XXIV Un sogno da realizzare
Cap
XXIV
Un
sogno da realizzare
Come
è possibile che l’amore sbocci? Da quale seme
può
germinare questo dolce, vincolante arbusto che, come l’edera,
si avvinghia al
cuore di chi lo vive? Un sentimento così totalitario, da
provocare la febbre
nel cervello, obnubilare la mente, togliere l’appetito, far
accelerare i
battiti cardiaci, aumentare la pressione sanguigna, dare il tormento e
dare la
pace, sconvolgere e acquietare, avendo un unico pensiero che domina su
tutti
gli altri, Lui o Lei … e … per quel pensiero
… desiderare di essere migliori.
Come
inizia tutto?
Quando si arriva al momento, a quella linea di demarcazione, passata la
quale,
dalle labbra sgorga, come un soave canto, la frase: “Io ti
amo”?
L’amore
può essere
molto lento, impiegare anni, affinché due anime si
riconoscano; nasce in quel
caso dall’amicizia, dall’affetto che ne consegue,
dalla stima e può diventare
una scelta per la vita, stabilendo un sodalizio che, se da vantaggi ad
ambedue,
durerà negli anni. Altre volte l’amore
è improvviso, non voluto, non cercato,
scoppia come il fulmine del temporale estivo. Ci si trova vicini e
sconosciuti
con gli sguardi volti altrove, poi all’improvviso si sente un
richiamo
nell’anima, ci si volta contemporaneamente, gli sguardi si
incontrano, gli
occhi si parlano e i corpi, come calamite, si attraggono, desiderando
quell’unione che esisteva già dal momento in cui
ambedue erano stati creati.
Anime gemelle …
Emma era
sveglia, distesa sul letto a pancia in sotto. I
gomiti appoggiati sul materasso e le mani a far da supporto al viso.
Pensava,
la giovane donna, al mistero dell’amore e ai due uomini che
aveva amato in vita
sua. Il primo lo aveva sentito così vicino! Pur senza averne
visto il volto,
era entrato, apparentemente senza far rumore, ma in realtà
con la risonanza del
tuono, nella sua anima e vi era rimasto infine per anni, tornando come
un
uragano dopo dodici anni. L’altro era diventato un amico che,
piano piano,
aveva conquistato il suo cuore, fino a diventare suo marito. Eppure,
ciò che
era nato piano l’aveva profondamente colpita e estremamente
delusa, mentre il
fulmine a ciel sereno, che era stato il suo primo giovane amore, si era
ripresentato più imperioso di prima e l’aveva
stupita piacevolmente, per la sua
bellezza e per il suo modo di essere. Aveva visto, finalmente, il suo
viso e i
suoi occhi e quel fulmine era tornato a colpirla e a stordirla,
completamente.
Sapeva che per lui era successo lo stesso. Ricordava le parole di Frate
Benny,
sui campi magnetici personali, ma secondo lei c’era qualcosa
che andava oltre.
Da quando gli aveva mostrato la spada e anche Killian l’aveva
toccata, aveva
iniziato a fare strani sogni su loro due … no, non voleva
pensarci, quei sogni
la turbavano, la rattristavano, anche quando nel sogno si amavano con
la stessa
passione e consapevolezza che usavano nella realtà. Quando
l’amore era
diventato passione? Forse lo era … da sempre …
Si rivolgeva
domande alle quali non avrebbe mai trovato una
risposta e intanto guardava l’uomo che dormiva sereno,
disteso accanto a lei,
abbandonato nel sonno ristoratore, conseguenza di un amplesso
passionale durato
buona parte della notte. Il lenzuolo lo copriva fino ai fianchi,
lasciando che
mostrasse l’addome villoso dai muscoli scolpiti. La catena
con i due ciondoli,
che portava al collo, pendeva di lato, verso Emma. Quando aveva scelto
di
indossare quell’ornamento da pirata? Cosa significavano per
lui il teschio ed
il pugnale? Forse glielo avrebbe chiesto …
Guardò
il suo viso, sentì una grande tenerezza pervaderle il
cuore. Non era la prima volta che guardandolo dormire le succedeva. Lo
aveva
osservato tanto, quando aveva avuto l’infezione e la febbre
alta e la tenerezza
provata era simile a quella materna, che provava
guardando il suo piccolo Hanry. I suoi
lineamenti erano gentili, regolari, armoniosi. Era veramente bello! Gli
zigomi
alti, quella lieve cicatrice sul destro … chissà
come se l’era procurata? La
barba, ora meno curata, dopo la sistemata che il valletto gli aveva
riservato
nel Maine, la sera del ballo, gli donava come a pochi uomini.
Immaginò che se
fosse stato senza quell’ornamento del mento, sarebbe apparso
molto più giovane
della sua vera età. Il duro pirata che mostrava di essere
con la ciurma e con
il nemico, sapeva essere un uomo dolcissimo, un poeta capace di dirle
frasi che
potevano farla arrossire, accelerarle i battiti cardiaci e scatenarle
il
desiderio più passionale che mai avrebbe immaginato di poter
provare. Sapeva
essere un artista anche nell’amore, con il suo tocco leggero
e sensuale …
Lo
pensò così, mentre al solo pensiero il suo ventre
iniziò a
sentire nuovamente il calore dell’eccitazione.
- Sei diventato
indispensabile per me Killian, non posso più
pensare di vivere senza il tuo calore vicino e … dentro di
me. Ti amo … ti amo
tanto!
Lo
pensò soltanto, ma lo pensò così
intensamente che forse
giunse dritto all’anima di lui. Vide il tremolio delle sue
palpebre, attese di
vedere il cielo e il mare che celavano. Killian aprì gli
occhi, ancora un po’
assonnato e capì che da un pezzo lei lo stava osservando.
Nel guardare quei
suoi meravigliosi occhi, ad Emma sembrò di perdere un
battito del cuore.
–
Contempli il
panorama Swan! È di tuo gradimento?
–
Si, è un panorama
che mi piace molto e ho voglia di baciarti ancora!
– Il
mio maledetto fascino! Mi dicono tutte così!
–
Coosa?! Be allora ti scordi che ora io ti baci! Anzi me ne
vado nella mia stanza e trovatene un’altra tra quelle
“tutte” che ti dicono
così!
Tra quello che
sembrava uno scherzo e la gelosia, Emma si era
urtata veramente e si stava alzando per andarsene. Killian rise
divertito e la
riafferrò da dietro, prendendola per la vita e facendosela
cadere sul petto.
–
La mia piccola,
permalosa e gelosa principessa!
La teneva
stretta con la schiena al suo torace, mentre le
depose una scia di baci dalla spalla sinistra lungo il collo.
Cercò con la mano
il suo seno destro e lo carezzò con la solita delicatezza.
– Lo
sai benissimo tesoro che non ho mai sentito per nessuna
quello che provo per te! Non lasciare che una sciocca mia frase spezzi
la tua
fiducia in me.
Emma si
voltò tra le sue braccia per guardarlo in viso.
– Hai
avuto molte donne Killian, io non ho una grande
esperienza in merito e non so se ti basta! Hai amato Milha e sono
gelosa delle
possibili differenze in suo favore …
Killian si
irrigidì un attimo a sentire quel nome, Emma lo
percepì perfettamente.
–
Emma stai dicendo
sciocchezze! Ho avuto molte donne è vero! Avventure da
bettola, durate poche
ore, donne incontrate e dimenticate… di Milha ti ho
raccontato tutto … ci ha
unito la sofferenza e la voglia di uscirne … era bella,
attraente … l’ho amata
e le sono stato fedele, sai come è andata. Era lei ad essere
gelosa di te … hai
visto il disegno che lei aveva chiuso a chiave … quella
frase l’aveva molto
colpita e ne aveva tutte le ragioni! Quello che ho provato per te
allora è
stato qualcosa che è andato oltre l’umano,
è stato come se ti avessi cercata per
mille anni, ti aspettavo e ti avrei aspettata altri mille anni, se
fosse stato
necessario. Ti ho ritrovata … sarà stato un caso?
