A/N: Eccomi
qui e, come al solito... perdonate l'immenso ritardo! Però ci siamo, il
capitolo 12 è finalmente finito!
Prima di
lasciarvi, come sempre voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno
recensito... questo fandom è piccolo e ogni recensione davvero mi
riempie di gioia!
Grazie anche
a chi ha inserito la storia nelle seguite/preferite/da ricordare!
Bando alle
ciance... e buon capitolo 12!
Capitolo
12:
DARTS AND GLASS
Non viveva più in un mondo in fiamme. La sua realtà ora era fatta da
fitte di dolore e nebbia, che coprivano e offuscavano tutto ciò che lo
circondava.
Ricordava una partita a freccette contro la sua schiena, che ora
evidentemente si era trasformata in un torneo, perchè c’erano almeno
venti persone che lanciavano freccette contemporaneamente, impedendogli
perfino di respirare.
Si chiedeva chi cavolo avesse avuto la malsana idea di appendere il
tabellone sulla sua schiena. Probabilmente Foggy, ubriaco marcio, o
qualcun altro che avevano conosciuto al bar e li aveva convinti che
sarebbe stata una grande idea.
-Matt? Sei tra noi?- sentiva ancora la mano di Karen sul suo capo,
mentre gli accarezzava i capelli. Era sicuramente la loro segretaria,
perchè erano sicuramente una mano e una voce di donna (probabilmente
Foggy stava riposando. Per quanto tempo era rimasto incosciente, a
proposito?), tuttavia, il suo tocco e la sua voce, seppur familiari,
gli sembravano in qualche modo diversi. Probabilmente era solo
scombussolato. -Matt?-
Avvertì la preoccupazione nella voce della ragazza, e cercò di
risponderle, di dire qualcosa, ma se già respirare era impossibile,
parlare era praticamente impossibile. Non riusciva a tirare il fiato.
Ordinò ai propri occhi di aprirsi e mosse lentamente, molto lentamente,
la mano per incontrare quella della ragazza. Se si fosse limitato a
piccoli movimenti, il bersaglio sarebbe rimasto immobile e i giocatori
non si sarebbero arrabbiati, e chissà, magari avrebbero smesso di
mettere così tanta forza nei loro lanci.
Come previsto, i giocatori si calmarono e la forza dei lanci diminuì,
permettendogli (quasi) di respirare. Sfruttò il momento di relativa
calma per concentrarsi sulle mani, quella più vicina, che gli teneva
gli stringeva delicamente la sua e l’altra, che scorreva nei suoi
capelli.
No, decisamente non era la mano di Karen, ma non era nemmeno quella di
Foggy. A dire il vero, il suo calore, la stretta gentile, e quel modo
unico di accarezzargli i capelli, sembravano proprio quelli di…
Riascoltò mentalmente la voce, e non riuscì a non andare nel panico
quando capì di essersi sbagliato clamorosamente quando l’aveva
associata a Karen.
-No, no, no. Matt. Matt, calmati. Calmati.- Claire cercò di calmarlo,
spostando la mano dai suoi capelli alla sua guancia per accarezzarla
dolcemente, mentre l’altra si allontanò, cercando a tastoni qualcosa
che poi gli venne messo tra le braccia. -E’ tutto ok, Matt. Siamo a
casa tua. Stringi i guantoni, dai. Stringili. Sai a chi appartenevano.
Forza-
Cuoio rovinato, corde ormai sfilacciate e pronte a spezzarsi da un
momento all’altro, l’odore familiare. Erano i guantoni di suo padre,e
non c’era possibilità che Stick li avesse trovati.
Li strinse forte al petto, quasi piegandosi su sè stesso nel farlo,
ignorando il torneo in corso.
Che andassero a fare in culo, la prossima volta avrebbero appeso il
tabellone a una parete, se proprio avessero voluto giocare.
La presa sui guantoni lo aiutò finalmente a calmarsi e a concentrarsi.
Piano piano rilassò i muscoli, lasciando scemare il dolore.
