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Harry Papper
Prologo «Ne
sei certa?» «Sì,
mio Oscuro Signore, è scritto. Un giovane papero, nato alla fine
di luglio di
quest’anno, un giorno avrà un così grande colpo di
fortuna da sconfiggervi per
sempre...» L’Oscuro
Signore s’indignò: «Questo non deve assolutamente
accadere! Non ora che ho il
controllo di tutto il mondo magico!» Un
ghigno si allargò sul suo volto: «Ma so io cosa fare per
impedirlo!» «Attento,
mio Signore. Il destino a volte è infido con chi lo sfida.» L’uomo
le mise una mano sulla spalla: «Ti ringrazio, mia fidata
Magò, ma Macchia Nera
sa cosa fare.» La
donna chiuse gli occhi: «Lo spero per voi, mio Oscuro
Signore.» Macchia
Nera si avvicinò avvolgendosi nel suo caratteristico mantello
nero a due
villette confinanti. Aveva mandato i suoi sottoposti a informarsi per
capire a
chi potesse riferirsi la profezia di Magò, e ben due piccoli
paperotti,
abitanti in due case confinanti, potevano corrispondere alla
descrizione. Dunque,
a chi doveva rivolgere la sua attenzione? Per
venire a capo di ogni dubbio, l’Oscuro Signore lanciò una
monetina in aria e si
chinò sul marciapiede per controllarne il risultato. «Croce...
sinistra, dunque.» Senza
indugio, Macchia Nera varcò la soglia e, senza fare rumore,
coatto come un
ladro professionista, salì le scale fino a giungere nella stanza
dove un tenero
frugoletto, ignaro della minaccia che incombeva su di lui, dormiva
beatamente. «Eccoti,
dunque... saresti tu il papero così fortunato da potermi
sconfiggere?» Di
tutta risposta il paperotto si voltò dall’altra parte e
l’Oscuro Signore
sogghignò, tirandosi su le maniche ed estraendo la bacchetta:
«In ogni caso,
dopo la Maledizione della Sfortuna Perenne, non correrò
più alcun rischio!» Macchia
Nera fissò ancora dall’alto al basso il piccolo beatamente
addormentato, poi
alzò la bacchetta. «Avarda
KheJella!» Accadde
tutto in un attimo. L’incantesimo, invece che colpire
direttamente il
paperotto, si rifranse contro uno dei carillon appesi sopra la culla e
si
rifletté in tutte le direzioni, colpendo di striscio il neonato
e in pieno
l’Oscuro Signore, che nel tentativo di evitarlo mise il piede
sopra una
macchinina giocattolo, inciampò all’indietro e
ruzzolò per le scale gridando:
«NON FINISCE QUI, HARRY PAPPER! NON FINISCE QUI!!!» Di
tutta risposta, il piccolo Harry fece un grugnito, ignaro di quello che
stava
accadendo sulla sua fronte... Undici
anni
dopo «Guarda,
è lui!» «È
Harry Papper!» Il
papero sospirò. Era ormai abituato al fatto che tutti lo
riconoscessero ovunque
andasse e lo indicassero, ma probabilmente non avrebbe mai davvero
fatto il
callo a quello che accadeva sempre subito dopo che qualcuno lo aveva
individuato. «Scappa,
scappa!» Mentre
osservava il gruppetto di ragazzini darsela a gambe, in un gesto a
metà fra
l’abitudinario e il nervoso, Harry si aggiustò la
frangetta di capelli scuri
sopra la fronte, che aveva l’unico compito di coprire ciò
che lo rendeva così
famoso e così evitato dalla gente. Papermione
scosse la testa: «Ignorali, sii superiore!» Harry
fece una smorfia: «È difficile ignorarli, quando succede
sempre e comunque...» Ronoga
gli sorrise: «Massì, sono ragazzate!» «Ma
se gli adulti sono i primi a scappare quando mi vedono! Tutta colpa di
questo... coso!» Passando
le mani sotto la frangia, andò a sfiorare il simbolo della sua
maledizione. Gli
avevano raccontato che quando era piccolissimo, in qualche modo aveva
affrontato e sconfitto il più grande Signore Oscuro di tutti i
tempi e che
grazie a lui il mondo ora era in pace. Di quella notte non ricordava
assolutamente nulla, però per ricompensa, invece di avere
gioielli o la mano di
una principessa, come ogni eroe che si rispetti, a lui era toccato
quell’imbarazzante tatuaggio a forma di smile sorridente proprio
in mezzo alla
fronte, la peggiore vergogna per un adolescente in cerca di autostima.
