OPPOSTI
Clarisse si sentiva buona e cara.
Nonostante la minaccia di Crono, nonostante la guerra imminente,
nonostante i mostri premessero ai confini del campo e ci fosse anche
una probabile minaccia all’interno del campo stesso, in quel
periodo, porca puttana, si sentiva sempre al settimo cielo. Era
difficile farla arrabbiare. Non riusciva a irritarla nemmeno Percy.
Sarebbero potuti essere tutti felici e contenti, e invece no, no
perché Sherman di nuovo ce la stava mettendo tutta per
guastarle la giornata. Come ieri. E il giorno prima ancora. E quello
prima dell’altro ieri, e via così.
–Silena
sarà a ispezionare la capanna tra poco, Sherman,
porca puttana. Se non metti a posto il tuo cazzo di angolo, giuro che
ti troverà smembrato per terra in una pozza di sangue, sono
stata chiara?
–Figo!–,
commentò Mark.
–
Tanto ultimi ci arriviamo lo stesso, guarda che porcile che hai
fatto!–,
considerò Goran Schiaccianoci, in tono allegro.
–Io comincerei già con lo smembramento!
Per tutta risposta, Sherman fece una specie di grugnito e si
limitò ad alzare la musica che stava ascoltando con le
cuffie, spaparanzato con gli anfibi sul letto. Clarisse diede un calcio
al letto che lo spostò di un metro, ma lui rimase
impassibile.
–
Sherman!
Clarisse gli tolse le cuffie con uno strattone.
–Che cazzo
vuoi, Clarisse? Hai qualcosa da fare dopo cena, che non puoi
sistemare la cucina? Allora avanti, metti a posto la mia merda.
Clarisse aveva sul serio
qualcosa da fare dopo cena. Niente di particolare, ma voleva stare
vicino a Chris, sentire le sue dita che le stuzzicavano la pelle,
magari fargli rubare un bacio di nascosto, quando non li vedeva
nessuno. Strinse il pugno, e lo fermò a un centimetro dalla
faccia di Sherman.
–Metti. In
ordine. Ora.
Lui le fece il suo sorriso più irriverente, mostrando gli
incisivi distanziati. –Succhiami. Le palle. Ora.
La capanna esplose in un grido entusiasta quando lei gli
mollò un cazzotto che Sherman non riuscì a
schivare, e un altro grido quando lui si alzò sul letto e lo
usò come trampolino per darsi lo slancio e saltarle contro.
Clarisse incassò con uno sbuffo, poi gli piantò
una ginocchiata nello stomaco. Lui si piegò ma
sfruttò il movimento per torcersi e sbatterla con la schiena
a terra; Clarisse gli afferrò un piede e riuscì a
far cadere anche lui, per poi salirgli sopra e girargli il braccio
all’indietro. –Rompiglielo, rompiglielo!–, urlavano
gli altri, che si erano messi a cerchio attorno ai due, come in
un’arena.
Improvvisamente, una voce femminile irruppe nel coro. –Finitela!
Si
può sapere cosa state facendo qui?
Tutti si ammutolirono. Silena, con una cartellina in mano e un gruppo
di ragazzi di Afrodite al seguito, li osservava con un misto di
disgusto ed esasperazione.
–
Ah, Silena–,
ghignò Sherman, dalla posizione in cui si
trovava. –Ti prego di notare la nuova decorazione della
capanna: immondizia per terra e macchie di sangue sul muro. Che dici,
è abbastanza graziosa per te?
Clarisse fece per spezzargli il braccio, ma Silena strillò.
–Non ho mai
visto una cosa del genere! Clarisse, mollalo. Sherman, non
sei divertente. Non le ispeziono nemmeno le altre capanne, tanto non ho
dubbi su chi si merita il punteggio peggiore, oggi!
–Quindi
possono continuare a picchiarsi?–, chiese
Mark, speranzoso.
–No!
