Amarla e odiarla anche un po'

di Adeia Di Elferas
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(rosa nera: amore disilluso, ferito, addio, odio, morte)

Come le rose, che nel deserto fioriscono e muoiono.
(Alexander Pope)

 Il generale Jarjayes diede un ultimo sguardo al quadro che raffigurava sua figlia. Il pittore aveva fatto veramente un lavoro di pregio, doveva ammetterlo.
 L'aveva raffigurata in modo realistico, eppure aveva dato un tono epico e immortale a quella figura...
 François fece qualche lento e pesante passo, andando al vaso di rose che i servi avevano lasciato sul tavolino vicino alla finestra.
 Senza badarci davvero, allungò la mano, per accarezzare i petali setosi dei fiori. Ritirò subito la mano, punto da una delle spine che si nascondevano tra le foglie verdi.
 Sanguinava...
 Ah, una spina tanto piccola era riuscita comunque a far sanguinare lui, il generale Jarjayes, un uomo duro e deciso, un soldato...
 Mentre si succhiava il dito ferito per farlo smettere di sanguinare, François lanciò uno sguardo interessato ai fiori che gli stavano davanti. Sembravano così indifesi, e invece...!
 Allontanando per un momento la mente da tutto quello che stava succedendo dentro e fuori quel palazzo, si ritrovò a pensare che le spine sono necessarie alla rose, per permetterle di crescere forti e non venir importunate da nessuno.
 Così anche lei, sua figlia, la sua Oscar, anche lei aveva creato un muro di spine per evitare che i suoi petali venissero sgualciti da qualche ospite indesiderato. Così facendo, però, si era preclusa la felicità.
 Il generale sentì monatarsi in corpo una rabbia che non provava da anni. Con un ringhio gutturale e primordiale, scagliò in terra il vaso di rose, che si frantumò in mille pezzi.
 Con il respiro affannoso, il generale ignorò l'acqua versata, i cocci di vetro e i fiori sparsi in terra e si affrettò a uscire dal salone, calpestando senza badarci un paio di boccioli.
 Con sua figlia aveva sbagliato tutto e se n'era accorto troppo tardi. Era la più piccola, l'ultima figlia, quella che avrebbe dovuto proteggere con più amore e con più impegno e invece l'aveva gettata in pasto a un mondo crudele che l'aveva schiacciata, come lui aveva pestato senza pietà le rose che i suoi servi avevano messo con cura in un vaso di vetro...
 Abbaiò qualcosa a una delle domestiche, che corse subito nel salone a riparare al danno fatto dal suo padrone, e si ritirò nelle sue stanze.
 Una volta solo, la rabbia sbollì e restò solo l'amarezza.
 Il suo mondo stava finendo, la sua vita stava finendo, e forse anche quella di Oscar era già arrivata ala fine...
 Non era mai riuscito ad amarla completamente. L'odio che aveva nutrito, senza motivo, senza logica, aveva preso il sopravvento. Non aveva mai trovato un equilibrio tra quei due sentimenti.
 Stringendosi le mani al petto, il generale tentò di chiedere perdono a Dio, ma le parole della sua preghiera erano molto particolari e non era sicuro che lassù qualcuno le avrebbe ascoltate: “Il mio più grande rimpianto – sussurrò, con la voce spezzata – sarà per sempre quello di non essere riuscito prima ad amarla e odiarla anche un po'...”





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