Una terrazza buia si
affaccia su una notte ancora più oscura, sembra quasi essere
senza fine.
Eppure la pietra
bianca e marmorea di quell’architettura vittoriana si
riflette lucente e cacofonica in quel nero così piatto,
invariabile.
Piedi nudi ed incerti
percorrono quello spazio di fredde lastre bianche, occhi rossi ed
inquieti vagano da una parte all’altra alla ricerca di
chissà cosa, forse solo di capire dove si trovi, forse in
realtà non sta cercando proprio niente.
La veste candida si
muove eterea nell’aria, mossa da venti
d’incomprensibile provenienza. Sono caldi …
dopotutto però chi mai sarebbe in grado di distinguere
ancora il caldo dal freddo, il giusto dallo scorretto, il chiaro dallo
scuro … chi mai potrebbe persistere in un’idea
tanto sciocca, come quella di preservare una simile ideologia, tanto
fittizia quanto surreale in un mondo che si presenta davanti agli occhi
di chiunque come quello, oscurità che domina incontrastata
in quel piccolo squarcio sul resto del mondo?
Mondo … che
parola inesatta. Esiste un mondo? Com’è concepito?
Qual è l’idea di esso, nella mente di qualunque
comune mortale? Una massa policromatica di verde e d’azzurro,
di mare e di foreste? Un agglomerato eterogeneo di rocce e di
grattacieli, di persone che camminano lente sui marciapiedi di
un’immensa metropoli e di taxi giallognoli che sfrecciano al
loro fianco?
Quelle immagini non
sono altro che erronee concezioni che appaiono agli occhi degli esseri
umani, tuttavia questi ultimi non avranno mai la certezza assoluta che
queste corrispondano alla realtà.
Dopotutto, chi mai
potrebbe loro confermarlo? Esiste forse un giudice supremo, capace di
distinguere quei concetti che agli occhi di chiunque appaiono sempre
più così astratti, la differenza tra caldo e
freddo, giusto e scorretto, chiaro e scuro?
Oh, se così
fosse con ogni probabilità la sua figura dovrebbe
corrispondere a quella di un essere divino, decisamente superiore a
tutte le infamie di questo orrendo mondo.
E se invece quello che
noi arditamente osiamo definire mondo dovesse ridursi a
nient’altro che quella terrazza buia e dimenticata da Dio?
Dio, poi …
esiste un Dio, qualcuno che regolamenta ogni nostra azione? Addentrarsi
in discorsi come questo è sempre così
estremamente rischioso, tanto da finire a camminare sul ciglio di
quell’immensa voragine, oltre la quale si finirebbe per
cadere nell’ineluttabilità di un salto mortale a
capofitto, senza più ritorno … troppi sarebbero i
se ed i ma, così infiniti che forse non si riuscirebbe
più a ritrovare la via del ritorno, quella grazie alla quale
ci si raccapezza, si ritorna al punto di partenza senza ulteriori
intoppi.
Di analoga
impostazione ma esito differente è la domanda
sull’esistenza di creature divine … la loro
realtà per molti risulta incerta, altri tuttavia giurano e
spergiurano che siano veri in tutto e per tutto.
Molti continueranno a
chiudere gli occhi o a voltare la testa da un’altra parte,
tuttavia la figura che ora attraversa a piccoli passi la grande
terrazza sembra essere lì proprio per smentire e fugare ogni
dubbio di scettici e malfidenti.
Yuuto spiega le
proprie candide ali nella notte infinita, mentre giunge davanti alla
pallida balaustra.
Si siede su di essa
senza un motivo apparente, o forse senza uno preciso, lasciando vagare
i propri occhi nell’abisso della notte, cercando un qualche
spiraglio di luce, una lama che infrange ogni barriera o dannata regola
e conduce finalmente tutta l’umanità verso una
nuova alba.
E invece no, non
potrà mai avvenire nulla del genere, poiché ormai
sono le Tenebre a farla da padrone, loro che impostano il loro gioco e
che mettono le carte in tavola, loro che hanno deciso che
d’ora in poi il mondo non sarà fatto di
nient’altro se non di quella stessa oscurità.
A Yuuto quella
decisione non era andata a genio, aveva creduto che fossero tutti dei
folli, che quell’oscurità non avrebbe portato a
niente di buono.
Verranno a prendere anche me,
ricorda, più a se stesso che ad altri, sorridendo mestamente
per l’ineluttabilità della faccenda.
Già quasi
li sente, passi affrettati e indolenti, calcare ogni singolo movimento
su quel terreno bianco come la neve.