E non
era nemmeno la parte peggiore del problema... Ronoga,
vedendo l’amico giù di morale, cercò di cambiare
argomento: «E i tuoi zii come
stanno?» «Molto
meglio, grazie! Fra qualche settimana dovrebbero poter uscire
dall’ospedale!» Papermione,
da sempre fervente animalista, chiese ancora: «E la tigre che li
aveva
aggrediti?» «Dovrebbe
stare meglio anche lei. Sapete com’è, io volevo solo fare
una foto ai miei parenti
davanti alla tigre, come potevo immaginare che la gabbia si sarebbe
aperta e
che quel simpatico tigrotto li aggredisse? E poi, dallo spavento, ho
lanciato
la macchina fotografica...» La
ragazza sorrise comprensiva: «Gliel’hanno estratta dalla
gola?» «Sì,
allo zoo hanno dei veterinari bravissimi... per lo meno così la
tigre non se li
è mangiati... ma ha sfogato su di loro il disagio per
l’imminente
soffocamento...» Sì,
il vero problema di quel tatuaggio era in realtà l’averlo
trasformato in un
incredibile portasfortuna vivente. I
più grandi maghi del paese, dopo averlo analizzato con
difficoltà, fra
bacchette esplose e fulminei colpi della strega, avevano dichiarato che
Harry
Papper era in qualche modo vittima della pericolosissima Avarda
KeJella, che
però, grazie a quel misterioso tatuaggio sulla fronte che lo
proteggeva,
aleggiava intorno a lui senza veramente colpirlo, ma andando a influire
su
chiunque gli fosse vicino, lasciandolo perfettamente incolume. Fu
così che
quando giunse a casa la lettera per l’iscrizione a Duckwarts, la
scuola
frequentata dai maghi, i suoi parenti furono felicissimi di mandarcelo
e di
liberarsi per un po’ di un papero che aveva procurato loro con la
sua sola
presenza ogni sorta di guaio. Ronoga
sorrise: «Per fortuna tu non ti sei fatto niente e...
AAAAARGH!» Con
un capitombolo degno di un tuffatore professionista alle olimpiadi, il
papero
scivolò dalle scale, facendosi ogni gradino di cervice.
Papermione accorse
immediatamente a soccorrerlo. «Stai
bene?» Ronoga
rimase per qualche secondo a fissare le stelle che gli giravano intorno
alla
testa: «Ma Astronomia non ce l’abbiamo domani?» Harry,
sospirando, tirò fuori le bende da pronto soccorso che portava
sempre con sé.
Era estremamente grato ai suoi due amici, gli unici che nonostante la
sua
giustificatissima cattiva fama erano veramente affezionati a lui e non
avevano
paura ad avvicinarlo, nonostante la cosa costasse spesso e volentieri
loro
ecchimosi e danni di vario tipo. «Vuoi
andare in Infermeria?» Ronoga
si rialzò immediatamente: «Ma no, non è niente di
che! Meglio andare verso la
Sala Grande, invece, ho una fame...» Papermione
sospirò: «Povero te, allora...» I
tre amici varcarono la soglia della grande sala dove venivano serviti i
pasti.
Come sempre, dovettero procedere un pochino a tentoni, fino a quando i
loro
occhi non si abituarono alla scura penombra, per non dire
all’oscurità quasi
completa. Ogni lunga tavolata, infatti, era illuminata da un solo
mozzicone di
candela quasi del tutto consumato, e in totale della sala erano
presenti solo
cinque candele. Papermione
fece una smorfia: «Io vorrei tanto sapere dove vanno a finire i
soldi delle
nostre rette scolastiche...» Si
sederono in un angolo di una delle quattro tavolate riservate agli
studenti.
Quasi immediatamente, appena prima che Harry si sedesse, la panca
cedette
facendo cascare tutti per terra. «Ops...» Quasi
tutti i compagni si voltarono inferociti verso di lui. «Papper!» «Sempre
tu!» «Ma
perché mangi ancora con noi? «Non
ti hanno ancora messo in isolamento? Sei un pericolo ambulante!» Harry,
completamente rosso, si limitò a mormorare un incantesimo e a
riparare la
panca, per poi sedersi e chiedere ai suoi amici: «Vi siete fatti
male?» Papermione
gli sorrise imbarazzata, cercando di non far notare che continuava a
massaggiarsi il portapiume: «Ma no, figurati! Vero, Ronoga?» «Il
bello di stare con te è che ho sempre voti altissimi in
Astronomia, con tutte
le stelle che vedo!» Harry
ridacchiò e si apprestò a consumare il suo pranzo, tre
gallette rinsecchite e
un bicchiere di acqua piovana. Il loro preside attuava da sempre una
politica
di ferreo risparmio, di cui però facevano spese anche gli
studenti. Papermione
cercò di cambiare argomento: «Allora, sei pronto per la
partita?» Harry
annuì: «Certo! Farò di tutto per non far perdere la
squadra!» Dopotutto,
Harry Papper non aveva solo difetti. Nessuno poteva negargli di essere
un
grande campione di Chickuidditch, un gioco simile al basket giocato in
volo su
manici di scopa, dove i giocatori erano però disturbati
continuamente da
agguerritissime galline che volavano grazie alla magia. Per i giocatori
sopportare quelle beccate era una vera tortura, tanto che spesso
dovevano
essere ricoverati dopo le partite, soprattutto quando giocava Harry
Papper. La
partita si concludeva solo quando un giocatore riusciva ad afferrare
l’ovetto
d’oro volante, ovviamente senza romperlo. Questa era la vera
specialità di
Harry Papper, una specialità in cui non aveva rivali. Del resto,
i pochi che
avevano provato a sfidarlo si erano sempre ritrovati vittime dei
più assurdi
incidenti... Harry
si alzò dal tavolo: «Vado a prendere il mio manico di
scopa e torno subito!» Il
ragazzo faticava a nascondere la sua agitazione per l’imminente
partita. Gli
tremavano le mani, aveva il volto teso e, soprattutto, un gruppo di
studenti
che passò al suo fianco precipitò rovinosamente dalle
scale, cadendo addosso a
una paperotta con i capelli rossi che dallo spavento lanciò in
aria un
contenitore d’inchiostro rosso, impiastricciando tutti. Harry era
così
concentrato che nemmeno ci fece caso. Fu solo quando, sovrappensiero,
andò a
sbattere contro qualcuno, che tornò a prestare attenzione al
mondo circostante. «Oh,
scus...» Le
parole gli morirono in gola, mentre il suo volto si trasfigurava in
un’espressione di terrore, riconoscendo la lunga barba bianca del
preside della
scuola, Silente de Paperoni. Anche quest’ultimo era rimasto
sconvolto, e
fissava attonito un mucchietto di polvere per terra. «La...
