All I Want for
Christmas is You
Tutti si svegliarono
sulle note di Jingle Bells,
provenienti da una radiolina che un certo Stregone aveva segretamente
piazzato nel corridoio.
Quando Michael
Bublé iniziò a cantare Santa Claus
is Coming to Town, Jace si alzò, mandò Magnus a quel paese con
epiteti decisamente poco carini e spense la radio tagliandola a fettine
con una lama angelica. Ma quella, oltre ogni previsione, si riparò
magicamente e riprese in totale tranquillità a strimpellare melodie
natalizie.
— BAAANE! —
ruggì Jace. — Te la farò pagare!
Un Simon mezzo
addormentato fece capolino da dietro una porta. — Che meraviglia
svegliarsi al dolce suono di un urlo — sbadigliò. — Belli i boxer,
Jace.
Il biondo
abbassò automaticamente lo sguardo sull’unico indumento che indossava,
con stampe di renne in volo su sfondo rosso. — Regalo di Clary —
brontolò.
— Sì,
dell’anno scorso — rise Simon. — Ti vanno un tantino stretti.
Jace grugnì
qualcosa di molto simile a “mondano”. O forse era “la amo”. Per non
turbare l’atmosfera festosa, ci atterremo alla seconda traduzione.
Fatto sta che
– in un caso o nell’altro – Clary, evidentemente sentendosi chiamata in
causa, uscì dalla stanza saltellando e stampò un bacio con tanto di
schiocco sulla guancia di Jace. — Oh, dov’è finito il tuo spirito
natalizio? — lo punzecchiò. — Ieri sei stato proprio tu ad addobbare
l’albero...
— Non è vero —
puntualizzò Isabelle, sbucando alle spalle di Simon. Come sempre era
impeccabile anche di prima mattina. — Ognuno ha dato una mano.
All’improvviso
si sentì uno scoppiettio e l’ologramma di Magnus Bane spuntò dalla
radio, cantando We wish you a Merry
Christmas. Il Presidente Miao in versione fantasma lo seguiva,
intonando l’accompagnamento con le fusa e dei sommessi miagolii.
Terminato il
siparietto musicale lo Stregone sfoderò un sorriso a trentadue denti,
disse: — Stasera a cena da noi! Portate il dolce, mi raccomando — e
scomparve con uno sbuffo di vapore glitterato.
Istintivamente
tutti si allontanarono da Isabelle. — Andiamo! — sbottò lei, irritata.
— Siate più buoni, è Natale!
Jace formò una
croce con gli indici. — Vade retro,
Satana! Vuole ucciderci!
— Non ci
ucciderà — promise Simon. — La terrò lontana dalla cucina.
Gli occhi di
Iz brillarono maliziosi mentre si voltava verso di lui. — E come
vorresti farlo?
Simon arrossì
e balbettò tre o quattro parole senza significato.
— Faresti
meglio a cominciare a pensarci, fratello — consigliò Jace, dandogli una
pacca su una spalla. — Isabelle è una tosta.
— Bene —
concluse Clary. — E adesso — afferrò Jace per un braccio e lo spinse in
camera, — ci si mette ai fornelli!
Per fortuna Simon
riuscì a tenere alla larga Isabelle grazie al semplice espediente di
farla giocare con Lorianne. Inizialmente voleva scendere in cucina per
“dare una mano a Clary e Jace” – ossia architettare in un modo subdolo
e meschino la loro morte – ma alla fine la bambina, con i suoi occhioni
verdi e imploranti, l’aveva convinta a restare.
Simon si
fiondò giù per le scale e raggiunse i due, che intanto avevano aperto
ogni singolo sportello, anta o cassetto disponibile per trovare il
forse inesistente libro di ricette di Maryse.
— Scusate un
secondo — obiettò. — C’è Internet.
Clary si
bloccò di colpo, subito imitata da Jace. Entrambi si girarono
lentamente e sussurrarono: — Già.