I ragazzi di Ares sbuffarono. Un po’come capitava con i
rispettivi genitori divini, Silena aveva una strana influenza su di
loro: se gli diceva in modo deciso di fare qualcosa (o, più
spesso, di non farla), in genere le davano retta.
–Ehi, io
gliel’ho detto di mettere a posto, cazzo. Ma lui
niente. Mica potevo lasciar correre.
–Potevi
mettere a posto tu, se ci tenevi tanto al
falò…
Silena li guardò alternativamente, a bocca aperta.
–Finitela!
Non mi interessano le scuse, niente falò fino a
che non avete sistemato tutto, stasera. E adesso filate alle docce,
siete disgustosi!
Clarisse uscì a larghi passi dalla capanna, dando una
spallata fortissima a Drew Tanaka, che ridacchiava. Sherman la
seguì, imprecando.
–Ehi, sei
vestito? Posso entrare?
Clarisse si era affacciata agli spogliatoi delle docce dei maschi, che
a parte Sherman erano vuote. Lui fece una specie di grugnito, e
Clarisse lo prese come un sì.
–Si
può sapere che cosa cazzo hai in questi giorni?
Sherman le dava le spalle, seduto sulla panca. Aveva addosso solo i
boxer, e cercava di tastarsi un punto della schiena con un braccio.
–Niente.
Dovrei avere qualcosa? Non ho niente.
Lei sospirò e si sedette dietro di lui sulla panca. I
capelli di Sherman, tagliati cortissimi, erano già
quasi asciutti.
–Fammi
sentire, dov’è che ti fa male?
Gli fece scorrere le mani sulla schiena. –Qui–, disse,
mentre
lui emetteva un verso di dolore.
–Ti sei
torto troppo con la schiena. È stata una mossa del
cazzo.
Sherman sbuffò. Clarisse lavorò attorno ai suoi
muscoli, in silenzio, cercando di sciogliere i nodi e le tensioni.
Riusciva a essere delicatissima, quando voleva.
–Anche la
tua è stata una mossa del cazzo–, disse lui
dopo
un po’. Clarisse si interruppe un attimo, smarrita.
–Che cosa? Quale?
–La sera dei
fuochi. Cosa ti costava?
La sera dei fuochi era quando Chris l’aveva baciata per la
prima volta, pensò Clarisse. Che cazzo c’entrava
Sherman?
–Cosa mi
costava fare cosa?
–Eli mi
evita da quella sera. Perché non potevi
semplicemente andarti a fare un giro, che cazzo te ne fregava?
–Eli?
–Elizabeth
Asmar, cazzo, Clarisse, non ti ricordi nemmeno?
Certo. Sherman era con Elizabeth quando lei era tornata in capanna,
incazzata nera perché Chris l’aveva baciata e lei
non sapeva cosa fare. L’aveva fatta smammare e aveva
provocato una rissa con lui per scaricarsi i nervi.
–Cioè,
fammi capire, idiota, mi stai stracciando
l’anima perché non sei riuscito a farti Elizabeth
Asmar? E fattene un’altra, no?
Sherman diede un pugno fortissimo alla panca.
–Ma io non
ne voglio un’altra! Io voglio lei!
Clarisse rimase interdetta qualche secondo. Sbatté le
palpebre un paio di volte. Ci pensò su.
–Ma quindi
ti piace Elizabeth Asmar?
–Non
è quello che ho detto.
–Sì
che è quello che hai detto.
–No! Ho solo
detto che non è che va bene anche
un’altra, perché Eli, cioè,
lei… lei è Eli, capito? Non un’altra.
Ma non lo dico perché mi piace. Non è che mi
piace. Non è che non mi piaccia, eh, non dico questo,
però neanche ho detto che…
–Io mi vedo
con Chris Rodriguez. Cioè, proviamo come va.
Sherman rilassò le spalle.
–Lo
so.
–Lo sai?
Lui scoppiò a ridere.
–Lo
sanno… cioè, una cosa tipo tutto il campo,
Clarisse! Ho anche vinto delle dracme! Voglio dire, pensavi di tenere
la cosa segreta? Sul serio?