la... Pietra...» In
un secondo lo sgomento si trasformò in rabbia. Il preside si
voltò verso
l’alunno, con fare così furioso che Harry si sentì
rimpicciolire, quasi per
magia. «HARRY
PAPPER! TU HAI MINIMAMENTE IDEA DELL’ENNESIMO GUAIO CHE HAI
COMBINATO???» «S-se
è per il pavimento pulisco subito...» «MI
HAI FATTO CADERE LA PIETRA FILOSOFALE! IL LEGGENDARIO TALISMANO DELLA
RICCHEZZA, RESISTITO A MILLENNI DI STORIA E DI GUERRE, È ANDATO
IN FRANTUMI
SOLO PER UNA CADUTA ACCIDENTALE! TI RENDI CONTO DELLA GRAVITÀ DI
TUTTO
QUESTO???» «Non-non
l’ho fatto...» Silente
sembrò cercare di recuperare la calma: «Fila nel mio
ufficio, Papper.
Discuteremo tra poco di questa faccenda.» «Ma...
e la partita?» Il
preside sembrava affranto: «Non ci sarà nessuna partita.
Questo è un giorno di
grave lutto per il mondo della magia...» Harry
ubbidì. Non sapeva se essere più preoccupato
all’idea di essere espulso o a
quella di ritornare fra i compagni e sentirsi accusare per
l’annullamento
dell’attesa partita. Dopo
quasi un’ora, il preside fece il suo ingresso nell’ufficio. «Bene,
Papper, ora...» Il
papero si fermò a fissare perplesso i resti di un oggetto
bruciacchiato e la
strana creatura bianca e spumosa che si agitava sul pavimento sotto lo
sguardo
preoccupato del giovane Harry. «Cos’è
successo, stavolta?» «Ecco,
vede... la vostra fenice ha preso fuoco... ha iniziato ad agitarsi ed
è finita
contro un estintore, che poi è esploso e...» Silente
fece un enorme sospiro, per poi prendere la sua bacchetta e pulire con
un gesto
la sua fenice: «Così, ora mi devi anche un estintore... la
tua lista di debiti
nei confronti di questa scuola si sta allungando in modo preoccupante,
te ne
rendi conto, Papper?» Il
ragazzo abbassò lo sguardo: «Sì, signore...» «La
perdita dell’unica Pietra Filosofale esistente al mondo, e
principale fonte di
sostentamento di questa scuola, è la ciliegina sulla torta di
una marea di
disastri che sono accaduti da quando tu hai messo piede in questo
istituto.» Harry
si sentiva sempre più mortificato. «E
tuttavia, per quando incredibile possa sembrare, la tua incredibile
capacità di
portare jella ha fatto anche qualcosa di buono.» Harry
fu il primo a rimanerne sorpreso: «Davvero?» Silente
andò a sedersi dietro la sua scrivania, per poi tirare fuori
qualcosa dalla
tasca: «Sai cos’è questo?» Il
ragazzo fissò perplesso l’oggetto: «Una... boccetta
per l’inchiostro vuota?» «Oh
sì. Ma è anche qualcosa di più...» Harry
fissò preoccupato gli occhi del preside. C’era una luce
strana nel suo sguardo,
un guizzo di meraviglia di fronte a un ragionamento che evidentemente
si stava
formando nella sua mente. «Non
ho bisogno di chiederti se conosci l’Oscuro Signore Macchia Nera.
Nessuno lo
conosce meglio di te.» Il
ragazzo fece una smorfia: «Già.» «Ebbene,
c’è una cosa che ancora non sai su di lui, e che è
arrivato il momento di
dirti.» Harry
sentì salire la tensione nella stanza, molto più che per
qualunque finale di
Chickuidditch. Deglutì a vuoto. «Nessuno
sa cos’è successo la sera in cui ti fu apposto quel
tatuaggio, Papper, ma
ammetto di aver sempre sospettato che Macchia Nera non fosse
semplicemente
scomparso, e oggi ne ho avuta la prova. Ti ho fatto aspettare un bel
po’, ma ho
avuto le mie buone ragioni... prima di farmi cadere la
Pietra Filosofale...» Il
voltò del papero s’irrigidì per un istante per la
rabbia, poi si rilassò
nuovamente: «... hai fatto anche inciampare un gruppo di ragazzi
e rovesciare
questa boccetta d’inchiostro nuova.» Harry
sembrò ancora più mortificato. Sicuramente gli avrebbero
addebitato anche
quella. «E
questa, insieme al fatto che io fossi lì, è stata la
nostra più grande
fortuna!» «Eh?» «Era
un inchiostro maledetto. La papera che l’aveva comprato voleva
usarlo per
scrivere sul suo diario segreto, e meno male che non è successo!
