Pioggia1
PIOGGIA
I
Sulla guerra, la morte e la fuga...
Oggi
Pain
correva fissando la
strada davanti a sé mentre le gocce d'acqua per colpa della
velocità non facevano in tempo a posarsi sulla sua pelle,
venendo così spinte via dalla forza dell'aria.
Aveva un
unico pensiero fisso in mente, il resto ormai non contava; c'erano
più soltanto lui e la pioggia, come sempre d'altra parte:
ogni volta che accadeva qualcosa di brutto la chiamava.
Anni
prima...
Yahiko
aveva la faccia
inconsapevolmente imbronciata e guardava Jiraiya con la speciale
attenzione che si riservava a quelle persone da cui si spera di carpire
i segreti della vita.
Tenendo gli
occhi
spalancati per non perdersi nemmeno un movimento delle mani fissava il
suo maestro eseguire un jutsu; stavano tutti e due con le gambe
incrociate, seduti sul terreno brullo della piccola distesa di terra
davanti alla casetta nella quale da un po' di tempo convivevano insieme.
Il giovane allievo ammirava Jiraiya, perché sapeva tantissime cose sui ninja e
poi perché aveva aiutato tutti loro: lui, Nagato e Konan,
tre orfani senza possibilità di sopravvivere.
Ogni tanto
la sera,
quando gli altri dormivano nei rispettivi futon, Yahiko tirava fuori le
proprie mani dalla coltre di coperte per fissarle con
intensità;
quelle mani un tempo tenute strette dai propri genitori, un tempo
coccolate, baciate, ora diventate nient'altro che un mezzo per cercare
di proteggere quel poco rimastogli.
Una stella
in confronto alla galassia che aveva prima ma pur sempre una stella
che, in un modo o nell'altro, lo avrebbe guidato.
Quel giorno
Jiraiya
evocò un vortice che, partendo dal terreno,
scompigliò
allegramente i capelli a Yahiko il quale sollevò lo sguardo
al
cielo spalancando la bocca per poi scoppiare a ridere, andando incontro
al vento che trascinava con sé le foglie secche degli alberi
facendole roteare.
Sorridendo
a sua volta,
appoggiandosi con le mani sull'erba, Jiraiya guardò il suo
allievo correre verso l'enorme prato ingiallito, inseguendo e venendo
inseguito dalle foglie, mentre Konan in lontananza si limitava ad
ammirare lo spettacolo per poi venire improvvisamente trascinata
dall'amico, così che i lunghi capelli neri furono scossi
dalla
forza dell'aria.
Si
divertivano con
quella spontaneità che da adulti inevitabilmente si perdeva;
era
un percorso come tanti altri quello della crescita che però,
più di ogni altra cosa, Jiraiya rimpiangeva
perché troppe
volte le guerre, le morti, la paura lo acceleravano facendo perdere
tutto il fascino dello scoprire, giorno per giorno, di essere maturati.
Quei
bambini infatti si erano svegliati in un colpo solo già
uomini.
“Maestro...
se ne andrà anche lei?”
Jiraiya si
voltò
guardando sorpreso Nagato, un ragazzino pallido, più timido
ed
insicuro rispetto a Yahiko, ma dai modi sempre gentili.
Il ninja
della foglia scoppiò a ridere:
“Avanti,
adesso non pensare a queste cose! Ti preoccupi troppo!”
“Mi
risponda.” insistette quasi come se fosse una supplica.
Jiraiya
sospirò: “Un giorno dovrò pur fare
ritorno a casa.”
Nagato non
disse nulla,
limitandosi silenzioso a sederglisi accanto accovacciato, nascondendo
il mento tra le gambe accoccolate contro il petto.
“Capisco.”
rispose infine.
Tra i due
cadde il
silenzio così si limitarono per qualche istante a restare
immobili, accompagnati dal frusciare del vento e dall'eco delle risate
di Yahiko che correva spensierato.
“Non
sei solo, Nagato.”
