Nickname sul forum e su EFP:AriaBlack
/ _ A r i a
Titolo scelto:Il
piccolo principe, A. de Saint-Exupérie
Titolo storia e numero parole:Dove
le stelle brillano di più [1743 words]
Rating:Verde
Genere:Fluff,
Malinconico
Personaggi ed eventuali coppie:Shinoa
Hīragi, Mitsuba Sangū (lievi accenni ShinoMitsu)
Avvertimenti/note:What
if?
Note d’Autore:Dunque,
ammetto che questa è la prima volta che mi cimento in questo
fandom, perciò mi appello alla vostra clemenza qualora la
shot dovesse risultare orribile come temo. È solo che in
generale l’idea di partecipare a questo contest mi attirava
troppo, perciò non sono riuscita a resistere. Amo
visceralmente i libri, di qualsiasi genere essi siano, pertanto
è naturale che congiungere questa mia grande passione
all’altro amore della mia vita, quello per gli anime e i
manga, non mi sia di certo passato inosservato, volendo utilizzare un
eufemismo. Già, siamo sinceri:non ce l’ho fatta,
era una tentazione troppo forte per restare impassibili dinanzi ad
essa. E così eccomi qua, con una shot buttata giù
praticamente di getto, cosa che non mi succedeva dai tempi dei tempi,
tra sprazzi di fluff –cosa più unica che rara per
me- e di malinconia, che non ci stanno mai male.
Ovviamente il fandom
da me designato come scelta, come si può ben intuire,
è stato Owari no Seraph, mentre il libro è
“Il piccolo principe” di Antoine de
Saint-Exupérie. Ho optato per questa combinazione per una
serie di coincidenze piuttosto fortuite, se proprio vogliamo dirla
così:l’idea di scrivere qualcosa su OwaSera mi
ronzava per la testa già da un po’,
così ho colto al balzo l’occasione fornita da
questo fantastico contest per mettermi alla prova nel suddetto ambito.
Inoltre “Il piccolo principe” è un libro
al quale ho sempre guardato con ammirazione, considerandolo uno dei
capisaldi della letteratura giovanile … ma anche se letto un
po’ più da grandicelli non fa mai male.
Riguardandolo in
questi giorni mi sono accorta di alcune parti sottolineate nel
testo:andandole a leggere mi sono resa conto della
profondità di quelle frasi, così
sorprendentemente attuali, anche a distanza di un secolo buono. Forse
è proprio questo il messaggio che mi preme maggiormente
lasciar trasparire da questo mio testo:non abbandoniamo i libri. Leggiamo. Sono
certa che, in futuro, questa scelta gioverà ad ognuno di noi.
Ringrazio chiunque
leggerà e auguro buona fortuna a tutti i partecipanti al
contest
Aria ~
C’era un
pianeta più lontano degli altri dal Sole, disperso
nell’oscurità della galassia.
Lì il
calore dei raggi luminosi arrivava fioco, attutito da quella
lontananza; questo comportava che l’estrema
rigidità della temperatura.
Quel luogo desertico
era pressoché disabitato proprio a causa delle sue
condizioni climatiche, al punto da non avere nemmeno un nome.
Ogni mattina, quando
si svegliava, a questo pensava Mitsuba.
Osservava la propria
vita scorrerle davanti, a separarla da essa solo la spessa lastra di
vetro della finestra, in quella che aveva sempre considerato la
“camera da letto”, in quella precaria struttura che
ormai da anni chiamava “casa”.
“Quale vita,
poi?” si domandava, come ogni volta, con aria affranta.
Viveva
–anzi, vivevano-
in quel luogo dimenticato da Dio e dall’intera
umanità e non avevano modo di andarsene, l’unico
rimedio in loro possesso era quello di porre stracci pesanti sotto agli
spifferi di porte e finestre.
Così
Mitsuba, come ogni mattina, si ritrovò davanti a quella
finestra, ad osservare l’aria che si condensava in piccoli
fiocchi cristallizzati, come una sorta di rituale.
“Qualcosa
che si ripete conforta la mente, di fronte alla desolante
realtà dei fatti” si concesse la ragazza,
lasciando ondulare appena i suoi capelli biondi, raccolti in due codini
ai lati della testa.
Avvertì dei
passi lievi muoversi alle sue spalle, tuttavia non se ne
curò più di tanto: ormai era abituata a vivere
con … lei.
Due braccia esili
avvolte, come le sue, in svariati strati di maglioni la strinsero da
dietro, con fare un po’ lezioso.
«Sogni ad
occhi aperti, Micchan?~» domandò una voce
lievemente stridula alle sue spalle.
Mitsuba
roteò gli occhi fingendo irritazione –o forse solo
noia- mentre replicava:«Ti piacerebbe, Shinoa».
L’amica
soffiò, facendo alzare e subito dopo riabbassare la
frangetta lilla poco sopra i suoi occhi.
