Attimi

di Laurie
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Rito di primavera
 
Nella notte di luna nuova c’era l’odore di terra e di cane nell’aria. L’oscurità strisciava sulla terra, rendendo ferali le espressioni nei volti degli youkai che attendevano, mentre lui camminava in mezzo a loro.
Mormoravano nel vedere i suoi capelli argentei e i suoi artigli snudati, perché ancora aveva l’aspetto ingannevole dell’essere umano. Era così simile a suo padre, dicevano, così pallido e fiero.
Lui non la pensava così.
Cercò la traccia del padre con il naso ma trovò, invece, l’eccitazione del consesso che cresceva ad ogni suo movimento. Attendevano che reclamasse il vero aspetto, che il cane uscisse fuori e corresse sotto gli alberi, tra le fronde scure della notte. Lui sapeva che il tempo dell’attesa era finito.
I suoi canini erano affilati e taglienti, gli occhi rossi quando scattò. Gli altri mormorarono più forte, ma poi furono troppo lontani per sentirli, troppo lontani anche per lui.
Difficile trovare una traccia, durante una notte così oscura, la risolutezza lo sostenne per lunghi balzi fino a quando girò attorno alle capanne degli umani, ammantato dello stesso silenzio delle stelle.
Pensò alle coppia di spade, gemelle e opposte, appese alla parete, dietro il luogo dove Inu no Taisho sedeva per osservare, ascoltare e ordinare.
Quando spaccò con un'artigliata il canniccio, lo fece senza esitazione. Agguantò la carne che gli si offriva, ricca e sporca e forte di odore e di sapore, e azzannò con tutto la forza della sua prima giovinezza. Le grida si alzarono acute, cominciò a udire i passi mentre trascinava la carne urlante fuori tra le canne spezzate e il fango del canale.
Quando l’umano smise di urlare, lappò il suo sangue e poi lo trascinò via.
Quando gli altri youkai sentirono l’odore di morte, ulularono forte. Lui scaricò in mezzo a loro il peso che aveva trasportato, e li lasciò annusare, uno alla volta.
Era stata una buona caccia, concordarono tutti.
I suoi passi erano leggeri e sicuri quando andò verso suo padre. Era silenzioso e immobile, in attesa.
Non incontrò lo sguardo, mentre il figlio chinava la fronte.
“Attendo ciò che è mio,” si concesse un breve palpito di arroganza.
Inu no Taisho si alzò e segnò con un tocco deciso la fronte, una pallida falce di luna che nasceva tra la pelle candida sotto le dita.
“Figlio mio, da oggi verrai chiamato Sesshoumaru.”
Furono le uniche cose che gli concesse da quella notte in poi.

Nota dell'autrice.

No, non sono defunta. No, non ho intenzione di smettere.
Se vi piace lo stile delle mie drabble, vi chiedo di lasciare un commento. Se avete qualche idea o suggerimento, sono sempre a vostra disposizione. Grazie a tutti i lettori, e a presto.


 




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