Era un
edificio abbastanza moderno e, a vederlo, anche accogliente. Aveva un
grande
giardino, un cancello ben curato che lasciava intravedere chiaramente i
bambini
che giocavano allegri sul prato verde. Accanto al cancello, il cartello
dorato
con scritto sopra Wammy’s House. Era un orfanotrofio speciale
doveva venivano
mandati gli orfani dotati di una particolare intelligenza e, oltre a
studiare
le materie ordinarie e fondamentali, venivano istruiti per migliorare
nelle
loro specialità. La ragazza era un po’ spaventata
a entrare in quell’edificio,
accompagnata dal signor Quillsh Wammy, fondatore
dell’istituto. Si erano
incontrati per caso, per uno spiacevole caso. Lei era per la strada,
piena di
brutte ferite dopo aver subito maltrattamenti da dei banditi per un
portafoglio
che non aveva. Viveva di stenti, andando a recuperare il cibo nella
pattumiera,
mai si sarebbe abbassata a chiedere l’elemosina a qualcuno.
Non sapeva nulla
dei suoi genitori, non sapeva dov’era nata. L’unica
informazione su sé stessa
era una collana con scritto sopra il suo nome, Hayley Lorraine,
decorato con
particolari ghirigorì stile Rococò.
L’aveva sempre avuta con sé, anche quando
la stavano per uccidere, e proprio in quel momento arrivò
Wammy, arrivato per
caso accorgendosi del piccolo trambusto nella grande città,
o forse chissà, se
ne stavano accorgendo tutti ma nessuno la voleva aiutare, essendo una
squallida
orfanella. Ora era lì, davanti a quel cancello, bagagli in
mano e sguardo
ansioso, impaurito. Quillsh le stava accanto, vestito in modo
informale,
cappello in mano, a fissare quella esile ragazza con un piccolo sorriso.
-Sono
tutti nella tua stessa situazione, Hayley. Non ti giudicheranno male-
disse
lui, per tranquillizzarla.
La ragazza
fece un impercettibile cenno con la testa e, senza guardare in faccia
Wammy,
fece un piccolo passo verso la sua nuova casa. Appena entrò
sentì tutti gli
sguardi puntati addosso, ma stavolta erano sguardi diversi:
incuriositi,
divertiti, di certo non i soliti sguardi di disprezzo. Ma era comunque
nervosa,
per qualche strana ragione. Credeva di essere immune a certi sentimenti.
Strinse
nella mano la collana e seguì a passo svelto Wammy, che era
già all’interno
dell’orfanotrofio.
Si
sentirono poi dei lamenti di bambini, insieme alla risata di un
ragazzo. I
bambini fecero capolino da un angolo della casa, seguiti da un ragazzo
biondo,
avrà avuto qualche anno in più rispetto a loro, i
capelli lunghi fino al collo,
che mangiava una barretta di cioccolato. La ragazza, come Quillsh, non
fecero
in tempo a dire nulla, perché arrivò un signore
con gli occhiali a fare la
predica al biondino.
-Roger, io
non gli ho fatto niente, cercavano di rubarmi la cioccolata. Me la sono
solo
ripresa-
-Sono
più
piccoli di te, Mello. Non puoi passare subito alle maniere forti, a
prescindere
dalle motivazione che scatena tale reazione. Chiedi scusa-
La ragazza
distolse a quel punto l’attenzione alla scena per dedicarsi a
Wammy che
procedeva verso un’altra sala, intento a mostrarle la
struttura della sua nuova
casa. Passarono per la cucina, per la sala da pranzo, per i corridoi
che
portavano ad alcune camere, destinate ai bambini più
piccoli. Lei doveva andare
per il primo piano, dove vi erano ragazzi più o meno della
sua età.
-Puoi
sistemarti, mentre attendi il pranzo- disse Wammy mentre la faceva
accomodare
nella sua stanza, un’ampia stanza vuota, c’era solo
il letto, l’armadio, lo
scrittoio con la sedia e la finestra. Sembrava davvero troppo grande
per lei.
-Grazie…-
disse debolmente Hayley posando le valigie sul letto.
-Verrò
a
chiamarti tra poco- disse Quillsh chiudendo la porta lievemente.