Quel liquido
conteneva... l’essenza stessa di Macchia Nera!» «COSA???» «O,
per essere più precisi, una parte dell’essenza di Macchia
Nera, diventata
inchiostro...» «Ma
com’è possibile?» «È
opera di un vecchissimo incantesimo, ritenuto perduto, finora. Permette
di
dividere se stessi in sette parti d’inchiostro, e ognuna
può influenzare chi la
userà!» Harry
era sconvolto: «Ipnosi via inchiostro?» Silente
annuì: «Qualcosa del genere, esatto. Per fortuna me ne
sono accorto e l’ho
neutralizzato, ma ora siamo di fronte a un enorme problema... dove
saranno le
altre sei parti d’inchiostro di Macchia Nera?» Harry
Papper aspettò per un pochino, poi vedendo che il preside
continuava a
fissarlo, esclamò: «E io che ne so?» Il
preside, con risoluzione si alzò dalla poltrona: «Lo
immaginavo.» Con
passo deciso si avviò alla porta e la spalancò di scatto
dicendo: «Potete
entrare.» In
quel momento fecero il loro ingresso nella stanza Ronoga, Papermione e
un altro
studente che Harry conosceva bene e gli sorrise in modo mellifluo. «Papper...» «Dracone...» I
due studenti erano da sempre vicini di casa e rivali a scuola. Dracone
era
tutto quello che Harry non avrebbe potuto mai essere: bello, biondo e,
soprattutto, fortunato. A tutte queste quelle qualità,
però, si aggiungeva
anche una boriosità che lo rendeva profondamente antipatico e
insopportabile,
soprattutto perché i due venivano sempre paragonati e,
ovviamente, la campana
peggiore era sempre quella di Harry, con un’unica eccezione: il
Chickuidditch,
motivo che accentuava la rivalità fra i due. Il
preside, senza troppe cerimonie, passò subito al sodo: «Vi
ho convocati perché
devo affidarvi un’importante missione. Una missione dalla quale
potrebbero
dipendere le sorti dell’intero mondo magico.» Dracone
immediatamente s’inorgoglì, ma Harry avrebbe voluto solo
scappare dalla
finestra. Una missione così importante affidata a lui, con la
sua maledizione,
sarebbe solo potuta finire a rotoli. Il
preside continuò: «Ho seri motivi di credere che Macchia
Nera sia ancora vivo,
e che la sua essenza sia rinchiusa in altri sei contenitori
d’inchiostro. Sarà
vostro compito trovarli!» Papermione
intervenne: «Mi scusi, ma... perché proprio noi?» Silente
sospirò: «Credo che in qualche modo, a causa della
maledizione che gli è stata
lanciata, Papper sia in grado di imbattersi più facilmente in
questo
inchiostro. Per questo motivo, lui è imprescindibile dalla
squadra.» Harry
arrossì leggermente. Lo
sguardo del preside si rivolse a Ronoga e Papermione: «Voi due
siete quelli che
meglio riuscite a soppor... volevo dire, siete i suoi migliori amici,
chi
meglio di voi potrebbero accompagnarlo?» Harry
indicò un po’ scocciato Dracone: «E lui?» «Lui,
vista la sua fortuna quasi altrettanto leggendaria alla tua
maledizione,
potrebbe aiutare a mitigare un po’ le inevitabili nefaste
conseguenze che la
tua presenza causerà.» Ronoga
alzò la mano: «Mi scusi, ma se questa missione è
così importante, perché non
viene anche lei, invece di affidare tutto a quattro studenti?» Il
preside sembrò perdere le staffe, indicando Harry:
«Perché qualcuno dovrà pur
rimediare ai danni di questo disgraziato, no?» Papermione
sembrava scandalizzata: «Ma... e la scuola? Le lezioni? Gli
es...» Il
preside, evidentemente stufo di tutte quelle storie, prese tutti per il
bavero
e li sbatté fuori dall’ufficio, troncando la discussione:
«Recupererete! E ora
fuori, che abbiamo tutti da lavorare!» I
quattro ragazzi si guardarono un po’ perplessi. Ronoga
accennò un mezzo
sorriso. «E
così siamo appena diventati una squadra!» Harry
e Dracone sbuffarono all’unisono: «A quanto pare...» Papermione,
stufa, prese entrambi per un polso: «E adesso basta! Non si
tratta di
Chickuidditch, di gelosie o di altro! È una cosa importante!
Siete in grado di
accantonare per un po’ le vostre beghe personali?» I
due si squadrarono per un po’ sospettosi, poi Dracone fece un
sorriso
strafottente: «Ma alla fine di questa storia ristabiliamo la mia
superiorità
con una partita come si deve, d’accordo?» Harry
sorrise a sua volta: «Sempre pronto a stracciarti! Allora,
tregua?» Il
ragazzo gli strinse la mano, ancora bloccata da Papermione: «E
tregua sia!» Subito
dopo si affrettò a pulirsi la mano su un muro: «Manteniamo
le distanze, però,
che non vorrei mai che la tua sfortuna fosse contagiosa...» Harry
sembrò sul punto di scoppiare: «Ma io quello lo...» Ronoga
intervenne per trattenerlo: «Buoni...» Papermione
sospirò: «Sarà una luuunga avventura...» Quattro
settimane dopo Ronoga
emerse da una bancarella di pesce fresco del mercato stringendo con
tutte le
sue forze un calamaro: «L’ho preso! L’ho preso!» Papermione
gridò: «Indietro, ora, Harry! Il rischio è troppo
grande!» Harry
indietreggiò prudentemente di una decina di passi, mentre i
proprietari delle
bancarelle che li circondavano e gli avventori del mercato cercavano di
mettersi al riparo dai quattro bizzarri paperi che sembravano causare
ancor più
bizzarri fenomeni. Il papero ignorò i sensi di colpa quando
passando di fianco
a un fioraio tutti i girasoli improvvisamente appassirono, la sua
attenzione
era tutta per l’epico scontro che stavano affrontando i suoi
compagni. Il
calamaro preso da Ronoga, infatti, aveva iniziato a ingrandirsi a
grande
velocità, tanto che il papero ormai faticava a tenerlo fermo.