Simon sospirò
sarcasticamente e recuperò il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
Passò un minuto buono a imprecare tra i denti perché come al solito la
pagina impiegava ore a caricarsi a causa delle pareti dell’Istituto che
bloccavano il segnale del wi-fi, ma alla fine l’ebbe vinta. — Che ne
dite di un tronchetto? — Mostrò loro la foto e la ricetta, che sembrava
abbastanza facile. — Mi ispira parecchio.
— Va bene —
acconsentì Clary, spalleggiata da Jace. — Facciamolo.
Così, a colpi
di farina, burro, zucchero, uova – Jace si assicurò personalmente che
non fossero di anatra – e latte, alla fine il dolce fu pronto per il
forno. Si preoccupò Simon di controllare la cottura, mentre Clary e
Jace si erano appartati chissà dove a fare chissà cosa.
Ghignò sotto i
baffi. I piccioncini erano incredibili. E si erano persi la parte
migliore: ricoprire tutto il tronchetto con cioccolato fondente fuso.
In seguito,
facendo quattro conti, Simon si rese conto che si era spazzolato più di
un quarto del cioccolato durante la preparazione, quindi il tronchetto
risultò un po’ più pallido di come sarebbe dovuto apparire. Ma chi se
ne importava.
Lo mise in una
tortiera e lo infilò nella credenza per nasconderlo a occhi indiscreti
– agli occhi di Isabelle, che chissà come mai ultimamente stava
mangiando più del normale – e se ne tornò in camera, sperando che
Magnus non decidesse di ricadere nelle vecchie abitudini e invitare,
quella sera, anche l’intero Sottomondo di New York.
Il loft di Magnus
era alquanto luminoso, il che non era insolito data la quantità
industriale di lustrini e glitter che lo Stregone amava mettere dappertutto. Ma in occasione della
Vigilia di Natale ogni singolo angolo della casa risplendeva di lucine
colorate che si accendevano e si spegnevano a intermittenza. Perfino il
collare del Presidente Miao pareva una palla da discoteca.
Sugli stipiti
delle porte Magnus aveva appeso del vischio, che campeggiava anche a
centrotavola in linea con il servizio di piatti e bicchieri – presi in
prestito da un negozio sulla Quattordicesima nel quale pensava di fare
un salto, presto o tardi.
Le ragazze,
compresa Lorianne, entrarono per prime. Isabelle si lanciò in una
polemica con il fratello sui gusti discutibili dello Stregone, mentre
Clary e Lori, sedute sul divano, spostavano lo sguardo dall’uno
all’altra come in una partita da tennis.
Jace e Simon,
bagnati come pulcini, le raggiunsero di corsa, inzaccherando di neve
l’atrio di Magnus, che subito accorse urlando: — VIA DAL MIO PAVIMENTO!
— Poi alzò la testa e sorrise. — Baciatevi.
Loro gli
scoccarono una di quelle occhiate a metà tra il compassionevole e il
disgustato che si riservano solitamente agli internati nei manicomi. —
Cosa? — chiesero in contemporanea.
— Il vischio.
— Magnus lo indicò, ancora con quel sorrisetto irritante sulle labbra.
— Dovete baciarvi, se siete sotto il vischio.
I due
impiegarono qualche secondo per registrare la risposta, si guardarono
nauseati e gridarono: — CHE SCHIFO! — rabbrividendo.
— Ehi —
replicò lo Stregone. — Siete in casa mia e fate quello che dico io. —
Con un cenno della mano evocò un getto d’aria calda che li asciugò e
ripulì il pavimento. — E adesso venite a tavola, bambini.
Magnus credeva di
averli avvertiti che la cena sarebbe stata tutto meno che leggera.
Invece si accorse di non averlo fatto, in quanto Clary cominciò a
lamentarsi dell’eccessiva quantità di calorie presenti in ogni piatto.
Compreso l’aperitivo, ossia delle semplicissime tartine con gamberetti
affogati nella maionese.