–Vorrei
tanto sapere chi è che ha fatto la spia. Gli sfilo
gli intestini così velocemente che lo faccio diventare una
trottola–,
ringhiò lei.
–Il lato
divertente è che adesso siamo tutti sicuri che
Chris non farà scherzi, perché tra Crono da una
parte e te dall’altra… Ahia!
Clarisse gli aveva tirato un pugno dove gli faceva male.
–Comunque, tornando a Eli, mica ce l’avevo con te.
Vi siete solo trovati al posto sbagliato nel momento sbagliato.
–E che cazzo
cambia? Intanto, lei non si schioda dai suoi fratelli.
–Ma cosa
c’entra con la cabina, scusa? Alla fine le pulizie
in cucina toccano anche a te.
Sherman si alzò in piedi e si infilò pantaloni,
anfibi e maglietta.
–Sì,
ma se io non posso vedere Eli, allora neanche tu potrai
vedere Chris. Così impari, la prossima volta.
Clarisse era ancora in ciabatte, e non riuscì a raggiungerlo
quando lui scappò via.
–Sì
ma mi spiegate perché stiamo facendo una cosa
del genere? Mi vuoi improvvisamente tanto tanto bene, Clarisse?
Quella mattina, Sherman si era visto arrivare Clarisse, con dietro
Chris, che gli aveva detto: –Adesso la chiudiamo–. Poi si
erano messi a occhieggiare da lontano la casa di Atena,
finché Eli non era uscita assieme ad Annabeth, Malcolm e due
fratelli più piccoli, diretti a lezione di scherma. Chris
aveva acchiappato il piccolo Red della casa di Afrodite, gli aveva dato
una dracma (di Sherman, come Sherman aveva scoperto qualche ora dopo
frugandosi in tasca), e gli aveva detto di liberarsi dei mocciosi. Red
gli aveva fatto l’occhiolino e si era diretto verso il
gruppetto. Ora i tre aspettavano il resto del gruppo per intercettarli
verso metà strada.
–No,
continui a starmi sui coglioni. Solo che mi sono rotta il cazzo
dei tuoi atteggiamenti di merda.
–Ma scusate
se mi intrometto, Sherman, non puoi semplicemente andare da
Eli e dire che hai bisogno di parlarle?
I due fratelli si girarono a fissarlo con la stessa espressione
incredula. –Sta zitto, Chris, non capisci niente–,
tagliò corto Clarisse. Lui si limitò a
ridacchiare. –E quindi qual è il piano?
Clarisse si strinse nelle spalle, cosa difficile visto che si erano
appostati stesi per terra dietro a degli arbusti.
–Io prendo
Annabeth. Chris, tu dovresti riuscire almeno a trattenere
Malcolm, sei più grosso di lui, così Sherman
può prendere Eli e…
–No scusate,
vi rendete conto che questa cosa sembra il rapimento di
Elena di Troia? Senza contare il casino, richiameremo gente da tutto il
Campo. È un piano che fa schifo.
Sherman sbuffò. –Io l’ho detto che tutta
questa storia è una stronzata.
–Clarisse,
lascia a me Malcolm. Nel senso che ci parlo io e lo
allontano. Tu allontanerai Annabeth, Eli resta sola, e tutto
sarà civile e normale. Ok?
–Mah, a me i
metodi sembrano ugualmente stupidi–,
brontolò
Sherman.
–E io come
la allontano Annabeth, scusa?
Chris alzò gli occhi al cielo e borbottò
“Ares”. –Ci parli, Clarisse.
Le dici che devi discutere di qualche impresa, le chiedi come va con
Percy, non lo so, sei sua amica, saprai cosa dirle, no?
Lei non sembrava troppo convinta. –Va bene. E tu cosa dici a
Malcolm?