Eccoli, sono dunque
giunti a profanare il suo Paradiso, l’unico angolo di quiete
rimasto su quel mondo regolato da costrizioni viziose ed asfissianti.
«Kidou
Yuuto» si sente chiamare, anzi, oserebbe dire reclamare da una
voce atona, priva di qualsiasi sfumatura.
L’ultimo
angelo rimasto puro sulla Terra si volta lentamente verso quello che sa
essere il suo aguzzino, quello che ucciderà definitivamente
quanto di etereo ed incorruttibile ci sia mai stato in
quell’esile corpo.
Sorride quasi
dolcemente, dolcemente,
all’intruso che ora tanto barbaramente invade il suo
territorio, lo intossica con la sua sola e stessa presenza, rendendolo
marcio, irrespirabile.
Una presenza alta e
scura si erge ora dinanzi a lui, in tutto il suo tetro splendore,
grandi ali da demone spiegate ampie nel vuoto, che quasi sembrano
coprire la terrazza in tutta la sua mera lunghezza.
Yuuto non
può negare a se stesso di trovare così
… estremamente
affascinante quello che ora si è ritrovato
davanti, un demone, all’apparenza invincibile e potente,
dalla fisionomia slanciata, le spalle larghe che sembrano poter
avvolgere tutto il mondo se solo lo volessero, la pelle leggermente
bronzea, temprata forse dalle leggendarie fiamme dell’Inferno
stesse.
Ha occhi piccoli e
neri … eppure sembra risiederci l’abisso da quanto
sono profondi, quegli occhi. Ti fanno venir voglia di chiederti quali
altri mondi abbiano visitato, quali altri orrori sia toccato loro in
sorte di vedere.
E devono essere tanti,
tanti davvero … perché quegli occhi sono in grado
di trasmettere un’intensità ed una
profondità di emozioni che davvero non ha eguali. Emozioni
in gran parte negative, certo, tuttavia più li guardi e
più non puoi fare a meno di chiederti se ci sia
dell’altro, se vi si nasconda anche un qualcosa di positivo,
per quanto questo possa essere piccolo.
Allora desideri
affondarvi ancora di più, fino a non poterne più
uscire, fino a non sapere più dove sia il fondo.
Il demone prende ad
avvicinarsi lentamente all’angelo: non sa perché
quest’ultimo abbia smesso di opporgli qualunque genere di
resistenza, anzi per un breve seppur intenso sprazzo di
lucidità gli è quasi sembrato che non abbia mai
provato a combatterlo, così decide di non indugiare oltre.
Il suo è
certamente tra i compiti più ingrati, recuperare tutti gli
angeli caduti e rimasti sulla Terra e convertirli al verbo delle
Tenebre, per poi portarli con sé, giù
nell’abisso siderale, dal quale nessuno ha una neppur vaga
possibilità di scampo.
Molti angeli,
incredibilmente, sono riottosi, cercano in ogni modo di sottrarsi ai
loro nuovi padroni; questo invece sembra proprio aver gettato la
spugna, ogni speranza dissolta davanti ai suoi giovani occhi rossi in
una nube fuligginosa.
Kageyama si domanda il
perché di quell’arrendevolezza … deve
ammettere di essersi trovato davanti ad un angelo –un ragazzo,
dannazione– piuttosto affascinante, con quella costituzione
così eterea e la pelle mortalmente pallida.
Forse, se si fosse
ribellato, se avesse cercato in qualche modo di sottrarsi a lui
… sarebbe stato tutto molto più divertente, no?
Ma
che diamine va pensando?
Il suo compito
è quello di corrompere l’anima di quel giovane, in
fondo tanto meglio se non si ribella, questo rende le cose molto
più facili
e veloci
da gestire … e il suo compito non si può affatto
definire facile e veloce, considerando che deve andare in giro a
tingere d’oscurità l’anima di tutti gli
angeli rimasti sulla Terra.
Per una volta che gli
capita una cosa facile …
Probabilmente ora la
sua parte razionale desidererebbe delle spiegazione per quei futili
pensieri di poco prima, tuttavia lui si decide a non ascoltarli, ora ha
ben altro di cui occuparsi.
È ormai
giunto davanti a quell’angelo: Yuuto stringe a sé
la propria tunica bianca, tremando appena sotto le vesti.
Può fare
l’impavido quanto vuole, eppure adesso non può
proprio negare a se stesso di essere arrivato alla fine, al capolinea.