Riprendendo lucidità, tornarono anche i ricordi, e con loro le parole
di Foggy. Giusto, non erano freccette. Erano pezzi di vetro. Molti
pezzi di vetro. Nella sua schiena. E doveva ringraziare Stick per
questo regalo.
-Matt?- la voce di Claire tornò a parlargli non appena riprese il
controllo delle proprie emozioni -Adesso ho bisogno che resti immobile.
Devo toglierti i vetri dalla schiena, e ti farà male. Puoi
sopportarlo?- Trovò da qualche parte la forza di annuire. Non era
sicuro di riuscirci, ma in qualche modo quelle cose andavano tolte, e
sicuramente dopo sarebbe stato meglio. Sentì qualcosa di morbido
premergli sulla bocca. Un bavaglio. No. No. Iniziò ad agitarsi,
gridando per il dolore, cercando di sottrarsi -Matt. Va tutto bene. E’
solo una maglietta. Apri la bocca, forza-
Claire stava di nuovo usando quel tono che lo avrebbe convinto a
obbedire a qualunque cosa gli avesse chiesto di fare: onesto, dolce e
fermo allo stesso tempo. Obbediente, aprì la bocca e lasciò che la
t-shirt gli venisse messa tra i denti. -Stringi forte quando ti fa
male, ok? Dovrai stare molto, molto fermo o dovrò anestetizzarti-
No. Tutto ma non l’anestesia. I suoi sensi ci avrebbero messo giorni a
tornare alla normalità e fino ad allora chissà cosa avrebbe potuto fare
Stick ai suoi amici, soprattutto se Claire si fosse lasciata andare a
un altro sfogo come quello che aveva fatto per telefono.
Annuì e cercò di prepararsi al dolore, ma dopo la prima fitta ci fu
solo il nulla.
Il nulla non era poi così male, in effetti. Il nulla non faceva male.
***
Scoprirono che Matt non andò oltre l’estrazione della prima scheggia
prima di svenire, e l’infermiera non potè fare a meno di sospirare di
sollievo.
-E’ davvero la cosa migliore che riesci a fare? Infilargli una
maglietta in bocca e sperare che svenga per il dolore?- Karen era
seduta sul pavimento, vicino al divano dove i ninja avevano depositato
Matt. Quando la donna di colore era uscita dall’armadio, la bionda si
era quasi presa un colpo, soprattutto perchè si era subito affrettata a
tagliare quello che restava della maglia di Matt e a controllargli le
ferite, senza dire una parola e senza lasciarle il tempo di capire cosa
stesse succedendo.
In tutto questo, Karen non aveva osato fiatare, troppo confusa e
spaventata per riuscire a elaborare una frase completa, soprattutto
dopo che l’aveva vista impallidire di fronte allo scempio che era
uscito una volta tolta definitivamente la maglietta nera. Ad ogni modo,
la ragazza aveva riguadagnato presto il sangue freddo e, nonostante
fosse privo di sensi, iniziò a parlargli a bassa voce mentre iniziava a
lavorare. Adesso, però, la rabbia che covava dentro da quando si era
ricongiunta con i propri datori di lavoro aveva preso il sopravvento.
-Rifiuta di prendere qualunque medicina- fu la calma (e quasi
distratta) risposta, data senza staccare gli occhi da Matt, mentre le
sue mani si muovevano lentamente sulla sua schiena alla ricerca di
piccole schegge invisibili ad occhio nudo, dando al ragazzo un po’ di
pausa tra una di quelle grandi e l’altra. -Mordere qualcosa non solo
eviterà che i vicini chiamino il 911, ma esorcizzerà il dolore,
aiutandolo a restare fermo- continuò poi, sempre senza guardarla
-perciò sì, è tutto quello che posso fare per aiutarlo. Sei Karen?-
-E tu chi sei? La puttanella di Stick?- Karen non riuscì a trattenere
la propria aggressività, anche se probabilmente questo suo
atteggiamento l’avrebbe portata a cacciarsi in un mare di guai, ma con
Foggy ostaggio di quel pazzo e Matt ridotto così non riusciva proprio a
controllarsi.
