Chapter 01
All’inizio
era rabbia.
Una
furia
cieca che Mick sapeva di conoscere meglio di quanto gli sarebbe
piaciuto
ammettere, la furia che anelava al fuoco, inarrestabile, indomabile, la
furia
che arrivava quando restava bloccato lontano dalle fiamme. O quando le
persone
non riuscivano a vedere oltre le apparenze. Quel giorno erano state
entrambe le
cose a far scattare la scintilla nella sua mente.
Aveva
chiuso ogni cosa fuori nel momento in cui Rip Hunter si era voltato
borbottando
quella che lui intendeva come una scusa ma che Mick sapeva non essere
sentita,
aveva cacciato Jefferson lontano dai suoi pensieri, il ragazzino non
aveva
fatto nulla di male, non voleva davvero coinvolgerlo. Aveva chiuso
fuori dalla
mente l’intera squadra con cui stava viaggiando, la missione
che avevano, ogni
singola cosa. Per un breve istante la sua mente rimase
all’oscuro, silenziosa,
avvolta in una pace incredibilmente rara. Poi fu il fuoco. Mick aveva
imparato
presto come funzionava, come una fiammella innocente sulla punta di un
fiammifero potesse espandersi in un attimo, Mick conosceva il fuoco e
in quel
momento era l’unica cosa che esisteva.
Eppure
in mezzo al crepitio delle fiamme resisteva un piccolo pensiero,
qualcosa che
era stato dimenticato mentre ogni altro pensiero fuggiva, qualcosa che
Mick non
era sicuro di sapere come fosse arrivato.
“Non
ferirli. Non trascinarli nelle
fiamme. Non ucciderli.”
No, lui voleva solamente tornare a casa.
Apparentemente
loro non erano della stessa idea, apparentemente il suo partner
non era della stessa idea mentre lo abbandonava in una
foresta in chissà quale luogo, chissà
quale tempo.
Non
era necessario per quella missione, era un pericolo, era stupido,
Rip l’aveva detto più chiaramente che poteva,
perché non
riportarlo nel loro tempo? Cosa sarebbe cambiato?
La rabbia
mutò in attesa.
Impiegò
una settimana per accadere, una settimana perché il fuoco
smettesse di ardere
così impetuosamente da cancellare ogni altra cosa. Non si
trattava del fatto
che non fosse più arrabbiato con loro perché dire
quello sarebbe stato mentire,
era ancora arrabbiato, furioso, ma loro non erano lì, era da
solo. Aveva tutte
le ragioni per essere arrabbiato ma nessuno di fisico con cui esserlo.
Così attese.
Non
si
spostava troppo dal luogo in cui Snart lo aveva lasciato e anche se lo
avesse
fatto dove avrebbe potuto andare? Non aveva indicazioni da poter
seguire, non
aveva una destinazione.
Un’altra
settimana dopo smise di contare i giorni che passavano, un pensiero
più piccolo
del precedente si fece largo nella mente, era una vocina lontana ma
nella mente
ormai silenziosa risuonò come se giungesse da ogni direzione
e da nessuna al tempo
stesso.
“Non
tornerà a prenderti.”
Non
voleva ascoltarlo eppure ogni volta che Mick cercava di concentrarsi su
qualunque altra cosa, che fosse una pianta, che fossero delle bacche o
un
coniglio che si era sventuratamente trovato sulla sua strada, quella
voce
tornava prepotente a farsi sentire.
Snart,
no, Len non sarebbe tornato, nessuno sarebbe tornato indietro per lui.
L’attesa
divenne rassegnazione.
Tre
settimane,
tre mesi, forse erano quattro, forse erano solo due giorni.
Decine
di chilometri, venti, due soltanto.
Mick
aveva completamente perso il senso del tempo, della distanza, si era
perso e
non era certo se si riferiva a quello in senso letterale mentre si
guardava
attorno e non vedeva altro che alberi, o in senso metaforico mentre
cercava un
appiglio che gli permettesse di mantenere la mente unita mentre la
sentiva
spezzarsi, vagare in ogni direzione, con una miriade di pensieri tra i
più
disparati, senza capo né coda.
Il
fuoco
aveva smesso di bruciare, “Questo
è
letterale” pensò, la fiammella davanti a
sé spariva in un ramo troppo
grande e robusto che non si era acceso come lui avrebbe voluto. Il
freddo lo
avvolgeva, cercava di entrargli nelle ossa, di trascinarlo a fondo con
sé e Mick
non sapeva più cosa fare per impedirglielo.