Chris fece il sorriso da volpe tipico dei figli di Hermes quando
avevano in mente qualcosa; –Malcolm ha
una scommessa da pagare alla
casa di Hermes, e a questo punto perché aspettare? La sua
mania per le scommesse cade proprio a puntino, tra
l’altro… Oh, niente, cose nostre–,
precisò di fronte allo sguardo stupefatto dei due fratelli.
–La sua mania per le scommesse? Da quando Malcolm ha la mania
per…
–Shhh…
Arrivano!
Chris doveva avere un udito migliore del loro, perché
né Clarisse né Sherman avevano sentito un bel
niente. Invece dopo qualche secondo videro sbucare Eli, con Annabeth e
Malcolm; Chris diede un pizzicotto scherzoso al fianco di Clarisse e
poi scivolò fuori dal nascondiglio, raggiungendoli.
–Malcolm! Cercavo proprio te!–, lo
sentirono chiamare. I tre
si fermarono e Chris raggiunse Malcolm, gli mise un braccio intorno
alle spalle, gli disse qualche frase con il sorriso abbacinante del
truffatore provetto; Malcolm sembrava leggermente a disagio ma
annuì, disse qualcosa ad Annabeth che guardava
alternativamente i due con aria sospettosa, fece un gesto come dire
“niente di cui preoccuparsi” e si
allontanò con Chris.
–Cazzo,
Clarisse, stai uscendo con uno che ha una carriera assicurata
nella malavita–,
considerò Sherman.
–Non sarebbe
nemmeno il primo.
–Sei uscita
con altri che avevano una carriera nella malavita?
Aspetta… sei uscita con altri?
Clarisse sbuffò. –No, scemo, non sarebbe il primo
dei figli di Hermes. Sai che uno dei suoi fratellastri era Pablo
Escobar?
–Se ne
stanno andando.
–Ok, io
penso ad Annabeth.
Sherman la fissò. –Stai cercando di chiedermi
scusa per la sera dei fuochi?
–No
assolutamente, stronzo–, disse
lei, e raggiunse le ragazze.
–Eli!
Uh… che coincidenza!
Lei sobbalzò, poi si girò a guardarlo. Aveva
addosso l’armatura e gli occhi spiccavano come stelle sulla
sua pelle scura; Sherman lo pensò, e poi pensò
che era proprio un pensiero che faceva cariare i denti.
–Sherman?
È appena passata tua sorella e… aspetta.
Quando i figli di Atena facevano un ragionamento, sembrava di vedere
gli ingranaggi del cervello muoversi dietro agli occhi. Occhi di
acciaio, splendenti e cromati. Sherman detestava quello sguardo,
significava guai. Erano meglio le stelle.
–Se stai
andando ad allenarti ti accompagno. Dai, facciamo qualche
scozzo. Eh?
–L’hai
architettato tu? Era la tua idea di piano geniale per
prendermi da sola?
Ecco, niente da fare. Mai che Eli mollasse.
–Ma che ti
frega? Senti, mica è colpa mia per…
sai, l’altra sera. Non potevo prevederlo. Nemmeno tu.
Passiamo oltre, no?
Lei non rispose. Continuò a fissarlo pensierosa, come a
valutare le sue parole.
Quindi, Sherman pensò che poteva aggiungere qualcosa per
rinforzare il concetto.
–Dai,
davvero, andiamo ad allenarci un po’. Mi piace un sacco
combattere con te.–
Avvicinò
il volto al suo. –Sei
eccitante–,
ghignò.
Lei fece un salto indietro.
–Hai sul
serio architettato questa cosa per dirmi questo?
–Beh, no.
È un piano di Clarisse.
Gli occhi di Eli diventarono ghiaccio. Male, malissimo.
–Un piano di
Clarisse.
–Ma porca
troia, perché ti fissi sempre sulle stronzate? Sei
uguale a tua madre, se a differenza sua imparassi a goderti la vita
saresti molto più felice e rilassata, cazzo!
Lei fece un sorriso che gridava “fuggite sciocchi”
da qualunque lato lo si guardasse. –Fammi indovinare, quello
che intendi dire con “godersi la vita” è
che dovrei venire a imboscarmi con te da qualche parte, ho capito
bene?–, chiese
con voce carezzevole.
