Don't stop dancing
Don't stop
dancing
“I rischi.
Come ci rapportiamo a loro dice molto su noi stessi.
Ogni giorno, ogni momento, facciamo calcoli, valutazioni, discutiamo,
prendiamo decisioni.
Ma quando si arriva al dunque, la verità è che se
vuoi affrontare dei rischi, l'unica cosa che conta... è
quella di correre quelli adatti a te.”
Being Erica.
Camminava, avanti e indietro,
nervosa e incerta, e ogni passo la rendeva ancora più
concitata per
via del rumore esasperante dei tacchi; se avesse potuto li avrebbe
gettati via da una finestra, riservando poi al vestito la stessa
fine, non senza essersi prima cambiata d'abito e rinchiusa in camera.
«Che
assurdità, un ballo qui alla DEAVA! E ancora più
assurda io che mi
sono lasciata coinvolgere dall'entusiasmo delle ragazze: sono
ridicola»
fece, sperando poi che
nessuno l'avesse udita.
Non aveva molta voglia di
essere lì e non nascondeva a se stessa che avrebbe preferito
di gran
lunga restare a leggere, stesa sul letto e avvolta dal tepore del
plaid che l'avrebbe accompagnata nelle avventure del regno del
Ferelden: era stata completamente conquistata da Il trono
usurpato.
Si
strinse nelle spalle, appoggiandosi a una parete; non era ancora
uscita dalla sua stanza e già immaginava alcune scene che
avrebbe
visto nella sala adibita per l'occasione a salone da ballo: un vorace
Apollo che si gettava impavido su tutto il buffet – lasciando
solo
le briciole – mentre Silvia lo rimproverava
a modo suo,
Sirius che
conquistava
tutti con
il suo portamento,
elegante anche quando danzava, un timido Jun che
cercava
di farsi coraggio
per
chiedere a
Tsugumi di ballare
e, per
ultimo,
il colossale grande idiota
che faceva
il cascamorto con tutte.
Al
solo pensiero di lui il cuore batté più
velocemente e immaginò,
seppur per un attimo, come sarebbe stato ballare con lui, ma il
pensiero si dissolse immediatamente, certa che non sarebbe mai
accaduto.
Andò
di fronte lo specchio, osservando il vestito: era davvero bello e si
sentiva affascinante
indossandolo;
dovette dare
ragione alla principessa fessa
che le aveva consigliato di prendere quell'abito, per poi essere
approvato anche dalle altre ragazze. Le donava e le dava un'aria
sognante, così lontana dal suo apparire rigida e distaccata.
“Chissà cosa
penserà
vedendomi con questo vestito”,
pensò, ma anche questa riflessione sparì come una
bolla di sapone
scoppiata, all'istante.
Scosse
il capo, decisa a non pensarci più e, risoluta, prese il
coraggio a
due mani e aprì la porta per raggiungere le amiche; si
sarebbe
comunque divertita,
almeno così sperava.
***
Pierre
la stava aspettando, non vedeva l'ora che mettesse piede in quella
sala e non appena la vide non poté fare a meno di sorridere.
La guardò muoversi: aveva
un'andatura delicata che non avrebbe mai associato – a primo
impatto – a quella ragazza che non perdeva occasione per
tirargli
un libro sulla fronte, colpendolo in pieno, ogniqualvolta superasse
il limite con le sue battutine o con il suo osservarle le gambe,
sbirciando sotto la gonna.
L'abito
di satin bordeaux sembrava muoversi sinuoso assieme a lei a ogni
passo, a ritmo con il sottofondo musicale che infondeva allegria.
L'oro
delle decorazioni catturava le luci del salone ed
esaltava l'incarnato
pallido
di lei, specie sul collo e sulle spalle lasciate elegantemente
scoperte; Pierre pensò che sarebbe stato piacevole farla
rabbrividire, carezzandole la schiena nuda.
