CAPITOLO UNO
“Pilot
(Part I)”
Cosa
c’è in loro da renderci tanto diversi?
Perché sono
seduto qui in mensa, da solo, a guardarli prendere il vassoio del
pranzo,
quando potrebbero essere loro, qui, al posto mio, a parlare di me?
Certo, loro
sono affascinanti, intelligenti, atletici, dal sorriso ingannevole e
dalle
parole persuasive; Insomma, piacciono a tutti i tipi così:
Insieme, formano il
gruppo perfetto. Nessuno osa mettersi contro di loro. Sono rispettati
senza
dover fare praticamente nulla e senza pretenderlo. Cosa ho sbagliato?
Esclusi
alcuni miei difetti fisici e pessime scelte di moda, non ho sbagliato
niente; Eppure
sono qui: emarginato e preso continuamente in giro.
Anthony
Dimitri, invece, nonostante giri per la scuola
con quell’aria arrogante e prepotente, è comunque
amato e, questo, perchè ha la
perfezione dalla sua parte: l’altezza, i suoi capelli neri,
così dark, e quel
fisico snello ma piazzato allo stesso tempo. Perfetto. Quello che non
sa, però,
è che la perfezione può essere smascherata e
quando vedi le persone per come
sono davvero sotto quel velo di apparenza costruita ad arte, ecco che
diventano
esattamente come te. Non c’è più
differenza, diventiamo esattamente uguali e, magari…potrei
risultare anche migliore!
Il
gruppo di ragazzi più popolari della scuola di
Rosewood era appena entrato in mensa e, con il vassoio del pranzo tra
le mani,
si stavano dirigendo ad uno dei tavoli.
Non
erano i tipi da tavolo fisso, si sedevano ovunque
volessero. Anthony, però, il leader della sua cricca, decise
che il tavolo al
quale sedersi quel Martedì per pranzare, doveva essere
quello occupato da
Albert Pascali.
Insieme,
si avvicinarono, tenendosi dietro ad Anthony.
Dietro alla sua ombra.
“Stai
occupando il tavolo
in cui vogliamo sederci per pranzare. Ti
dispiace…lasciarlo!” infierì Anthony,
arrogante e con il solito sorriso beffardo, di chi amava deridere il
prossimo,
cercando subito lo sguardo complice dei suoi compagni per farlo sentire
ancora
più a disagio.
“Ci
sono molti altri tavoli
liberi!” replicò Albert, inaspettatamente. Quel
sottile tono di ribellione,
sembrò rimbombare in tutta la sala, attirando
l’attenzione di tutti.
Anthony,
accorgendosi di
avere tutta la scuola a guardarlo, fece il giro del tavolo,
posizionandosi accanto
al ragazzo, minaccioso: “Te lo dico per l’ultima
volta, - squadrò i suoi
abiti da cima a fondo – Maglione
della Nonna …TOGLITI-DAL-NOSTRO-POSTO!”
L’altro
sorrise, quasi a
provocarlo: “Ho detto NO! E mi chiamo Albert, non Maglione della Nonna, ok? Posso anche non
aver mai reagito alle tue
prepotenze, gli anni scorsi, ma quest’anno non mi
lascerò trattare come una
pezza da piedi da uno come te!”
Anthony si
guardò attorno,
notando qualcuno che annuiva e storceva il naso, come a dare ragione al
suo
avversario. Quella, allora, fu la molla che gli fece perdere la
pazienza.
L’intera mensa sobbalzò, nel momento in cui prese
Albert per la camicia e lo
sollevò dalla sedia: “E come sarei io, eh?
– poi gli sussurrò qualcosa ad un
centimetro dal suo naso – Qui nessuno è dalla tua
parte, nessuno si alzerà per
difenderti, capito? Le persone che vedi sedute qui intorno, hanno avuto
la
fortuna di non essere dei totali sfigati come te…E quando
non sei uno degli
sfigati della scuola, ti piace guardare lo spettacolo!”
Uno dei quattro
amici di
Anthony, Sam Havery, nell’indifferenza circostante, fece
sentire la sua voce,
intimando all’amico di fermarsi: “Dai, lascialo
perdere. E’ solo un tavolo!”
Naturalmente,
non venne
ascoltato.
Uno dei
professori, appena
entrato in sala mensa, non potè non notare la scena. Corse
immediatamente a
separare i due o, perlomeno, salvare il povero disagiato.
“Dico,
siamo impazziti?
Fare questo tipo di scenate QUI, nella mensa della scuola, con tutti
che vi
guardano? – mentre parlava, spostava lo sguardo verso
entrambi i ragazzi, poi,
solo verso il vero bullo della situazione – sarò
costretto a convocare i suoi
genitori, Dimitri!”
Quello,
immediatamente,
impallidì, cercando di non darlo troppo a vedere:
“Non credo ci sia bisogno di
chiamare nessuno. Non ne vale la pena. E, ora, se non le dispiace, io e
i miei
amici vorremmo pranzare. – si mossè - Ci spostiamo
ad un altro tavolo!
Il professor
Palmer, però,
non lo lasciò andare via senza un’ultima
raccomandazione: “Non voglio più
assistere a scene ti questo tipo, intesi? – quello si
andò a sedere, seguito
dai suoi compagni, senza nemmeno voltarsi - Vedete di non mancare alla
mia
lezione, alla quinta ora!” e se ne andò, subito
dopo essersi accertato che
anche Albert si era calmato, risedendosi.
E poi, come in
ogni liceo
Americano che si rispetti, tornarono tutti a farsi gli affari propri,
chiacchierando e mangiando, come se nulla fosse successo; come se il
bullismo
scolastico fosse di routine.
Nonostante
fossero seduti
lontano, però, Anthony ed Albert si scambiarono un ultimo
sguardo fulmineo.
“Non
pensavo che Albert
Pascali si sarebbe mai ribellato!” commentò Rider
Stuart, ora che erano
finalmente seduti a pranzare. Un tipo intellettuale, di piccola
statura, gli
occhiali neri sulla punta del naso, il capello riccio e castano. Un
libro sempre
con sé, aperto su una mano, mentre con l’altra
usava la forchetta per
imboccarsi.
“Beh,
ha avuto quello che
si meritava: essere umiliato!” esclamò Anthony,
ancora livido di rabbia in
viso.
“Avete
visto il maglione
che indossa oggi? Cos’è, hanno aperto un mercatino
con i vestiti smessi di Rory
Gilmore dal set della prima stagione?” prese parola anche
Eric Longo, il tipico
ragazzo egocentrico che pensa solo al suo aspetto. Nel parlare, non
perse occassione
per aggiustarsi i suoi ciuffi biondi sulla prima superficie riflettente
che
incontrava con lo sguardo. Come quella del vassoio, in questo caso. Il
filo di
barba in viso lo rendeva ancora più attraente. Si sentiva, attraente.
Sam, invece,
meno cinico
rispetto ai compagni, snello e fragile, moro e di media altezza,
sembrò trovare
assurdi i loro discorsi: “Voleva solo pranzare in pace a quel
tavolo, non c’era
bisogno di umiliarlo!”