Vede l’ampio
palmo del demone distendersi dinanzi ai suoi occhi inermi, avvicinarsi
alle sue ali bianche ed integerrime ed accarezzarne il piumaggio, che
quasi sembra essere stato intrecciato da altri della sua specie.
No, non toccarle!,
pensa, dentro di sé, sebbene sia ormai cosciente che sia
troppo tardi, troppo tardi per opporsi, troppo tardi per salvarsi.
Così ecco
che le sue ali prendono a tingersi di quel nero, cupo come la notte
infinita che ora regna sulla Terra, la sua Terra,un nero
che ora sente penetrare fin negli angoli più profondi della
sua anima, sporcarla senza rimedio alcuno, nessuna soluzione esistente,
solo quella scontata arrendevolezza alla quale abbandonarsi senza
più indugio alcuno.
Le ali divengono nere
da capo a fondo, macchiandosi nella loro interezza.
Allora, solo allora,
il demone si avvicina all’orecchio dell’angelo
ormai corrotto, mordendolo e leccandolo mentre vi sussurra, con
studiata voce suadente e al tempo stesso maliziosa:«Ora mi appartieni del tutto ~».
Yuuto sente aprirsi
una voragine dentro di sé ed una proprio sotto di
sé: nella prima è il demone a trascinarlo,
giù, verso l’abisso che più temeva,
mentre l’altra, nel suo petto, pare risucchiare e portare
chissà dove il suo cuore.
L’Inferno
è davvero un posto così … desolante.
Yuuto non lo augurerebbe mai e poi mai a nessuno, neppure al suo
peggior nemico, sul serio.
Peccato che il suo
peggior nemico ci viva già, all’Inferno.
Kageyama,
così ha scoperto chiamarsi il demone che, chissà
quanto tempo fa ormai, l’ha privato della sua
integrità morale di angelo, finisce di spolpare un ennesimo
osso umano, rendendolo bianco e lucido nelle sue proprietà,
per poi lanciarlo proprio nella direzione di Yuuto, con una certa
voluttuosità.
Le fiamme rosse del
regno degli inferi si stagliano cupe nel cielo nero come la morte
… ci bruciano i dannati, in quelle fiamme, chiunque
può sentirle, stridule, graffianti.
L’angelo
compromesso se ne sta in un cantuccio, seduto rannicchiato su se
stesso, le ginocchia strette al petto, le ali nere spiegate in modo da
fargli scudo da qualsiasi genere di pericolo, sebbene sia piuttosto
cosciente che nessuno laggiù gli farebbe mai del male,
tranne Kageyama stesso, che si arrogato ogni diritto sulla sua
esistenza molto tempo fa.
«Fa
veramente schifo» sbotta il demone, con evidente riferimento
all’osso scheggiato lanciato via poco prima.
Yuuto si limita a fare
spallucce, non c’è davvero null’altro
che si sente nella posizione di fare in un momento del genere.
Kageyama lo guarda di
traverso, forse ha fatto qualcosa di sbagliato, lui non se ne accorto,
davvero …
Kidou lo vede alzarsi
dal suo trono di ossa, quasi riesce vederlo nella sua mente leccarle
una ad una, con lentezza calcolata, pieno di godimento e malizia.
Ha visto quel trono
erigersi davanti ai suoi occhi, costruirsi osso dopo osso, un femore
qui, un’ulna di là …
Il suo signore si
ferma a pochi passi da lui, afferrandogli il mento e costringendolo a
guardarlo, di nuovo i suoi occhi rossi scivolano in quelle piccole
pozzanghere nere.
È vero,
è tutto così tremendamente reale, è
suo, gli appartiene … e davvero non c’è
modo alcuno in cui possa sfuggirgli.
Si sente sollevare da
quelle mani viscide e sudice, che ha visto commettere ogni genere di
peccato, che hanno indotto se stesso ed altri ad orrori inenarrabili,
quelle mani che ora lo sfiorano,
lo toccano,
lo posseggono.
Yuuto deglutisce a
vuoto, ormai non ha più voce per gridare in gola, inoltre se
pure l’avesse sa che non riuscirebbe affatto a gridare, ora
come ora; dopotutto, seppure con un’amare condiscendenza, sa
già che sarebbe del tutto inutile.
Nessuno correrebbe mai
in suo soccorso: per i demoni degli Inferi è lui ad essere
nel torto, non certo che Kageyama, che da buon padrone non fa altro che
prendersi ciò che, in effetti, gli spetta di diritto.
Poco importa che sia
illegale: alla fin dei conti, chi più si cura di cosa sia
lecito o meno, in quel regno d’abisso?