–Beh,
sì, anche, perché no? Di sicuro ti
toglierebbe un bel po’di acidità!
–Sherman. Mi
sa che hai proprio ragione. Meno male che tu sei un uomo
così intelligente e mi hai spiegato come va il mondo. Adesso
vieni qui.
Sherman subodorava che qualcosa non andasse. I suoi sensi gli gridavano
che era una trappola. Ma Eli sorrideva, e gli si avvicinava, ed era
così bella, e così profumata, e lui aveva
così tanta voglia di baciarla, e abbassò
completamente la guardia.
Quindi Eli gli tirò un cazzotto fortissimo in faccia col
guanto dell’armatura, una ginocchiata nei gioielli di
famiglia, e un altro pugno tanto per gradire. –Vaffanculo,
Sherman. E sapessi quanto è rilassante riempirti di botte!–,
gli urlò, per poi correre verso le cabine.
Malcolm aveva troppi pensieri in testa, e adesso anche questa faccenda
con i figli di Hermes non ci voleva proprio. Stava pensando alla
maniera migliore per farli ragionare, cercando contemporaneamente di
non tirarsi indietro nel ripagare la scommessa persa (ci doveva sul
serio lavorare sopra a quella faccenda, se Annabeth l’avesse
scoperto si sarebbe imbestialita), quando si accorse che
c’era qualcuno nella loro cabina. Strano, a quanto gli
risultava dovevano essere tutti fuori; entrò con fare
circospetto, ma era solo Eli, in armatura, che stava continuando il suo
copriletto con le costellazioni all’uncinetto, con una foga
che sicuramente il copriletto non si meritava.
–Ma non eri
a lezione di scherma con Annabeth, tu?
Lei non alzò nemmeno lo sguardo. Sembrava furibonda.
–Annabeth
è con Clarisse La Rue.
–E ti hanno
detto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?
–No.
–…ok.
Le dita di Eli erano velocissime. A un certo punto imprecò.
–Ecco, ho
contato male, adesso devo rifare tutto!
Tirò un filo con rabbia e una parte del copriletto si
disfò come la tela di Penelope. –Magari se ti
togli l’armatura stai più comoda–,
tentò di suggerire Malcolm. Doveva consultare dei libri per
la faccenda dei figli di Hermes. Se solo avesse avuto accesso al
computer di Annabeth… no, nemmeno a pensarci.
–È
Sherman.
Malcolm si girò a guardarla. Sospirò.
–Che ha
fatto ancora?
–È
un cretino.
Eli e Annabeth erano le maggiori tra le sue sorelle al campo, si
ritrovò a pensare, e con i ragazzi erano una tragedia. Le
loro sorelle più grandi, quelle dei primi anni che ormai
andavano al college, non erano così, o forse lui
all’epoca era troppo moccioso per accorgersene.
–Va beh,
insomma, niente di diverso dal solito…
–Ha offeso
nostra madre.
Malcolm sorrise. –Siamo nel banale “dovrebbe
scopare”, o posso sperare di sentire una motivazione diversa?
–Siamo nel
banale.
–Allora
fregatene. Glielo dicono dai tempi della lineare A,
più o meno, sarà abituata.
Eli sbuffò. –Insomma, praticamente va a finire che
ha ragione lui.
–Non ho
detto questo. Solo che… insomma, se ci ragioni, Eli,
siete opposti. Gli opposti si attrarranno anche, ma poi non si
capiscono. Vale la pena incaponirsi così tanto?
Lei abbassò gli occhi sul suo copriletto. Lo
stropicciò con le mani.
–Mi stai
dicendo di lasciar perdere.
Malcolm scosse la testa. –No, non era una domanda retorica,
era una domanda vera. Non tutte le battaglie sono facili, non tutti gli
obiettivi sono chiari. Se pensi che ne valga la pena, vai avanti.