Probabilmente, se non fosse stata così sconvolta, avrebbe notato che
una collaboratrice di Stick non avrebbe avuto bisogno di nascondersi in
un armadio, ma non era decisamente nelle condizioni di notare certi
dettagli.
La donna, che finalmente riconobbe come colei che aveva assistito Elena
e Foggy la notte delle esplosioni, non le rispose, troppo concentrata a
togliere un grosso pezzo di vetro dalla scapola di Matt. Cinque o sei
altri frammenti erano già stati estratti, e ora erano appoggiati in un
piatto che aveva trovato della credenza della cucina. Guardandoli,
Karen non potè che darle ragione: probabilmente era davvero un bene che
fosse svenuto al primo, o il dolore sarebbe stato insopportabile. La
bionda all’improvviso trattenne il fiato: Daredevil o meno, Matt al
momento era completamente inerme nelle mani di quella donna, e ora
temeva che la sua impertinenza provocasse una vendetta, ma l’infermiera
sembrò non averla nemmeno notata, e rimase professionale, cercando di
fargli il meno male possibile.
-Questa era l’ultima- annunciò dopo aver estratto altri tre pezzi e
aver medicato e bendato il resto delle ferite, asciugandosi il sudore
dalla fronte usando la manica della camicia di Matt che stava
indossando.
-Allora? Sei quella che Stick chiama quando rischia di uccidere il suo
miglior soldato?- ora che il suo capo non era più sotto trattamento,
non riuscì proprio a contenere il proprio sdegno.
-Foggy non ti ha detto nulla?- Che cosa c’entrava ora Foggy?
-Foggy si è offerto come ostaggio per lasciare a Matt il tempo di
riprendersi- La donna sospirò, prima di voltarsi verso di lei, ma solo
dopo aver preso dolcemente la mano di Matt nella propria.
-Non lavoro per Stick, ok?- rispose, stanchezza ed esasperazione
trapelarono dalla sua voce -Non l’ho nemmeno mai incontrato. Sono solo
la ragazza fortunata che ha trovato un cieco moribondo nel suo
cassonetto nell’unica serata libera che aveva, ok? E, comunque, mi
chiamo Claire-
Nonostante la situazione, il modo in cui si era descritta non riuscì a
non strapparle un sorriso, senza contare che era stata gentile con lei,
nonostante il suo comportamento da stronza.
-Io di solito nel cassonetto ci trovo dei ratti giganti - le sorrise -A
te non è andata poi così male-
***
Claire non riuscì a non ricambiare il sorriso, nonostante fosse esausta
e volesse più di ogni altra cosa infilarsi a letto e dormire per almeno
un mese di fila. Si alzò, pensando che Karen non aveva tutti i torti, e
coprì Matt con una delle sue coperte super-morbide.
Erano passate solo due ore, due dannatissime ore, da quando Matt e
Foggy avevano lasciato l’appartamento per tornare da Stick, e quel
mostro in pochissimo tempo era riuscito ad arrivare a un passo
dall’ucciderlo. Foggy aveva avuto ragione.
Ma non poteva pensarci ora, Matt era al sicuro, aveva bisogno di
riposare, e lei doveva occuparsi anche di Karen. All’apparenza, non era
stata nemmeno sfiorata, ma non sempre le ferite lasciano segni
visibili, giusto?
Con un cenno della mano, la invitò a seguirla nella piccola cucina di
Matt per lasciarlo riposare (anche se dubitava che si sarebbe svegliato
tanto presto) e preparò un tè per entrambe.
-Cos’è successo?- le chiese tendendole la tazza fumante, da cui
proveniva il profumo di un infuso di frutti rossi.