«Non dici niente al tuo padrone?»
gli sussurra Kageyama, leccandoglielo come di sua consuetudine, sembra
quasi che lo stia sbeffeggiando con ogni sua singola parola.
Reiji lo tiene
leggermente sollevato, tenendo in una mano stretta a pugno quel che
rimane delle sue vesti, un tempo candide ed ora ridotte così
luride.
Non
esiste niente di puro, all’Inferno.
«M - mio
… mio Signore …» Yuuto si sforza di
sussurrare, non sa nemmeno lui da dove riesca a trovare la voce
necessaria per farlo, se sia la paura o l’istinto di
sopravvivenza a permetterglielo, si sente la gola in fiamme e tutto il
corpo dolorante.
Kageyama sogghigna,
evidentemente questa volta deve proprio essere riuscito a soddisfarlo,
valuta Yuuto tra sé.
«Non
c’è nient’altro che avrei voluto
sentirmi dire ~» gli conferma infatti poco dopo Kageyama,
leccandosi le labbra, ancora una volta, pieno d’irrefrenabile
piacere.
Ancora una volta si
appropria di quello che gli appartiene, andando a sfiorare le cosce
sotto la veste di Yuuto.
E davvero
l’angelo caduto vorrebbe gridare … e ancora una
volta si ritrova a valutare che le proprie grida non avrebbero esito
alcuno.
Yuuto non ricorda
più come sia caduto in quel circolo vizioso.
Ormai ha provato tutti
i peccati esistenti, di quelli che gli angeli non potevano nemmeno
nominare.
Erano troppo puri per
poterlo fare; se avessero compiuto un’eresia del genere, se
qualcosa come quello avesse provato anche lontanamente a raggiungere le
loro labbra, essi sarebbero stati puniti duramente e nel peggiore dei
modi.
Invece a Yuuto era
andata proprio così: non era diventato nient’altro
che un oggetto di desiderio alla più mera mercé
di quel demone e dei suoi impulsi.
Non aveva mai voluto
questo, nemmeno nel più fosco degli istanti della sua
esistenza … eppure era lì, maledizione,
incapace di sottrarsi a quella che per lui era ormai era tristemente
divenuta una routine.
Si tortura le mani, le
morderebbe perfino se solo avesse la matematica sicurezza che questo
possa aiutarlo a sfuggire a tutto ciò.
Invece non ce
l’ha e ovviamente, perdutamente, non gli rimane
nient’altro che continuare a vivere nel suo stesso sfacelo,
senza poter nemmeno sollevare un dito per potersi opporre.
Lui farebbe volentieri
qualsiasi cosa in suo potere … tuttavia, concretamente,
cos’è che gli rimane? Una qualche
dignità da salvare? Certo che no, quella l’ha
persa ormai da lungo tempo.
Allora,
per cosa mai combattere?
Forse non è
lui la chiave di quella vicenda, bensì quello che
l’ha portato a ritrovarsi in quella situazione.
Le Tenebre lo
reclamano … ma non era stato lui quello che si era sempre
opposto strenuamente a quel dominio, cercando di lottare in ogni modo
contro di esse e fornendo di nascosto sostegno ai suoi fratelli che,
prima di lui, si erano ritrovati a soccombere ai piedi di quella forza
incommensurabile?
Kageyama lancia un
osso, che va a sommarsi alla catasta sotto Kidou: ormai, beffa delle beffe,
ha fatto sì che anche l’angelo caduto avesse delle
ossa su cui accomodarsi, proprio come aveva fatto per sé,
con il suo trono.
Yuuto scuote la testa:
per quanto detesti ammetterlo, nel suo gesto c’è
una punta di rammarico.
«Ma come
puoi vivere a questo modo?» sbotta infatti di lì a
poco, incapace di trattenere l’odio e la desolazione nella
propria voce.
Reiji si volta
immediatamente ad osservarlo, non lo sentiva parlare da quella che gli
era parsa una vita intera.
«Cielo,
Kidou» commenta infatti di lì a poco, con uno
spiccato e piuttosto pungente sarcasmo «era da molto tempo
che non ti sentivo proferir parola ~».
Il ragazzo scuote la
testa e butta fuori l’aria dalle labbra arricciate con
frustrazione mentre si ostina a replicare:«Ti ho fatto una
domanda, Kageyama, vedi bene di non ignorarla …».