Oddio, forse i
due primi erano un po’ eccessivi. Già, magari alla lasagna con frutti
di mare, zucchine e provola non sarebbero dovuti seguire gli spaghetti
al sugo d’astice, no. E anche il baccalà e gli scampi pastellati e
fritti non si potevano definire dietetici.
La botta
finale fu data dal dolce, che mandò definitivamente tutti dritti sul
divano, sazi come mai prima.
Mentre Chrysta
e Lorianne giocavano sul tappeto, Clary si lanciò in una questione su
come avrebbe ritrovato la linea se il suo futuro cognato – dal quale
erano invitati a pranzo una domenica sì e l’altra pure – avesse
continuato a cucinare pasti così pesanti. — Mi spiegate come riuscirò a
smaltire i chili della gravidanza? — concluse sospirando lamentosamente.
— Clarissa
cara — obiettò lo Stregone, — non hai un filo di pancia né hai preso
peso durante la gravidanza, tanto che ti sei accorta di essere incinta
solo poco più di una settimana prima del parto. Ti converrebbe mettere
qualche chilo piuttosto che perderlo. — La squadrò con aria critica. —
Sei un grissino.
— Una mazza da
scopa vestita* — puntualizzò Jace.
— E dai,
adesso smettetela — sbottò Isabelle. — L’allenamento da Shadowhunter è
un ottimo metodo per dimagrire. Guardate me. — Arricciò le labbra in
una smorfia di dissenso quando Simon prese a far finta di scattarle
fotografie con un’invisibile macchina professionale. — Anni e anni a
mangiare le schifezze di Taki’s e non ho mai superato il peso forma.
Su, Clary, non ti demoralizzare.
— Ecco —
ribadì Magnus. — Sennò non mi fai felice.
Alec scoccò
una strana occhiata al suo fidanzato, ormai futuro marito. — Non so se
la sua improvvisa passione per la cucina sia un bene o un male... ho
paura che inizierò a trovare i glitter anche nei piatti.
— Oh, ma ci
sono già — gongolò Magnus. — Ho apportato una piccola modifica al sapone della
lavastoviglie. Ora sì che è Fairy.
Alec,
terrorizzato, fece per alzarsi e andare a controllare, ma proprio in
quel momento l’orologio batté la mezzanotte.
Dai regali
sotto l’albero si levò un fumo rosso dall’odore caldo e speziato di
cannella e zenzero, che si condensò in una figura alta, rotonda e
barbuta: un Babbo Natale firmato Magnus Bane. Brontolò: — Oh oh oh, Merry Christmas! —, diede
un buffetto sulla guancia di Lorianne e Chrysta e consegnò loro dei
pacchetti, salutò gli altri con la mano guantata di nero e svanì al
suono di campanelli.
Le bambine,
seppur non avessero palesemente capito nulla dell’accaduto, risero ed
esultarono. Chrysta saltò in braccio allo Stregone, che le arruffò – si
fa per dire – i capelli ricci e le prese il naso tra due dita. — Il
Sommo Stregone di Brooklyn non si smentisce mai.
Il salotto di
Magnus fu sommerso da carta decorata, nastri, coccarde e scontrini
vari. Tra i suoi regali figuravano un completo sciarpa-cappello-guanti
a fantasie psichedeliche da parte di Clary e Jace, un cappotto dal
taglio sartoriale da Alec – era ovvio, dati i suoi gusti minimali – e
un semplice ma gradito buono da cinquanta dollari per Sephora da Simon
e Isabelle (— Non sapevamo cosa prenderti, ormai hai la profumeria
intera in quel bagno — disse lei).
Lui invece
aveva regalato ad Alec un jeans e un maglione con finte macchie di
colore, a Jace un trattato sulla storia e sull’evoluzione delle armi e
del combattimento corpo a corpo, a Clary e Isabelle una giornata intera
in una SPA della Florida – con tanto di volo e tasse aeroportuali
pagati – e a Simon un’edizione particolare del Codice, sperando che
potesse essergli d’aiuto per la direzione dell’Istituto.