-Non lo so. Ho sentito il rumore di qualcosa che si rompeva, e poi
Foggy urlare. Dopo un po’, i ninja di Stick sono entrati nella mia
cella, con Matt in queste condizioni. Foggy è rimasto per un po’ in
silenzio, poi ha fatto un patto con Stick. Io e Matt saremmo venuti
qui, e lui sarebbe rimasto come garanzia. Matt ha una settimana per
riprendersi e tornare a fare quello che faceva prima con quello
squilibrato.
Mentre l’ascoltava, Claire stava giochicchiando distrattamente con uno
dei pezzi di vetro ancora insanguinati che aveva estratto dal corpo di
Matt. Per la prima volta, a quelle parole, li guardò attentamente, e
non ci mise molto a riconoscere che fosse una delle fibre di vetro di
solito utilizzate per le finestre, di quelle che aiutavano ad attutire
i rumori provenienti dall’esterno e cercavano di minimizzare le perdite
energetiche. Sussultò e lo rimise nel piatto, prestando la massima
attenzione alla bionda di fronte a lei. Si rese conto che, troppo presa
da Matt, l’aveva completamente trascurata.
-Stai bene?- le chiese subito -Sei ferita?
-Eh?- sembrava quasi sorpresa,come se fosse anche lei talmente
preoccupata per il loro amico da non aver fatto caso a sè stessa. -No…
no. Sto bene. Sono solo dei graffi. Come sta Matt?
-Starè bene…- ed era la verità. Per un qualche miracolo non erano state
intaccate parti vitali -Beh, ovviamente se non darà di matto quando si
sveglierà e scoprirà quello che ha fatto Foggy- specificò -Gli ho dato
anche qualcosa per la febbre, e sto seriamente prendendo in
considerazione l’idea di tenerlo sotto sedativi per il resto della
settimana se non se ne sta buono.
Karen le sorrise, ma Claire notò comunque il leggero tremore nelle mani
della ragazza, che era probabilmente sia arrabbiata che spaventata a
morte. Claire sapeva esattamente come si sentiva. -Allora…- le
chiese rompendo il silenzio -Sai chi è? Matt, intendo.
-Adesso lo so- fu la risposta -E non ho idea di come faccia. Però… mi
ha comunque salvato la vita.
-Non sei… arrabbiata?.
-Con lui… e con Foggy. Ma farò i conti con loro quando tutto questo
sarà finito. Non sono un mostro, e non c’è gusto nel prendere a calci
in culo uno mezzo morto.
Claire non riuscì a trattenere una risata. Karen le piaceva; era forte
e divertente. Non esattamente il tipo di ragazza da “aiuto sono una
principessa in pericolo, vi prego, salvatemi”- Sambrava proprio il
genere di persona di cui Matt avrebbe potuto innamorarsi, persò
sorseggiando il proprio te.
E perchè stava pensando una cosa del genere, ora?
-Lo terrai davvero sedato per una settimana?- Karen interruppe i suoi
pensieri -E’ ferito, se ne starà buono comunque.
Claire rise ancora, senza riuscire a trattenersi, ma solo perchè ridere
era comunque meglio che pensare a quanto sarebbe stata dura tenere Matt
su quel divano dopo avergli detto che il suo migliore amico era nelle
mani di Stick. -Che c’è di così divertente?
Giusto. Karen di Matt aveva visto l’avvocato e la persona sempre
gentile e pacata che era quando non si divertiva a picchiare i
malviventi sotto una maschera. Probabilmente aveva anche visto quanto
potesse essere caparbio nel suo lavoro, ma di certo non l’aveva visto
in questo genere di situazioni.
-La notte che l’ho incontrato- spiegò, lasciando che le labbra le si
incurvassero in un sorriso nostalgico al ricordo -gli era collassato un
polmone. Dopo un’ora era di nuovo sulle strade a combattere dei russi
che avevano rapito un ragazzino. Ora parliamo di Foggy, per cui no,
credimi, sarà tutto tranne che tranquillo.