Sarà stato il destino? Se ti
ho ritrovata è a causa di Milha … lo sai
perché ero venuto a Storybrook! Tu sei
perfetta! Per me nessuna è come te … neanche
Milha! Nella parte più profonda
della mia anima è come se tu ci fossi sempre stata! Ti
guardo e sei l’immagine
che ho dentro da sempre! Non so spiegarti come nasce l’amore
e perché … ma io
so che ti amo, ti amo più della mia vita e il mio sogno
più grande è di
sposarti, unire le nostre vite al cospetto di Dio! Ti ho già
detto che sei la
mia casa e con Hanry vorrei che foste la mia famiglia ... andremo via,
da
qualche parte, in qualche colonia americana, per ricominciare. Se lo
vuoi anche
tu, sarà possibile! Ora che navighiamo verso Neverland, sono
in preda alla
gioia ed al terrore! Voglio mostrarti il mio rifugio e quella terra
lussureggiante ma, contemporaneamente, sono terrorizzato
all’idea che per te
possa essere fatale …
Emma non
riuscì a parlare, i suoi occhi verdi brillavano,
lucidi per la commozione, le sue parole … sapevano
emozionarla nel profondo e
lei sapeva solo reagire ed agire. Unì le labbra alle sue,
portandogli la mano
sul viso e poi carezzandogli la testa bruna. Lo accosto di
più verso di sé, fu
uno dei loro baci più appassionati.
–
Emma! Ti sei resa
conto che è l’alba e non abbiamo toccato la cena
di Paul?
–
Non fa nulla, la
useremo come colazione … tra un pochino … ora
… ancora ho voglia di te …
Killian rise
felice, la teneva ancora tra le braccia e la
portò su di sé, poi lasciò che lei
prendesse il piacere che voleva, non glielo
avrebbe negato di sicuro! Era ciò che voleva anche lui
… sentire il suo intimo calore
avvolgente e il piacere espandersi in tutte le fibre del corpo, ancora,
ancora
e ancora …
Eddy aveva
pulito il ponte, pulito la gabbia dei piccioni,
fatto esercizio con addominali e scalata su per le cime. Ora camminava
lungo il
ponte imbronciato.
-
Che gli é passato
per la mente a Killian di cambiare rotta e tornare a Neverland?!
Erano passati
dodici giorni, dal cambio della rotta e presto
avrebbero avvistato la nebbia celestina che avvolgeva
l’isola. Sbuffò
infastidito. Non c’era nulla per lui su quella, pur
bellissima, isola! O meglio
non c’era Anny!
Prese la spada
che Killian gli aveva regalato, la spada da
Tenente della marina. Quando il Capitano “si fosse
degnato” di uscire dalla sua
cabina o … da quella di Emma … avrebbero ripreso
l’allenamento. Era fiero di sé
stesso, stava diventando abile e anche il suo maestro si era
complimentato con
lui in quegli ultimi giorni. Complimentato con lui?! Non ci poteva
credere! Il
Capitano Killian Jones che lo trattava sempre con durezza, ora gli
riconosceva
dei meriti?! Eddy si chiese quanto merito avesse invece Emma nel
cambiamento di
Killian. Lo aveva fatto uscire dal suo guscio duro e nero. Eddy lo
aveva
conosciuto così, ma in quel periodo Killian soffriva sia per
il lutto di Milha sia
per l’amputazione della mano. Poteva non essersi incupito?
Li vide
arrivare. Emma con indosso i suoi pantaloni per
tirare di scherma, lui in maniche di camicia, pantaloni fascianti in
pelle nera
e senza il panciotto, faceva troppo caldo! Portavano le loro spade al
fianco,
pronti come tutte le mattine a battersi.
Eddy aveva
osservato attentamente i cambiamenti nel rapporto
tra i due. Anche la distanza fisica si era accorciata,
proporzionalmente al
tempo dalla partenza per il Maine e, da quando erano risaliti sulla
nave,
vedeva in loro altro. Eddy sapeva ormai di cosa si trattasse
… amore, passione,
appartenenza. Tutti a bordo avevano capito che si amavano, lo avevano
capito
prima di loro stessi. Lo avevano avvertito dalle scariche elettriche
che
avevano emanato, invisibilmente, dal primo momento che Killian aveva
afferrato
il braccio di Lady Barbra, per non farla cadere dalla passerella
malferma della
Jolly Roger. Non avevano scommesso più su di loro, avevano
preferito rispettare
i loro sentimenti e le loro azioni. Killian aveva sofferto troppo e per
tutti
gli uomini della ciurma, suoi fratelli, vederlo tornare il ragazzo di
un tempo,
la persona solare che era, allegro e di compagnia, era una grande
gioia. Ora
camminava affiancato ad Emma, si vedeva bene che non poteva starle
lontano, non
poteva non toccarla, approfittare del vento che le scompigliava i
capelli per
passarvi la mano e risistemarglieli dietro l’orecchio,
lasciandole una carezza
sul viso o approfittare del movimento delle onde per abbracciarla e
stringerla
a sé, baciandola sul collo … Lei … lei
era come lui, lo voleva tanto quanto lui
la voleva. Eddy aveva scoperto, guardandoli, non solo cosa
l’amore facesse a
due cuori innamorati, aveva scoperto che cos’era
l’invidia. Si, pur volendo
bene ad entrambe, li invidiava per quello che loro avevano e per quello
che a
lui mancava … sospirò.
– Oh!
Anny, tornerò da te e se mi vorrai io non andrò
più
via! Voglio quello che hanno
Emma e Killian, credo che
sia bellissimo …
-
Terraaa!
Terraaa!
Spugna gridava a
squarciagola dalla vedetta. Neverland si
stagliava davanti alla prua della nave. A parte Eddy, tutti erano
euforici per
l’avvistamento. Per alcuni significava ricongiungersi con la
propria sposa e
con i figli avuti. Jefferson era uno di questi, si aggrappò
ad una delle cime,
mentre, incantato e sorridente, guardava quella nebbiolina azzurrina
che celava
l’isola. Tra breve avrebbe riabbracciato la donna che gli
aveva rubato il cuore
e che lo aveva reso padre di una splendida bimba. Si chiamava Giglio
Tigrato ed
era la figlia del Capo del villaggio. Aveva dovuto superare delle prove
di
lotta ed abilità, per poter ottenere la sua mano dal Grande
Capo. Era la squaw
più bella del villaggio, l’aveva portata via a
diversi giovani guerrieri ma,
superando quelle prove, si era conquistata anche la loro stima. Al
villaggio
tutti lo chiamavano “Volpe bianca”, un
riconoscimento alla sua furbizia ed al
colore della sua pelle. Per il Grande Capo era diventato un figlio, il
figlio
maschio che non aveva mai avuto, visto che sua moglie gli aveva
regalato solo
due figlie; la seconda si chiamava Ala Grigia, bella quasi quanto
Giglio
Tigrato, ma più silenziosa e di carattere chiuso,
apparentemente meno selvaggia
della primogenita, una giovane incognita per Jefferson che, nonostante
la sua
grande intelligenza, ancora non era riuscito a capire a fondo di che
pasta
fosse fatta sua cognata. Giglio Tigrato era una donna volitiva,
abituata al
comando, a dirigere tutto e tutti, conosceva le erbe
dell’isola e spesso
aiutava lo sciamano del villaggio, suo zio, fratello della sua defunta
madre,
nei riti religiosi e nella cura della sua gente. Mentre la pensava
venne
spontaneo a Jeff paragonarla ad Emma. Quelle due avevano molto in
comune! Si
sarebbero piaciute, ne era certo!
Killian ed Emma
erano corsi sul ponte di poppa al grido di
avvistamento. Sorridevano, guardando ora verso l’isola ed ora
nei reciproci occhi.