Nessuna
delle due ricordava da quanto ormai fossero bloccate in quel regno
algido, né quando vi fossero giunte … forse
perché, dopo così tanto, non si riesce
più a tenere il tempo…
Non si resero conto
subito di una figura, che avanzava solitaria in quei territori
inesplorati.
In realtà
se ne accorsero dopo un bel po’ e non avrebbero saputo dire,
neanche a distanza di tempo, chi fosse stata la prima a notarlo;
dopotutto la brina, che si era posata sulla finestra, riduceva molto la
visibilità.
Era una sagoma umana,
minuta … Sembrava quella di un bambino.
Le due ragazze
rimasero sbigottite: non era mai arrivato nessuno lì, prima
di allora.
Scattarono subito in
direzione dei cappotti, che avevano appoggiato sulle sedie del
soggiorno.
Avrebbero soccorso il
nuovo venuto, non importava di chi si trattasse: dopotutto ormai era
lì, non avrebbero avuto motivo di fare altrimenti.
Era un bambino, non
poteva essere più grande.
Quando lo avevano
soccorso, il fanciullo aveva osservato a lungo Shinoa e Mitsuba con un
certo cipiglio incuriosito.
Erano così
buffe, con tutti quegli strati di vestiti addosso!
D’altronde
il piccolo principe le capiva: su quel pianeta faceva così
freddo …
Per fortuna, la prima
cosa che quelle ragazze ebbero la premura di fare, una volta che tutti
e tre furono giunti nella loro casa, fu quella di procurare dei vestiti
pesanti anche al nuovo venuto, che le ringraziò sinceramente
per quel gesto.
Raccontò
loro di essere giunto lì da un lontano asteroide e di aver
raggiunto molti altri pianeti prima del loro.
Durante il suo viaggio
aveva conosciuto molte persone, alcune più stravaganti di
altre, per questo una volta ritrovatosi davanti le due giovani non era
rimasto sorpreso poi molto.
Quello che lo aveva
lasciato così meravigliato era stato il carisma che Shinoa e
Mitsuba avevano dimostrato per correre in suo soccorso, sfidando
perfino il vento gelido della bufera di neve esterna: lui per loro non
era altro che un perfetto sconosciuto…
«Era giusto
così» gli fece notare Shinoa, porgendogli una
tazza di tè caldo.
Poco dopo Mitsuba
annuì mentre, con lo sguardo ancora rivolto fuori dalla
finestra, aggiungeva: «Non avremmo avuto motivo di lasciarti
morire assiderato là fuori, in mezzo alla
tempesta».
Il piccolo principe
corrugò un po’ la fronte, incuriosito.
«Cosa vuol
dire “assiderato”?» domandò
infatti alle ragazze.
Stavolta la prima a
rispondere fu Shinoa; per una volta mise da parte il suo sarcasmo -
inoltre non era sicura che lasciare la risposta a Mitsuba avrebbe
comportato un risultato adatto ad un bambino- mentre gli
spiegava:«Ecco, vedi … è quando fa
tanto freddo e senti le mani e la faccia gelate. Non è una
bella cosa, no?».
Il principe scosse
lievemente la testa e Shinoa gli sorrise, lieta di essergli stata
d’aiuto.
«Grazie»mormorò
il nuovo arrivato, chinando lievemente la testa.
«Oh, non
devi ringraziarci» concluse Shinoa, continuando a sorridergli
con cordialità «Te l’ho detto: era
giusto così».
Quella sera, quando
andarono a dormire, Mitsuba lasciò al più piccolo
il proprio letto e lei si rintanò in quello di Shinoa,
assieme all’amica.
Fu strano dormire in
quella posizione, tuttavia al tempo stesso piacevole.
A Mitsuba ricordava
quando avevano qualche anno di meno e le capitava di fare qualche
incubo, nel cuore della notte: allora sgattaiolava da Shinoa,
chiedendole se poteva dormire con lei.
L’amica le
sorrideva sempre comprensiva, allargando le sue braccia e permettendole
di dormire con sé, stringendola teneramente in un abbraccio
protettivo.
Erano bei ricordi,
quelli, per Mitsuba.
C’era un
periodo dell’anno in cui i raggi del Sole riuscivano ad
arrivare fin lì, riscaldando un poco il pianeta tanto freddo.
Era il fenomeno
più simile all’estate che si sarebbe mai potuto
verificare.
Il piccolo principe si
trovava ancora a casa delle due ragazze; con il passare del tempo i tre
erano diventati amici e la presenza del principe si era rivelata assai
confortante. Doversi occupare di un altro essere umano aiutava le due
amiche a non uscire di senno per la solitudine.
Con il giungere di
quello sprazzo d’estate, anche le giornate sembrarono
all’improvviso divenire più vivibili: il principe,
spronato da Shinoa e Mitsuba, di tanto in tanto usciva ad esplorare i
territori lì intorno, sgombri dai cumuli di neve che si
erano formati in tutti quei mesi.
Un pomeriggio, mentre
il piccolo principe era seduto su una roccia davanti casa, tutto
intento ad osservare lo spazio davanti a sé, Shinoa gli si
avvicinò, con passo lento e cadenzato.