«Altrimenti
cosa fai?» Reiji sogghigna con perfidia, incapace di
trattenersi, certo di avere già la vittoria in pugno con
aria di superiorità e strafottenza «Ti metti ad
urlare come una ragazzina? Credi davvero di poter sfuggire al mio
potere in un tal modo? Tu
sei mio, Kidou, vedi bene di non dimenticartene. Non
vorrai davvero che ti punisca per un’inezia del
genere».
Gli occhi di brace del
ragazzo si rivolgono all’istante verso di lui, tuttavia
questa volta rimane sul serio in silenzio.
Per un momento fin
troppo breve Kageyama s’illude che il ragazzo
gliel’abbia data vinta, che l’abbia lasciato
vincere anche stavolta.
Eppure ormai dovrebbe
conoscere Yuuto, dovrebbe sapere che con lui non esiste nulla di facile
da raggiungere.
«Sto ancora
aspettando una risposta» lo sente precisare, con qualcosa
nella voce che identifica pericolosamente vicino
all’acidità.
Si volta di scatto ad
osservarlo, forse nessuno di loro due se lo aspettava, tanto che per un
interminabile istante rimangono entrambi immobili, in attesa, nessuno
dei due sa bene di cosa, ovviamente senza dire assolutamente nulla.
«E
così vorresti sapere come faccio a vivere così,
eh Kidou? E va bene, te lo dirò. Lascia che ti riveli una
cosa, ragazzo: se tu non te ne fossi accorto io sono un demone e
questo è il modo in cui i demoni stanno al mondo, pertanto
non c’è altro modo al mondo in cui io possa vivere
se non questo» si decide infine a spiegare, sforzandosi di
mantenere per tutto il tempo della conversazione
un’espressione impassibile ed il tono di chi sta dicendo
un’ovvietà.
La risposta non sembra
aver affatto convinto Kidou, che continua ad osservare Kageyama in modo
estremamente critico.
«Ah,
davvero?» lo sente obiettare ancora, tenace «E tu
credi davvero di potermela dare a bere così? Che io in
questi mesi non ti abbia osservato affatto e che non mi sia accorto di
alcuni aspetti di te che nessun altro al mondo riuscirebbe a notare? Tu
non sei questo, Kageyama, sei molto di più. Allora
perché ti ostini a voler vivere in un modo tanto lurido
…?».
Reiji lo fissa
attentamente, sembra a corto di parole.
Perché,
perché riesce a leggergli dentro così bene?
Perché lui?
Sa che il ragazzo ha
perfettamente ragione, tuttavia accordarglielo sarebbe davvero
l’ultima delle sue umiliazioni e lui no, davvero, non
può abbassarsi ad un livello del genere.
Così si
costringe, suo malgrado, a prorompere in una risata apatica, piuttosto
forzata.
Eppure lo fa, sul
serio. Perché se c’è una cosa che ha
imparato, in quella sua misera esistenza, è che siamo tutti
tenuti a portare delle maschere, prima o poi.
E quella è
la sua, dopotutto: un essere arcigno, arrogante, ignaro di sentimenti
quali la dolcezza e la benevolenza.
Però, come
aveva appena ammesso a se stesso, quella non era nient’altro
che una maschera.
Neanche a farlo
apposta, molti di quei sentimenti positivi aveva cominciato a provarli
da quando aveva preso Yuuto sotto di sé.
Stupidi
angeli, sempre così perfetti … non potrebbero
averlo anche loro, qualche difetto?
Scuote la testa,
sprezzante, mentre si lascia sfuggire un ennesimo –falso–
verso di disgusto e ribatte:«Ragazzo, se non mi credi e non
ti fidi di me e delle mie parole, beh, quella è
l’uscita degli Inferi: prendila pure e vattene.
Va’, ti dico: non è di elementi del genere che ho
bisogno, al mio fianco».
Per un attimo che pare
loro eterno entrambi rimangono lì, immobili, a fissarsi
vicendevolmente, incapaci di fare o dire qualsiasi cosa.
Quando Kidou si rende
conto della veridicità delle parole di Kageyama, tuttavia,
esse finiscono irrimediabilmente per colpirlo in pieno, travolgendolo
come fossero delle onde alte come palazzi.
Può
andarsene da lì? Può … può
davvero andarsene da lì?
Fissa attentamente
Kageyama, cerca di comprendere se quello sia uno dei suoi ennesimi
inganni o meno, senza sapersi decidere.
Può fidarsi
di lui? Dopo tutto quello che è successo gli verrebbe
spontaneo giungere alla conclusione che no, non
può fidarsi di quel demone tentatore, che così
tante –troppe–
volte l’ha tratto in inganno.
