02
19 - Prigioniera
Mosca
Era
legata,
imbavagliata e la situazione, che si stava ripetendo ormai troppe
volte, stava
risultando esasperante per l’assassina. Si era svegliata, ma
il dolore alla
testa non era cessato neanche dopo aver sicuramente dormito
un’eternità o
almeno così le era sembrato. Aveva le mani legate dietro la
schiena e le spalle
erano dolenti, riusciva a malapena a muoverle e i muscoli intorpiditi
le
lanciavano una scarica di formicolio che si irradiava per tutto il
braccio. Non
sapeva da quanto tempo era seduta e in quella posizione, ma sentiva
freddo e
aveva le mani gelide.
Dalle
finestre rotte poteva ben vedere che era giorno, ma ancora la vista
doveva
mettere a fuoco ciò che la circondava. Le sembrava che le
fosse passato sopra
un rullo compressore.
Era
sola al
momento e scosse la testa per riprendere un po’ le
facoltà perse. Sicuramente
era stata drogata, perché non le sembrava affatto di essere
intorpidita e
stordita solo dal freddo.
Almeno
Kajiro aveva avuto la buona coscienza di lasciarle una stufa con cui
scaldarsi,
anche se le stava arrostendo le gambe.
La
donna
sfiorò anche le proprie labbra con la lingua,
sentì un profondo taglio e il
sapore ferroso del sangue. L’unico pensiero che al momento la
teneva cosciente
era che gli avrebbe fatto pagare un caro prezzo per quel pugno, infatti
senza
accorgersene aveva digrignato i denti.
Non
riusciva a capire bene dove si trovasse, ma riusciva bene a capire, dai
rumori
che provenivano dall’esterno, che doveva essere non lontana
dal posto in cui
l’aveva tramortita.
Un
rumore
improvviso di passi la fece trasalire dai suoi pensieri e voltare lo
sguardo
verso l’uomo che era appena entrato. Rinchiuso nel suo
cappotto foderato in
pelliccia, Kajiro le si avvicinò lentamente senza degnarla
di uno sguardo, ma
cercando di spostare la sua attenzione altrove. L’uomo
sperava che fosse lei ad
iniziare il discorso e un profondo silenzio ovattato
dall’esterno, si era
creato tra loro.
Gli
occhi
dell’uomo ricercarono infine quelli di lei. Non riusciva
assolutamente a non
guardarla e non sapeva come si riuscisse a restare impassibili davanti
a Reila.
Le di avvicinò, senza distogliere lo sguardo da lei.
-Non
capisco come facciate a resistere a questo freddo.
Era
così,
per rompere il giaccio che aveva pronunciato la frase. Kajiro voleva
sembrare
impassibile davanti a lei, come se non gli importasse nulla; come se
non gli
provocasse nulla sul basso ventre.
L’uomo
la
guardava con quella malizia che non si preoccupava di nascondere e
Reila sapeva
bene o sperava di sapere ciò che passasse nella testa
dell’assassino. L’uomo
aveva lo sguardo da fiera e ciò che la spaventava a volte
era il non sapere
cosa le sarebbe successo.
Reila
infine pensò che, dopotutto, morire non sarebbe stato una
brutta cosa, avrebbe
solo smesso di soffrire e di patire quella vita che stava diventando
troppo
stretta per lei. Aveva preso un respiro talmente lungo, da riempire i
polmoni
fino all’orlo.
Ma
era da
lei abbattersi a quel modo?
Arrendersi
così, senza mostrare difesa ma soltanto mettere il collo in
mostra in attesa di
una lama? Sentiva freddo, ma non solo nel corpo, ma direttamente nel
cuore e
nella mente. Sentiva che tutto cominciava a girare anche senza di lei e
che il
mondo sarebbe stato un mondo migliore. Guardava il suo migliore esempio
di buon
cuore davanti a lei, trasformatosi in ciò che la donna
avrebbe voluto evitare.
-Dovresti
esserci abituato.
Aveva
risposto secca, senza alcuna inflessione. Era stanca e il pensiero di
dover
macinare qualcosa nella mente per rispondere a tono la rendeva ancora
più
spossata. Legata com’era non riusciva neanche a muovere le
mani dal freddo e il
suo corpo era intirizzito talmente tanto da rispondere in ritardo agli
stimoli.
Kajiro
era
invece avvolto in un cappotto foderato di pelliccia e sembrava non
patire quel
freddo di cui tanto si lamentava. I tratti non si erano ammorbiditi
dall’ultima
volta che l’aveva visto, ma anzi erano diventati
più taglienti e scuri.
-Devi
darmi
un sacco di spiegazioni, quindi dovrai stare qui con me per molto tempo.
Reila
aveva
sollevato il capo, gli occhi semichiusi e la bocca sistemata ad
esprimere la
sua indignazione. Non riusciva neanche a fingere di provare compassione
per
lui.
-Per
che
cosa? Per il freddo che senti? Non c’è rimedio per
quello.
La
voce
della donna era un semplice rantolo. Si sentiva come svenire di nuovo.