L’ultimo
di loro, Nathaniel
Blake, un tipo da felpe e tutte sportive, moro anche lui e fisico
atletico, condivise:
“Sono d’accordo, se ne stava per conto suo. Potevi
evitare, Anthony!”
Quello,
irritato, lanciò
un’occhiataccia a tutti e due: “Non ho chiesto la
vostra opinione! – guardò
male anche gli altri due, che gongolavano per non essere stati sgridati
– E
nemmeno della vostra. Dovete solamente ascoltarmi!”
Poco dopo,
lontano, una
ragazza bionda e con i capelli corti, si affacciò alla
mensa, facendo cenno con
le mani ad uno di quelli seduti al tavolo di Anthony.
Quest’ultimo, fu l’unico
a notarla.
“Ma
guardate, c’è Chloe
Friendzoned! Corri, Sammy, corri!”
commentò ironicamente, strappando un sorriso ai presenti.
Sam mise in
bocca l’ultimo
boccone, velocemente. Sempre di corsa, si alzò con il suo
zaino, facendo cenno
alla ragazza che stava arrivando, poi si girò verso Anthony,
seccato dal suo
comportamento: “Devi dare un soprannome proprio a
tutti?”
“I
soprannomi servono a
darti una personalità. Senza, le persone sono noiose e
anonime!” rispose
quello, cinico. Sam se ne andò, non replicando, raggiungendo
l’amica.
Non appena
uscito dalla
mensa, Anthony parlò di lui con gli altri:
“Credete che Sammy sia gay?”
Perplesso, Eric,
distolse
lo sguardo dal touchscreen del suo telefono spento, dentro il quale si
stava
specchiando: “Non lo so, non ci ho mai fatto caso. Di solito
non guardo come si
comportano gli altri!”
“Due
anni fa ebbe una
relazione con quella certa Miranda…”
ricordò Rider, sollevandosi gli occhiali
scivolati lungo il naso, ancora una volta.
“…Ed
è uscito con quella
Jane, ricordate? Ha parlato per ore di quell’appuntamento con
me e Nathaniel.
Vero?” raccontò Eric per poi chiamare
l’amico in causa.
“Sì,
ma a noi cosa importa
alla fine? Perché ne stiamo parlando? E alle sue spalle per
di più? Se lo è o
non lo è, non deve darci di certo una spiegazione, non siamo
degli
inquisitori!”
Anthony
giocò con la
forchetta nel piatto, non pensandola allo stesso modo: “Dico
solo che siamo
amici. Se è gay, perché non ce lo dice? Mi fa
pensare che non si fidi molto di
noi. La cosa non vi offende?”
Rider espresse
il suo
pensiero, non distogliendo mai lo sguardo dal suo libro: “No,
non
particolarmente. Alla fine si tratta di un segreto: chi non ne
ha?”
A quel punto,
Anthony osservò
Rider, malizioso: “Qualcuno ha appena sottointeso di avere un
segreto?”
L’altro
gli fece un
smorfia: “Non essere ridicolo, dietro alle lenti dei miei
occhiali troverai
solo due occhi e un cervello che deve studiare tutto il pomeriggio per
i test
di domani!” e tornò a leggere il suo libro.
Quello,
però, lo stuzzicò
ancora: “Devo leggere tra le righe?”, ma
l’altro si limitò solo ad alzare lo
sguardo per un secondo, per poi riabbassarlo subito.
Scocciato da
quei discorsi,
Nathaniel si alzò: “Io vado, ci vediamo alla
quinta ora!”
Anthony,
però, intuì che c’era
qualcosa che non andava, dall’aria seccata che aveva:
“Che c’è, Nat? Ti stiamo
annoiando con questi discorsi su Sammy…o Rider, che sembrano
avere dei
segreti?”
“Non
ho segreti, smettila!”
replicò l’altro, sbuffando.
“No,
voglio solo andare in
classe e recuperare dei compiti che non ho ancora svolto.
Più tardi ho gli
allenamenti di nuoto e non ho il potere di fare matematica
sott’acqua!”
Poco convinto,
ma senza
darlo a vedere, Anthony lo congedò con un sottile cinismo:
“D’accordo, come
vuoi. Solo…cerca di essere più presente con i
tuoi amici, Nat! Non vorrai di
certo trasformarti in un asociale come gli altri sfigati che girano a
scuola,
spero.”
Con un sorriso
altrettanto
cinico, l’altro replicò: “Tranquillo,
sei già più presente tu con noi. Nessuno
di noi quattro correrà il rischio di trasformarsi in uno
sfigato asociale!” e
si voltò, andosene via.
Non contento
della
risposta, Anthony rimase a guardarlo storto, mentre si allontanavano.
*
Nei corridoi,
nel
frattempo, Sam e la sua amica Chloe stavano cambiando i libri
all’armadietto.
“Ha
fatto dei commenti su
di me come al solito, vero?” chiese lei, fissandolo, mentre
prendeva i libri.
Distratto,
quello chiese:
“Chi?”
Sussultò:
“Anthony, dico!”
Sam,
però, fece il vago:
“Ah, lui? No, in realtà parlava di una ragazza che
era in mensa!”
Ma Chloe non ci
cascò: “Si,
certo! Non sono cieca, guardava verso di me e vi sussurrava cose.
Almeno mi hai
difesa? E’ per colpa sua che sono diventata Chloe
Friendzoned! ”
Esasperato, si
arrese: “E
va bene, parlava di te! Lui parla di chiunque entri nel suo campo
visivo!”
Ora, camminavano
per il
corridoio.
“Continuate
a stare sempre con lui, come se
fosse una calamita che funziona davvero!”
Quelle parole
demoralizzarono
Sam, in quanto assolutamente vere: “Beh, la calamita funziona
ed è anche bella
potente. Non ci posso fare niente!”
“E
tutto perché non vuoi
confessare di quella tua stupida cotta! Se io mi chiamo Chloe
Frienzoned, non vuol dire che anche tu avrai la mia stessa
sfortuna di essere rifiutato da
tre
persone in un semestre!”
“Tu
sei stata respinta da
tre persone, ma credimi…essere respinto da lui è
una batosta che vale quanto i
tuoi tre messi insieme! Inoltre, confessare il mio amore per lui,
sarebbe come
fare coming out con tutta la scuola!”
“Ma
lui non è come gli
altri ragazzi, Sam. Tra tutto il tuo gruppo di amici, lui è
l’unico che non
butterei giù dal Daily planet assieme a Loise
Lane!”
Sam
accennò un sorriso al
sarcasmo dell’amica, poi tornò serio:
“Non parlo di lui, Chloe. Lui non direbbe
mai a nessuno che sono gay, non mi umilierebbe mai. Parlo di Anthony!
Lui usa
questo mio segreto per tenermi attaccato al suo gruppo perfetto, che si
è
raccolto attorno. Dal giorno in cui l’ha scoperto, ha potere
su di me. E quando
Anthony non ha potere su di te, si scatena!”
“Sono
sicura che tiene in
pugno anche Rider, Nathaniel ed Eric con un segreto. Mi rifiuto di
credere che
stiano con lui volontariamente!”
“Beh,
io so che conosce solo
il mio di segreto e non voglio metterlo contro di me. Forse gli altri
sono
veramente suoi amici, forse non hanno segreti.”