Lui avrebbe mostrato il suo rifugio all’unica donna che aveva
mai portato su
quell’isola incantevole, l’unica che aveva voluto
portarvi. Iniziò a
descriverle la costa:
–
In due punti la
costa ci offre due porti naturali, due baie profonde; sul lato nord
troviamo
una costa di ghiaia, invece a sud la spiaggia è fatta di una
sabbia bianca e
finissima. In un punto la spiaggia si divide con delle rocce naturali,
quella più
raccolta è la mia spiaggia. Risalendo da lì si
giunge al mio rifugio, al
laghetto di acqua dolce e alla cascata del fiumiciattolo che lo crea.
Sulle
rocce vicine, grazie all’aiuto dei miei uomini e ai giovani
del villaggio, ho
costruito la casa dove vivo e dove mi riunisco con la ciurma, quando
dobbiamo
discutere dei nostri piani. Mentre saremo qui, durante le ricerche
dell’arbusto, sarò onorato di condividere la casa
con te, voglio che tu senta
di esserne la regina …
Strinse a
sé Emma, mentre le diceva queste ultime parole, lei
non rispose, un nodo in gola la bloccava come al solito. Rispose come
le
riusciva meglio, baciandolo appassionatamente, carezzandogli i capelli
ribelli
e scompigliati dalla brezza marina. Killian schiuse a sua volta le
labbra lasciando
che le loro lingue si assaporassero lentamente, danzando la loro danza
sensuale, trasmettendosi ciò che le parole non sapevano dire.
Così
intimi, incapaci ormai di nascondere ciò che provavano,
completamente noncuranti di chi li circondava, non si accorgevano degli
sguardi
ammiccanti e dei sorrisi che gli uomini della ciurma si scambiavano,
benevoli,
nei loro confronti. Si sciolsero da quell’abbraccio e ancora
con gli sguardi
languidi, rimandando mentalmente ad un vicinissimo
“dopo”, quel momento da … approfondire
in privato, Killian si rimpadronì del suo ruolo autoritario
e lanciò gli ordini
d’uopo ai suoi uomini.
Si stavano
avvicinando velocemente, l’abbrivio era ottimo, ma
era il caso di iniziare a lascare le rande a turno, per rallentare la
velocità.
Inoltre era necessario evitare gli appuntiti scogli che, poco visibili,
davano
il “ben venuto” alla prima delle due baie che
Killian aveva descritto ad Emma.
Era la “Baia delle sirene”, nominata dallo stesso
Capitano così, proprio a
causa di ciò che potevano provocare quegli scogli,
affondamenti e morte, come
le leggendarie sirene di cui parlavano i racconti dei marinai,
bellissime e
crudeli creature, per metà donne e per l’altra
metà pesce che, con il loro
melodioso canto, ammaliavano i malcapitati e li portavano a schiantarsi
sulle
rocce o a vivere con loro in fondo al mare.
Killian
si diresse al
timone, preferiva affrontare di persona il pericolo, non lasciare in
mano a
nessuno il proprio destino, se non a sé stesso. Emma lo
seguì, ma vedendolo
così concentrato, non gli chiese ciò che avrebbe
voluto, ossia guidare ancora
la nave con lui. Si rese conto, una volta di più, di quanto
abile fosse l’uomo
che amava e di quanto impegno e passione metteva in ogni cosa che
facesse. In
quel momento tra le sue mani c’era la vita dei suoi uomini e
non solo.
La
responsabilità, su di loro e sulla Principessa, gli
conferiva in quel momento un cipiglio cupo. I muscoli della sua guancia
sinistra avevano un guizzo ogni volta che induriva la mascella, sia per
lo
sforzo che per la concentrazione. Riuscì a far passare la
sua nave tra gli
scogli, sfiorando il pericolo e si insinuò nella baia dove,
in quegli anni di
pirateria, aveva costruito con i suoi uomini, un attracco adeguato.
Emma vide i
moli di legno e delle baracche che, sicuramente, fungevano da rimesse.
La
vegetazione che si apprezzava per la parete scoscesa, pendente verso il
piccolo
porto, aveva la tonalità dello smeraldo. Tra quella
vegetazione si snodava,
nascosta, una via, poco più che una mulattiera, che univa il
porto alla zona
abitata dagli indigeni. Un punto di roccia spiccava alto al di sopra
del porto
e, in quel momento, qualcuno stava osservando la nave che attraccava.
Due giovani
occhi, leggermente a mandorla, dall’iride scura
come l’ossidiana, mentre guardavano la nave che giungeva,
brillavano di gioia,
Lui era tornato! Il cuore nel petto ebbe un sussulto. Era stato via
tanto, ma
lei sapeva che sarebbe tornato! Pregava per lui il Grande
Manitù tutti i giorni,
chiedendogli di proteggere Occhio di Cielo.
Erano
passate molte
lune dalla prima volta che lo aveva visto. Aveva dieci anni e lui era
arrivato
sull’isola con quella stessa nave e con un vestito molto
diverso da quello che
indossava ora, aveva scoperto che quegli indumenti erano chiamati
“divisa”,
tutti gli uomini della nave vestivano in quel modo, ma Occhio di Cielo
e Aquila
Rossa portavano sulle spalle dei segni dorati che li distinguevano
dagli altri.
Le avevano spiegato che erano segni di comando. Aquila Rossa era
più robusto e
grande di età, rispetto a Occhio di Cielo, era suo fratello
ed era il “grande
capo”, per i suoi capelli rossicci era stato chiamato in quel
modo. Il più
giovane era come un vice capo e lei ricordò che, quando
l’aveva visto arrivare
al villaggio e i loro sguardi si erano incrociati, le era sembrato che
tutto
intorno sparisse, per lasciare spazio agli occhi azzurri di quel
giovane, che
lei aveva trovato bellissimo. Per quegli occhi azzurri, il suo nome
sull’isola
divenne Occhio di Cielo. I due fratelli avevano cercato di parlare con
il capo
del villaggio. Portavano un’ immagine, con loro, di una
pianta che cresceva
sull’isola, una pianta che suo zio usava per preparare
pozioni, una pianta
molto velenosa. Volevano trovarla, non si sapeva perché. Lo
zio cercò di
spiegar loro che era pericolosa, bisognava saperla maneggiare, ma loro
non
capirono il linguaggio e si avventurarono a cercare.
I bambini del
villaggio erano affascinati dagli stranieri ed
erano la loro ombra, specialmente per Occhio di Cielo, lo ammiravano
per la sua
simpatia, per la giovinezza, quel sorriso smagliante e accattivante.
Spesso
giocava con i bambini e si divertiva a parlare con loro. In due
settimane
Occhio di Cielo era diventato bravo a capire quello che dicevano e lui
stesso a
parlare nella loro lingua. Lei faceva sempre in modo di restare nei
paraggi
dove si trovava quel bel giovane. Era una dei bambini e giocava con loro con la speranza
di attirare la sua
attenzione, ma lui, pur avendola notata, la considerava per quello che
era, una
bambina. Era arrabbiata per questo, avrebbe voluto avere le forme
sviluppate di
sua sorella. Era andata al laghetto della cascata e si era spogliata
per
guardarsi nell’acqua. Non c’era nulla da fare! Era
piatta come un maschietto,
niente seno, Occhio di Cielo non l’avrebbe mai considerata!
Continuava ad
essere per lui una simpatica e buffa ragazzina. Un giorno,
però, le si accostò
facendole delle domande riguardo ai tatuaggi che aveva su entrambe le
braccia,
disegnati come due bracciali. Lei fu felice di quel momento e rispose
aiutandosi anche con la gestualità. Gli spiegò
che quei tatuaggi li aveva fatti
suo zio, lo sciamano, erano dei segni per scacciare gli spiriti del
buio, suo
zio era fissato che il buio potesse riempire il suo cuore! Occhio di
Cielo andò
a trovare lo sciamano Aquila Bianca e, qualche giorno dopo, lo vide a
dorso
nudo, con suo fratello che rideva, mentre lo sciamano gli tatuava sulla
spalla
sinistra degli strani segni. Incuriosita e avendo preso un
po’ di confidenza
con lui, con la scusa delle informazioni che gli aveva chiesto i giorni
precedenti, si permise di chiedergli cosa significassero quei segni e
lui
indicando il cielo aveva risposto che erano stelle e che nella terra da
dove
veniva si chiamavano Piccola Orsa e la stella più grande era
Polaris. Per lui
era il talismano che lo avrebbe aiutato a trovare quello che cercava,
gli avrebbe
sempre indicato la strada giusta. Cercava tanto quella pianta! Infine
la trovò,
però suo fratello Aquila Rossa non era stato abbastanza
bravo nel prenderla e
si graffiò, morendo a causa del suo veleno. Occhio di Cielo
era disperato per
aver perso suo fratello e lo seppellì sulla montagna Calva.