Queste faccende sono come una scommessa, bisogna rischiare.
–E se perdo?
–Cosa ti
direbbe nostra madre?
–Di
tagliargli le palle e buttarle ai cani di Artemide, credo.
–Ma non su
Sherman, Eli. Sulle sconfitte.
Lei si strinse nelle spalle. –Che dalle sconfitte si impara
più che dalle vittorie.
–Ecco.
–Ci devo
pensare su. Grazie, Malcolm. Naturalmente acqua in bocca, eh?
–Sicuro.
Certo che tra il figlio di Poseidone e quello di Ares, povera
mamma, volete proprio darle dei dispiaceri!
–Stupido.
Ora che ci penso, cos’era quella faccenda con Chris
Rodriguez? O era una scusa per allontanarti, così Sherman
poteva prendermi da sola?
Malcolm si girò verso la libreria.
–Uhm… diciamo entrambe le cose. Ma niente di che,
tranquilla. Perché non vai sul serio a lezione di scherma?
Magari ti sfoghi un pochino.
–Bel
tentativo. Ok, ti lascio in pace.– Ci
pensò
su un attimo. –Non c’entra Crono, vero?
Non è che Rodriguez… insomma…
Malcolm aggrottò le sopracciglia, poi capì.
–No! No, Eli, Rodriguez è pulito e comunque no,
nemmeno a pensarci, mai. No, te lo giuro su tutto, sullo Stige, su
nostra madre, non passerò mai dalla parte di Crono, nemmeno
da morto. Ok?
Lei si rasserenò appena. –Ok. Però
Malcolm, se hai bisogno, insomma, ho un debito di riconoscenza, lo sai.
Lui le sorrise. –Grazie, sorellina. Mi ricorderò.
–Sei il
più saggio di tutti, Malcolm!
Magari fosse vero,
pensò, tornando a esaminare la libreria.
Erano un meccanismo perfetto.
Lui da solo sarebbe stato forza bruta lanciata in maniera becera
totalmente a caso, mentre lei, con tutte le sue finezze e strategie,
restava alta un metro e una banana e odiava con tutto il cuore le sue
braccia troppo sottili. Ma insieme erano la combo definitiva.
Si erano trovati spalla a spalla nella battaglia del Labirinto,
circondati da una quantità di mostri che sembrava non finire
mai. La spada le pesava in mano e aveva pensato di non farcela, ma poi
aveva intravisto un varco e aveva gridato istruzioni a Sherman, senza
pensarci troppo. Lui, d’istinto, le aveva seguite. E aveva
funzionato.
Aveva funzionato così bene che si era sentita rinvigorita,
una scarica di adrenalina aveva percorso tutto il suo corpo, la spada
non pesava più e avevano ferito, affondato, tranciato e
decapitato più mostri di quanti ne avesse affrontati in
tutta la sua vita. Si sentiva lucidissima, chirurgica, mentre lui
rideva come un pazzo, polverizzando un nemico dopo l’altro.
Poi Groover aveva gridato, ed era finita. E lui si era voltato verso di
lei e l’aveva guardata, e quello sguardo era inequivocabile e
lo sapeva cosa stava pensando lui perché, Zeus, stava pensando la stessa cosa
anche lei, e lo voleva, ma poi Sherman era stato tirato
via da uno dei suoi fratelli e anche lei aveva raggiunto i propri.
Solo che ormai il danno era fatto.
E anche se stavolta era solo una caccia alla bandiera, Eli non riusciva
a non pensarci, mentre combatteva fianco a fianco con Sherman per
lasciare la via libera a Clarisse, che si stava dirigendo come una
scheggia verso il ruscello. Percy Jackson la tallonava, ma Annabeth lo
stava trattenendo con una foga che sembrava quasi una faccenda
personale, e lei guadagnava terreno. Eli vide un movimento sui cespugli
di lato, e gridò un ordine a Sherman. Lui falciò
via mezzo cespuglio e quasi la testa di Michael Yew, che stava per
tirare una freccia a Clarisse. Annabeth riuscì a buttare a
terra Percy, che imprecò.