Non
sapeva
perché fosse ancora vivo, perché si ostinava a
cercare di sopravvivere, perché ogni
mattina quando il sole sorgeva e i raggi filtravano fra le fronde lui
si alzava
e si ostinava a trascinarsi avanti in una direzione qualsiasi.
Perché?
Perché?
Che
senso
aveva tutto quello? Cosa aspettava, cosa cercava, perché il
suo corpo non
riusciva a fermarsi come la mente stancamente cercava di imporgli?
Cinque
mesi, dodici giorni, forse erano sette settimane, ogni cosa era senza
significato, perché cercava di ricordare quanto fosse
passato? Perché cercava
ancora di capire dove fosse? Come uscire da quel mucchio di alberi, o
come bruciarli
tutti uno dopo l’altro finché non fosse rimasto
solo lui in mezzo ad un bosco
di cenere, magari avrebbe attirato l’attenzione di qualcuno.
Qualcuno.
«I
tuoi compagni, amici, ti hanno
abbandonato.» Mick alzò lo sguardo su chiunque
stesse parlando.
“Chi
è? Si è perso anche lui?” No,
impossibile. “Sa troppe
cose.” L’uomo
continuò a guardarlo dall’alto con fare superiore.
“Chi si crede di essere?”
Voleva dirlo, voleva parlare, ma quando
aprì la bocca non uscì alcun suono.
«Posso
darti quello che cerchi.» Aveva una cadenza lenta,
controllata e precisa. Si inginocchiò
davanti a lui, Mick non riusciva a scorgere il viso, solo i vestiti
scuri, qualcosa
di familiare ma non per quello sicuro.
«Tu
li trovi per noi» “Di chi
parla?” «Gli
darai la caccia, non temere, ti insegneremo come fare, li consegnerai a
noi,
non importa come.» “La
squadra.” «Avrai
la tua vendetta, noi avremo fermato una minaccia, tutti
vincono.» “No. Manca
qualcosa. Non ti fidare Mick.”
La voce nella sua mente era diversa, era una voce che non sentiva
da… da troppo
tempo, non sapeva quanto, avrebbe dovuto averla dimenticata.
«E tu potrai
andare a casa.»
Casa.
Mick
accettò senza più dubbi, con voce rauca per il
troppo disuso.
Quando
aprì nuovamente gli occhi gli alberi erano svaniti, la
stanza era ampia e
bianca, senza finestre, senza mobili ad eccezione del letto su cui era.
Mick posò
finalmente lo sguardo su un uomo con le braccia conserte che lo
guardava.
«Cosa
volete da me? Dove sono?» La voce era sbagliata o forse era
solo lui ad averne
dimenticato il suono.
«Non
temere, ci occuperemo noi di te.» Fece un breve gesto con la
mano indicando
attorno a sé mentre le pareti cambiavano mostrando uno
schermo con cose che Mick
non capiva. «Questo è il Punto di non Ritorno. Ti
consiglio di restare il più
fermo possibile.» Il sorriso che aveva era tutto
fuorché rassicurante, Mick conosceva
quel tipo di sorrisi. L’uomo uscì da una porta a
scomparsa e una volta richiusa
la parete era nuovamente uniforme come poco prima come se non esistesse
nessuna
porta.
Era
a metà strada tra il letto e la parete che qualcosa gli
attraversò la mente,
come una scossa, come… non lo sapeva, cadde a terra.
La rassegnazione infine
divenne Vuoto.
Angolino dell'Autrice: Alla
fine mi sono convinta a scriverla subito e, soprattutto a pubblicarla.
Non so quando la aggiornerò, non so se saranno due capitoli
o dieci o cos'altro. So in che direzione voglio andare ma non se
prenderò la strada più lunga... vedremo. Potrebbe
prendere in considerazione la coppia Mick/Len, lo aggiungerò
se sarà così. E probabilmente dovrò
spostare il rating su giallo, ma vedremo anche qui come si sviluppa. Al
momento è un poì confusionaria, non è
che i pensieri di Mick siano esattamente lineari, nè tanto
meno semplici D:
Per intanto spero vi piaccia com'è ;)
Bye Bye~
Aki
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