Karen si voltò verso il divano, e Claire ne seguì lo sguardo, mentre la
rabbia tornava a salirle in corpo. Matt era ancora privo di sensi, la
bocca ancora dischiusa dopo che aveva sfilato la maglietta, la schiena,
nascosta da una coperta morbida, piena di punti e bende che
proteggevano le ferite. Se le sue ipotesi erano giuste, Stick lo aveva
con molta probabilità lanciato giù da una finestra e dopo, a giudicare
dai lividi che stavano comparendo, doveva anche averlo riempito di
botte, e probabilmente Matt non aveva nemmeno cercato di difendersi,
per mancanza di forze o, forse, per non rischiare ripercussioni sui
suoi amici. Chiuse le mani a pugno e si ficcò le unghie nella carne,
respirando lentamente per calmarsi.
-Fo… Fog… - la voce di Matt a malapena definibile come un sussurro,
tanto che l’unica cosa che la convinse di averla sentita davvero fu il
fatto che Karen era impallidita. Il ragazzo era perfettamente immobile,
con gli occhi chiusi, e per un attimo Claire non fu certa che fosse
sveglio. Si avvicinò cautamente, fermando Karen con un cenno della mano
quando la segretaria accennò a seguirla. Non sapeva quale sarebbe stata
la reazione di Matt a un eventuale contatto fisico, e al momento non
poteva proprio permettersi un secondo paziente. -Fog… a… aiuto.
-Matt?- Claire sussurrò il suo nome senza però avvicinarsi troppo al
divano. Non ci teneva a venire colpita -Matt? Sei sveglio?- Riusciva a
malapena a sentire la propria voce, ma non dubitava che a lui sarebbero
arrivate forti e chiare. Matt aprì gli occhi.
-Cla… non… r… riesco… a… muov…
Ok, questo non era un buon segno. Era uno di quei segnali abbastanza
allarmanti da spaventarla e farle perdere la calma, soprattutto perchè
si trovava di fronte a mister “non mi ferma nemmeno un polmone
collassato”. Fece mente locale (non che avesse poi bisogno di
concentrarsi molto, la mappa delle schegge nella sua schiena le si era
stampata in testa, e probabilmente sarebbe tornata a tormentarla la
notte) e ricordò che alcuni pezzi, i più grandi, erano penetrati in
profondità nella carne, e si chiese, per la prima volta e maledicendosi
per non averlo fatto prima, se non avessero causato una qualche
emorragia interna o danneggiato qualche organo.
-Karen- mormorò, sforzandosi al massimo di mantenere un tono di voce
calmo, non voleva agitare nè Matt nè la ragazza. -Stai pronta a
chiamare il 911 non appena te lo dico, ok? Componi il numero e tieni il
dito pronto a schiacciare l’inoltro di chiamata.
-No…. Amb… anza.
Claire ignorò l’implorazione.
-Cornetto, adesso ascoltami bene, ok? Mi stai ascoltando?- Un
impercettibile cenno con la testa. La stava ascoltando. -Ora sentirai
qualcosa di freddo e metallico sulla pelle. E’ uno stetoscopio, lo
usero per auscultare gli organi interni. Cercherò di essere delicata,
ma probabilmente ti farà un po’ male dove sei ferito. Se sento qualcosa
che non sia la tua normale respirazione, ti portiamo in ospedale. Non
posso curarti se devo aprirti per drenare un’emorragia. Siamo
d’accordo?-
-D’a….o-
Claire sospirò di sollievo. Quel che restava del suo buon senso (perchè
gran parte evidentemente aveva fatto le valigie e se ne era andato la
notte che la sua vita aveva incrociato quella di Matt Murdock) la
stava implorando di portarlo immediatamente in ospedale, ma si riteneva
fortunata che avesse accettato quel patto. In una giornata migliore (o
peggiore?) non sarebbe riuscita a ottenere una risposta diversa da un
secco “no”, quindi mise a tacere la sua coscienza e si costrinse a
considerarla una vittoria e tornò al lavoro. Come promesso, cercò di
appoggiare a malapena l’estremità metallica dello strumento sulla pelle
nuda del ragazzo, a cui sfuggì comunque un gemito di dolore.