Si
ritrovò
sola, a sistemare le proprie cose, come fosse un robot. Si
divertì però a
sistemare quei pochi vestiti per colore e occasione, si
divertì a sistemare il letto,
a guardare la sua stanza cambiare poco a poco. Uscì un
momento per guardare da
sola l’edificio, ambientarsi. Fece qualche passo e
notò che la stanza accanto
alla sua aveva la porta semiaperta, e riuscì a scorgervi
delle pareti
completamente vuote, bianche, e si poteva vedere per terra un piccolo
schermo
di un computer acceso. Posò poi lo sguardo sulla targhetta
alla porta, ma venne
chiamata dalla voce di Wammy che l’avvertiva che era ora di
mangiare. Per la
prima volta avrebbe mangiato con chissà quanti
ragazzi… Le venne una tremenda
ansia. Avanzò comunque, scendendo le scale, come in trance,
persa in chissà
quali pensieri. Inciampò, addirittura. Arrivò
nella sala da pranzo, dove si
erano già tutti accomodati. Lei si attorcigliò i
capelli, arrossendo, non
sapendo dove andare, e dietro le spalle si ritrovò Wammy che
le indicò un posto
vuoto, l’unico posto vuoto. Si diresse immediatamente
lì, senza pensare a chi
era seduta vicino, almeno finchè non si sedette. Il suo
vicino aveva i capelli
bianchi e aveva il suo stesso vizio di arricciarseli, era vestito tutto
di
bianco e una gamba era accovacciata. Non sorrideva, sembrava stesse
pensando a
qualcosa di molto importante.
-Ciao…
Posso sedermi qui?- poteva giurare di aver avuto
l’impressione di parlare a un
bambolotto. Non parlava, la guardava e basta, e si arricciava un ciocca
della
sua chioma bianca. Le fece solo cenno di assenso e lei si
accomodò. Davanti a
lei, ci fece caso una volta seduta, c’era il biondino che
mangiava cioccolata,
ancora cioccolata, chissà se era la stessa barretta di
prima. Sembrava
abbastanza nervoso, guardava quasi con astio la persona che aveva di
fronte,
cioè il bambino bianco. Erano davvero l’uno
l’opposto dell’altro: bianco e
nero, compostezza e inverso, indifferenza e.. Nervosismo anche il solo
vederlo.
Arrivò un ragazzino a sedersi vicino al biondo che poco
prima la ragazza lo
aveva sentito rispondere al nome di Mello, ma questi posò
velocemente una mano
sulla sedia dicendo che era occupato.
-Tanto non
verrà. Deve risolvere il caso del piromane di Mosca-
-Non
è
vero, l’ha già risolto. Per una volta che viene
qua, verrà sicuramente, Near.
C’è la torta alle fragole che a lui piace tanto,
non può mancare- rispose Mello
con aria sprezzante.
Proprio in
quel momento fece la sua comparsa Wammy, che si sedette accanto a
Mello. Il
ragazzo mollò la presa alla sedia con aria rassegnata, non
osando protestare
davanti al proprietario dell’orfanotrofio.
-Non
verrà, vero?- chiese Mello a Wammy
-E’
nella
sua stanza a risolvere un complicato caso di New York. Credo che si
farà
portare i pasti in camera-
Hayley
avrebbe tanto voluto sapere di chi stavano parlando, ma era la ragazza
nuova,
non voleva essere indiscreta. E poi, un po’ si vergognava,
grazie agli sguardi
incuriositi di Mello e del ragazzo accanto che a quanto pareva si
chiamava Near
-Wammy,
chi è questa?- chiese Mello
-Hayley
Lorraine-
-La
ragazza nuova?-
-Esatto-
A quel
punto Mello sorrise divertito, addentando la sua barretta di cioccolato
–Chiamami Mello, Hayley. Benvenuta-
Wammy
pensò invece a presentare l’altro ragazzo
–Lui è Near. Non farci caso, è un
tipo un po’ chiuso-
Near
guardò Hayley con la stessa espressione seria –Io
sono Near-
-Io sono
Hayley…- Disse debolmente la ragazza
-Hayley
è
il tuo vero nome?- chiese Mello
-Sì…-
rispose lei
-Wow…
Wammy, perché lei può dire il suo vero nome?-
-Date le
circostanze, Mello- rispose Wammy –Non le abbiamo ancora
trovato uno
pseudonimo-
-Bè,
dovresti muoverti, Wammy- rispose Mello ridendo
Suonò
il
cercapersone di Wammy –Oh… Lui. Devo portargli il
pasto. Bene, ragazzi, vi
lascio soli- e saprì, con un carrello pieno di dolci.
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