Subito però
Papermione e Dracone iniziarono a lanciargli incantesimi di ogni sorta
per
fermarlo, ma nulla impedì all’animale di assumere le
dimensioni di un mostro gigantesco,
grande come l’intera bancarella del pesce su cui era stato
trovato. Ronoga
si rese conto improvvisamente di essere stato completamente avvolto da
un
tentacolo e che il mostro sembrava volerlo portare verso quelle che
parevano in
tutto e per tutto delle fauci, e di cui il papero non si era accorto
mentre lo
stringeva in mano in versione mignon. «Oh-oh…» Dracone
aumentò l’intensità degli attacchi:
«Lascialo! Lascialo andare!» Papermione
era sconvolta: «I paperi non rientrano nella dieta di un
calamaro, è
impossibile che se lo mangi davvero!» Dracone
si voltò per un attimo verso di lei, evidentemente stizzito:
«Scusa, ma questo
non mi pare un calamaro normale!» Andando
controcorrente rispetto alla folla in fuga, Harry strisciò sotto
le bancarelle
affianco, cercando di avvicinarsi alle spalle del mostro. Dire che
avesse un
piano era un’esagerazione, ma aveva un’idea per poter
contribuire alla cattura
dell’ennesimo pezzo di Macchia Nera. Tuttavia, un attimo prima di
metterla in
pratica, esitò. Se avesse veramente deciso d’intervenire
avrebbe potuto aiutare
gli amici oppure causarne la rovina definitiva. Forse avrebbe dovuto
lasciare
agli altri il compito di aiutare Ronoga… Ma
quando vide la testa dell’amico già dentro la bocca della
creatura, Harry smise
di pensare, si alzò in piedi e udì la sua voce gridare:
«Ehi! Gamberetto
cresciuto male! Da questa parte!» Il
calamaro interruppe quello che stava facendo e si voltò verso di
lui. A Harry
non fu chiaro se avesse davvero compreso le sue parole o se
semplicemente si
fosse indispettito per l’interruzione dello spuntino, ma il
mollusco fece
quanto gli era stato ordinato e iniziò a puntare Harry. Il
papero ignorò le
grida disperate degli altri compagni e rimase immobile, pregando che il
piano
funzionasse. Uno
dei tentacoli del calamaro andò ad avvolgersi attorno a una
bancarella di
frutta esotica confinante e nell’avanzare il mostro si
ritrovò bloccato. Il
calamaro tirò con tutte le sue forze per liberarsi, ma nel farlo
trascinò con
sé l’intera bancarella e, soprattutto, l’ombrellone
giallo e arancione posto
sopra di esso, che andò a infilzarlo come una lancia. Con un
verso
indescrivibile, che sfondò le orecchie di tutti i presenti, il
calamaro esplose
come un palloncino, lasciando a terra il povero Ronoga, incolume ma
completamente ricoperto d’inchiostro color indaco. Il
papero si guardò le piume, ormai nere: «Bleah!» Harry
fece un passo verso di lui: «Stai bene?» Papermione
gridò: «NON AVVICINARTI!» «E
perché?» «Ti
ricordi cosa stiamo cercando?» «L’inchiostro
di Macchia Nera…» Harry
sbarrò gli occhi terrorizzato: «… e Ronoga ne
è ricoperto…» Proprio
in quel momento il papero iniziò ad agitarsi, in preda a strani
spasmi. Dracone
cercò di prendere in mano la situazione: «Possiamo ancora
fermarlo prima che ne
venga influenzato! Accio inchiostro!» Il
papero biondo cercò di attirare la magica sostanza in un
barattolo, ma questo
non fermò la crisi di Ronoga. Papermione
gli diede manforte: «Accio inchiostro!» Harry
rimase paralizzato. Doveva intervenire o la sua maledizione avrebbe
solo
peggiorato nuovamente le cose? Alla
fine, incapace di stare fermo, fece la cosa più stupida e
più coraggiosa della
sua vita: corse verso l’amico e lo strinse con tutte le sue
forze. Quasi
immediatamente tutto l’inchiostro colò verso terra e venne
attirato
dall’incantesimo di Dracone e Papermione. Non appena
l’ultima goccia
d’inchiostro fu presa, Dracone chiuse immediatamente il barattolo
e i quattro
paperi rimasero per un attimo attoniti, Ronoga e Harry ancora
abbracciati. Ronoga
rimase per un attimo confuso: «Co-cos’è
successo?» Harry
sorrise, staccandosi da lui: «Macchia Nera stava per avere la
meglio, ma
l’abbiamo sconfitto.» Papermione
sospirò: «Harry, cosa ti è saltato in mente? La tua
maledizione poteva...» Il
papero si mostrò imbarazzato: «In realtà contavo
proprio su di quella.» «Cosa?» «Ho
provato a vedere se per una volta potevo provare a
“dirigerla” su un bersaglio
specifico... come ho fatto prima con il calamaro!» La
papera si rigirò fra le mani la boccetta d’inchiostro
indaco, assorta nei suoi
pensieri: «E poi direttamente sull’inchiostro
stesso...» Dracone
ridacchiò: «Bene, bene, bene... ecco come fai a vincere
tutte le partite di
Chickuidditch! Dirigi la tua sfortuna sugli avversari! Sei un
imbroglione!» Harry
s’inalberò: «Non è affatto vero! Non ho mai
voluto portare sfortuna a nessuno e
non l’ho mai fatto prima! Mi è venuto in mente di farlo
solo oggi!» Ronoga
si mise in mezzo ai due contendenti: «Buoni voi due! Ricordate i
patti: di
Chickuidditch si discute solo a missione conclusa!» Papermione
sorrise, tirando fuori qualcosa dalla borsa: «Dai, ormai manca
poco...» La
papera, con pazienza, dispose su quel che rimaneva di una bancarella
quattro
boccette di inchiostro, dai colori dell’arcobaleno, a cui
affiancò l’ultima
recuperata. Poi ridacchiò. «È
stato divertente, in fondo!» Ronoga
la fulminò con lo sguardo: «Come no, divertentissimo...