Clarisse spiccò un salto per andare oltre il ruscello, ma
Percy, da terra, fece un movimento col braccio. Eli tentò di
avvisare, ma era troppo tardi, un fiotto di acqua si scagliò
verso Clarisse, che però sembrava aspettarselo e si
limitò a sollevare le gambe, quasi calciando
l’acqua. Rotolò oltre il ruscello, con la bandiera
in mano, ed Eli scattò in piedi mentre Clarisse mostrava il
medio urlando –Lo stesso trucco non funziona due volte,
Prissy!
Sherman rideva, rideva e la guardava, e a Eli venne in mente che una
volta aveva letto in un libro che gli arabi consideravano fortunate le
persone che avevano gli incisivi distanziati, dicevano che ci passava
in mezzo il vento del profeta. Aveva chiesto a suo padre, ma lui le
aveva risposto che era nato in America e non aveva idea di che cosa
pensassero gli arabi; Eli stava pensando che forse lei era la sua
fortuna, o magari fortuna andava intesa in senso antico, come sinonimo
di fato.
O forse si stava di nuovo facendo troppe seghe mentali.
Decisamente.
–Ben fatto,
Sherman.
–Siamo una
bella squadra, Eli.
–Lo siamo.
Magari ci vediamo domattina a lezione di scherma.
Lui fece per avvicinarsi, ma lei fece un passo indietro. –Ho
detto domattina, Sherman. Siamo una bella squadra se fai come ti dico.
Poi si girò e raggiunse Annabeth.
–Ma tuo
fratello? Come mai è così contento?
Clarisse si girò verso Silena, con aria perplessa.
–Mio fratello chi?
–Sherman.
–Boh–. Clarisse
si strinse nelle spalle, poi recuperò un
marshmallow dal falò. –Sarà
perché abbiamo vinto. Vi abbiamo battuto, Silena. Bat-tu-to.
–Sì,
sì–. Non
sembrava che a Silena importasse
qualcosa dell’esito della caccia alla bandiera.
–Non è per quello. Guardalo in faccia,
è proprio contento. Lo dai a me quello? Per piacere.
Clarisse le cedette il marshmallow.
–Ha un
po’ la faccia come la tua il cinque luglio. O quella
di Charlie. O di Chris. O la mia, immagino.
–Sicuro. Con
due occhi, un naso e una bocca.
Silena le diede una gomitata e le si avvicinò con aria
cospiratoria. –È
successo qualcosa? C’entra per
caso qualcuno della casa di Atena?
–Ma che
palle, Silena! Ma che ne so io! Come mai con te si finisce
sempre a parlare di ragazzi e cose così? Parliamo della mia
vittoria, mi hai visto quando ho saltato il ruscello?
–No, ho
fatto notare a Charlie che tanto ormai avevamo perso, e diciamo
che ne ho approfittato per consolarlo.
–Ma che
stronza, preferisci infrattarti con Beckendorf invece di
guardare me che faccio fesso Prissy?
Silena fece un sorriso da stregatto. –Sei gelosa?
–Sì!
Cioè, no, non in quel senso, piantala di
confondermi, solo che dovevi guardare me, ecco!
Silena le circondò le spalle con un braccio e si
appoggiò a lei con la testa. –Ma io ti guardo,
Clarisse. Ti vedo felice, con Chris.
Lei fece un verso che poteva essere un grugnito o un assenso.
–E vedo
felice Sherman. E anche Eli Asmar. Sicura sicura sicura
che non sai come mai?
–No, non lo
so, avranno fatto pace dopo che avevano litigato.
–Perché,
avevano litigato?
–Mmh. Per
quella faccenda mia e di Chris. Poi ho cercato di fargli fare
pace ma quel cretino di Sherman ha mandato tutto a puttane, ma magari
adesso ha risolto.
Silena rimase a bocca aperta. –Cosa mi sono persa per colpa
di Charlie che mi distrae col suo essere meraviglioso?