L’altra
gli lanciò una
lunga occhiata: “Tutti hanno dei segreti, Sam. Persino il mio
gatto ha un
segreto, ma non lo scoprirò mai perché quando sto
con lui se ne sta fermo come
una statua e non se ne va da nessuna parte. Si muove soltanto quando
non è solo
e la mia vita è troppo breve per scoprire cosa nasconde un
gatto. – fece una
pausa – Comunque, tornando ad Anthony, sappiamo che conosce
il tuo segreto e
che non perde occasione per minacciarti con toni sottili di rivelarlo
in giro,
se non rimani suo amico e annuisci ad ogni sua parola. – era
indignata - Le
amicizie non dovrebbero essere forzate!”
In
quell’istante, Sam
ricordò il giorno in cui Anthony aveva scoperto il suo
segreto: “Beh,
all’inizio non è iniziata come amicizia forzata.
Voleva soltanto un favore!”
FLASHBACK
Sam
si trovava nello spogliatoio della squadra di nuoto, non
c’era
nessuno, deserto. Soltanto una sottile nube di vapore, proveniente
dalle docce,
perché qualcuno, infatti, se ne stava facendo una.
Il
ragazzo, a passi silenziosi, si avvicinò
all’ingresso delle docce,
sentendo il rumore dell’acqua che scorreva, sempre
più forte. Lì, completamente
nudo, Nathaniel Blake, che dopo l’allenamento si stava
concedendo una doccia,
prima di tornare a casa.
Sam
lo trovava bellissimo, i suoi occhi lo ammirarono e restò
nascosto
ad osservarlo. Il più a lungo possibile.
Improvvisamente,
alle sue spalle, arrivò qualcuno: “Ehi, ti sei
perso?”
Era
Anthony Dimitri.
Sam
si spaventò, voltandosi senza fare rumore e rivelare la loro
presenza a Nathaniel: “Ehm, stavo cercando il mio armadietto,
ho lasciato una
cosa!”
L’altro,
perplesso, smontò la sua frase: “Il tuo
armadietto? Sbaglio o
questo è lo spogliatoio della squadra di nuoto? Non mi
sembra che tu abbia il
fisico di un nuotatore. Inoltre, conosco tutta la squadra e non mi
sembra che
tu ne faccia parte, o sbaglio? – si rispose da solo,
gongolando davanti al suo
silenzio – No, non sbaglio!”
Smascherato,
Sam non sapeva che dire e Anthony, scansandolo, vide ciò
che stava osservando e sorrise: “Nathaniel
Blake…Bello, vero? Un fisico
perfetto e tutte quelle gocce d’acqua che scivolano sul suo
corpo…”
Il
povero ragazzo, imbarazzo, deglutì e allo stesso tempo si
sentiva
quasi un libro aperto: “Io-io non lo so, non stavo guardando.
Cioè, sono
entrato qui per caso. Io…”
L’altro
lo squadrò: “Incredibile come le bugie sembrino
ancora più tali,
quando si è in imbarazzo e la voce trema,
balbetta…Non devi vergognartene!”
“Di
cosa?” sussultò.
“Del
fatto che stavi ammirando un bel ragazzo sotto la doccia!”
Sam
cercò di smentire ancora una volta: “Non lo stavo
guardando!”
L’altro
gli lanciò una lunga occhiata, aveva capito tutto ormai:
“Oh,
andiamo, non fare così! Se ti piacciono i ragazzi, per me
non è un problema,
non devi nasconderlo. Anzi, non lo dirò a nessuno.
Però…”
“Però,
cosa?” l’amica volle
sapere come andava a finire il racconto.
“Mi
chiese di scoprire se
anche un altro ragazzo era gay. Mi indicò chi, ma non era
della nostra scuola.
Dopo, Anthony sparì completamente, lasciandomi con quel
compito. Ovviamente,
non sapevo da dove iniziare, poi ho avuto la fortuna di beccarlo su una
chat
gay, che uso di solito, era in live-cam. Ci ho parlato per qualche
notte, poi
ci sono anche uscito. Nemmeno di lui sapeva nessuno. Una settimana
dopo, poi,
Anthony mi ha incontrato per i corridoi della scuola e ha voluto sapere
cosa
avevo scoperto.”
Curiosa,
l’altra chiese:
“E…?”
“Gli
ho riferito tutto! Che
siamo usciti solo una volta e che sembrava un tipo abbastanza chiuso.
Sobbalzava ogni volta che passava una macchina, credo di essere stato
il suo
primo appuntamento!”
Perplessa, Chloe
gli chiese
ancora: “Perché non me l’hai mai detto?
Di questa cosa del favore?”
“Non
mi sembrava qualcosa
di rilevante!”
Erano arrivati
davanti alla
classe, ormai.
“Beh,
sai che puoi dirmi
tutto, sono la tua migliore amica! E come tale, ti consiglio di
rivelare a
Nathaniel che sei innamorato di lui, così puoi allontanarti
da quella cattiva
influenza che emana Anthony Dimitri da tutti i pori!”
Sam,
però, non era abbastanza
forte: “Non è così facile, non
è la tua vita che sarà rivoltata come un calzino
solo perché tutti sapranno che non sei la persona che
credevano!”
“Meglio
rivoltare la tua
vita come un calzino, che essere il calzino usato di Anthony
Dimitri!”
E sulla scia di
quel
discorso, giunto al termine, i due entrarono per la lezione.
*
La campanella
suonò
nuovamente, si trattava dell’ultima ora. In un aula vuota,
Nathaniel se ne
stava seduto da solo davanti ad un banco a studiare.
Improvvisamente,
qualcuno entrò.
Nathaniel si voltò e vide erano Anthony e Rider.
“Ah,
siete voi!” esclamò,
per poi tornare a fare ciò che stava facendo.
“Allora
era vero che dovevi
fare i compiti!” notò Anthony.
L’altro,
distaccato, ribadì:
“Ve l’avevo detto, ho gli allenamenti di nuoto
questo pomeriggio. Domani c’è il
test di biologia e praticamente conosco solo il titolo del
libro!”
“Potevi
chiedermi aiuto, io
sono preparato!” si intromise Rider, sedendosi e poggiando la
sua tracolla sul
banco, esausto.
Nathaniel rimase
sorpreso davanti
a quell’offerta d’aiuto: “Non sono uno
che ama studiare in gruppo, ma grazie lo
stesso…”
“Dai,
insisto. Siamo amici,
no?” continuò Rider.
Anthony lo
sollecitò: “Sì,
siamo amici, ha ragione! Fatti aiutare. A volte penso che
l’unico filo
conduttore di questo gruppo sia io e che senza di me, siate dei
completi
estranei.
Rider e
Nathaniel si
guardarono, di fronte a quel commento.
Alla fine,
quest’ultimo,
cedette: “D’accordo, Rider. Che ne dici di stasera
alle otto, quando sarò di
ritorno dagli allenamenti? Sempre che per te non sia un
problema!”
L’altro
si dimostrò
disponibile: “Assolutamente si, abitiamo a tre isolati di
distanza. Non mi
costa nulla e poi aiutarti mi servirà come ripetizione per
il test di domani!”