Poi ripartì e torno
dopo 24 lune. Lei le aveva contate una per una. Al suo ritorno vestiva
con
abiti neri, in pelle e il panciotto rosso, aveva più barba e
le sembrò più
bello dell’ultima volta che lo aveva visto. L’aveva
riconosciuta e le disse che
era cresciuta, ma per lui ancora era solo una bambina. Occhio di Cielo
era
diventato il “grande capo” della sua nave e tutti
gli obbedivano. Partiva con
loro e tornava dopo tante, tante, tante lune. Quando lo rivide, al
posto della
mano sinistra aveva un uncino e i suoi occhi sembravano il cielo di
notte, non
era felice, soffriva. Avrebbe voluto consolarlo. Lei aveva conosciuto
la sua
prima luna rossa e, finalmente, sapeva che Occhio di Cielo non avrebbe
visto
più la bambina, ma la giovane e procace ragazza che stava
diventando, avrebbe
regalato a lui il suo corpo e il suo fiore virginale ... In effetti
quando
l’aveva rivista era rimasto sorpreso e le aveva detto che era
diventata molto
bella. Era arrossita come il tramonto e sua sorella Giglio Tigrato
l’aveva
schernita, mentre il suo futuro marito le diceva di lasciarla stare che
era
solo una bambina. Era scappata a piangere e Occhio di Cielo
l’aveva seguita e
riconsolata. Le aveva detto che sicuramente avrebbe avuto
più pretendenti di
sua sorella, per quanto stava diventando carina e di essere felice,
perché,
presto, avrebbe sposato il guerriero più coraggioso del
villaggio. Pianse più
di prima, non le importava nulla del guerriero più
coraggioso del villaggio,
lei voleva solo l’uomo che amava, ma quell’uomo
vedeva ancora la piccola che
era stata, voleva Occhio di Cielo ma lui non voleva lei. Ora stava
tornando,
l’avrebbe trovata sicuramente molto più attraente,
era vero, la maggior parte
dei giovani guerrieri del villaggio la corteggiavano e aveva
sperimentato con
due, tre di loro le sue arti seduttive, aveva imparato a dar loro
piacere e a
riceverne, non si era fatta problemi a concedersi, nelle loro usanze
era
ammissibile. Se una donna voleva essere di un uomo e appartenergli come
moglie,
bastava che entrasse nel suo tepee, se avevano una buona intesa
potevano
celebrarsi le nozze o, altrimenti, la squaw poteva entrare in altri
tepee fino
a capire a chi volesse appartenere veramente. Lei lo sapeva
perfettamente a chi
voleva appartenere e quella sera sarebbe andata da Occhio di Cielo. Lui
non
aveva un tepee. Aveva costruito con i suoi uomini e i giovani del posto
un
grande tepee di legno che chiamava casa. Sarebbe andata lì.
Il Capitano
Jones distribuì gli ordini tra i suoi uomini. Non
potevano scendere tutti a terra, era sempre necessario che qualcuno
restasse
sulla nave per custodirla. Sarebbero scesi gli ammogliati per primi,
era giusto
che rivedessero le loro famiglie, gli altri avrebbero fatto i turni per
la custodia
del vascello, potendo così scendere a loro volta e
riabituarsi alla terra
ferma. Riguardo a sé e ad Emma, Killian aveva
un’altra intenzione, l’avrebbe
portata prima a conoscere il capo degli indiani, Grande Aquila, quindi,
visto
che Jeff era suo genero, sarebbero andati insieme al villaggio
principale, dove
si trovava il tepee di Jefferson e Giglio Tigrato.
Attraccarono al
molo e chi doveva scendere lo fece.
Caricarono di granaglie un carretto, che tenevano in una delle rimesse,
era un
omaggio al Grande Capo e avrebbe sfamato più gente di quella
che realmente
viveva nel villaggio.
Si incamminarono
per il pendio, il carro era molto pesante e
la fatica di quegli uomini non era poca. Bardo faceva parte del gruppo,
insieme
a Jeff, Jambon e Moscerino. In un punto meno agevole della strada, il
carretto
sbandò e si inclinò verso il lato dove spingeva
Bardo. Nel tentativo di
mantenere l’equilibrio del carretto, il musico si
sforzò sulle gambe e la
schiena, mettendo male un piede e sentendo un dolore lancinante alla
gamba. Il
movimento di rotazione della tibia e del perone, in modo repentino,
comportò la
loro netta frattura. L’uomo lanciò un urlo da
accapponare la pelle.
Emma si rese
conto subito delle condizioni di Bardo e
facendosi aiutare dagli altri uomini, gli scoprì la gamba,
notando gli spuntoni
delle due ossa che forzavano verso il tessuto muscolare. Era una
frattura di
tipo scomposto, Frate Benedictus avrebbe detto probabilmente che bisognava agire con un
intervento
chirurgico se non si fosse riusciti a metterlo in linea con il
tiraggio. La
Principessa espresse le sue riflessioni e Killian suggerì di
provare con la
manipolazione.
–
Proverò in questo modo Bardo, devo riallineare le ossa,
sarà molto doloroso … abbi coraggio, non ho
antidolorifici ora con me e, se non
procedo subito, rischi che gli spuntoni di osso fuoriescano dal tessuto
muscolare provocandoti una grave emorragia.
Il povero Bardo
oltre che dolorante era anche terrorizzato da
quanto Emma gli aveva esposto ma, consapevole del peggio che poteva
capitargli
e preoccupato per lo spavento che sua moglie ne avrebbe subito,
acconsentì alla
manipolazione. Emma lo fece distendere e chiese agli altri di bloccarlo
alle
spalle e alla gamba sana. Gli uomini, consci che la Principessa sapeva
il fatto
suo, obbedirono immediatamente. La giovane iniziò a sfiorare
la gamba di bardo
con i polpastrelli, individuando i punti della frattura. Con i pollici
affiancati partì dalla parte frontale della gamba,
all’altezza della caviglia e
scorse prima con leggerezza e poi con forza, per scavallare le due
ossa. Bardo
urlava per il dolore e Killian preferì togliergli la cintura
di cuoio per
piegarla ed offrirgliela da mordere. Andò meglio ed Emma
continuò la sua opera.
Lentamente, le parti inferiori delle ossa fratturate si
riposizionarono. Bardo
sudava freddo e gemeva soffocatamente a causa della cintura stretta tra
i
denti. Emma si spostò verso il ginocchio del ferito, doveva
procedere ora in
senso opposto e riallineare la parte superiore delle due ossa. Quando
pian
piano sparirono i due bozzi degli spuntoni, si considerò
soddisfatta. Non
poteva sapere se le due ossa si fossero scheggiate, sperò di
no o altrimenti
sarebbe stato necessario un intervento chirurgico. Si augurò
che non comparisse
febbre alta o sarebbe stato il segno di infezione dovuta a quelle
schegge.
Killian intanto aveva provveduto di sua iniziativa a procurare dei
pezzi di
legno per bloccare la gamba. Lui ed Emma formarono una specie di gabbia
intorno
alla gamba del povero Bardo, tenendo il legno stretto con due cinture,
in modo
tale che fosse bloccato anche il ginocchio. L’uomo venne
deposto sul carro,
ovviamente non poteva poggiare il piede a terra.
–
Se volevi
affrancarti la fatica e avere un passaggio sul carretto, ci sei
riuscito Bardo!
Peccato che ora siamo uno in meno e il carro pesa di più di
prima!
Jefferson
scherzò per tirargli su il morale, ma il dolore era
ancora troppo forte e l’uomo non ebbe modo di ridere a quella
battuta.