ricordi cos’è successo
per recuperare quella gialla? Quella penna d’oca stava per farmi
soffocare
dalle risate!» A
Harry sfuggì un sorriso. La scena di Ronoga inseguito da una
penna d’oca a
mezz’aria che cercava in ogni modo di fargli il solletico non
l’avrebbe
dimenticata facilmente. Il
papero continuò: «Per non parlare di quell’artista
di stampe giapponesi, dove
tutte i fogli di carta di bambù hanno cercato di incollarsi
addosso a me per
farmi diventare una mummia!» Papermione
alzò gli occhi al cielo: «E io allora cosa devo dire? In
quella biblioteca
pensavo di aver trovato un magnifico manoscritto antico da
leggere...» Dracone
sorrise: «E invece i fogli di pergamena hanno fatto l’unica
cosa intelligente:
tapparti letteralmente quel becco saccente!» Papermione
gli fece una linguaccia: «Guarda che neanche a te è andata
così bene con quegli
spaghetti al nero di seppia...» Il
papero sembrò improvvisamente imbarazzato, prendendo in mano la
boccetta viola:
«Già... ancora non mi spiego come con la mia fortuna sia
stato possibile che
quella pasta cercasse di strozzare proprio me...» Harry,
imbarazzatissimo per gli effetti collaterali della sua maledizione,
cercò di
cambiare argomento: «Ma l’importante è il risultato!
Ce ne manca solo una e
potremo ritornare al castello, così il preside potrà
neutralizzarle tutte!» I
paperi sembrarono risollevarsi il morale, quando una voce dal tono
freddo e
crudele li fece trasalire. «Vi
sbagliate, ragazzi... la vostra ricerca è finita...» Ronoga,
Papermione e Dracone si voltarono verso Harry, mentre anche
quest’ultimo si
guardava intorno. «Harry?» «Io
non ho parlato!» Ma
la voce misteriosa tornò a parlare: «Siete stati bravi,
ragazzi, molto
bravi...» Questa
volta i paperi trasalirono. La voce proveniva proprio da Harry, eppure
il
papero non aveva aperto becco e guardava verso l’alto. «Chi
sei?» «Sai
benissimo chi sono... chi sono stato e chi sto per tornare ad
essere...» Il
tatuaggio sulla fronte di Harry Papper iniziò ad illuminarsi,
mentre il papero
si piegava su se stesso per il bruciore acceso. La boccetta
d’inchiostro in
mano a Dracone iniziò a tremare sempre più forte, fino ad
aprirsi da sola, e
con lei tutte le altre. In pochi secondi tutto l’inchiostro dei
colori
dell’arcobaleno, rosso escluso, si riunì in un unico
punto, fino a formare una
figura ben definita che si scurì sempre di più. A quel
punto fu chiaro a tutti
chi avevano di fronte. «Macchia
Nera...» L’Oscuro
Signore sogghignò, per poi stiracchiarsi ben bene la schiena:
«Nessuno aveva
scritto quanto quest’incantesimo lasciasse doloranti alla fine...
devo
ricordarmi di aggiungerlo nella nuova edizione...» Harry,
che si era appena ripreso dal bruciore, guardò sconvolto il loro
avversario:
«Ma com’è possibile?» Macchia
Nera gli restituì un sorriso mellifluo: «Avete cercato
ovunque le mie tracce
d’inchiostro, senza pensare al posto più ovvio...» Con
un’eleganza innata, si avvicinò a Harry e con un dito gli
toccò la fronte ormai
intonsa: «Di cosa è fatto un tatuaggio?» Harry
sentì il mondo crollargli addosso: «Inchiostro...» «Esatto!
Ti chiedevi chi e dove fossi... e invece eravamo sempre stati
insieme... non
era una conseguenza voluta, ma in fondo quale modo migliore per
controllare
quello che secondo le profezie poteva essere il mio peggior
avversario?» «Io?» Papermione
esclamò: «Ma abbiamo raccolto tutto il tuo inchiostro!
