Non
mi erano mai capitate ancora tutte quelle cazzate che raccontano
sull'amore riguardo il sentirsi finalmente a casa grazie ad uno
sguardo. Io guardavo tutto ciò di puramente superficiale e
quando
toccavo la pelle e graffiavo con le unghie l'unica cosa che volevo
davvero era sparire perché niente mi aveva mai fatto sentire
così
viva.
Il
problema viene dal ripensare a ciò che accade. Uno ci pensa
mille
volte, così tanto che sembra quasi un sogno che si sublima,
e
diventa inafferrabile. Siamo esistiti davvero? O era vero solo in un
angolo del mio cervello. È esistito davvero? Non siamo veri,
noi.
Non sono reale, io. Sono l'espressione di ciò che vorrei
essere e
vorrei non pensare
non
vivere
non
dire
vorrei
non essere oltre che non essere reale.
Mi
piaceva come mi avevi guardato alle ventitré di
lunedì ventitré.
Come dire 'rimaniamo' e io volevo solo andarmene nel mio mondo
piccolissimo.
Avevamo
osservato per ore il contrasto tra la tua pelle abbronzata e la mia
così grigia così blu e così malata.
Avevamo sorriso della mia
sventura ed il sangue aveva ripreso a scorrere, avevamo pensato a
come fossimo stati sfortunati a nascere.
Poi
ti eri innamorato di quella ragazza con gli occhi del colore della
mia pelle e avevo capito tutto.
A
giorni ero depressa e mi rinchiudevo nel luogo più buio del
mio
cervello cercando di trovare una cura per l'infelicità e mi
struggevo perché il ricordo del tuo profumo era
così vivido.
A
giorni semplicemente non me ne importava, stavo lì e mi
fumavo una
sigaretta dopo l'altra guardando il gatto farsi le unghie su una
scatola di cartone e a tratti sorridevo e annuivo a tempo con la
musicalità del vento che faceva muovere le foglie.
Forse
ero confusa.
Forse
non ero abbastanza innamorata.
Forse
era un modo per sopravvivere.
Non
ero più venuta a nessun appuntamento di lunedì
alle ventitré,
perché vederti avvicinare mi faceva pensare al motivo per
cui
trovavi così bello guardare la mia pelle leggermente
cianotica e per
cui mi dicevi sempre che ero come il mare.
Erano
i suoi occhi.
Lei era bellissima, più di te
sicuramente.
Tu
non eri bello: avevi i capelli sempre spettinati ed il naso di una
forma strana.
Amavi
stare in silenzio a contemplare il nulla, non mi ascoltavi quando
parlavo, ridevi ad intervalli più o meno regolari e,
guardando la
mia espressione, sapevi sempre quando annuire o dissentire.
Quando
non sapevi cosa dire fingevi di essere pensieroso; “Tu sei
come
l'autunno”, confermavi ogni volta, e non capivo mai
esattamente
cosa intendessi: se fosse per l'aspettativa dell'inverno o per la
malinconia lasciata dall'estate.
Comunque
io sorridevo sempre, cercando di non pensare troppo a quello che
succedeva accanto a me, lasciando che la vita scorresse alla mia
destra e alla mia sinistra, contando i giorni in cui ero riuscita a
vivere senza decidere di innamorarmi.
La
mia vita era ciclica e mi sembrava ripetersi infinitamente ogni volta
con lo stesso panorama al variare delle stagioni, mentre tu eri
circondato da persone diverse che si divertivano a giocare con la tua
pelle e ti marchiavano così tante volte che a periodi
tememmo anche
che tu non fossi più tuo: eri affascinato da tutto quello
che ti
estraniava dall'essere te.
Ti
eri innamorato di quella ragazza che non riusciva a capire quanto tu
fossi nocivo per te stesso.
Non
ero stata così male nemmeno quella volta in cui avevi
saltato un
lunedì alle ventitré e avevo temuto il peggio. Il
lunedì dopo eri
di nuovo lì, seduto sulla solita panchina, mi avevi guardato
e
semplicemente avevi sorriso. Avevamo fatto l'amore sperando che non
passasse nessuno da quella via troppo buia e troppo in centro alla
città.
Dopo
quel giorno avevo pianto tante notti per paura che tu morissi.
Ti
eri innamorato di quella ragazza ed io avevo capito che il mio
egoismo non ti avrebbe trattenuto ulteriormente, avevo capito che
potevo tornarmene finalmente nel mio mondo piccolissimo
a
guardare gli altri che mi camminano intorno
a
fare da spettatore passivo alla mia esistenza.
Mi
avevi chiesto di non sparire.
Non
ci eravamo mai più visti, mai più sentiti, sapevi
che se ti fossi
fatto vivo, mi avresti distrutto.
Perché
ti eri innamorato di quella ragazza?
Lei
rideva sempre e non ti aveva mai guardato davvero, mi guardava come
se io non avessi importanza, eppure tu l'avevi scelta, ed io ero
rimasta con la consolazione della tua felicità, fingendo che
il
resto non mi importasse.
Avevo
pianto tante altre notti
per
paura che tu morissi,
ma
evidentemente non erano bastate.
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