Ala Grigia
correva per la discesa, non vedeva l’ora di dare
la notizia al villaggio dell’arrivo di Occhio di Cielo. Sua
sorella sarebbe
stata felice quanto lei, sulla nave c’era anche suo marito
Volpe Bianca.
Al villaggio la
vita scorreva nella sua quotidianità. Molte
delle donne erano impegnate a macinare il mais ed il grano, altre
cucivano i
pellami per realizzare gli indumenti che indossavano. Giglio tigrato
stava
realizzando un paio di piccoli mocassini per sua figlia Grace, un nome
che,
nella lingua del suo amato marito, significava
“Grazia”. Il nome della bambina
le si addiceva, era graziosa e aggraziata nei movimenti, aveva
ereditato i
capelli lisci e neri della madre, mentre il colorito
dell’incarnato e gli occhi
erano quelli di suo padre. La piccina aveva quattro anni, suo padre non
la
vedeva da due, ma Giglio Tigrato sentiva che presto il suo Jeff sarebbe
tornato. I suoi compagni lo chiamavano Jefferson e Fox,
sull’isola era Volpe
Bianca, per lei, nel suo cuore e nei momenti di intimità
familiare era solo
Jeff. Un rumore di passi di corsa e il ruzzolare della pentola vicina
al suo
tepee, annunciarono l’arrivo ansimante, per il fiatone, di
sua sorella minore Ala
Grigia.
–
È tornato … è
tornato!
A Giglio tigrato
caddero di mano i due piccoli mocassini,
mentre si alzava di scatto e afferrava sua sorella per le spalle.
–
Jeff?! Hai visto la
nave?!
–
Si sorella tra poco
risaliranno, avvertiamo nostro padre, sicuramente Occhio di Cielo
avrà portato
doni, prepariamo una bella accoglienza, vado ad avvisare Oca Selvaggia,
Piuma e
Luna Calante. Saranno felici di rivedere i loro uomini, sono passate
tante lune
dalla loro partenza, sapranno come accoglierli.
Pensando che le
donne avrebbero accolto in modo molto
passionale i mariti, Ala Grigia scappò da loro ridendo.
Quella sera anche lei
avrebbe avuto tra le braccia l’uomo che amava, sarebbe stata
la prima volta con
lui, si era preparata per quel momento e l’esperienza
accumulata in quel
periodo della sua assenza, sarebbe servita per soddisfarlo e renderlo
felice …
Fu necessario
più tempo di quanto avevano calcolato per
giungere al villaggio. Dopo due anni di assenza era giusto che i doni
fossero
abbondanti e di conseguenza pesanti. Gli uomini avevano le braccia
indolenzite
ma, sicuramente, chi stava peggio era Bardo. Ad un certo punto era
svenuto e
Killian aveva detto ad Emma che con qualche erba medicinale dello
sciamano
Aquila Bianca, il musico si sarebbe rimesso presto. Emma era in
realtà molto
preoccupata per Bardo, ma vista la fiducia di Killian nello sciamano,
cercò di
essere ottimista.
Quando
iniziarono a percepire il suono dei tamburi, con il
loro cadenzato tam-tam, fu chiaro ad Emma che erano giunti. Gli
abitanti del
villaggio erano tutti riuniti, per il saluto agli amici appena tornati.
L’euforia si spense appena si accorsero di Bardo svenuto sul
carro. Oca
Selvaggia, sua moglie, si portò le mani alla bocca e, con le
lacrime agli occhi,
corse verso il carro, temendo che il suo uomo fosse morto. Killian la
fermò e
parlandole nella sua lingua la tranquillizzò. Emma vide il
cambiamento di
espressione sul volto della donna paffuta, capì chi era e la
prese per mano
accompagnandola dal marito. Nessun suono si sentiva più per
il villaggio e non
dipendeva dalla condizione di Bardo, tutti erano esterrefatti per due
motivi.
Occhio di Cielo non aveva più al braccio sinistro il suo
uncino di ferro, per
il quale i guerrieri lo chiamavano “Artiglio
d’Aquila”, aveva una nuova mano e
cosa ancora più strabiliante, al suo fianco c’era
una donna bianca come il
latte e con capelli mai visti. Killian si rese conto che Emma era per
quel
popolo una visione rara, per altri motivi lo era anche per lui.
Tenendola per
mano la condusse davanti a Grande Aquila che sedeva a gambe incrociate
all’ombra di una tenda di pelle, insieme allo sciamano, suo
cognato Aquila
Bianca. Le espressioni dei due anziani pellerossa erano
imperscrutabili.
Killian presentò Emma come principessa del suo popolo e
donna di medicina. Fu
la seconda caratteristica di Emma a suscitare la loro attenzione, tanto
che lo
sciamano si alzò, le prese le mani, le voltò per
osservarne i palmi
attentamente. Passò il dito indice sulle linee della sua
mano sinistra, la
guardò negli occhi e poi guardò allo stesso modo
Killian e parlò con tono
deciso
–
Artiglio di Aquila
ha perso una occasione e mano
di cuore,
Capelli di Sole ha cuore per tutti e due e porta sole nella tua anima
Occhio di
Cielo! Il Cigno è acceso su voi, tra tre soli io
unirò voi una cosa sola! Aquila
Bianca ha parlato!
Lasciando
Killian ed Emma a bocca aperta per la sorpresa, lo
sciamano fece un inchino, con le braccia incrociate, sia a loro che al
cognato
Grande Aquila, poi, senza dar possibilità a Killian di
replicare, voltandosi si
allontanò, tornando verso il suo tepee. Il Capo del
villaggio si alzò a sua
volta.
–
Aquila Bianca ha parlato, tre soli e festeggeremo vostra
unione, Capelli di Sole è ben venuta tra noi! Ora vediamo
cosa porti Occhio di
Cielo!
Camminando verso
il carro, il Capo del villaggio lasciò i due
giovani alle sue spalle, ancora stupiti e increduli per ciò
che avevano
sentito. Per la verità Emma pensava di aver capito male. Non
era possibile! In
un secondo lo sciamano aveva deciso che lei e Killian si sarebbero
sposati tra
tre soli … tre giorni?! Ma come poteva decidere lui per gli
altri? Che strane
usanze avevano quelle genti?! Guardò Killian per avere
spiegazioni, non si
aspettava di vederlo così imbarazzato, era arrossito e si
stava grattando la
testa. Si, Emma aveva capito perfettamente ma quelle erano cose private
e non
le piaceva affatto che qualcun altro decidesse della sua vita. Il suo
sguardo
verso Killian da sorpreso diventò arrabbiato. Killian non
sapeva più dove guardare.
- Ti chiedo
scusa per loro Emma, non mi aspettavo una cosa
del genere! Da che conosco questa gente non è mai capitato
che lo sciamano
abbia decretato un matrimonio. Di solito sono i giovani che decidono
con chi
stare e in modo molto libero. Chiederemo a Giglio Tigrato che
intendesse lo
zio, sicuramente abbiamo frainteso noi, anche se … Emma
… lo sai … io … sarei
l’uomo più felice del mondo se questo fosse vero
...
Emma non
rispose, restando accigliata e lasciando Killian con
un velo di delusione sul volto. Vide quella delusione, le si strinse il
cuore.
Anche lei desiderava sposarlo, ma il posto ed il momento avrebbe voluto
deciderlo con lui, non essere obbligata dal volere di un estraneo!
Seguirono il
Capo del villaggio e quando arrivarono al carro,
videro che si era creato un crocchio tra bambini ed adulti che
guardavano i
doni portati da Artiglio D’Aquila. Una delle ragazze, voltata
di spalle, appena
il capo le disse qualcosa all’orecchio, si voltò
velocemente, con un sorriso
smagliante sulle labbra. Il sorriso di Ala Grigia si spense, quando
vide
affianco a Occhio di Cielo una giovane donna dai capelli come il sole.
