Jigai (自害)

di innominetuo
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Nakano Takeko (1847 - 1868)


Yuko, non fare troppo in fretta. Non ancora.

Dammi un po’ di tempo, per ricordare… un’ultima volta, quello che è stato fatto e quello che è andato perduto per sempre. E questo accade in ogni battaglia.

Abbiamo lottato contro un gigante: eravamo in tremila, contro i ventimila dell’esercito imperiale, per difendere il nostro signore.

Ma ne valeva la pena, alla fine, versare il sangue per lo shogun di Tokugawa?

Osservo la lama del mio naginata: è ancora lucente e intatta, dopo che tu l’hai ripulita con un panno candido.

Ma la nostra terra adesso non lo è più.

È sempre più sporca: del sangue del mio corpo d’armata che ho portato a sfondare le linee nemiche e del mio stesso sangue, da quando mi ha raggiunta un colpo di fucile.

Ora, però, Yuko, non indugiare.

Non indugiare più.

La ferita mi fa male, ma mi farebbe più male ancora perdere il mio onore, divenendo trastullo dei vincitori.

Le forze mi abbandonano, non riesco ad affondare il kaiken…

Aiutami, ti prego.

Ho il collo sottile: ti sarà facile.

 
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Il jigai è l'equivalente femminile del seppuku, il suicidio rituale praticato dai guerrieri samurai, conseguito tramite un profondo taglio dell'addome, e lo si effettuava con il taglio della vena giugulare, con un coltello tantō (una lama di 15-30 cm.) o kaiken (di 15 cm.). Spesso veniva nascosto, prima dell'atto, sotto la cintura (chiamata obi) del kimono.

Il naginata era l’arma della samurai-donna: una lancia sovrastata da una lunga lama ricurva monofilare.


(fonte: Wikipedia)

Dedico questo piccolo componimento a Nakano Takeko, a Tomoe Gozen (1161-1184), ad Hojo Masako (1156-1225) ed alle altre donne-samurai ("onna-bugeisha") della Storia.


Ma lo dedico a tutte le donne che lottano, ovunque esse si trovino.


tomoe-gozen Tomoe Gozen, la leggendaria donna guerriera giapponese.

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