Sicuramente le aveva dato qualcosa, una droga per sentirsi a quel modo.
-Ah,
quasi
dimenticavo. Ti ho iniettato del siero della verità, ma vedo
che ancora non fa
effetto.
Reila
mostrò
le labbra in un sorriso sbilenco.
-Sono
stata
addestrata per questo.
Detto
questo le si annebbiò completamente la vista, scosse il capo
ma le immagini
cominciarono a farsi più confuse e meno nitide.
-C’era
anche un po’ di sonnifero. Tanto per abbassare le tue difese.
L’ultima
cosa che vide sulle labbra dell’uomo era un sorriso di
vittoria.
Kajiro
la
stava guardando. Ciò che poteva solo pensare era la totale
bellezza che
avvolgeva quella donna e lo pensava fin dal primo momento in cui
l’aveva
incontrata. L’aveva spostata in una sala più
riscaldata ricavata in una stanza
di quella fabbrica abbandonata. Era della famiglia di Karina, quindi
nessuno li
avrebbe disturbati.
In
quel
piccolo spazio non si era fatto mancare nulla, tanto da renderlo
insonorizzato
e difficile da individuare. Se avesse tenuto Reila
all’esterno sarebbe
sicuramente morta di freddo e questo non poteva permetterselo. Doveva
sapere
alcune cose di lei. Tutto quello che gli interessava.
Sempre
seduta su quella sedia, ancora non si era ripresa dalla dose di
sonnifero che
le aveva dato. Forse aveva un po’ esagerato, ma non poteva
farsela scappare,
quella donna era bella quanto letale.
Ogni
volta
che la incontrava scatenava in lui un senso di possessione che non era
normale
neanche per lui stesso. Era abituato alle donne che lo cercavano senza
neanche
chiamarle, ma lei era diversa. Lei era colei che seguiva da quando
l’aveva
liberato, da quando aveva fatto di lui quello che era. Un uomo completo
e
sicuro di sé.
L’uomo
non
sapeva perché aveva scelto quella vita, non dopo quello che
gli era successo.
Forse per rendere fiera quella donna che l’aveva salvato da
morte certa.
Il
problema
era che Reila non era mai stata una salvatrice o una donna con un
briciolo di
sentimento, semplicemente non gli aveva sparato perché non
era il suo
obiettivo, per questo l’aveva lasciato vivere.
Solo
che
non si sapeva spiegare per quale motivo la donna, per averlo salvato,
aveva
rischiato la sua stessa vita. Era stato un testimone scomodo, ma
nessuno lo
sapeva per fortuna.
Kajiro,
rimuginando sul suo passato, aveva preso inconsapevolmente una
sigaretta e si
era accomodato su una delle due poltrone scure che vi erano in quella
stanza.
Aveva tutte le comodità che poteva desiderare in un luogo
così angusto, ma era
solo per alcuni periodi che passava a Mosca, brevi e intensi.
Guardò
quella sigaretta tra le mani ma non l’accese. Non era sicuro
neanche di voler
fumare, però lo rilassava solo a sentirne l’odore
e il sapore. Si era
accomodato, stretto in quell’abito di fine fattura, dal
taglio classico. Un
gessato blu con tanto di gilet a tinta unita. Aveva tolto la giacca e
l’aveva
riposta da qualche parte, non ricordava neanche dove. In quel luogo
faceva
abbastanza caldo da sollevare anche le maniche della camicia fino al
gomito.
Attendeva
che l’assassina si svegliasse. L’attesa stava
diventando alquanto monotona e
noiosa e lui era ansioso di cominciare.
Un
movimento della testa di Reila e un leggero mugolio lo fece sussultare.
La
donna aveva scosso leggermente il capo e aveva preso un profondo
respiro.
Teneva la testa china e i capelli le erano scivolati in avanti
coprendole il
viso. Reila sollevò il capo leggermente in modo da mettere a
fuoco che si
trovava in un altro luogo. Non sapeva ne il dove e ne il quando e per
la prima
volta si ritrovò completamente spaesata.
Gli
occhi
scuri dell’assassina avevano messo a fuoco, pian piano, la
figura di Kajiro e
gli aveva rivolto solo un ghigno di sofferenza. Era la posizione che
cominciava
a diventarle troppo scomoda, avrebbe preferito dormire distesa su un
comodo
letto e non nella posizione che era costretta da troppo tempo.
-Ben
svegliata.
Era
la voce
di Kajiro che le era arrivata un po’ ovattata. La teneva
sedata tanto da non
avere neanche più le forze di sollevare il capo. Si sentiva
incapace di provare
a fare qualsiasi cosa per liberarsi. Era troppo imbottita da non
riuscire
neanche a collegarsi con la realtà circostante,
però almeno non sentiva più
freddo. Che stesse morendo?
-Ti
senti
pronta per le mie domande?
Reila
annuì
soltanto.
-Tu
parla e
io ti libero. Perché sei tornata a Mosca, Reila?