Lui le
cingeva la vita con il braccio, erano troppo vicini. Il cuore di Ala
Grigia
sembrò smettere di battere. Con le lacrime che stavano per
imperlarle le lunghe
ciglia nere, scappò via velocemente per rintanarsi dove
nessuno avrebbe potuto
vederla piangere. Killian era molto preso dall’umore mutato
di Emma, non sapeva
che dirle e notò con la coda dell’occhio il
movimento di una squaw molto bella,
alta e flessuosa, si chiese per un secondo chi fosse, non
l’aveva riconosciuta,
ma in un secondo la dimenticò, i suoi occhi e i suoi
pensieri erano rivolti
solo alla donna che amava con tutto il cuore.
Emma
cercò di smettere di pensare a quanto era stato detto
dallo sciamano e riportò i suoi pensieri a Bardo e a sua
moglie. L’uomo era
stato trasportato al suo tepee e Killian accompagnò la
principessa da lui.
Quando entrarono
nel tepee vi trovarono Giglio Tigrato e
Jeff. Oca Selvaggia era inginocchiata con la figlia del Capo villaggio
affianco
a Bardo. L’una teneva sollevato il busto del marito,
l’altra stava cercando di
fargli bere una tisana puzzolente. L’uomo disgustato
mandò giù quell’intruglio
infernale. Jeff lo prendeva in giro per l’espressione
facciale che gli vedeva, consapevole
che quella brodaglia, preparata dalla sua donna, aveva un puzzo
veramente
disgustoso!
– Sei
proprio sfortunato Bardo, se ti fosse venuto il
raffreddore almeno non avresti sentito l’odore!
Il malato lo
guardò con rabbia, ci mancava solo Fox ad
aumentare il fastidio del dolore e
della
“medicina”!
– Non
hai qualcosa da fare Fox? Ami più me che tua figlia?
Non sapevo che avessi cambiato gusti questi ultimi due anni! Preferirei
restare
con queste due belle donne e che tu te ne andassi a farti un giro! Che
ne dici
Jeff!
Fox aveva capito
che il dolore che l’amico sentiva era
veramente forte, di solito ci stava alle sue battute. Fece un sorriso,
misto a
preoccupazione e si preparò ad andare da sua figlia che
Giglio Tigrato aveva
lasciato in custodia a Luna Calante, la moglie di Jambon. Prima di
uscire dal
tepee volle presentare Emma alla sua donna e lo fece in inglese, la
donna lo
capiva perfettamente e lo parlava piuttosto fluentemente.
– Nel
mio paese Emma è una principessa, come te qui. Mi sono
reso conto che vi somigliate in alcune cose, anche lei come te conosce
le erbe,
è una donna di medicina e come te è una guerriera.
Giglio Tigrato
era rimasta sorpresa come tutti a vedere Emma,
ma le rivolse un sorriso smagliante e sincero. Era felice di incontrare
un’altra donna con i suoi stessi interessi,
sull’isola non ve ne erano altre e
spesso non riusciva a comunicare i suoi pensieri alle sue amiche
perché troppo
elevati per loro. Era una donna molto intelligente e scaltra, oltre che
generosa e giusta, caratteristiche che anche Killian riconosceva in
ambedue le
donne. Tra Emma e Giglio Tigrato fu simpatia a prima vista, Jeff non si
era
sbagliato.
Le due
neo-amiche iniziarono a parlare di erbe e soluzioni
per meglio trattare Bardo. Jeff e Killian si guardarono in viso e, con
un cenno
del capo, si diedero reciprocamente l’ordine di uscire, se le
conoscevano bene,
lì per loro due non c’era posto! Jeff
andò da sua figlia e Killian andò da
Jambon, sicuramente ad Emma sarebbe servito il baule dei medicinali e
voleva
chiedere al cuoco di tornare alla nave per trasferire i bagagli di Emma
nella
sua casa sul laghetto.
Quando ebbero
finito di prestare cure a Bardo, le due
“Pricipesse” salutarono la coppia e uscirono,
continuando a parlare tra loro
come se si conoscessero da sempre. Tra una curiosità e
l’altra Emma volle
chiedere informazioni a Giglio Tigrato riguardo al Rubeus Noctis.
–
Sai Killian ha
voluto tornare prima sulla vostra isola a causa mia …
- Ho visto come
siete vicini e come vi guardate, voi vi
appartenete … sono poche le persone che hanno la stessa
anima e lo stesso cuore
sotto questo cielo!
–
Grazie per le tue belle parole amica mia, amo Killian e so
che lui prova lo stesso, ma la vita è più
complicata di quanto vorremmo e ci
sono tante cose che non ci fanno ancora essere uniti come vorremmo.
Siamo
venuti sull’isola perché io sono alla ricerca di
una pianta velenosissima che
può curare invece, usandola bene, tanti mali, è
un arbusto spinoso dalle foglie
allungate e frastagliate, coperte da una specie di peluria.
All’inizio Killian
non voleva portarmi perché temeva che potessi uccidermi con
quella pianta
velenosa. A causa di quell’arbusto mi ha raccontato che
morì il fratello.
– Si,
fu una grave perdita per il Killy, Jeff lo chiama
sempre così. Conosco perfettamente la pianta che dici, mio
zio la usa per
preparare le sue medicine, cura tanti mali veramente. Noi la chiamiamo
“Sogna
ombra”, può effettivamente essere mortale. I
nostri guerrieri ne usano la
resina per avvelenare le punte delle frecce, quando devono cacciare
grossi
animali. Quando Occhio di Cielo e suo fratello Aquila Rossa arrivarono,
i
guerrieri li attaccarono pensando che fossero nemici. Morirono tanti
uomini
della nave quel giorno e qualche settimana dopo, quando ormai avevamo
capito
che erano amici, Aquila Rossa trovò la pianta e il resto lo
sai.
–
Conosci il punto dell’isola dove si trova?
– Si,
molto bene, da piccola era una delle mete che
preferivo. Si trova alla base della sorgente che porta
l’acqua alla cascata e
al laghetto dove Killian abita. Se vuoi, domani stesso ti posso
accompagnare,
ci portiamo dei viveri e se vorranno venire anche i nostri uomini,
potrà essere
una piacevole escursione!
Emma non poteva
credere di essere così vicina a trovare
l’arbusto di Frate Benny e l’idea che avrebbero
fatto una specie di gita per
arrivarvi, con i “loro” uomini, rendeva la cosa
allettante. Sorrideva tra sé e
sé e, senza rendersene conto, per poco non andò a
battere contro Killian che,
velocemente e improvvisamente, era svoltato da dietro un tepee.
–
Amore stavo tornando da te a prenderti, sono stato al tepee
di Jambon e sua moglie Luna Calante per chiedergli di farti portare il
baule
dei medicinali …
- Grazie Killian
hai fatto benissimo! Potrò dare un
antidolorifico e un antinfiammatorio a Bardo. Spero solo che non abbia
scaglie
d’osso infilate nei muscoli, ma ci vorrà qualche
giorno per capirlo.
–
Per ora qui non puoi
fare niente in più di quanto ha fatto Giglio Tigrato. A
proposito, mi sembra
che siate entrate subito in sintonia voi due!
Le due donne
risero e Giglio Tigrato rispose anche per Emma.
–
Abbiamo trovato che ci accomunano gli stessi interessi e le
stesse passioni, oltre al fatto che ci piacciono gli irlandesi mori e
con gli
occhi di cielo …
Emma
arrossì, ma non era un segreto per Killian quanto detto
dalla moglie di Jeff. Ambedue, lui e Jeff, potevano essere scambiati
per
fratelli, da ragazzini era capitato spesso!
–
Killian ascolta,
Giglio Tigrato mi ha detto che già domani ci può
accompagnare dove si trova il
Rubeus Noctis, vieni anche tu vero? Verrà anche Jefferson e
porteremo dei
viveri …
A Killian
passò un brivido per la schiena al sentire
nuovamente il nome di quella malefica pianta. Ovviamente sarebbe andato
con
loro, doveva proteggere Emma, non voleva perderla e pur fidandosi di
lei, non
le avrebbe tolto gli occhi di dosso. Se aveva intenzione di prendere
una
pianta, lui doveva provvedere al modo di trasportarla evitando le
spine, erano
quelle che contenevano il liquido velenoso.