Il
ragazzo continuava a fissarla, grato del fatto che lei fosse ancora
lontana: forse non si sarebbe accorta che la stava osservando
intensamente.
L'orgoglio
gli fece drizzare la schiena quando lei si avvicinò e i loro
sguardi
si incrociarono; si sorrisero, ma non
fu loro possibile
scambiare
qualche parola.
«Senpai-Pierre,
vorrei chiederti un consiglio...»
iniziò Jun, osservandosi le scarpe.
«Vuoi
chiedere a Tsugumi di ballare, non è vero? Sicuramente non
le
proporrai una danza guardandoti i piedi, voglio sperare!» le
parole
ottennero il risultato che Pierre aveva sperato. Jun arrossì
vistosamente e la sua risposta fu una conferma.
«E-ecco,
io, veramente...» balbettò
«sì, senpai, ma non ci riuscirò
mai.»
«Mostrati
più sicuro di te. È una cosa che vuoi con tutto
te stesso, giusto?»
«Sì,
certo.»
«Allora
non essere timido, non tentennare, vai da lei e ti fai
avanti»
proseguì con tono fermo, convinto delle sue parole, non
ammettendo
repliche.
«E
se dovesse dirmi di no?» fu la successiva – lecita,
ammise Pierre
– domanda dell'amico.
«Avrai
avuto almeno il coraggio di provarci e non restare con il rimpianto
derivato dalla paura.»
Mentre
pronunciava quelle parole, i suoi occhi si
indirizzarono istintivamente verso Chloe, accorgendosi che lo stava guardando.
La
vide torturarsi un ricciolo mentre parlava con Reika, sembrava
pensierosa e Pierre notò che la sua acconciatura era molto
semplice
e lassa; stava osservando ogni piccolo dettaglio e sorrise: si era
aspettato un austero chignon che però non aveva, conoscendola.
Si
diede dello stupido da solo, correggendosi mentalmente.
“Chi
mi dice che io la conosca da quel poco che ci ho interagito?”
si chiese, dandosi la risposta da solo.
Quello
che sapeva di lei era poco, troppo poco; era bastato per colpirlo, ma
non era sufficiente; non lo era nemmeno per Chloe, pensò,
che aveva
visto qualcosa di lui, ma probabilmente si era fatta un'idea
sbagliata.
Si
maledisse per esser stato così imbecille, ma contava di
rimediare al
più presto, anzi, sperava.
In
quel momento la musica cambiò e Pierre riconobbe un ritmo a
lui
molto familiare; gli sarebbero bastate sempre pochissime note per
distinguere quella danza propria della sua terra, che lo aveva
visto crescere sotto il sole e il calore della sua famiglia: la
samba.
Gli
sovvennero immagini della sua amata San
José,
del campo di calcio in cui aveva iniziato a compiere i primi piccoli
passi di quello sport che sarebbe diventata la sua più
grande
passione che ardeva in lui come una viva fiamma –
letteralmente –,
il sostegno dei cari, l'affetto e l'amore di Esperança.
Esperança...
l'aveva rivista poco tempo fa ed era bella come la ricordava, allegra
come non avrebbe mai potuto essere il giorno delle sue nozze.
Adesso, quando ripensava a
lei, non aveva più motivo di essere triste, ricordando
avvenimenti
lieti che avevano condiviso assieme e che dapprima erano diventati
nel suo animo più pesanti di un macigno.
Erano i bei ricordi che
permettevano alle persone di avere un posto nel suo cuore, anche se
passati, ma era fermamente deciso di volerne costruire altri, non
guardando più con nostalgia ai giorni trascorsi, ma con la
consapevolezza di poter essere ancora felice.
Avrebbe corso il rischio, il
rischio di essere felice, un rischio adatto a lui, unito alla sua
voglia di ricominciare.
Vide Chloe parlare col
fratello – sempre in mezzo come il prezzemolo nei
pasti, quello,
commentò con se stesso –, ma con passo deciso
andò da lei.