Chrysta e
Lorianne avevano ricevuto da parte sua e di Alec una struttura da gioco
per interni, adattabile a qualsiasi tipo di stanza, comprensiva di una
vasca piena di quelle adorabili palline di plastica nella quale anche
la persona più matura del mondo non avrebbe esitato a farsi un tuffo.
Non aveva
prestato attenzione ai regali degli altri, soprattutto perché le
palpebre cominciavano a diventare pesanti.
— Sapete una
cosa, ragazzi? — disse, quando finalmente ogni scatola fu aperta e ogni
busta strappata. — Mi avete fatto dei regali stupendi, eppure l’unica
cosa che avevo chiesto per Natale era di poter stare con voi. — Li
fissò a uno a uno. — In tutta la mia secolare vita non credo di essere
mai stato così felice. Grazie.
Tutti
sorrisero, lo abbracciarono e si abbracciarono a vicenda, e da qualche
parte nell’estremo Nord, in una terra chiamata Lapponia, un uomo
chiamato Santa Claus se ne andò a letto, contento di aver portato gioia
per un altro anno.
Non mi andava di fare una NDA a ogni capitolo, quindi eccomi
qui, alla fine di tutto (DAN DAN DAN DAAAN). Detto così sembra orribile
*brr*
Insomma, ho notato che specialmente su Efp questa raccolta – è anche
improprio chiamarla così... forse è meglio “minilong” – ha ottenuto
parecchi consensi. Mi sa che mi conviene scrivere più spesso delle
storie a tema...
Avrete notato che i nostri amati personaggi sono probabilmente un po’
OOC, in primo luogo Isabelle e Jace – lo so che con loro vado spesso
OOC, ma ricordate sempre che siamo a sei/sette anni dalla fine di CoHF
e che le persone cambiano – e che il loro Natale è tutto meno che
americano. Okay, non so cosa mangino gli americani alla Vigilia (vi
sembrerà molto strano, ma Internet è muto in proposito) né se si
ingozzino come noi, quindi ho inventato tutto di sana pianta modellando
le vicende, in particolare questo capitolo, su ciò che succede a casa
mia.
* “mazza da scopa vestita”: gentilissimo epiteto usato da mia zia
Stefania per descrivermi. Parla lei, poi.
Spero di avervi fatto ridere o perlomeno sorridere. Ho provato a essere
ironica; fatemi sapere, per favore, per piacere, per misericordia
cristiana, per carità di Dio, se ci sono riuscita.
A parte questo... capitolone di Living the Present in arrivo. Sarà tipo
il... *fa quattro conti*... terzultimo, senza considerare l’epilogo con
il matrimonio della Sizzy e la nascita dei gemelli.
A tal proposito avete letto in questo testo lo strano appetito di
Isabelle e il modo in cui rincuora Clary. Sono riferimenti velatissimi
alla sua gravidanza, che però spero abbiate colto. In Hearts are
Breakable scrivo che Iz scopre di essere incinta agli inizi di
dicembre, quindi al tempo di questa storia già lo sa.
Bene, adesso vi lascio e me ne vado al cinema con papà (perché
ovviamente mamma diserta e mio fratello l’avremmo comunque lasciato a
casa anche se avesse voluto venire) a vedere Il Professor Cenerentolo,
di Pieraccioni. L’ha girato a Ventotene, Gaeta e Formia,
rispettivamente l’isola dove vado un anno sì e un anno no per la festa
di Santa Candida, la città in cui sono nata e quella in cui vivo. Se
avete visto il trailer, la scena sulla barca con la Chiatti è stata
filmata al Porticciolo Romano, dove io vado in palestra (*w*).
Ovviamente non l’ho mai beccato mentre girava. Uffa, volevo
l’autografo. O almeno una foto.
Okay, la smetto.
Grazie di essere passati a leggere, e sperando di risentirci per gli
auguri di Buon Anno vi faccio in anticipo gli auguri di un Buon Natale,
Federica
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