgrana gli occhi neri
in attesa che finisca
il suo turno serale.