Se potesse,
cercherebbe di scrutare la sua anima nera, cercando di comprendere
quali siano le sue reali intenzioni.
È una
capacità che tutti gli angeli possiedono e della quale
possono usufruire a loro più completo piacimento, sebbene si
limitino a metterla in atto quando si ritrovano a dover giudicare gli
esseri umani, in punto di morte, indagando nel più profondo
della loro anima, sondandone ogni minimo centimetro alla ricerca anche
del più insignificante briciolo di oscurità,
parametro fondamentale che, se presente, nega a chiunque lo presenti
l’accesso al Paradiso divino.
Yuuto ci è
sempre riuscito, ad esplorare l’anima delle persone che si
è ritrovato davanti, nella sua misera esperienza.
Con Kageyama no.
Non ce la fa, non ci
riesce … e non tanto perché la sua anima
è talmente nera e corrotta da non permettergli di accedervi,
anzi, Yuuto già in passato si è ritrovato davanti
persone dall’animo tremendamente compromesso che non
meritavano l’accesso al luogo della provvidenza eterna,
pertanto non è certo quello il problema.
Sinceramente non lo sa
nemmeno lui, perché non riesce a leggergli dentro, tuttavia
si è suo malgrado persuaso di una convinzione: per quanto
quel demone si ostini a negarlo e a nasconderlo, dentro di lui
continuerà per sempre a rimanere una seppur minima parte di
luce, di bontà, che gli impedirà di essere del
tutto malvagio per il resto della sua esistenza.
Una piccola lama di
luce risiede sul fondo della sua anima, per quanto Reiji si ostini a
negarlo; egli dunque non è estraneo a sentimenti quali la
compassione e la benevolenza.
Dunque, se ora sta
dicendo a Yuuto di andarsene, lo sta facendo unicamente per orgoglio,
per continuare ad indossare quella dannata maschera di
crudeltà ed indifferenza.
Anche se persiste nel
nascondersi dietro quella immensa finzione, qualcosa di buono in fondo
a lui ancora c’è, tuttavia non può
permettere che quell’esistenza eterna di menzogne
s’intacchi, che il suo orgoglio venga meno.
Vuoi
andartene? Bene, fallo, sappi però che sono io a cacciarti,
non certo tu che te ne vai di tua spontanea volontà.
Kidou scuote la testa.
Stupido
orgoglioso.
Senza voltarsi, si
muove di un piccolo, leggerissimo passo all’indietro.
Kageyama rimane fermo
sul suo trono di ossa, non guarda in direzione di Yuuto, limitandosi a
fissare vacuo un punto nel vuoto, assolutamente inesistente.
Kidou muove allora un
altro passo.
Niente.
Ancora un passo.
Di nuovo, non accade
nulla.
Yuuto prende un
respiro profondo, in parte gli dispiace lasciarlo in quel modo, gli
sembra una cosa così da vigliacchi; dall’altra
però non fa altro che ripetersi che quella è
l’occasione che attendeva da mesi … allora
cos’è che lo ferma?
Non si
starà lasciando andare a degli stupidi sentimentalismi? Lui?
E nei confronti di
chi, poi? Di un demone che l’ha rapito e reso suo schiavo per
tutto quel tempo?
Ridicolo.
Si volta di spalle,
cominciando ad avviarsi dapprima lentamente e poi sempre più
velocemente lungo la strada che porta all’uscita degli Inferi.
Non si volta indietro
nemmeno una volta: se lo facesse dimostrerebbe a Kageyama, che lui
stesso non è altro che apparenza e che sta fingendo, non ha
tutto quel coraggio.
Così si
mette a correre e se ne va, senza voltarsi.
Anche
perché, con ogni probabilità, se si voltasse
finirebbe per non andarsene più.
Mentre fugge dagli
Inferi come un ladro, sente un pezzo di sé morire, restare
per sempre incatenato in quell’abisso senza fine.
Non sa
perché, forse è solo un’allucinazione,
tuttavia per un istante che gli pare eterno quasi gli sembra di sentire
Kageyama singhiozzare.
La notte è
fresca e leggera, muove con leggiadria gli abiti che indossa, facendoli
aderire perfettamente al suo corpo e a tratti addirittura
solleticandolo.
Sono abiti bianchi,
nuovi, puliti. Niente più stracci immondi a logorargli la
pelle.
Yuuto si siede sulla
sua terrazza, gli occhi ampi e rossi che vagano
nell’infinità del cielo nero della notte.