Furono le
sue parole ad
averlo fatto andare avanti in quei mesi, spingendolo a scappare di
fronte agli orrori della guerra e dei massacri che, con spietata
indifferenza, gli avevano reso difficile addormentarsi la sera.
Guardava i
suoi amici scherzare pensando però, una volta che
Jiraiya li avesse lasciati,
a cosa ne sarebbe stato di loro e del fragile equilibrio che
faticosamente avevano cercato di ricomporre; in fondo erano solo dei
bambini, gettati brutalmente in un mondo che li aveva già
privati di quel poco che avevano.
Nagato
sospirò,
gli occhi tristi coperti dai capelli neri, finché con una
risata
Jiraiya non gli spettinò la testa commentando allegro:
“Credo
che dovremmo tornare a casa. Quest'oggi abbiamo fatto anche
troppo!”
Il
ragazzino
accennò ad un sorriso debole per poi alzarsi lentamente in
piedi, osservando, con la schiena un po' incurvata, Jiraiya sbracciarsi
per chiamare Yahiko che corse loro incontro, mentre Konan camminava
pensosa con un fiore in mano, sfiorandone i petali di un bel bianco
candido.
Tutti insieme
camminarono per la strada sterrata, spintonandosi a vicenda oppure
ridendo, anche se Nagato dentro di sé si sentiva male chiedendosi come facesse Yahiko, nonostante sapesse che ben presto
sarebbero stati abbandonati ancora, a ridere e trovare comunque il modo
di essere felice.
Perché
lui non era in grado di fare lo stesso?
La sera i
quattro erano
riuniti attorno al basso tavolino quadrato e Jiraiya, con le gambe
incrociate, si toglieva poco finemente i residui di riso rimasti
incastrati tra i denti, contraendo la bocca in un ghigno che faceva
ogni volta scoppiare a ridere Yahiko.
Konan
invece era
elegantemente seduta con la schiena appoggiata al muro, il fiore da lei
raccolto custodito in una tazza, ma che malgrado le sue attenzioni
già perdeva i primi petali, nel frattempo Nagato raccoglieva
pacato le ciotole, tirandosi su di tanto in tanto le larghe maniche che
gli coprivano le mani magre; a volte inspirava profondamente come per
cercare di catturare quell'odore di cibo e di famiglia prima che,
aprendo la porta, scomparisse per sempre.
Improvissamente Yahiko, intento ad affilare un kunai rimediato per strada in uno dei tanti conflitti
presso il villaggio, alzò la testa guardandosi un istante
attorno per poi notare:
“Non
abbiamo preso l'acqua... maestro, che facciamo? Io la recupererei
ora.”
Jiriaya si
passò la lingua tra i denti per poi scrutare fuori dalla
piccola finestra:
“Mmm...
si sta facendo buio. È meglio che vada domani mattina,
uscire adesso è troppo pericoloso.”
Ma Yahiko
si era
già alzato in piedi: “Non preoccuparti! Andremo io
e
Nagato insieme alla fonte! Vedrai, faremo in un attimo...”
Aprì la porta e trascinò per un lembo della maglia anche Nagato che, suo
malgrado, accantonò le scodelle così da seguire l'amico fuori
casa
mentre Jiraiya, sospirando, non aveva fatto in tempo a seguirli che
già erano scomparsi.
I due
corsero insieme
lungo la strada sterrata facendo ciondolare le braccia con in mano i
secchi in legno per contenere l'acqua, affianco a loro immensi prati si
estendevano a perdita d'occhio venendo a malapena illuminati dai raggi
lunari.
Finché,
dopo
qualche metro di corsa, non arrivarono presso la fontana dalla quale
sgorgava un fiotto d'acqua proveniente da una spaccatura in pendenza
del terreno, così da bagnare parte del suolo roccioso.
Yahiko
fischiettando
prese il suo secchio portandolo sotto il getto, scrutato dagli occhi
attenti di Nagato che inquieto si guardava attorno, comportamento che
però venne notato dall'amico il quale per contro
improvvisamente
scoppiò a ridere replicando:
“Avanti,
non c'è nessuno qui.”