Anthony, ne
uscì contrario:
“Alle otto di stasera? Perché non
adesso?”
“E’
la quinta ora, c’è la
lezione del Professor Palmer, ricordi? ” lo
incalzò Rider.
“Già,
ricordi cosa ha detto
in mensa? Che ci vuole tutti in classe alla sua lezione!”
aggiunse Nathaniel.
Anthony prese in
mano il
telefono, scrivendo dei messaggi e ignorando quello che stavano dicendo.
“E io
dico che possiamo
saltarla quella lezione!”
Rider, curioso,
domandò: “A
chi stai scrivendo?”
“Ho
scritto a Sam ed Eric
di raggiungerci!”
Nathaniel scosse
la testa,
basito: “Ma non hai sentito quello che abbiamo appena
detto?”
Quello
sbuffò, roteando gli
occhi: “Rilassati, non ci cascano le teste se ci perdiamo
un’ora dei suoi
racconti su Giovanna D’arco e la sua guerra dei
trent’anni. – parlò tra sé e
sé, poi – Dio, quanto odio i nuovi insegnati che
credono di poter fare la
differenza!”
Qualche secondo
dopo, Rider
trovò opportuno correggerlo su quanto detto su Giovanna
D’arco, pignolo:
“Veramente, sono dei cent’anni! E’ la
guerra dei cent’anni!”
Anthony gli
lanciò
un’occhiataccia, irritato: “Sono comunque tanti,
ok? Non mi meraviglio che sia
morta decapitata!”
Rider,
imbarazzato, lo
corresse ancora una volta: “Ehm, veramente l’hanno
bruciata sul rogo! Forse ti
confondi con Maria Stuarda di Scozia…”
Anthony gli
lanciò
l’ennesima occhiataccia, costringendolo ad abbassare lo
sguardo, placata, poi, dall’arrivo
degli altri due compagni.
“Ehi,
che succede?” esordì
Sam, entrando.
“Perché
siete qui? Pensavo
foste già in classe!” aggiunse Eric.
Il loro leader,
tranquillamente seduto a messaggiare, li aggiornò subito:
“Salteremo quella
lezione, oggi. Rider deve aiutare Nat a studiare per il test di
biologia di
domani!”
Sam si
scambiò un rapido
sguardo con gli altri, confuso: “Ma il Professor Palmer ha
detto che…”
Anthony,
però, non lo
lasciò completare, alzando la voce: “Sò
cos’ha detto il Professor Palmer, ma
noi non ci andremo lo stesso. – fissò tutti, uno
alla volta, minaccioso - Intesi?”
Dopo quello
sguardo,
nessuno più si oppose, stranamente. Anzi, Rider si sedette
accanto a Nathaniel
per aiutarlo e gli altri presero una sedia e si sedettero, restando in
silenzio.
La parola di Anthony, dettava legge all’interno del suo
gruppo.
Calmati i
dissensi, Anthony
girò per la classe, avvicinandosi all’armadietto
che c’era accanto alla
lavagna. Lo aprì e dopo averlo scrutato a fondo,
scoperchiò una scatola
polverosa. Da essa, ne tirò fuori una vecchia telecamera,
altrettanto
polverosa, sulla quale ci soffiò sopra.
“Ehi,
guardate che cosa ho
trovato!” la
mostrò agli altri.
Eric
accennò un finto
sorriso d’interesse: “Sembra vecchia,
chissà da quanti anni è chiusa lì
dentro!”
“Ma la
sai usare, almeno?”
commentò Sam, osservandolo pigiare i tasti.
Suscettibile,
Anthony
esclamò: “Sò usare una stupida
telecamera, ok?”
“Direi
che non c’è dubbio,
l’hai appena accesa. La lucetta rossa sta
lampeggiando!” fece notare Rider.
Entusiasta,
Anthony la
visionò meglio: “Bene, non è rotta.
Però sembra non esserci nulla dentro…”
“Sto
cercando di studiare!”
si lamentò Nathaniel, sospirando.
L’altro
lo ignorò
completamente, eccitato all’idea di volerla usare:
“Ci registriamo sopra
qualcosa? – incontrò lo sguardo di ognuno di loro,
in cerca di approvazione –
Eh?”
“Del
tipo?” Eric ful il
primo a prendere parola.
Nathaniel si
lamentò
nuovamente: “Cosa non avete capito della frase: sto cercando di studiare ?”
Fu ignorato
ancora, mentre
Anthony rispondeva ad Eric: “Parliamo degli sfigati della
scuola, di cosa
pensiamo di loro! Forza, sarà divertente!”
Tutti si
guardarono, non
molto presi dall’idea.
Sam disse anche
la sua,
trovando stupida l’idea: “Perché
dovremmo farlo?”
“E
perché non dovremmo?
Insultiamo quelli come loro, in faccia, ogni giorno. Farlo alle loro
spalle
cambia qualcosa? – ancora una volta si rispose da solo
– NO, perciò se dico che
dobbiamo farlo, allora LO FACCIAMO!” rispose Anthony,
assumendo nuovamente lo
sguardo minaccioso su tutti.
Nessuno
sembrò voler
discutere nemmeno questa volta, intimoriti.
“D’accordo,
da chi dovremmo
iniziare? In fondo, non ho altro da fare!” fu sarcastico,
Nathaniel. Era
chiaramente seccato di non poter completare il suo studio in santa pace.
Divertito,
Anthony puntò la
telecamera proprio verso di lui: “Ok, adesso sta registrando,
parliamo di
Morgan Rinoceronte marino! ”
“Ehm,
cosa potrei dire su
di lui? – l’amico gli fece cenno di improvvisare
– E’ il pezzo grosso della
squadra e con pezzo grosso non mi riferisco al fatto che sia un
astronascente
del nuoto, ma grosso inteso come grasso!”
Anthony rise,
gli sembrò
una battuta divertente, anche se Nathaniel stava solo parlando a
vanvera per
compiacerlo.
Tuttavia,
continuò: “Suo
padre ha costretto il coach a farlo entrare in squadra, ma non sa che
suo
figlio fatica ad arrivare a metà vasca. Morgan usa la
palestra quattro volte a
settimana, arrivando a scuola un’ora prima degli altri
studenti per allenarsi e
perdere peso e… - Anthony suggerì con il
labbiale, di esagerare – Una volta
l’ho visto scivolare per terra, dopo che era risalito dalle
scalette della piscina.
Sarebbe stato esilarante se qualcuno l’avesse visto! E se
qualcuno sapesse che
sta cercando di dimagrire, riderebbe, dal momento che lo si vede
ingozzarsi a
pranzo e nei corridoi, continuamente!”
Anthony rise di
gusto,
spostando, poi, la telecamera su Eric. Era il suo turno.
“E di Treccioline ? Che mi dici?”
gli chiese.
“Lisa
Nelson? Beh, mi corre
dietro da anni e mi da leggermente fastidio quando mi fissa nei
corridoi.
Sembra Lindsay Lohan appena uscita di galera con quello sguardo da
psicotica!”
“Leggermente
fastidio?” lo
spronò Anthony.