«Una di
queste sere voglio portarti a vedere le stelle» gli
confidò la ragazza, con il suo solito sorriso stampato in
volto.
«Perché?»
provò a chiederle il principe, osservandola pieno di
curiosità.
«Beh»
commentò Shinoa, conciliante «Perché
dal nostro pianeta le stelle sono bellissime. Il Sole è
talmente lontano che l’oscurità la fa da padrona e
le stelle in cielo sembrano più belle».
Il piccolo principe,
venuto da lontano, sorrise lieto alla ragazza, quindi cercò
di esprimerle gratitudine, tuttavia la ragazza lo bloccò
quasi subito.
«Quante
volte ti ho detto che non devi ringraziarci?» lo
apostrofò infatti, seppur con tono gentile, continuando a
sorridergli «Te l’abbiamo detto:non devi
ringraziarci, noi lo facciamo con piacere ~».
Il piccolo principe
ricambiò il sorriso, riconoscente.
Restarono in silenzio,
senza aggiungere altro: in fondo non c’era bisogno di
ulteriori parole, in quel momento.
Quella sera uscirono
tutti insieme, si sedettero sulle rocce spigolose di quel territorio
arido ed osservarono il cielo, in tutta la sua oscura
maestosità.
La volta celeste
sembrava essere diventata un velo nero, squarciato dalle stelle, simili
a diamanti splendenti nella notte.
Il piccolo principe
osservò quello spettacolo con occhi ammirati, la bocca
socchiusa e le labbra piegate in un bel sorriso.
Anche Shinoa osservava
il cielo, con aria trasognata. Chissà a cosa pensava ...
magari ad un luogo lontano da lì, dove poter vivere senza il
timore di quel freddo cieco a martellare le ossa.
Mitsuba invece era
crollata addormentata, con la testa premuta sulla spalla della Hīragi.
E Shinoa non
riuscì a non trovarla tenerissima.
Accadde una mattina
d’autunno.
Mitsuba era uscita a
ritirare il bucato steso fuori casa e si era accorta fin da subito che
quella mattina il vento era insolitamente forte.
Lo sentiva ruggire
nelle sue orecchie, con un’impetuosità che mai si
sarebbe immaginata.
Mentre raccoglieva i
panni freschi e puliti più in fretta che poteva, si disse
che c’era qualcosa di strano in quel vento, senza tuttavia
saper dare una giustificazione a quella sensazione.
Quando
sfilò le mollette da bucato da una federa, non fece in tempo
a prenderla che questa volò via, alta nel cielo.
Mitsuba rimase a
fissarla, con un’espressione quasi ipnotizza, mentre fendeva
con il suo biancore il cielo grigiastro, muovendosi con leggiadria.
Non era
particolarmente dispiaciuta, forse solo sorpresa … a forza
di vivere in quel posto lontano da qualsiasi tipo di società
doveva aver finito per perdere del tutto il senno, ne era sicura.
Era così
concentrata ad osservarla stoffa bianca muoversi piacevolmente in aria,
da non notare l’esile figura che faceva capolino da dietro la
soglia della porta.
Il piccolo principe si
teneva fortissimo ad essa, le unghie conficcate nel legno, piccoli
lamenti soffocati sulle sue labbra.
Il vento era troppo
forte per lui … Ah, avrebbe fatto meglio a rimanere nel
letto, quando aveva sentito Mitsuba alzarsi ed uscire di casa, di
questo passo avrebbe finito per volare via!
Un mugolio
più forte degli altri sovrastò i fischi del
vento, attirando l’attenzione di Mitsuba, che subito si
voltò in direzione della porta.
Quello che vide la
fece allarmare così tanto da farle spalancare gli occhi a
dismisura, la sua bocca si aprì in una posizione innaturale
e da lì a poco la sua carnagione divenne ancor
più pallida del solito, a causa dello spavento.
Le gambette del
piccolo principe si sollevarono a mezz’aria, in posizione
orizzontale, muovendosi come una bandiera.
La fanciulla, dopo
l’iniziale terrore, scattò subito in direzione del
principe…
Solo
che non fece in tempo.
La presa del
più piccolo cedette e quest’ultimo si
ritrovò volare in aria, librandosi sempre più su,
in alto nel cielo …
Libero.
Mitsuba
restò a guardare il piccolo principe salire sempre di
più, fino a scomparire, all’altezza della linea
dell’orizzonte.
Non si accorse di
essere scoppiata a piangere fino a quando non avvertì le
braccia di Shinoa stringerla protettiva a sé, in un
abbraccio rassicurante.
Neanche allora
riuscì a fermare le lacrime, che impietose percorrevano il
suo volto.
Addio,
piccolo principe.
Spero
solo che adesso, ovunque tu sia, possa essere felice e continuare a
vivere le tue mirabolanti avventure.
Continua
a sognare, piccolo principe … non credo che incontreremo mai
qualcun altro come te.
Ma
tu, magari … troverai un posto dove le stelle brillano di
più.
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