Dovevamo averti
sconfitto!» «Ingenua
paperotta... avreste dovuto portare l’inchiostro a Silente ogni
volta invece
che aspettare! Il modo per farmi tornare era proprio tenere vicino
almeno
cinque parti della mia essenza e la tua borsa è stato il luogo
della mia
rinascita!» La
papera rimase sconvolta dalla notizia di aver involontariamente
contribuito al
ritorno del loro avversario, che continuò: «Avrei potuto
già uscire quando
avete trovato gli spaghetti maledetti, ma eravate così bravi che
vi ho lasciato
concludere il lavoro... peccato che la settima boccetta fosse
già stata
distrutta all’inizio, ma senza quel sacrificio dopotutto ora non
sarei qui.» Harry ebbe come un
flash. Da
quando erano entrati in
quel ristorante, la sua maledizione era peggiorata, era diventata
così potente
da colpire anche quel fortunato borioso di Dracone… così
potente da poterla
improvvisamente dirigere contro avversari specifici… Quello
che aveva fatto prima non era stato merito suo, ora gli era chiaro. Era
il
potere di Macchia Nera, di cui lui era inconsapevole custode, ad essere
aumentato. Forse era riuscito a usarlo involontariamente, o forse lui
glielo
aveva permesso per permettergli di recuperare le ultime parti della sua
essenza, chissà, ma ormai non aveva importanza. Anche se una
parte di lui
avrebbe voluto lasciarsi andare allo sconforto, si rese conto di non
poterlo
fare. Era a causa sua se si erano trovati in quella situazione, e a lui
toccava
rimediare. Ma come poteva sconfiggere il più grande mago oscuro? Dracone
alzò la bacchetta: «Non ti permetteremo di andartene da
qui!» Ronoga
si unì a lui: «Giusto!» Papermione
cercò di farsi coraggio: «Abbiamo preso l’incarico
di fermarti e lo porteremo a
termine!» Macchia
Nera rise: «Sciocchi... siete solo degli studenti, cosa pensate
di fare?» Harry
deglutì. I suoi amici avevano ragione, era tempo di agire!
Forse, se fosse
riuscito ad andare alle sue spalle, come aveva fatto prima con il
calamaro... L’Oscuro
Signore si voltò di colpo verso di lui, puntandogli la
bacchetta: «Cosa pensavi
di fare? Di scivolarmi alle spalle e fare chissà cosa?» Il papero
s’irrigidì di colpo dalla sorpresa e Macchia Nera sorrise:
«Ormai ti conosco
bene, Harry, siamo stati troppo tempo insieme...» Il
papero rimase per un attimo fermo, poi fece appello a tutto il suo
coraggio e
afferrò a sua volta la bacchetta: «E allora saprai che non
mi importa!» Fece
un passo verso il suo avversario, ma la sua zampa finì sopra una
banana rimasta
abbandonata dopo il rovesciamento di una bancarella di un fruttivendolo
e
scivolò per terra, sbattendo il portapiume. Macchia Nera rise
sonoramente, ma
Harry non si mosse. Strano,
un colpo di sfortuna in piena regola...
che capitava a lui e non a chi gli stava intorno? Si
guardò intorno e una balzana idea gli venne in mente. Si
rialzò cercando di
mantenere tutta la calma che aveva in corpo. «Ti
fa ridere la mia sfortuna? Bene...» Fece
un altro passo verso Macchia Nera, scivolando su un’altra banana,
ma questa
volta cercò di spostare il peso in avanti e di approfittare
della spinta di
quella scivolata per potersi avvicinare in modo imprevedibile al suo
avversario. «...
perché ho intenzione di portarti con me!» Harry
Papper finì addosso al Signore Oscuro, che per cercare di non
cadere fece a sua
volta un passo indietro, finendo su un’altra banana. Entrambi
rotolarono per un
po’ sulla strada, in un parapiglia indefinibile in cui nessuno
dei due avrebbe
saputo dire chi stesse avendo la meglio. Le bacchette dei due
contendenti
rotolarono fino ai piedi di Dracone, che subito le raccolse, mentre i
due
continuavano lo scontro a suon di calci e pugni. Finalmente
smisero di rotolare, ed Harry si ritrovò in situazione di
svantaggio. Macchia
Nera era sopra di lui e lo aveva immobilizzato. L’Oscuro
Signore esultò: «SEI MIO!» Harry
deglutì e chiuse gli occhi, ma li riaprì di scatto quando
sentì un urlo di
dolore del suo avversario. Cosa poteva essere successo? Non
l’aveva neanche
sfiorato! Eppure Macchia Nera si stava contorcendo, mentre la presa su
di lui
si allentava sempre di più e lui stesso sembrò diventare
sempre più... piccolo? Sotto
gli occhi stupefatti del papero, lo Stregone Oscuro rimpicciolì
a vista
d’occhio fino a sparire e lasciare al suo posto quello che
sembrava un pezzo di
carta marrone con una grossa macchia scura. Harry fece per toccarlo, ma
una
voce familiare lo fermò. «Io
non lo farei, se fossi in te!» «Professor
Silente!» L’anziano
papero sorrise soddisfatto: «È carta assorbente magica,
l’ideale per eliminare
certi errori... e per intrappolare un essere fatto
d’inchiostro!» Harry
si trascinò un po’ più lontano dal foglio, per poi
chiedere: «Come avete fatto
a trovarci?» Il
preside si limitò a srotolare un giornale: «Siete in prima
pagina sull’edizione
serale... dite un po’, pensavate davvero di passare inosservati
causando una
battaglia contro un calamaro gigante nel bel mezzo di un mercato?» «Ehm...» «Sia
come sia, questo mi ha permesso di arrivare in tempo.» Harry
finalmente si rimise in piedi: «Cosa accadrà ora a Macchia
Nera?» «Penso
conoscerà finalmente le comodità di una prigione
magica... certo, intrappolato
in quel foglio probabilmente non se ne accorgerà neppure. Buffo,
l’incantesimo
che doveva proteggerlo in realtà si è ritorto contro di
lui, prima non avrei
mai pensato di poterlo catturare in questo modo...» Il
papero lo guardò speranzoso: «Quindi è finita?