–
Certo che ci saremo anche io e Jeff! dobbiamo procurarci
una stola di pelle per avvolgere la pianta, lo sapete entrambe che ci
dobbiamo
difendere dalle spine dell’arbusto!
– Non
ti preoccupare Killian, a quello penserò io. Ora
andate, devi ancora far vedere ad Emma la tua casa …
Disse le ultime
parole con sguardo furbo e ammiccante, Emma
riprese il colorito rosato e Killian la riafferrò per la
vita, attirandola più
vicina al suo fianco. Salutarono Giglio Tigrato e si allontanarono
insieme dal
villaggio. Emma si lasciò guidare da Killian, lei non
conosceva minimamente il
posto e ancora non riusciva
ad orientarsi.
Si infilarono tra la fitta vegetazione, lungo un viottolo scavato dal
tempo.
– Emma
ti voglio sorprendere, tra poco arriveremo, adesso ti
benderò gli occhi e quando ti toglierò la benda
vedrai che meraviglia il posto!
Stai tranquilla, ti sono vicino e ti tengo io …
Con titubanza
Emma accettò, anche se le sorprese ad occhi
chiusi non le erano mai piaciute. Killian prese dalla tasca dei
pantaloni una
striscia di stoffa nera, spesso la usava al collo e la
bendò, poi tenendola per
i fianchi, davanti a sé e godendo di quel contatto, non
poté fare a meno di
baciarla di nuovo lungo il collo, sfiorandola con la punta umida della
lingua.
Quel suo modo di fare, specie quando era improvviso, riusciva sempre ad
eccitare Emma, che si girò tra le sue braccia, pur non
vedendolo a causa della
benda e gli offri le labbra che lui prese tra le sue e poi,
liberandole, le
fece schiudere, incoraggiandole con piccoli movimenti, languidi e
sensuali,
della lingua. Emma catturò con le labbra la sua lingua,
succhiandola e lui la
strinse più strettamente a sé, intensificando
quel bacio, in preda al desiderio
di averla. Si succhiarono avidi a vicenda, amavano il loro sapore, non
avrebbero smesso e
se la razionalità non
fosse prevalsa sull’istinto, si sarebbero appartenuti
lì, nel sottobosco
ombroso, anche alla piena luce del giorno.
–
Tesoro mio, purtroppo dobbiamo aspettare ancora un po’ per
continuare, vieni con me, tra breve saremo arrivati ...
Killian mantenne
la promessa, nel giro di pochi minuti si
fermarono di nuovo, la strinse ancora tra le braccia, tenendola
appoggiata con
la schiena al suo torace, poi con la mano le sciolse la benda.
Sentì
Emma smettere di respirare per la meraviglia. Un
pappagallo variopinto si stava alzando in volo davanti a loro, con i
suoi
meravigliosi colori, dall’azzurro al giallo intenso. Tra le
rocce, coperte di
vegetazione florida e verdeggiante, Emma vide, dopo averla sentita, la
meravigliosa acqua spumeggiante della cascata che si buttava nel
laghetto. Nel
momento in cui l’acqua della cascata cadeva, si creava, con
il riflesso della
luce del sole, un meraviglioso effetto ad arcobaleno e sulle rocce
laterali a
quella stupenda visione, una casa di legno con una torretta, piuttosto
grande
nel suo complesso, troneggiava immersa nella luce. Dalla roccia dove si
trovavano Killian ed Emma, attraverso un pontile di legno, si arrivava
a quella
dimora. Emma era incantata, sorpresa, come lui sperava e affascinata da
quel
luogo quasi mistico, avvolto da un’aura di
serenità che le riempì il cuore. Era
nel posto giusto in quel momento e con la persona giusta, per essere
felice.
– Oh!
Killian … avevi ragione è un incanto e la tua
casa
sembra un castello in miniatura, una casa delle favole …
-
Dammi la mano
allora, sarai la mia Regina ed io sarò il tuo Re!
Emma gli
offrì la mano, lui vi depose un bacio galante
inginocchiandosi. Rendeva omaggio alla Regina di quel luogo magico.
Emma gli
carezzo la guancia, i suoi occhi azzurri penetranti non si staccarono
dai suoi
verdi, si rialzò e con un sorriso la tirò dietro
di sé precedendola sulle
rocce, mentre scendevano incontro al pontile.
Trovarono la
porta aperta e le chiavi, che Killian aveva dato
a Max e Spugna, inserite dietro di essa. I suoi uomini avevano portato
il
bagaglio di Emma, avrebbero portato in seguito anche il baulotto dei
medicinali, Jambon era andato a chiederlo. Fecero un giro del primo
piano,
dalla veranda si accedeva all’ingresso, dove una scala
portava al piano
superiore; dall’ingresso si apriva una porta che con un breve
corridoio
immetteva in una sala ampia, arredata con delle librerie, un tavolo
rotondo,
sedie a braccioli con un divano e due poltroncine in stile francese. Un
camino
di pietra era incastonato tra le due librerie che occupavano la parete
più
grande. La cucina si trovava lungo il corridoio, i fornelli, realizzati
in
muratura, avevano al di sotto la fornace per accendere il fuoco.
Diverse
pentole di rame, di varie dimensioni, erano appese alla parete e una
credenza
in legno grezzo, sul lato opposto, conteneva una serie di piatti in
stile
inglese. Mentre nella sala erano state messe lenzuola sul mobilio per
evitare
la polvere, in cucina la polvere aveva avuto il tempo di annidarsi, nel
periodo
di lunga assenza di Killian, non
lo
considerarono un problema, avrebbero pulito.
Non
mancava nulla in
quella casa per renderla comoda e piacevole. Una stanza era adibita a
sala da
bagno, su un lato una specie di sedia era in realtà posta
per i bisogni
fisiologici e una vasca di ceramica, con i piedini da leone,
campeggiava di
fronte, accompagnata da una vaschetta con brocca, per
l’igiene personale. Uno
specchio dalla cornice argentata, piuttosto grande, era posto al di
sopra della
vaschetta. Salirono le scale e trovarono due camere da letto
affiancate,
ambedue con letto a baldacchino, uno di tipo matrimoniale. Emma era
curiosa di
salire sulla torretta, Killian la accontento. Sulla torretta
c’era una sola
stanza circolare e l’ unico arredamento era una scrivania con
sedia e un
cannocchiale puntato verso il mare, quello era il rifugio di Killian,
un
piccolo spazio dove meditare, progettare e rilassarsi. Sulla scrivania
Emma
notò numerosi disegni di barche, velieri e il progetto di
quella casa. Killian
aveva progettato tutto.
–
Emma questa casa è
in piccolo la copia della mia casa di Drogheda, vorrei portarti anche
là un
giorno …
Lei era di
spalle, non si voltava.
–
Tesoro non dici
nulla?
Non poteva,
lacrime di gioia le stavano rigando il viso. La
prese tra le braccia e la fece voltare.
–
Amore che c’è ho detto qualcosa che ti ha ferita,
non
volevo … Emma?!
In risposta lei
gli buttò le braccia al collo, quasi
facendogli perdere l’equilibrio e lo baciò, poi
con le lacrime sulle guance e
sussurrandogli sulle labbra gli disse:
–
Killian, tu mi rendi felice, non lo ero mai stata così come
con te …
Si ritrovarono
fronte contro fronte, le palpebre abbassate
sugli occhi, ad assaporare quel momento di affetto profondo, di bene e
amore.
Si sentirono
delle voci al piano sottostante, erano arrivati
gli uomini di Killian con il baulotto dei medicinali, si
distaccò da Emma e
scese per salutarli e congedarli. Andati via gli uomini salì
nuovamente da lei.
-
Jambon ha provveduto
al pranzo e alla cena per oggi, da domani ce la caveremo con la caccia
e la
pesca. Sai cucinare Emma? Io me la cavo abbastanza.
– Ho
imparato dalla mia cuoca Betty, spesso cucino per Hanry.
– Ne
sono felice almeno non ci intossicheremo!
–
Killian!
