Arambè
L’esploratore
esce a
guardare il giorno che lentamente cambia in notte. Dentro, i
festeggiamenti per
il suo ritorno stanno continuando. Il suo signore è stato generoso con
lui,
forse potrà smettere di viaggiare, così spera la sua famiglia.
L’esploratore
non sa se una vita statica gli piacerà mai, ma lo farebbe per la madre
dei suoi
figli. Ha smesso anni prima di essere la donna che aveva scelto come
moglie, un
giorno è tornato da un viaggio e lei non era più la stessa. Non ha
fatto
domande, non ha ricevuto risposte ed è ripartito, ma da quel giorno
quella
donna è stata solo la madre dei suoi figli.
L’esploratore
è un uomo,
non è ancora vecchio, non è ancora grigio, ma già non è più all’apice
delle sue
forze. Il maggiore dei suoi figli già mostra somiglianze con il ragazzo
che
egli ricorda di essere stato anni prima. La minore delle sue figlie lo
ha visto
quel giorno per la prima volta. L’esploratore non ha visto nascere
neppure uno
dei suoi figli. E questo fa invecchiare. Non ha vissuto le gioie del
padre che
segue il figlio mentre questi muove i propri primi passi sul mondo. E
questo fa
invecchiare. L’esploratore ha bisogno di fermarsi, pensa, di smettere
di
invecchiare in questo modo un po’ meschino che è più colpa dello spazio
che del
tempo. Ma un esploratore non si ferma mai.
L’esploratore
ammira le
foglie che volteggiano nel crepuscolo trasportate da un vento inquieto
come il
suo animo. Le segue dapprima con lo sguardo, poi muove la testa per non
perderle di vista e improvvisamente sente una musica. È dolce e
malinconica
come un’onda calma che si infrange contro la riva, ma non altrettanto
quieta, e
c’è anche qualcos’altro e l’esploratore lo sente: l’esploratore ha
orecchie
finissime. Abbraccia con i sensi quella melodia e ogni altro rumore
sparisce,
rimane solo quella musica di seta. Allora l’esploratore capisce. C’è la
vita lì
dentro, una vita che pulsa, cade, si rialza, non si arrende, vuole
lasciarsi
andare, continua a correre, rallenta, accelera.
L’esploratore
parte alla
ricerca di questa musica, gli occhi chiusi, le orecchie attente, le
braccia in
avanti per non scontrarsi con nulla. Quando infine sente di essere
abbastanza
vicino, apre gli occhi: un gruppo di musicisti vestito poveramente sta
suonando. Gli danno tutti le spalle, ma non lo vedrebbero neanche se ce
l’avessero davanti agli occhi, perché i loro sguardi sono incatenati a
una
fiamma. Anzi, a quella che a prima vista pare una fiamma, ma poi
l’esploratore
capisce che quello non è che un riflesso. La ragazza che danza riflette
la luce
del fuoco con l’abito rosso e arancio. È lei che attrae a sé gli occhi
dei
musicisti senza via di scampo, la fiamma della vita si serve di lei per
esprimersi sul mondo. Ha gli occhi chiusi e danza come spinta da una
forza
misteriosa. Mentre la si guarda, il tempo sembra non scorrere.
L’esploratore
continua a
fissarla, incantato, finché la musica non finisce, con quella nota
dolce e
malinconica di fondo che echeggia ancora nella notte ormai scura. Il
cuore
dell’uomo ha un singhiozzo di rimpianto ed egli pensa che sia durata
davvero
troppo poco, sebbene non sappia veramente per quanto tempo sia rimasto
ad
ascoltare. La danzatrice si ferma e apre gli occhi. Per un attimo,
l’esploratore ci vede una giovanile allegria punta da una malinconica
dolcezza,
proprio com’era la musica un attimo prima. Appena la ragazza lo vede,
però, lo
spavento prende il sopravvento e nei suoi occhi scuri appare lo sguardo
della
selvaggina catturata, un terrore atavico. L’esploratore distoglie a
fatica lo
sguardo da lei e si guarda intorno: le loro poche cose mostrano quanto
sia
misera la loro vita. Sono certamente vagabondi e altrettanto certamente
verranno
cacciati non appena si saprà che sono lì.
L’esploratore
capisce la
paura dipinta negli occhi della ragazza. Ora che la guarda non accecato
dai
riflessi fiammeggianti del suo abito, si accorge che avrà meno di
vent’anni.
Una vita così difficile per una ragazza così giovane, pensa, eppure
tutta
quella voglia di vivere, tutta quell’energia nella danza. L’esploratore
si
sente più vecchio che mai, stanotte. Vorrebbe fermarsi ad ascoltare
quella
musica per sempre, a farsi ringiovanire dalla danza della ragazza.
L’uomo sa
che non è possibile, c’è troppa paura in quegli occhi, troppo spazio
l’ha fatto invecchiare anzitempo.
Per quella notte ha dato abbastanza preoccupazioni a persone cui non
avrebbe
fatto volontariamente alcun male. Quella vita è già abbastanza
difficile.
Accenna un inchino per ringraziare, scusarsi e accommiatarsi e se ne
va. Non
una parola è stata detta.
N.d.A:
Ciao a tutti! Grazie per avermi
dedicato qualche momento per leggere questa storia. Non sono molto
convinta del genere in cui l'ho inserita, per cui se non siete
d'accordo scrivetelo pure :)
Questa storia nasce dall'ascolto
di un magnifico brano, intitolato appunto Arambè. Lo trovate su
youtube, è di un quartetto fusion che si chiama Free emotions
(https://www.youtube.com/watch?v=7l4LObjaitc). Credo che leggere la
storia mentre si ascolta il brano le dia qualcosa in più, perciò vi
consiglio vivamente di farlo.
Se aveste tempo di lasciarmi un
commento, ve ne sarei estremamente grata, intanto vi saluto.
Che gli dèi siano con voi!
-Magic
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