Sembra quasi essere
fatto da un velo sottilissimo, così facile attraversarlo
…
Sono passati
… mesi –o almeno lo crede– da quando
è riuscito a fuggire dagli Inferi.
O
meglio, da quando Kageyama gli ha permesso di farlo.
Se dicesse che gli
capita di tanto in tanto di pensare a lui sarebbe la più
grande delle sue bugie.
Non
passa un singolo istante in cui non pensi a lui …
Le sue ali sono
tornate candide come un tempo, tuttavia sulle punte persiste ancora del
nero, a ricordargli dei peccati commessi e subiti, come se le avesse
immerse in una boccetta d’inchiostro.
Inchiostro
nero … come gli occhi di Kageyama …
Non l’ha
più visto da allora, né Reiji ha mai reclamato il
suo possesso su di lui.
L’ha solo
lasciato fuggire … così, in un effimero attimo,
concedendogli così la salvezza da quella condanna a vita..
Chissà
dove sarà adesso, cosa farà, se sarà
vivo, se sarà morto, se gli mancherò …
In realtà
non desidera prendere in considerazione anche solo lontanamente
l’ipotesi che Reiji potrebbe non essere vivo: durante tutto
questo tempo ha scoperto che non è Kageyama ad essere
orgoglioso, anche lui non scherza affatto.
Perciò, da
bravo orgoglioso quale si ritrova ad essere, gli costa davvero una
fatica ammettere che almeno
un po’ è preoccupato per lui e che se
davvero fosse morto non riuscirebbe a perdonarselo mai e poi mai.
Ha ottenuto la sua
libertà, è stato il primo ed unico angelo che
è riuscito a tornare indietro dagli Inferi …
tuttavia, quale prezzo ha dovuto pagare, per ottenere quella
libertà tanto agognata?
Sembra accorgersi solo
adesso che la luna, piena e di un lucente colore lattiginoso,
è ormai alta nel cielo, risplendendo in tutta la sua eterea
bellezza.
Non sa
perché, tuttavia gli viene praticamente spontaneo il
paragone con le ali di Reiji e le proprie: il cielo nero come le ampie
ali rivestite di squame del demone, la luna di quel colore niveo come
le ali dell’angelo.
Kidou scuote
amaramente la testa: sa che non dovrebbe pensare a lui, tuttavia, per
quanto si sforzi, ogni suo tentativo gli appare miseramente,
assolutamente vano.
I suoi occhi si
perdono nella luna, vorrebbero annegarci dentro, essere risucchiati da
quel mare perlaceo per poi non riemergerne mai più.
Chissà che,
almeno così, tutte quelle sofferenze non finiscano davvero.
Una brezza leggera
sferza la terrazza e Yuuto chiude gli occhi, appagato. Non gli importa
più se il mondo finisca là o meno: ora sa che non
sarà mai completo, senza la parte di sé che ha
lasciato negli Inferi.
*
AA *
Che persona
deplorevole che sono …
Dunque, non so bene da
dove cominciare, in questo angolino: non mi va di parlare di On time,
non voglio fare promesse che so che poi non potrei mantenere.
Equivarrebbe ad un inganno e sinceramente non credo che un colpo basso
di questo genere sia necessario.
Non devo
giustificazioni a nessuno, fatto sta che perlomeno alle persone che mi
seguono e cui importa qualcosa di me (dubito che esistano, tuttavia nel
caso preferisco precisare sempre) diciamo che non sto passando affatto
un bel periodo per motivi miei personali che non starò certo
qui a dire a tutto il mondo. Chi deve sapere sa, pertanto meglio
così.
Sono anche ferma con
la scrittura, non era esattamente il mio primo pensiero in un momento
del genere … fatto sta che ho partorito comunque questo
aborto letterario.
Diciamo che in gran
parte è stato scritto anche e soprattutto come sfogo per
tutto quello che sta succedendo ultimamente a me e alle persone a cui
tengo, però ovviamente non è solo quello.
Alla fine pazienza se
le supernatural!AU
sono di una banalità assurda e se ne trovano a bizzeffe in
ogni dove … l’idea non sarà tra le
più originali, certo, fatto sta che perlomeno ho cercato di
rendere i contenuti della quanto più soggettivamente mi
è stato possibile, tanto più che è
presente la mia ship prediletti, con tutti i problemi ad essa annessi e
connessi.
Ora però
viene lo sfogo quello vero, quello che mi preme di più.
Sono davvero desolata
nell’annunciare che questo fandom sta lentamente ed
inesorabilmente morendo.