Ignorò la fitta al cuore che la colpì e spostò il tondo in
corrispondenza degli organi principali: cuore, polmoni, bronchi, fegato
e milza, rimanendo su ognuno un tempo maggiore di quello che
normalmente era necessario per cuore e polmoni, ma c’era un motivo se
avevano inventato le ecografie per individuare certi tipi di problemi.
Sfortunatamente, un ecografo non passava proprio inosservato se veniva
fatto sparire da un ospedale, e costava decisamente più di uno
stetoscopio.
Non avvertì nessun rumore anomalo, e non sapeva se essere contenta o
meno.
Nel dubbio, imprecò.
E imprecò di nuovo, questa volta direttamente contro Matt, quando in
risposta le sue labbra di sollevarono leggermente in una smorfia
esultante. Aveva vinto. Di nuovo. L’insulto lo fece sorridere di nuovo,
e non potè fare a meno di ricambiare, questa volta, passandogli
dolcemente le dita tra i capelli sudati in segno di conforto.
-Ac...a-
-Acqua?- gli chiese Claire. Era difficile capire esattamente quello che
stesse dicendo, ma non poteva chiedergli di fare più di così. Senza
antidolorifici in corpo, con lo shock della caduta e lo stress
dell’intera situazione, l’eloquenza era una delle ultime cose a cui
Matt doveva pensare. Un cenno della testa le disse che aveva
indovinato. Si alzò dalla posizione accovacciata in cui era solo per
trovarsi accanto Karen, pronta con un bicchiere e una cannuccia che
aveva pescato da chissà dove nella dispensa di Matt. La biondina le
porse entrambe le cose, poi fece un passo indietro, lasciandole campo
libero per lavorare. Claire questa volta si mise più comoda, mettendosi
in ginocchio sulla tappeto. -Matt, apri la bocca-
Se non altro, sapeva quando era il caso di obbedire. Peccato se ne
ricordasse solo quando era in punto di morte. Gli infilò piano la
cannuccia, lasciandogli il tempo di capire cosa fosse e richiudere
quelle labbra. -Succhia- gli ordinò -lentamente-
-Grazie- sussurrò quando il bicchiere fu vuoto, ed era a malapena un
sussurro, come quando si era svegliato, ma questa volta era una vera e
propria parola, quindi probabilmente doveva solo dargli il tempo di
riposare e calmarsi.
-Riposa- gli sussurrò quindi -Ne hai bisogno-
Non ebbe bisogno di ripeterglielo, non era nemmeno sicura che l’avesse
sentita pronunciare l’intera frase, tanto velocemente tornò
nell’incoscienza. Si voltò di nuovo verso Karen, che era ancora molto
pallida, con gli occhi spalancati dallo shock e dalla paura. Si
avvicinò e la prese gentilmente per un braccio, guidandola lentamente
verso la sedia più vicina; la sentiva tremare leggermente.
-Karen? Stai bene?-
-Come puoi… sopportarlo?- le rispose la segretaria, sforzandosi di
mantenere ferma la propria voce, stringendo le braccia attorno al
proprio petto. -E’... terribile. Non… sembra… nemmeno...lui-
-Karen. Ascoltami, ok? Starà bene, te lo prometto. Deve solo riposare e
calmarsi-
-Non riesce nemmeno a parlare!-
-E’ spaventato, Karen, e dolorante. Dagli un pochino di tempo, ok? Fai
una cosa, mettiti a letto e dormi almeno un pochino anche tu. Sei
esausta. Resto io con lui-
-Non posso… io…- la biondina non riuscì a finire la frase. La voce le
si ruppe in gola e lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance, il
corpo scosso dai singhiozzi.
Claire se lo aspettava, e non ne fu troppo preoccupata. Quella ragazza
era davvero forte, ma l’ultima settimana era stata dura per lei: era
stata rapita, ricattata, e, ciliegina sulla torta, aveva scoperto che
il suo capo, un ragazzo mite, educato e cieco, era il vigilante
mascherato che le aveva salvato la vita; e adesso la stessa persona era
stesa su un divano, incapace di muoversi o formare una frase completa.