È finita davvero?» Silente
annuì ed Harry si sentì scoppiare dalla gioia. Corse
verso i suoi compagni
urlando: «È finita! È finita! Abbiamo vinto!» Anche
Ronoga, Papermione e Dracone si unirono alle sue grida di gioia. Harry,
entusiasta, iniziò persino a saltellare sul posto. «È
finita! È finita!» Non
appena alzò un braccio al cielo, successe
l’inimmaginabile. Un fulmine a ciel
sereno lo colpì in pieno, trasformandolo in un perfetto
parafulmine. «Harry!» Vedendo
gli amici preoccuparsi per lui, il papero, completamente annerito, si
affrettò
a tranquillizzarli: «Sto bene... credo... ma non capisco. Non ho
mai avuto così
tanta sfortuna...» Il
preside si avvicinò a lui e gli scostò la frangia, per
notare finalmente la sua
fronte libera dallo smile. «Credo
che il fatto di ospitare involontariamente parte della persona che ti
aveva
lanciato L’Avarda KheJella ti abbia protetto dalle conseguenze di
questa
maledizione.» «Protetto?
Ho causato ogni genere di disastri a chiunque mi circondasse!» «Appunto,
agli altri ma mai a te stesso. La maledizione che ti è stata
lanciata è sempre
rimasta con te, ha provato continuamente a colpirti ma, non
riuscendoci, si è
rivolta sempre alla persona più vicina. Ma ora sei libero, non
ospiti più
Macchia Nera e hai perso qualunque protezione.» «Insomma,
la mia fortuna è stata... essere sfortunato al momento
giusto?» Silente
gli sorrise: «Proprio così!» «Va
bene, ma adesso? Dovrò rimanere sfortunato a vita?» Il
preside lo guardò pensieroso: «Ora che è diventata
una maledizione “normale”,
posso cercare una contromaledizione, ma ci vorrà del
tempo...» «Quanto?» «Dipenderà
molto dalla tua stessa sfortuna, temo... ma puoi stare tranquillo, il
tempo non
ti mancherà, dopotutto...» Con
un colpo di bacchetta Silente fece apparire un lungo foglio di
pergamena: «...
hai sempre i tuoi debiti con la scuola da ripagare per tutti i danni
causati!» Harry
sospirò, ma il preside continuò: «Senza contare
tutti quelli che avete
provocato durante i vostri scontri!» «Mi
addebitate anche quelli? Ma stavamo affrontando Macchia Nera, non ci
potete
fare uno sconto?» Dracone
si limitò a dargli una pacca sulle spalle: «Su, su, guarda
il lato positivo!» Harry
lo guardò sconsolato: «Ce n’è uno?» Dracone
gli fece un antipaticissimo sorriso: «Avremo tutto il tempo di
capire chi di
noi due è il migliore a Chickuidditch... e visti gli ultimi
risvolti, inizio a
farmi un’idea di chi sarà il vincitore...» Harry
fece per prendere la bacchetta per lanciare una piccola fattura contro
il suo
rivale, ma di tutta risposta quest’ultimo gliela sventolò
sotto il becco: «Oh,
guarda che fortuna... la tua bacchetta è rotolata proprio sui
miei piedi,
prima...» In
un impeto di rabbia, Harry sollevò di peso quello che rimaneva
di una
bancarella e brandendola si mise a inseguire il suo rivale. Silente
gli gridò: «PAPPER! COSA STAI FACENDO?» «METTETEMELA
PURE SUL CONTO, MA ALMENO QUESTA SODDISFAZIONE ME LA VOGLIO
TOGLIERE!» A
Ronoga e Papermione non rimase altro da fare che guardare rassegnati il
curioso
inseguimento. «Ma
secondo te faranno sempre così?» «Probabile...
ti sembra una storia che possa avere una...»
FINE
Eccomi qua! Dopo
mesi di silenzio sono tornata a farmi viva con questa parodia in puro
stile Disney, cercando di rispettare tutti i criteri che una storia
deve avere per essere pubblicata su Topolino... certo che non è
stato facile, calcolando che tutto Harry Potter è basato sul
concetto di morte, ma spero di aver trovato un modo di aggirare il
problema.
Un ringraziamento ENORME al buon Andrea Briganti, detto brigo, per il
disegno, fatto interamente sulla fiducia perché non aveva ancora
letto la storia.
Un ultima cosa... ogni scena di questa storia è in realtà
la parodia di un pezzo originale. Riuscite a scovare tutti i
riferimenti?
Alla prossima!