Non trovo
più storie che soddisfino la mia attenzione da molto, molto tempo, le
recensioni sono scarne, prive di interesse, come se chi le scriva lo
faccia solo per passare il tempo – o al massimo tanto per,
d’altronde si sa come vanno queste cose, tanto non se la
prende mai nessuno …
E invece no, la gente
ci sta male, non è che siamo tutti automi senza cuore,
abbiamo emozioni e sensazioni, giorni sì e giorni no, quindi
non credo che bisognerebbe stupirsi se poi qualcuno finisce,
sfortunatamente, per starci male.
La cosa che,
sinceramente, mi disgusta maggiormente sono quelle persone che fanno
determinate cose per il gusto proprio di farle, di attaccare le
persone, di farle stare male. E vi giuro che esistono persone del
genere, per quanto l’idea stessa di un concetto del genere
possa essere aberrante e disgustosa, parlo per esperienza personale.
Non voglio fare la
moralista, tanto più visto che so che i diretti interessati
non leggeranno mai queste cose, o se lo faranno non comprenderanno che
mi sto riferendo a loro oppure si lasceranno scivolare addosso le mie
parole come se nulla fosse, dimostrando quanto poco effettivamente
gliene importasse di tutto questo mio discorso.
So bene che quanto ho
detto non cambierà assolutamente nulla all’interno
del fandom, politiche molto più disdicevoli si sono ormai
radicate all’interno di esso ed io non posso farci
assolutamente niente per invertire la rotta di questa tendenza. Al
massimo posso appellarmi agli autori ed alle autrici più
esperti di me, incitandoli a fornire il loro contributo scrivendo e
recensendo altre storie, così da fornire solide basi ai
nuovi autori che entrano e si approcciano inizialmente al fandom. Lo so
che ognuno ha i suoi impegni, però che ne dite di venirci
incontro tutti insieme appassionatamente, mh? Uno di quei bei
compromessi democratici che piacciono tanto a me.
Poi, ovviamente,
è chiaro che io non sono nessuno e che dovrei essere
l’ultima a dover parlare, però ripeto, non
crediate che certe cose non le noti anche io. Ora la smetto di
lagnarmi, non vorrei urtare ulteriormente la sensibilità di
tutti quei lettori temerari che sono arrivati fin qui e stanno ancora
leggendo tutti questi deliri.
In conclusione,
sebbene credo che si fosse già ampiamente capito, questa
storia è dedicata a Sissy,
giacché è mio intenso desiderio ringraziarla per
tutto quello che ha fatto, sta facendo e sono assolutamente certa che
continuerà a fare per me in tutto questo tempo (sempre
augurandomi che questa mia storia possa essere di suo gradimento, tutte
le volte che ho provato a dedicargliene una non è che poi
abbia ottenuto un chissà quale grande risultato, eh
…). Averti al mio fianco è il
più grande sollievo che avrei mai potuto immaginare, sei
davvero una persona speciale ❤ e certe persone lasciale parlare, alla
fine non sono altro che invidiosi. Impareremo a infischiarcene, vedrai
– dico “impareremo” perché
sono perfettamente cosciente di avere lo stesso problema, eheh ^^
vederti ed abbracciarti in questi giorni che sono venuta a trovarti
è stata davvero un’esperienza fantastica, se
potessi rifarei tutto ancora e ancora ~ so che non
c’è bisogno che ti dica tutte queste cose, tu sai
già tutto perfettamente, però per me era
importante farlo.
Se mai troverete
errori mi appello alla vostra clemenza, ho scritto questa storia alle
tre di notte, in una sorta di attacco di furore poetico …
bah.
In un certo senso la storia può anche essere intesa come un
filo che ripercorre le vicende di Kidou intesa anche molto
platonicamente per quanto riguarda quello che succede nell'anime: Kidou
che obbedisce agli ordini di Kageyama, che finiscono irrimediabilmente
per trascinarlo in un impuro abisso pieno zeppo d'errori, fino a che
tuttavia non decide di ribellarsi, sottraendosi così
all'uomo e sfuggendogli ... sebbene questo non impedisca né
all'uno né all'altro di continuare a pensarsi
vicendevolmente. Queste però sono solo alcune mie
insignificanti considerazioni, che possono essere giuste o sbagliate,
non importa, sono dei pensieri che mi piace lasciare per invitare alla
riflessione. So che chi leggerà li coglierà, non
considero i miei lettori come degli sciocchi ~
Direi che
per stavolta la chiudo qui, è anche troppo!
Pace e bene (il cambio
di saluto questa volta era necessario, non c’è
niente da fare)
Aria ~
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