Lui rise
divertito, tentando la fuga, appena la vide sul
piede di guerra.
–
Stai fuggendo da me
Capitano? Hai capito che posso batterti?
–
No! In verità ho
voglia di fare una nuotata nel lago, se mi ami mi segui tesoro!
Corse per le
scale inseguito da Emma, la quale non si perdeva
d’animo ad accettare una sfida. Erano soli sulle rocce,
Killian aveva preso un
lenzuolo nell’armadio della camera da letto e lo
posò sulla roccia. Si
spogliarono velocemente e si tuffarono in acqua. Il lago era purissimo,
si
vedeva il fondale popolato da pesciolini variopinti. Killian era un
ottimo
nuotatore, nonostante la mano mancante, quella di legno
l’aveva tolta prima di
tuffarsi, era molto più veloce di Emma, in fin dei conti era
allenato a nuotare
in mare, in quel laghetto era fin troppo facile per lui. Ovviamente fu
il primo
a riuscire a tornare alle rocce di partenza e quando risalì
avvolgendosi il
lenzuolo ai fianchi la prese in giro ridendo e scherzando sulla sua
mancanza di
allenamento e pigrizia. Smise di ridere, restando incantato a guardarla
nel
momento in cui Emma uscì lentamente dall’acqua,
con i lunghi capelli biondi che
le scendevano sgocciolanti sul seno candido. Mille gocce
d’acqua le
percorrevano in rigagnoli la pelle.
– Una
dea, una vera dea celtica!
Questo
pensò Killian e improvvisamente gli sembrò di
essere
sulle sponde di un altro lago e vedere la stessa immagine …
dove? … Quando? Non
riuscì a rispondere ma ebbe la sensazione che fosse
già avvenuto quell’episodio
nella sua vita. Un altro tempo … un altro luogo …
un’altra vita … Scosse la
testa riprendendosi dall’emozione provata. Emma lo emozionava
sempre,h nel
profondo del cuore e delle viscere. Aprì il lenzuolo e lo
avvolse anche intorno
a lei, restando abbracciati fronte contro fronte, scaldandosi al sole e
asciugandosi.
- Amore mio, sei
uscita dall’acqua come una dea che nasce, ti
voglio venerare, mia dea, in tutti i modi che conosco!
La sua voce era
un sospiro, arrochito dal desiderio e dalla
passione. Emma al suono della sua voce si sentì vibrare nel
ventre e nel cuore,
anche in lei bruciava la stessa passione, era sempre così,
era più forte di
lei, rispondere immediatamente al suo richiamo. Lasciarono i loro
indumenti
sulle rocce. Killian la prese in braccio, avvolta nel lenzuolo e
camminando
scalzo sulle rocce la portò in casa. Lei chiuse la porta a
chiave dall’interno,
ancora in braccio a Killian. Egli salì le scale fino alla
camera da letto.
Tolsero la coperta lasciando il lenzuolo sottostante, pulito. Con
movimenti
lenti, Killian la liberò da quello con cui l’aveva
avvolta e l’ammirò nella sua
nudità, anche lui era svestito. Si inginocchiò
davanti a lei e le cinse i fianchi,
affondando il viso nel suo ventre e baciandola.
–
Ti adoro mia Dea!
Emma aveva il
cuore che le scoppiava per quanto batteva velocemente,
gli accarezzò il bel viso, occhi negli occhi. Prese le
braccia che lui teneva
intorno alla sua vita e lo tirò in piedi, camminò
all’indietro portandolo con
sé. Sentì il letto a baldacchino dietro i
polpacci, si allungò su di esso e
così, completamente esposta si offrì a lui. A
Killian sembrava di sentire il
tam-tam dei tamburi che li avevano accolti, nel petto. Era
meravigliosa,
semplicemente meravigliosa, così rilassata, fiduciosa e
aperta a lui. Le
accarezzò lentamente l’interno delle cosce,
scendendo piano verso il suo centro
pulsante, la vide socchiudere gli occhi, presa dal piacere di quella
semplice
carezza, sulla pelle rinfrescata dall’acqua. Le depose un
bacio sulla sommità
dei riccioli dorati e scese dove sapeva che le avrebbe fatto sentire
molto di
più. La sfiorò e l’
accarezzò con la punta della lingua e ricominciò
fino a
sentire i suoi gemiti, le mani di lei tra i suoi capelli scuri e il suo
nome
sospirato, uscire dalle labbra della sua amata, che lo chiamava per
raggiungere
la completezza del loro essere una sola anima. Non la fece aspettare
troppo a
lungo, le diede il giusto tempo di arrivare all’apice e poi
trovò la strada per
giungere da lei, navigando verso il suo porto riparato da ogni
intemperie e da
ogni male. Lento finché lei volle e accelerando quando i
movimenti in sincronia
di lei lo chiedevano. La sua dea celtica sapeva portarlo nei giardini
del walhalla
e, in quei giardini, lui sapeva coprirla di profumati petali di fiori.
L’amore
era inebriante, stordiva, dava pace e serenità. Poi,
nell’acme finale, andarono
oltre l’alto del cielo e ricaddero liberi, come uccelli
nell’aria, ritrovandosi
su quel letto l’una nelle braccia dell’altro.
Ala Grigia
poteva immaginare cosa fosse successo dopo che
avevano chiuso la porta dietro di loro. Con i suoi occhi di ossidiana,
li aveva
spiati tra le foglie sopra le rocce. Era ben nascosta e non
l’avevano vista. Ma
presi come erano l’uno dell’altra, non
l’avrebbero vista neppure se fosse stata
ad un metro di distanza. Se i suoi occhi avessero potuto cambiare
colore,
sarebbero passati dall’ossidiana al verde bile. Doveva essere
lei a giacere con
Occhio di Cielo, non quella donna dai capelli di sole. Era bella,
l’aveva vista
bene! Gli piaceva per i capelli d’oro? Le avrebbe fatto lo
scalpo e lo avrebbe
indossato come trofeo! Cosa avevano che non andavano i suoi di capelli?
Non era
più una bambina, non le mancavano le attrattive di una
donna, giovane, snella,
flessuosa e desiderabile. I giovani guerrieri che l’avevano
avuta non si erano
lamentati, anzi, avevano voluto che tornasse e lei era tornata da tutti
e tre i
giovani con i quali aveva giaciuto e le era piaciuto. Capelli di sole
doveva
pagargliela, non poteva portarle via Occhio di Cielo, lei lo amava da
anni,
aveva aspettato di diventare donna per poter stare con lui, se fosse
riuscita ad
averlo non l’avrebbe lasciata, ne era certa. Capelli di Sole
doveva sparire per
sempre dalla vita di Occhio di Cielo. Guardò
un’ultima volta verso la casa. Un
sorriso malvagio distese le sue labbra. Sapeva cosa fare, non sarebbe
stato
difficile …
Aquila
Bianca aveva
ragione, il cuore di Ala Grigia poteva diventare buio facilmente e i
tatuaggi
non sarebbero bastati a bloccare lo spirito diabolico che dimorava in
lei.
Angolo dell’autrice
Un saluto a tutti coloro che leggono e a chi ha il
piacere e il
desiderio di recensire. Io ho il piacere di leggere le vostre
recensioni e sono
sempre curiosa dei vostri commenti. Ho interrotto qui il capitolo per
postarlo
come regalino di Pasqua, era lungo il doppio! Se ho tempo la seconda
parte mi
farebbe piacere regalarvela per Pasquetta … vedremo. Allora!
Vi è piaciuto?
Spero di si, fatemi sapere cosa ne pensate. Per il prossimo Ala Grigia
non
promette nulla di buono e
vi annuncio il
titolo … “Amore e morte” è
tutto un programma no? Spero di non deludervi.
Intanto a proposito di morte e resurrezione, vi auguro una Buona
Pasqua, la
serenità in famiglia e nel cuore. Un pensiero speciale a
tutte le amiche di
penna che recensiscono abitualmente, spero che il gruppo si possa
allargare,
anche se i commenti fossero negativi.
Un abbraccio a tutti dalla vostra Lara
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