Ma Nagato
si
rabbuiò chinando la testa, così che il lisci
capelli
scuri andarono a coprirgli parte del volto mentre le sue labbra si
mossero appena per osservare:
“Come
fai a dirlo? Come fai a credere che a causa della guerra stasera non
moriremo?”
Quel
sussurro carico di
dolore si perse attraverso il paesaggio notturno ma fu così
forte nella sua debolezza da colpire in pieno Yahiko che
appoggiò a terra il suo recipiente ormai pieno per poi
rispondere, sedendosi su una pietra con le mani incrociate:
“Non
lo dico. Lo spero semplicemente, purtroppo non posso fare molto
altro.”
Nagato
sollevò lo
sguardo fissando un po' stupito il compagno di avventure, accennando ad
un debole sorriso, infine si scostò un ciuffo di capelli da
davanti gli occhi dicendo:
“Hai
ragione, scusami.”
Senza
aggiungere altro
si mise all'opera in modo da riempire il proprio secchio,
così
che lo scrosciare dell'acqua sul solido legno venne accompagnato dai
fruscii degli alberi.
Improvvisamente
Yahiko,
anziché rispondere, si alzò in piedi di scatto e afferrò
il manico del catino esclamando allegro:
“Avanti,
sbrigati
a riempire quel coso! Facciamo a chi arriva prima ma è
vietato
perdere acqua oppure... penitenza!”
Senza
aspettare oltre il
ragazzino prese a correre ridendo e quando Nagato borbottò
qualcosa, affannandosi a riempire fino all'orlo il secchio, per tutta
risposta ricevette una bella linguaccia.
Dopo
qualche secondo,
non trattenendo un sorriso, il ragazzo dai capelli neri corse a passo
un po' incerto cercando di non far rovesciare il contenuto del suo
prezioso trasporto, finché non intravide lungo la strada
l'ombra
di Yahiko.
Lo
chiamò ma si
stupì notando che l'amico aveva iniziato ad indietreggiare
dopo
aver lasciato cadere il secchio, la cui acqua si sparse
rovinosamente sul terreno, per poi voltarsi così che Nagato
se
lo vide venire incontro gridando:
“Corri!
Due ninja...”
Non disse
nient'altro
affiancandosi al compagno, lo prese per il polso trascinandolo con
sé nella loro fuga disperata in direzione opposta rispetto
alla
casa dove li attendevano Jiraiya e Konan.
Nagato si
voltò
un istante, giusto in tempo per vedere due uomini inseguirli senza
esitazione, allora guardò l'amico il quale si
limitò a
dire:
“Siamo
sprovvisti di armi, dovremo provare a difenderci con qualche sasso
se...”
Se venivano
raggiunti?
Nagato non
disse nulla,
limitandosi ad annuire: si sentiva stranamente fiducioso solo
perché avvertiva sulla propria pelle la presa salda di
Yahiko,
consapevole quindi che non sarebbe mai stato abbandonato avendo il
proprio migliore amico al suo fianco.
Avrebbe
accettato anche
la morte in quel caso, la quale non gli faceva più
così
paura come ai primi tempi visto che era diventata una sorta di
silenziosa presenza che, di tanto in tanto, si limitava a fare la sua
comparsa.
Improvvisamente
però, dopo qualche passo, Yahiko venne colpito da uno
shuriken
lanciato da uno degli inseguitori; l'arma lo ferì al braccio
costringendolo a portarsi una mano al punto ferito per cercare
malamente di tamponare l'uscita del sangue.
“Maledizione!”
esclamò stringendo i denti.
Nagato
sbarrò gli
occhi impallidendo ma, avvertendo il sibilo provocato dallo spostamento
d'aria, riuscì a sentire arrivare la successiva arma
così
da schivarla spingendo di lato anche Yahiko.