Le
avrebbe sorriso, sperando che arrossisse, specie sul naso, adorava
quando succedeva.
«Chloe?»
la chiamò, stando bene attento a non sfiorarla
accidentalmente, per
quanto la tentazione di toccare quelle spalle fosse palpabile.
La
ragazza si voltò; fu contento di vederla sorridere e di
vedere sul
volto di Kurt un'espressione di vivo disgusto.
«Dimmi,
Pierre.»
Pierre
sfoderò il suo sorriso più luminoso e si rivolse
ancora a lei. A
dispetto del rumore attorno a loro, avrebbe potuto sentire ogni
minimo sussurro di lei, la sua attenzione era tutta per Chloe.
Fece
un inchino e prese la sua mano destra con delicatezza tra le dita,
avvicinando le labbra, ma si fermò per un attimo, fissando
Chloe
negli occhi.
Chloe
avvertì il respiro di Pierre sulla sua propria pelle e rabbrividì,
le gote di nuovo rosse.
Le
baciò le nocche, teneramente, assaporando il sapore della
pelle
fruttata di Chloe con le labbra e sentendola sospirare, mentre
stringeva in risposta la sua mano.
«Minha
querida,
ti andrebbe di ballare con me?» sussurrò,
sfiorandole ancora le
dita, prolungando quel contatto.
Chloe
annuì, sorridendogli ancora e, prima che Kurt potesse
blaterare
anche solo
un
“ma sorella, non puoi!”, la trascinò
sulla pista da ballo,
facendola volteggiare e deciso a voler conoscere la vera Chloe.
*Informazioni
e note*
Nome
autore (su forum e sito):
Layla Morrigan Aspasia sul forum, _Branwen_ sul sito.
Titolo
storia: Don't stop
dancing.
Pacchetto
scelto:
“Fuoco”.
Fandom:
Sousei no Aquarion.
Personaggi:
Pierre Vieira, Chloe Klik.
Pairing:
Pierre/Chloe.
Introduzione:
«Che
assurdità, un ballo qui alla DEAVA! E ancora più
assurda io che mi
sono lasciata coinvolgere dall'entusiasmo delle ragazze: sono
ridicola»
[…]
«Minha
querida, ti andrebbe di ballare con me?»
Note
dell’autore:
Nella mia mente ho
sempre pensato che la DEAVA potesse avere similitudini con la scuola
del prof X e un liceo statunitense. L'idea di un ballo come missing
moment lo trovo plausibile e lo colloco dopo Il
primo amore dell'Aquarion,
episodio in cui
facciamo la conoscenza
di Esperança.
I
nomi San José
ed Esperança (diciamocelo,
è proprio da cliché delle soap latine, questo
nome!) sono
in portoghese, lingua del Brasile, così come l'appellativo
“minha
querida” (“mia cara”). Ho pensato che
potesse essere bello
oltre che più intimo il rivolgersi di Pierre a Chloe nella
sua
lingua, una cosa che farebbe solo con lei. Sono
una romanticona, lo ammetto.
La
formattazione per i dialoghi è quella usata dalla Mondadori
(cavallo
preferito non si cambia) e oltre alla citazione nel pacchetto ho
inserito – citandoli – “letto”
e “passione” e l'azione
“maledirsi per essere stato stupido”.
Il
titolo viene dall'omonimo
brano dei Creed, mia grande fonte di ispirazione, e Il
trono usurpato è
uno
dei miei ultimi libri letti.
La
faccenda del "prezzemolo in ogni pasto" è un'espressione
popolare delle mie parti per indicare una persona presente sempre nei
momenti meno opportuni e l'ho data a Pierre.
Un
grazie di cuore a emmevic
per il betaggio e per la consulenza.
Spero
che possa piacere e divertirvi così come io mi sono
divertita
scrivendola. Buona lettura e grazie per l'attenzione.
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