Il Canto di Jorgen

di Lyra Lancaster
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Canto I

Mille e più anni sono trascorsi dai fatti di allora, ma l’eco degli eroi ancora si ode nei nostri tempi di sventura.

Di Jorgen che portó la luce e del suo viaggio voglio narrare. Assistimi o Musa e reggi la mia penna fino all’ultima riga, affinchè il mio canto sia vero, puro e lieve e nel cuore delle genti ispiri il giusto cammino da seguire.

Il nostro racconto inizia nella foresta di Wandbonn, quando re Jorgen si fermó dietro ad un tasso per prendere fiato dopo il lungo viaggio iniziato due giorni prima.

La luna era una falce sottile nel cielo, le stelle la accompagnavano e la notte era nera. Non un gufo turbava la notte e i mirti lasciavano che il loro profumo avvolgesse il mondo intero.

Jorgen era stanco per la lunga camminata attraverso la foresta. Aveva lasciato il cavallo nelle scuderie, perchè sapeva che quello era un viaggio che doveva compiere da solo.

Troppo irti si intrecciavano i rami  sul cammino, e Jorgen sapeva che non avrebbero permesso a Donnermacht di farsi largo. Ecco perchè Jorgen non poteva contare su null’altro se non le proprie forze, in quel momento.

La Fonte era ancora lontana e avrebbe avuto bisogno di un‘ altra giornata di cammino per raggiungerla e la luna alta gli stava suggerendo di far riposare gli occhi stanchi e continuare il giorno seguente. E cosí sicuramente aveva intenzione di fare.

Posó quindi le armi a terra, si slacció il giustacuore e sedette sul manto erboso. Piccole margherite preziose sbocciavano tra le fragole e i botton d’oro, e appoggió la schiena contro la corteccia dura e scabra del tasso. Le sue bacche rosse splendevano appena, aperte alla luce argentea della luna.

Un suono gentile veniva dalle sue spalle.

Dell’acqua che veniva disturbata.

Jorgen voltó appena il capo e gettó l’occhio al di là del tasso.

Spalancó gli occhi. Un lago calmo, piatto, in cui si specchiava la luna e ne rifletteva i raggi sui pini circostanti, sulle rocce e sulla creatura che lentamente procedeva nell’acqua.

La sua pelle era candida, snelle e sode le sue membra, semicoperte dal manto dorato dei suoi lunghissimi capelli, onde di luce che fluttuavano ad ogni movimento della fanciulla.

O era una divinità? Jorgen distolse lo sguardo, con il respiro affannato, e si aggrappó al tasso. Era quella la fonte? Era già arrivato ed era uno dei pochi prescelti ad aver visto la Signora del Lago?

Tornó ad appoggiare la schiena contro l’albero, cercando di ignorare i fremiti delle onde alle sue spalle. Nemmeno accese il fuoco. Prese la carne essiccata dalla bisaccia e ne mangió un po‘ insieme con dell’acqua. Infine pregó gli dei di soccorrerlo nel suo viaggio, di non fargli smarrire la retta via e di sorreggerlo nei momenti difficili. Si addormentó sussurrando antichi canti votivi agli dei, il cui significato si perdeva nella notte dei tempi.




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