I due ninja
si
arrestarono trovandosi di fronte a quei ragazzini all'apparenza
indifesi e, senza alcun rimorso, estrassero i kunai mentre uno di loro
esclamò:
“Finitela
di fuggire! Siete solo degli sporchi nemici, meritate di marcire come
tutti gli altri.”
Nagato non
ebbe
il lusso di pensare, si limitò semplicemente ad agire per
proteggere sé stesso e soprattutto il suo migliore amico da
quell'insana cattiveria, da quella smania di far soffrire gli altri
solo perché si trattava di una possibilità
così a
portata di mano.
Si
parò davanti a Yahiko gridando quasi con disperata rabbia:
“Morite!”
Lo disse in
un modo
talmente intenso e carico d'odio che la sua voce riecheggiò
per
la valle, disperdendosi nel cielo scuro che quella notte li scrutava.
Per qualche
istante
nessuno si mosse finché i due ninja, sbarrando gli occhi
terrorizzati, non si portarono una mano alla gola; cercarono di
respirare ma fu tutto inutile perché pochi secondi dopo
entrambi
gli uomini, morti, caddero a terra in un tonfo cupo.
Con il
cuore che pulsava
a mille, la respirazione accelerata e il corpo sudato i due ragazzini
guardarono spaventati quei corpi privi di vita, come temendo che
all'improvviso potessero rialzarsi e colpirli.
Yahiko si
voltò a
fissare Nagato che ancora non si era mosso, per poi accennare
faticando a far uscire la voce:
“Li...
hai uccisi.”
Nagato si
girò di
scatto verso di lui e avvicinò istintivamente le dita agli
occhi
così da sfiorare le ciglia scure, mentre un labbro gli
tremava a
causa dell'insieme di sentimenti che si rimestavano nello stomaco.
Aveva
appena tolto la
vita a qualcuno: era stato come strapparsi via un pezzo di
sé
per poi lanciarlo in un baratro la cui fine era sconosciuta; si sentiva
ancora sconvolto, vittima di un jutsu troppo potente per potersene
liberare.
Deglutì
e si
portò lentamente le mani lungo i fianchi, infine
osservò
appoggiandosi alla nuda razionalità: “O noi, o
loro.”
Yahiko
fissò
quegli occhi con intensità e fu quella sera, in quel preciso
momento, che si accorse del potere insito in cornee così
diverse
dal normale, dipinte da tanti cerchi concentrici che sembravano voler
essere nient'altro che un inspiegabile gioco di prestigio chiamato
morte.
“Cos'è
successo?”
I due si
voltarono
all'improvviso e videro davanti a loro la figura di Jiraiya,
accompagnato da Konan che silenziosa guardò immediatamente
Nagato il quale fissava senza parlare il suo maestro.
Yahiko
avanzò di qualche passo spiegando, con un vano tentativo di
non far tremare la voce:
“Ci
hanno attaccati e noi abbiamo agito di conseguenza.”
Jiraiya
però
sembrò non ascoltare le sue parole e, dopo aver tastato il
collo
di entrambi i ninja stesi a terra, si avvicinò a Nagato
scrutandolo un istante per poi notare preoccupato:
“Hai
usato il rinnegan.”
Il
ragazzino
sbatté appena le palpebre rispondendo infine:
“Sì
ma io non volevo... - si arrestò ripensandoci –
no, io in
realtà volevo davvero ucciderli. Se uomini del genere non
esistessero e morissero tutti il mondo sarebbe migliore.”
Un pesante
silenzio seguì quell'affermazione così dura.
Il maestro
si
limitò a sospirare, raccogliendo i secchi ormai vuoti, in
seguito avanzò verso la via del ritorno commentando:
“Andiamo
a casa.
Credo che dovrò riguardare molti miei progetti e curare
quella
brutta ferita al braccio di Yahiko.”
In fretta
Nagato si
passò un dito sugli occhi come per scongiurare la presenza
di
un'eventuale lacrima che, per l'emozione, minasse quella freddezza
apatica che era riuscito a mostrare, infine seguì il maestro
con
al suo fianco Yahiko da un lato e Konan dall'altro.