“Ok,
MOLTO fastidio! Come pensa
di conquistarmi se viene a scuola conciata come Pippi calzelunghe? Non
l’ho mai
vista un giorno senza quelle dannate trecce ai capelli! E’
patetica, ma non lo
vuole capire. Io cerco sempre di essere gentile con lei,
ma…Cavolo, tuo padre è
molto ricco, pagati una seduta di bellezza e un appuntamento dal
parrucchiere. –
ormai ci stava prendendo gusto - L’ultima volta che mi ha
visto, si stava quasi
soffocando con una mentina per passare accanto a me e salutarmi. Si
stava
letteralmente preparando al mio arrivo! Insomma, chissà per
quanto tempo è
rimasta appoggiata a quell’armadietto, aspettando che io
arrivassi. La cosa più
buffa è che nessuno si è accorto che stava
soffocando!”
Anthony era
sempre più
divertito, non voleva fermarsi: “Forte, questa mi
è piaciuta! – rise di gusto –
Sotto a chi tocca: avanti Sam!”
E continuarono a
registrare, ignari che dietro alla porta, Albert Pascali si era fermato
ad
ascoltare tutto quello che dicevano.
*
Usciti
dall’aula in cui si
trovavano, Anthony si era diviso dal resto del gruppo assieme a Rider,
pronti a
tornare a casa.
“Mi
accompagni a prendere
una bottiglietta d’acqua dal distributore, prima di
andare?” chiese Anthony,
all’amico.
L’altro
annuì, facendo un
commento: “Beh, ci credo che hai sete, con tutte le
cattiverie che hai detto
davanti a quella telecamera! Hai parlato male anche dei non-sfigati, ti
rendi
conto?”
Quello gli
lanciò una lunga
occhiata: “Non solo gli sfigati mi danno fastidio in questa
scuola, Rider!”
Poi, mentre
camminavano,
Anthony osservò nuovamente l’amico, sempre
distratto dallo stesso libro che
leggeva a mensa: “La vuoi smettere di leggere in
continuazione? E’ snervante!”
“Leggere
mi distrae e un
buon libro è sempre la miglior compagnia!” rispose
con tono sottile, senza
staccare gli occhi dalle pagine.
L’altro,
riflettè su una sua
potenziale insinuazione: “Stai dicendo che un libro
è migliore di me?”
“No!
Quello che sto dicendo
è che ho mal di testa e che un libro non parla!”
Anthony si
arrese,
trovandolo stupido: “Fa un po’ come ti
pare!” e a Rider, la cosa non sfiorò
minimamente.
Improvvisamente,
dall’aula
che stavano sorpassando, ne uscì una ragazza. Era al quanto
trasandata, mentre
cercava, invano, di ricomporsi.
“Ciao,
ragazzi!” esclamò,
colta di sorpresa, trovandoseli davanti agli occhi.
“Ciao,
Lindsay!” la salutò
Anthony, il suo solito sorrisino cinico.
La ragazza
scavalcò i due,
andando via in tutta fretta, senza dire altro. Superata
quell’aula, Anthony
cominciò a parlare.
“Tua
sorella non ha perso
il vizio, eh!” esclamò, sarcastico.
Rider non aveva
dubbi sul
fatto che avrebbe fatto un commento, il volto pallido: “La
vuoi smettere? Vuoi
anche aumentare il volume della voce, per caso?”
“Dico
solo che tua sorella
è un amante del pericolo…”
continuò, il tono provocatorio.
Quando si
girarono, videro
uno dei professori, uscire dalla stessa aula in cui si trovava Lindsay.
Trasandato anche lui. Non ne erano affatto sorpresi.
“…E
dei buoni voti!”
aggiunse, ridendo.
“Girati
o penserà che l’hai
visto!” lo richiamò Rider, agitato.
“Che
mi importa di quel
pervertito del Professor Brakner? Al massimo è lui che
dovrebbe avere paura di
me. Anzi…di chiunque lo veda con la cerniera lampo
aperta!” aggiunse, un
sorrisino alla fine di quella frase.
Rider, stavolta,
si
infuriò: “La vuoi smettere? Non sei
divertente!”
Anche
l’altro si irritò:
“Nemmeno tu sei divertente, sai? Trovo più
divertente persino il tuo
insopportabile libro; il che la dice lunga su di te!”
L’altro
si ammutolì, più
calmo nel rivolgersi nuovamente a lui: “Va bene, ma, ora, ti
prego, basta
parlare di quello che abbiamo appena visto. Sono affari di mia
sorella!”
“Affari
disgustosi, direi!
Se fosse mia sorella, avrei già denunciato
quell’ultratrentenne pervertito che
si crede Zack Efron in 17
again! ”
A quel punto,
dopo un colpo
di tosse, Rider cercò di cambiare discorso
“…E Comunque, dove l’hai messa? La
telecamera, dico.”
“In
quella stupida scatola
polverosa! Come vuoi che me ne faccia?”
Rider era
confuso, adesso:
“Ma ci hai fatto registrare quelle cose a che scopo,
scusa?”
“Così,
per gioco. Dovevamo
passare il tempo, no? E’ una cosa iniziata e finita
lì!”
“Ma se
la trova qualcuno?”
domandò, spaventato all’idea.
“Chi
vuoi che la cerchi in
una scatola vecchia milioni di anni?!” lo trovò
improbabile, Anthony.
Quello
annuì, d’accordo:
“Già, hai ragione!”
Improvvisamente,
la
notifica di un messaggio riempì l’aria. Era il
telefono di Anthony, che, con
una mossa, lo tirò fuori dallo zaino, normalmente. Quando
portò il messaggio ai
suoi occhi, rimase perplesso per qualche secondo. Fermandosi in mezzo
al
corridoio, addirittura.
“Sarai
smascherato,
attendi di esserlo.”
-A
Rider, che stava
continuando a camminare, distratto dal suo libro, finalmente si accorse
di non
avere più Anthony di fianco. Si voltò, trovandolo
dietro di sé, così fece una faccia
stranita.
“Ehi!
Perché ti sei
fermato?” e lo raggiunse, notando quanto fosse preso dallo
schermo del suo
telefono. Tant’è che allungò il collo
per leggere il messaggio che aveva
ricevuto.
“Chi
è A? Si tratta di un
nuovo linguaggio sms?”
Anthony,
mettendo via il
telefono, rispose distrattamente, pensieroso:
“Dev’essere qualche idiota che
vuole farmi uno scherzo!”
“Bello
scherzo, dice di
volerti smascherare!” infierì Rider, ironico.
“Io
non ho nulla da
nascondere!” alzò la voce.
Rider
sussultò, aggredito:
“Ok, scusami tanto!”
Quando furono
quasi vicini
all’uscita della scuola, attraverso il vetro, Anthony vide un
uomo all’esterno
che stava pe entrare. Lo riconobbe e impallidì
immediatamente, bloccandosi
nuovamente.
“Quel
figlio di
puttana…L’ha chiamato!” e corse
immediatamente via, lasciando Rider da solo e
perplesso.
Raggiunse
quell’uomo,
mettendosi davanti a lui, parlando con lui in maniera animata,
guardandosi
continuamente intorno, come se non volesse essere visto assieme a
quell’uomo.
Rider stava
osservando la
scena, raggiunto alle spalle da Nathaniel.
“Ehi,
che ci fai ancora a
scuola?”