La
voce era
accattivante e volutamente bassa. Teneva un tono mellifluo che avrebbe
fatto
girare la testa a parecchie donne, ma con l’assassina non
attaccava. Lei era
abituata a sedurre non ad essere sedotta. Attese ancora per qualche
istante.
-Avanti,
perché sei tornata a Mosca? Era da tempo che non si sentiva
più parlare di te.
-Sono
stata
occupata a riordinare la mia vita.
La
voce
bassa e sofferente.
-C’è
qualcos’altro che ti ha spinta a tornare. Chi ti ha
ingaggiata?
La
donna
cercava di resistere al siero che le aveva iniettato, ma debole
com’era le
difese mentali stavano crollando come un castello di carta dopo una
folata di vento.
-Ero
a
Kyoto…
Una
risposta sconnessa.
-…
ho
incontrato qualcuno. Qualcuno a cui non devo nulla.
Aveva
preso
un respiro profondo e poi un mugolio per il dolore che iniziava a farsi
largo
nel petto, non sapeva se per le corde o se per quello che aveva da
dire. Cosa
le faceva più male?
-Chi
è questo
qualcuno? Ti ha ingaggiata?
La
voce
iniziava ad essere incalzante, ma non concitata. Manteneva sempre
quell’autocontrollo tipico di chi interroga per lavoro.
Reila
era
distante dalla realtà e dallo spazio. Non sentiva neanche le
domande e
rispondeva d’istinto, lasciando che le parole fluissero fuori
dalla bocca a
volte sconnesse a volte con un senso.
-No.
Mi ha
chiesto un favore.
-E
chi è?
-Io
non
prendo più ingaggi. Io voglio decidere di testa mia.
Kajiro
rimaneva impassibile, ma cominciava a vedere un segno di cedimento del
corpo.
Anche se la donna era stata temprata, tutto quello che le era successo
fino ad
allora l’aveva fiaccata nello spirito.
Era
stato
l’incontro con Dmìtrij che l’aveva
indebolita e le aveva fatto abbassare le
difese.
L’assassino
le si era avvicinato e le aveva messo una mano sulla fronte. Era
bollente e
Reila iniziava a delirare e a sconnettersi completamente dal mondo. In
quelle
condizioni la donna non avrebbe potuto dire nulla di concreto e quello
non
poteva permetterselo.
Reila
era
svenuta nuovamente ed aveva chiuso gli occhi, abbandonandosi
completamente alla
sedia e alle corde che la tenevano ferma.
Kajiro
la
slegò cercando di fare attenzione a non farla cadere. Non
voleva ucciderla, non
ancora.
La
prese in
braccio, assicurandosi però di bloccarle le mani sul
davanti, e la portò sul
letto della stanza e la distese. Era febbricitante e respirava
affannosamente.
Aveva il volto rosso come le labbra, peccato per quel taglio che le
aveva
provocato, ma era stato necessario.
La
coprì fino
al collo e iniziò a somministrarle qualcosa contro la
febbre. Non l’aveva
previsto, non avrebbe mai pensato che una donna forte come lei avesse
avuto
bisogno di essere curata.
Kajiro
tolse le scarpe e le si accoccolò accanto, stringendole la
vita come si fa con
un’amante sotto le coperte. Avvicinò il viso ai
capelli di lei, lasciandosi
inebriare dal profumo che emanavano. Reila aveva cominciato a tremare
dal
freddo e lui la strinse ancora di più per scaldarla con il
proprio corpo. Ne
sentiva la debolezza del corpo di una donna, ma la grande forza mentale
che
dopo tutto questo tempo l’aveva fatta diventare quella cinica
e stupenda
creatura che stringeva tra le braccia.
Angolo
dell'autrice
Cari
lettori e lettrici, devo dire che sono imperdonabile. Questa storia sta
viaggiando molto a rilento e purtroppo la causa é la mia
poca ispirazione in questi mesi. Non voglio scrivere tanto per portarla
avanti, anche se non mancano moltissimi capitoli, ma voglio scriverli
come si deve. Questo capitolo era fermo sul computer da non so quanto
tempo e questo me ne dispiace ma non c'era la voglia di volerlo
correggere, rivedere o semplicemente anche solo pubblicarlo. Ma c'era
qualche errorino qua e là e l'ho corretto. Molto
probabilmente non li ho visti tutti e quindi vi chiedo di segnalarmeli.
Come già detto questa storia vedrà la fine di
tutto e quindi state sicuri che la continuerò.
Naturalmente se avete domande chiedete pure. Sono aperta a qualsiasi
critica vogliate farmi. Fatemi sapere se i capitoli vanno bene
così o volete che cambi qualcosa per leggere meglio la
storia.
Rinnovo
sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti
via molto tempo una recensione, facendomi sapere cosa ne pensate di
questa storia.
Vi inviterei infine a leggere "Dopo
la pioggia" per
poter capire un po' meglio l'intera vicenda. Infine vi
ringrazio per
chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate e ringrazio coloro
che hanno recensito, facendomi sapere il loro parere.
Infine vi
indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata
con curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel
Scrittrice - Come pioggia sulla neve
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