Quest'ultima
disse semplicemente, scuotendo appena la testa:
“Siete
stati due stupidi.”
Nessuno dei
due stupidi
in questione ebbe nulla da obiettare a quella veritiera affermazione
così, silenziosi, giunsero di fronte a casa dove Jiraiya si
era
arrestato, precludendo l'accesso alla porta chiusa.
Il ninja
della foglia li
guardò con le braccia incrociate e una leggera smorfia sulla
bocca, poco dopo roteò gli occhi commentando stanco:
“Non
dovete più fare una cosa simile.”
Il mondo
era pericoloso
e si sarebbe divorato senza troppi problemi quei tre ragazzini
inesperti, anche se probabilmente il vero pericolo era la sconcertante
abilità posseduta da Nagato: un'arma a doppio taglio che
doveva
venire maneggiata con cura.
Ma chi, si
era chiesto Jiraiya, avrebbe potuto insegnarlo a quel ragazzo?
Si
grattò il mento socchiudendo un istante le palpebre per poi
inspirare profondamente e annunciare:
“Avrei
una proposta da farvi.”
I tre si
scambiarono un'occhiata perplessa finché Yahiko non chiese
spalancando gli occhi:
“Quale?”
Quella sera
vedere sul
ciglio di una strada due ninja all'apparenza forti uccisi da un bambino
inesperto aveva portato l'eremita dei rospi a prendere una decisione
drastica.
Jiraiya si
tirò
su il lembo dei pantaloni sedendosi sul gradino di casa per poi
proporre, scrutando attentamente le espressioni di ognuno:
“Verreste
con me a Konoha?”
Contro ogni sua previsione quella semplice domanda avrebbe cambiato per sempre la
vita a Jiraiya il quale, seppur indirettamente, si sarebbe preso cura
di quei ragazzini orfani cogliendo allo stesso tempo l'occasione di
tener d'occhio il rinnegan, controllando che con l'età
Nagato
non perdesse il controllo di quel micidiale strumento di morte i cui
effetti però, per quanto sicuramente potenti, erano ancora
sconosciuti.
Portare dei
marmocchi al
villaggio avrebbe sicuramente significato ulteriori guai, per non
parlare delle proteste velenose di Orochimaru che gli avrebbero fatto
rimpiangere a vita la sua scelta; non importava, in fondo il suo
compagno di squadra volente o nolente si sarebbe dovuto ben
presto abituare alla presenza dei tre ragazzini.
Alla fine
vedere le espressioni stupite e al limite della felicità dei
suoi allievi tolse all'abitante di Konoha ogni sorta di
dubbio, portandolo a convincersi di star facendo la scelta giusta:
d'altronde se un ninja non serviva a proteggere gli altri avrebbe
smesso di essere uomo, riducendosi al mero ruolo di macchina da guerra.
Fu
così che quella notte Jiraiya aveva salvato qualcuno.
Sproloqui di una
zucca
Eccomi
ritornare, dopo un po' di muta assenza su questo fandom, con una nuova
fiction.
Questa volta non yaoi come le precedenti, bensì molto a
più ampio respiro nonché ricca di tanti
personaggi da trattare.
Ebbene sì, i veri protagonisti saranno proprio Nagato,
Yahiko e
Konan che interagiranno con le vicende degli altri, tutti a modo
loro importanti.
Ho sistemato la cronologia degli eventi per adattarla alla storia,
dunque potrebbero esserci eventuali incongruenze, quali ad esempio
l'età di Minato e Kushina che li ho resi grossomodo
contemporanei dei tre ninja della pioggia.
Preparatevi a tanti bei capitoli, il racconto si prospetta essere
più lungo di quelli che ho scritto fino ad adesso... per
quanto
riguarda Naruto, Sasuke e compagnia bella non riuscirete a vederli per
un bel po' ^^
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