Ma non rispose,
costringendo l’amico a seguire il suo sguardo:
“Guarda, c’è il padre di
Anthony!”
“Cavoli,
il Professor
Palmer è davvero uno stronzo!” esclamò,
osservando la scena a braccia conserte
assieme a Rider.
Ora, Anthony,
stava
addirittura spintonando il padre, cercando di mandarlo via.
Rider fece
un’osservazione:
“Non ti sembra ubriaco?”
“Chi?
Anthony?”
Ricevette una
rapida
occhiataccia: “NO, suo padre!”
Nathaniel,
allora, osservò
meglio: “In effetti, vacilla un
pò…”
“Caspita,
non avevo mai
visto Anthony così disperato. Immagina se qualcosa passasse
di qui, sarebbe
umiliante per lui!” pensò Rider, quasi come se
desiderasse che accadesse.
L’uomo,
dopo un’ultima
spinta, finalmente se ne andò. Anthony rimase davanti
all’ingresso da solo,
cercando di riprendersi, poi si voltò verso i suoi amici,
che a stento
riuscivano a reggere il suo sguardo, provando disagio per aver
assistito.
Quello, alla fine, se ne andò, senza tornare da loro.
Nathaniel non
commentò
oltre, dirigendosi verso una direzione: “Beh, io devo
scappare agli allenamenti.
Ci vediamo stasera per studiare!”
L’altro,
ancora fermo,
assorto da quella scena, lo salutò distrattamente:
“Ok, ciao!” poi si mosse
anche lui, dimenticando.
*
Dopo aver
lasciato la
scuola, ormai lontano, Eric si stava incamminando da solo verso casa.
Una
macchina si fermò, riconoscendolo. Era Sam.
“Eric?
Che fai a piedi,
dov’è la tua auto?”
L’altro,
colto di sopresa,
rispose quasi in maniera tesa: “Oh, Sam, sei tu! Ehm,
l’ho dovuta lasciare nel
parcheggio della scuola, sono rimasto a secco. Ieri ho dimenticato di
fare
benzina!”
“Nel
parcheggio? Dici
sempre di parcheggiarla fuori dalla scuola, perché hai paura
che te la righino
con un mazzo di chiavi!” trovò strano, Sam.
Eric rise
nervosamente,
sudando: “Sì, volevo dire fuori, non nel
parcheggio, hai ragione!”
L’amico,
sorvolando sul suo
strano atteggiamento, che non aveva nemmeno notato più di
tanto, gli suggerì:
“Dai, sali, ti do un passaggio!”
“No,
non è necessario, sono
quasi arrivato!”
“Insisto,
dai!” gli fece
cenno di salire.
Quello, alla
fine, si
arrese, salendo. Dopo cinque minuti di strada, però, Sam era
in attesa di
un’indicazione. Ad Eric, sudavano le mani, strizzandole
continuamente, mentre
teneva la faccia rivolta verso il finestrino.
“Ok,
quanto manca? Dove
devo girare?” chiese Sam, a quel punto.
“Vai a
destra, tre isolati
più avanti… - si corresse, impreciso e nervoso -
Anzi, scusa, cinque isolati!”
L’altro
sorrise, mentre
svoltava: “Sicuro di sapere dove abiti? Sembra quasi che tiri
ad indovinare; un
po’ come me a cinque anni. Pensa che mio padre, quando ero
piccolo, mi metteva
sempre addosso una diquelle stupide collane con sopra incisi il numero
di casa
e l’indirizzo. Così, in caso mi fossi perso, sarei
riuscito a ritrovare la
strada di casa con l’aiuto di qualcuno!”
“Hai
un padre davvero
premuroso…” accennò un sorriso, Eric.
“Da
quando è morta la mamma,
gli sono rimasto solo io e…Beh, sai, non vuole rischiare di
perdere anche me!”
Eric si
mortificò: “Mi
dispiace. Insomma, sapevo di tua madre, ma…non ne abbiamo
mai parlato!”
“Già,
a volte sembriamo un
gruppo di estranei…Come agli alcolisti anonimi, dove nessuno
conosce gli altri,
ma tutti conoscono il tizio che li riunisce. E per noi, quel tizio,
è Anthony…”
“Mi
chiedo cosa accadrebbe
se Anthony sparisse nel nulla!” fantasticò, Eric.
E Sam,
riflettendoci un
attimo, esclamò: “Forse smeteremmo di pensare
all’alcol e le sedute agli
alcolisti anonimi non ci servirebbero. Anthony è come una
dannatissima
bottiglia di Brandy e il mio tasso alcolemico è alle stelle,
ormai. – fece una
pausa, poco prima di tornare alla realtà – Ma
Anthony, purtroppo, non sparirà
mai dalle nostre vite, perciò…Smettiamola di
sognare!”
Distratto dal
discorso,
quasi utopico, Eric tornò a guardare la strada, mentre Sam
ancora guidava: “Oh,
sono arrivato! Ferma pure qui!”
Quello
fermò l’auto, lasciò
scendere l’amico, che, prima di andare, si
affacciò dal finestrino per
salutarlo.
“Grazie
di avermi
accompagnato e… - sentì di dover aggiungere altro
– Mi dispiace di aver detto
quello che ho detto davanti alla telecamera, a scuola. E anche di quel
commento
al maglione di Albert!”
Sam,
apprezzò: “Non
dispiacerti, abbiamo detto tutti cose orribili davanti a quella
telecamera.
Cose orribili dettate da Anthony…Per quello che vale, lo so.
– gli sorrise, con
le mani sul volante – sò che non sei la persona
che vediamo tutti i giorni,
quella che sei costretto a mostrare per compiacerlo.”
L’altro
non aggiunse nulla,
un mezzo sorriso sulle labbra, lo sguardo basso.
Sam
aguzzò la vista alle
sue spalle: “Vivi in un bel quartiere!”.
“Non
è niente di che!”
“Beh,
allora ci vediamo
domani. Come sempre!” e l’altro annuì,
salutandolo.
Pochi secondi
dopo, era già
lontano e quando l’auto di Sam scomparve del tutto dal suo
campo visivo, Eric
non entrò in una delle case di quel quartiere, ma se ne
andò, camminando a
ritroso lungo il marciapiedi, un aria triste in volto.
*
Nel tardo
pomeriggio,
Anthony era appena rientrato a casa, salendo immediatamente in camera
sua,
ignorando suo padre davanti alla televisione, ubriaco, e le cinque
bottiglie di
birra vuote sul tavolino e una di Vodka.
Chiuse
energicamente la
porta alle sue spalle, isolandosi e poggiando il suo zaino sul letto.
Stanco,
si diresse alla sua scrivania per sedersi al PC. Man mano che si
avvicinava,
però, non fece a meno di notare una finestra bianca aperta
con del testo sopra.
Finalmente era seduto e il messaggio era davanti ai suoi occhi,
più chiaro che
mai.
“Non
immaginavo di
trovare quello che ho trovato. I tuoi segreti sono tutti miei,
ora.”
-A
Anthony
aveva gli occhi sgranati sullo
schermo, bianco come un cencio, non riusciva a chiudere la bocca per lo
shock.