–Uh? Cosa ti
sei persa? Niente, a parte me che faccio fesso Prissy
mentre tu non guardi!
–Facciamo
così, tesoro: tu adesso mi spieghi questa faccenda
di Sherman, e poi, con calma, mi racconti bene tutta la scena
di te che fai fesso Prissy e vinci la caccia alla bandiera. Ok?
Clarisse sbuffò. –E va bene, se ci tieni tanto!
Note:
questa
storia si svolge direttamente dopo questa
qui; eravate
tutti curiosissimi di seguire le emozionanti vicende di Sherman con
Tizia Figlia di Atena, immagino! Si chiama Elizabeth perché
in quel periodo ad Atena piacevano molto in nomi che finiscono in beth.
Il titolo è una schifezza, ma era o così o
niente; se qualcuno ha suggerimenti, si faccia pure avanti!
La storia è
disseminata di OC, a partire da Eli, che fanno comparsate qui e
là; è che mi serve più gente di quanta
ne metta Riordan, così me li invento. Ora sono certissima
che volete tutti sapere di più riguardo a Goran
Schiaccianoci e al piccolo Red, o sbaglio? XDDDD
Un paio di coordinate
temporali: la storia si svolge durante l’estate che, nel
quarto libro, segue la battaglia del labirinto. Nella storia precedente
avevo deciso che Clarisse e Chris si mettevano assieme la sera dei
fuochi, poi però mi sono ricordata che lo stesso fanno, da
canon, Silena e Beckendorf. Percy parla di un’estate
abbastanza tranquilla e di qualche attrito con Annabeth per la faccenda
di Luke, ho provato a tenerne conto.
Sempre in canon, chi
prende il punteggio più basso durante l’ispezione
poi deve ripulire la cucina prima di poter andare al falò, e
Silena è fissata con le cose graziose.
Tutta la faccenda di
Malcolm con la cabina di Hermes è inventata di sana pianta,
ho una mezza idea che forse (intorno all’anno del mai) potrei
sviluppare… intanto l’ho buttata lì.
Il libro in cui Eli ha
trovato la cosa dei denti distanziati è lo stesso in cui
l’ho trovata io, suppongo: ossia uno di quelli della famiglia
Malaussène, di Pennac. Come lei, non ho idea se sia vero, ma
mi piaceva molto e così l’ho riciclata.
Infine, voglio dire
che anche qui i personaggi vanno per i fatti loro. Soprattutto Sherman,
che parla da solo, a sproposito, e sarebbe meglio che stesse zitto.
Invece Silena e Clarisse si mettono a flirtare appena le lascio da
sole, non so cosa farci, sono tremende. Ah, Clarisse ha preteso di
vincere la caccia alla bandiera, l’ho dovuta accontentare per
forza.
Per finire, ringrazio
la mia beta vannagio che subisce e sopporta tutte
le mie seghe mentali, cercando di convincermi che la roba che pubblico
sia leggibile. Non so se lo è, ma la ringrazio.
Ringrazio anche tutti
quelli che leggono e fanghèrlano con me! Che Dioniso vi
accompagni sempre sulle vie dell’alcool!
ATTENZIONE SPOILER "L'ORACOLO NASCOSTO": Io decido di usare Sherman
perché insomma, è praticamente un OOC, sono
libera di inventarmi quello che voglio, e Riordan che fa? Lo usa. No ma
dico, vi sembra una cosa carina? Comunque, in codesto libro scopriamo
che Sherman esce da qualche settimana con Miranda Gardinier. E quindi
niente, con Eli alla fine non è andata. Per fortuna questa
storia l'ho ambientata dopo la battaglia del labirinto, quindi
l'headcanon rimane, però insomma, ora sappiamo che tutta
questa faccenda non andrà a finire bene. Malcolm dice che
lui l'aveva detto. Atena ghigna, che ok il figlio di Poseidone, ma pure
quello di Ares anche no.
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