La rabbia sopraggiunse, a quel punto, costringendolo a battere un pugno
sulla
scrivania, in maniera energica. Rimase lì, impalato, davanti
al PC, furente
nello sguardo, il fiato che usciva dalla bocca in maniera incontrollata
e il
petto che si gonfiava e sgonfiava. Improvvisamente, bloccò
ogni sua reazione,
voltandosi e scattando verso la porta, che aprì. Scese
rapidamente le scale,
raggiungendo il soggiorno, dov’era suo padre.
Si
fermò davanti a lui, mettendosi davanti
alla televisione, che stava guardando.
“Chi
hai fatto entrare in casa? EH? CHI?”
esclamò, furibondo.
L’altro,
lo sguardo vuoto, spostava la testa
per tornare a vedere il programma tv che stava guardando: “E
levati!”
“Può
aspettare la nuova stagione di American next
topmodel, brutto frocio
alcolizzato! DIMMI CHI E’ ENTRATO IN CASA NOSTRA!
ORA!” sussultò, urlando.
Suo
padre, guardandolo finalmente negli
occhi, si alzò in piedi, non molto contento di
ciò che gli era stato detto:
“Come, scusa?”
Anthony
deglutì, indietreggiando, ripetendo
la domanda: “Hai fatto entrare qualcuno in casa, oggi? Sai,
non sei molto
lucido, magari nemmeno ti sei accorto che qualcuno è entrato
in casa!”
“Ma
di che cazzo stai parlando?”
“Di
che cazzo sto parlando? Parlo di TE che
mi hai rovinato la VITA! – fu brusco, nel parlare, pieno di
rancore – L’hai
rovinata a tutti noi, razza di bastardo! Prima tradisci la Mamma con un
uomo –
non mi meraviglio per niente che se ne sia andata da tutto questo
schifo – e
Clarke, beh, Clarke era disgustato a tal punto da tutta questa storia
che se
n’è dovuto andare anche lui. – lo
fissò con disgusto, ora - E io…Io sono dovuto
rimanere qui, incastrato con te, perché frequento ancora il
liceo e non posso
andarmene!”
“Esci
da questa casa! Vattene pure da tua
madre o tuo fratello!” esclamò suo padre, il tono
pacato ma pieno di delusione.
“Odio
anche loro, per avermi abbandonato qui
con te! E hai avuto anche il coraggio di presentarti alla MIA scuola,
ubriaco
fradicio perché ancora non riesci a credere di esserti
beccato l’AIDS dal tuo
schifoso amante!”
“ESCI
FUORIIIII!” urlò quello, al limite.
“SPERO
CHE TU MUOIAAA!” urlò anche Anthony,
mentre suo padre si dirigeva al telefono.
“Adesso
chiamo uno dei tuoi amici, così te ne
vai a stare da uno di loro!”
Ed
Anthony, respirando nervosamente, fissò la
bottiglia di Vodka che c’era sul tavolino a lungo, poi la
prese e senza
pensare, senza ragionare, lo colpì in testa, facendolo
accasciare. Tutto molto
rapidamente.
Dopo
qualche secondo, in cui finalmente stava
realizzando cosa aveva fatto, lasciò cadere la bottiglia sul
tappetto, ormai
insanguinata. L’uomo non si muoveva, rivolto a pancia sotto,
mentre la cornetta
del telefono ciondolava sopra la sua testa, anch’essa
insanguinata; c’era
talmente tanto sangue, che ormai si era formata una chiazza enorme sul
pavimento.
Anthony,
bianco in volto, si chinò, toccando
la con due dita la giugulare, in cerca di un battito. La mano gli
tremava e
tremò ancora di più quando si rese conto che suo
padre era morto. Per davvero.
Sconvolto,
si risollevò in piedi,
indietreggiando lentamente per poi scappare al piano di sopra.
Tornato
in camera sua, prese il suo telefono,
scrivendo subito un messaggio.
*
Come
promesso, Rider si presentò alla porta di casa del suo amico
Nathaniel. Erano le otto in punto.
Lui,
tutto bagnato, con addosso l’accappatoio, si
affacciò alla porta, al
quanto sorpreso: “Sei già qui? Caspita, ci credi
che sono le otto e nove secondi?
LETTERALMENTE, ho controllato prima di aprire!”
“Hai
detto alle otto, no?” si accomodò, Rider.
“Si
si, ma non pensavo alle otto – OTTO! Pensavo alle otto e
dieci
minuti o alle otto e ventiquattro minuti! Non ho fatto la doccia a
scuola per
arrivare in fretta a casa!”
Rider
poggiò lo zaino sul tavolo, una volta arrivato in cucina:
“Ho una
collezione di orologi da taschino e la maggior parte di essi gli ho
presi in
diversi viaggi in Inghilterra. Questo può farti capire
quanto io tenga alla
puntualità!”
Nathaniel,
basito, gli domandò: “Ok, sei serio?”
“Sì,
ne ho ventisei in camera mia!” esclamò, tirando
fuori i libri.
L’altro,
allora, si arrese: “Okay, vado a vestirmi e torno!”
“Per
me puoi restare anche così, anzi perderemmo più
tempo se ti vai a
cambiare! – gli fece un cenno con la mano - Tranquillo, non
sono invidioso dei
tuoi addominali. Non sembra, ma ce li ho anche io!”
L’amico
si risedette, parecchio a disagio: “Buono a
sapersi…Cominciamo?”
Rider,
completamente tranquillo, replicò senza mai fissarlo una
volta,
mentre apriva il libro: “Finiremo prima che i tuoi capelli
corti si asciughino.
E prima che i tuoi genitori tornino e pensino a cose strane!”
Nathaniel
finse un sorriso: “Buono a sapersi, due volte!”
Subito
dopo, il silenzio. Rider continuava a girare le pagine del libro
di biologia molto velocemente. Era quello il suo che rimbombava nella
stanza,
assieme alle lancette dell’orologio.
“Forse
è meglio se mi cambio, mi sento strano!” si
alzò Nathaniel,
spezzando il silenzio.
Rider
fu d’accordo, sollevato: “Già, pensavo
di farcela, invece…Hai
tutta la mia invidia, ho sbirciato! – e si fermò a
riflettere su ciò che aveva appena
detto – Okay, è strano, corri!” e quello
corse via per mettersi addosso
qualcosa.
Rimasto
solo, in cucina, Rider trovò finalmente il capitolo dalla
quale
dovevano partire per il ripasso. In quell’esatto istante,
però, arrivò un fax.
Quello, d’istinto, si avvicinò e lo lesse.
Subito
dopo, arrivò Nathaniel, che si era cambiato al volo, e Rider
si
voltò verso di lui al quanto curioso:
“Una
ricetta medica, intessante! – lesse il nome del farmaco -
L6KD9?
Qualcuno di voi soffre di cuore?”
E
l’altro si avvicinò a lui, strappandogli il foglio dalle mani:
“C’è qualcosa che non
sai?”
“Non
lo sapevo, prima di avere una zia alla quale hanno diagnosticato
uno scompenso cardiaco!”
Nathaniel,
rigido, aggiunse, sperando concludere: “Beh, mio padre soffre
di questi problemi!”
Ma
Rider continuò, curioso: “E il vostro Dottore
è Tyler Blake? Un
parente, per caso?”
“Cugino!
– si sedette, mettendo il fax in tasca - Ora possiamo
rimetterci a studiare?”
Assai
perplesso, tornò a sedere, finalmente:
“Ooook!” e iniziarono a
studiare per davvero, stavolta.
Peccato
che dovettero interrompersi nuovamente, però, in seguito
all’arrivo di un messaggio.
Messaggio
da: Anthony
“SOS”
Nathaniel,
assai stranito, girò lo schermo del suo telefono verso
Rider,
che aveva ricevuto lo stesso messaggio.
“SOS?”
lo lesse in maniera letterale.
Rider
fece una smorfia: “Si pronuncia Esseoesse!
E’ una richiesta d’aiuto!”
Nathaniel
si rese conto della sua gaffe: “Oh, quell’SOS!
– poi riflettè
sul significato del messaggio – Perché Anthony
dovrebbe chiederci aiuto?”
“Andiamo
a scoprirlo!” esclamò, prendendo le chiavi della
macchina.
*
Sam
era appena rientrato a casa con in mano le buste della spesa,
accompagnato da Chloe. Suo padre, Carson Havery, stava giusto scedendo,
dal
piano di sopra, in quell’esatto istante, dopo aver sentito la
porta d’ingresso
chiudersi.
“Ma
guarda chi fa l’uomo di casa, quando non guardo!”
esclamò il Signor
Havery, aiutando i due a portare le buste in cucina.
“Papà
non recitare davanti a Chloe, lo sa che i soldi me gli hai dati tu
assieme alla lista della spesa!” esclamò,
svuotando le buste, mentre si
scambiava un sorriso con Chloe.
“E
io che pensavo di impressionarla, affinchè si metta con
te!” esclamò,
teatrale, suo padre.
“Signor
Carson, io e suo figlio siamo solo amici! E glielo dico ogni
giorno da quando ho messo piede in questa casa, la prima volta, tre
anni fa!”
Sospirò,
fingendosi deluso: “Beh, io ci ho provato. Sai, siete due
bravi
ragazzi ed è davvero un peccato!”
Chloe
e Sam si guardarono, scoppiando un po’ a ridere.
Confuso,
l’uomo guardò entrambi: “Che
c’è? Che ho detto?”
“Niente,
Papà. Niente!” e continuò a ridere con
Chloe, anche dopo che
suo padre era passato nell’altra stanza.
“Se
solo sapesse…” aggiunse Chloe.
“Che
metterò fine la sua dinastia? Già!”
ironizzò, Sam.
“Beh,
se anche i tuoi cugini sono come te, allora addio generazione
Havery!”
“Ho
solo tre cugini, speriamo bene!” esclamò, ancora
un sorriso,
sistemando la spesa con lei nella dispensa.
“Tuo
padre non è in servizio, stasera?”
domandò Chloe, sedendosi a bere
un succo.
Anche
Sam se ne versò un po’ nel bicchiere: “E
il suo giorno libero…E
anche se fosse, qui a Rosewood non succede mai nulla di interessa. Il
crimine
più alto sarà al massimo il furto di una collana
di caramelle!
“Uao,
Rosewood è davvero noiosa! Ci vorrebbe proprio un super
criminale
a smuoverla un pò!”
“Solo
scartoffie per la polizia di Rosewood. Taaante scartoffie!”
esclamò, prima di sorseggiare dal bicchiere.
Sul
tavolo, il telefono di Sam vibrò. Era appena arrivato un
messaggio.
Fu Chloe a leggerlo e a Sam non diede fastidio, dal momento che lui non
aveva
segreti per lei.
“Chi
è? Ho già un appuntamento gaio grazie a quella
app che ho
installato l’altro giorno?” era impaziente, Sam.
L’altra,
perplessa, girò lo schermo verso l’amico:
“Non è una notifica
di GagagaYO, che tra
l’altro è una
app scadente quanto il suo nome. Si tratta di Anthony! – fece
una smorfia,
confusa - Che diavolo di messaggi vi scambiate? SOS?”
“Sono
quasi sicuro che si legga Esseoesse!
E comunque non mi scambio nessun messaggio con Anthony,
è la prima volta!”
“Quindi?
Avrebbe bisogno di aiuto?”
“Può
essere! – prese le chiavi della macchina – Vado e
torno!”
Quella
roteò gli occhi, seccata: “D’accordo, ma
fa presto o guarderò il
mid-season finale di How to get away with murder senza di te!”
Poco
prima di lasciare la stanza, Sam le sorrise simpaticamente:
“So che
non lo farai, hai bisogno di scorticare vivo il mio braccio quando ci
sono le
parti sconvolgenti!”
“Dannazione,
esci e torna presto” urlò, mettendo il broncio.
*
Due
auto si fermarono contemporaneamente davanti all’abitazione
di
Anthony. Spenti i motori, da una ne uscirono Rider e Nathaniel e
dall’altra Sam
ed Eric. Tutti e quattro si guardarono, perplessi.
“Ci
siente anche voi, eh!” esclamò Rider.
“Anthony
ha mandato l’esseoesse anche a voi?”
domandò Eric, ora che
erano più vicini.
Rider
rise, prendendo in giro Nathaniel: “Ecco qualcuno che ha
capito il
messaggio! Nat ha letto SOS!”
E
mentre quello si prendeva un’occhiataccia dal diretto
interessato,
anche Sam si lasciò sfuggire una risata: “Anche
Chloe ha letto SOS!”
“Un
lapsus, ok? Possiamo smetterla, grazie?” si irritò
Nathaniel.
“Eric,
come mai non sei venuto con la tua auto?” chiese Rider a lui.
Sam
rispose per lui: “La sua auto è rimasta a scuola.
Ha dimenticato di
fare benzina, ieri, perciò è rimasto a secco.
Sono passato a prenderlo al
Brew!”
Rider
si mostrò nuovamente perplesso, mentre Nathaniel stava
camminando
da solo verso la casa di Anthony: “Che ci facevi al
Brew?”
E
mentre quello era in procinto di rispondere, la voce di Nathaniel, li
fece sobbalzare: “Beh? Ci muoviamo? Rider, guarda che
dobbiamo tornare a
studiare, ricordi? Meno domande e cammina!”
“Agli
ordini, Mister Muscolo!” esclamò Rider, avanzando,
mentre Sam si
affiancava a lui, curioso.
“Perché
Mister Muscolo?”
“Perché
ho visto i suoi muscoli!”
“Perché
hai visto i suoi muscoli?”
“Perché
mi stai chiedendo perché ho visto i suoi muscoli?”
“RAGAZZI!”
gridò Nathaniel, ormai vicino alla porta, assieme ad Eric,
che aspettavano soltanto loro.
Sam
e Rider si avvicinarono, guardandosi ancora l’un
l’altro, straniti,
per il ping pong di domande appena avuto.
“E’
socchiusa, la porta!” fece notare Eric.
“Entriamo,
no?” suggerì Sam, non dando peso
alla cosa.
Ignarari
di cosa avrebbero trovato una volta dentro, non restarono
davanti alla porta un secondo in più…
CONTINUA
NEL SECONDO
CAPITOLO
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