Il collasso era inevitabile.
Claire la fece di nuovo alzare e la accompagnò nella stanza di Matt,
chiudendo la porta dietro di loro per evitare che Matt si svegliasse.
Non sapendo bene che altro fare, la abbracciò stretta, sperando che si
calmasse. Karen, ovviamente, la respinse e Claire non insistette più di
tanto. La aiutò a stendersi a letto, facendole appoggiare la testa su
uno dei morbidi cuscini di Matt. La biondina vi nascose il volto e
l’infermiera le rimase accanto, ascoltandone i singhiozzi. Alla fine
Karen riuscì a ricomporsi, e si voltò a guardarla.
-Mi… mi dispiace-
-No, tranquilla. Va tutto bene- Claire si allontanò per un attimo, ma
solo per prenderle un bicchiere d’acqua e un paio di pastiglie -Bevi.
Ti aiuteranno a dormire e a rilassarti-
-Non posso prenderle…- obiettò -Matt…-
-Karen, ascoltami. Matt è il peggiore incubo di ogni infermiera- ma il
sorriso che le salì spontaneo al volto tradì il fatto che la cosa era
ben lontana dall’infastidirla davvero -Domani dovremo dirgli che il suo
migliore amico, senza alcuna capacità se non quella di cacciarsi nei
peggiori guai per proteggerlo, si è offerto come ostaggio per dargli la
possibilità di farsi curare. Ecco, questo lo renderà, se possibile,
pure peggio di un incubo e toccherà a noi due sorvergliarlo a vista per
evitare che si fiondi da Stick a farsi uccidere per liberarlo. Quindi,
ti prego, ho davvero bisogno che ti riposi. Non posso farcela da sola.
Quindi, ti prego, Karen, se non vuoi vedermi impazzire, dormi un po’...-
Karen sospirò, ma bevve e poi tornò a stendersi.
-E’ Matt. Non può essere così terribile…- sorrise chiudendo gli occhi.
-Lo scoprirai domani. Ora, dormi-
***
Foggy.
Matt si svegliò di soprassalto, mettendosi seduto sul divano.
La testa gli pulsava e la sua schiena mandava scariche di dolore per il
movimento improvviso, ma riuscì comunque a sedersi, soffocando un gemto
di dolore per non svegliare Claire. Il dolore scemò abbastanza
velocemente, segno che si trovava sotto antidolorifici, ma non sentiva
la testa pesante e i suoi sensi non erano ovattati come dopo
un’anestesia,
Percepiva chiaramente l’infermiera che dormiva accanto a lui,
accoccolata sul tappeto ma con la testa e le braccia poggiate sulla
seduta del divano. Cercò di muoversi il meno possibile, ma era già
troppo tardi: il suo battito cardiaco aumentò leggermente e il respiro
si fece meno profondo. Pochi secondi dopo alzò la testa.
-Scusa- sussurrò, tenendo la voce bassa per non svegliare Karen, che
invece dormiva ancora beatamente nel suo letto. Claire gli sorrise in
risposta e gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Si concese un
sorriso rilassato in risposta, appena prima di notare che in lei c’era
una strana tensione e… un attimo.
Incluso lui, sentiva solo tre battiti cardiaci. Per quale cavolo di
motivo non sentiva quello di Foggy? E che ci facevano nel suo
appartamento? Cosa era successo? -Claire?- chiese, non riuscendo a
sopprimere completamente la nota di panico che si era impossessata di
lui in risposta all’assenza del suo migliore amico. Lasciò il resto
della domanda sospesa nell’aria tra loro. Era anche l’uomo senza paura,
ma in questo momento non riusciva a trovare il coraggio che gli serviva
a completare la domanda e, allo stesso modo, che Claire sapesse quello
che stava per chiedere e non fosse ansiosa di rispondergli, e questo
non aiutava di certo la sua paranoia. Eppure doveva farlo. Non poteva
non sapere. -Dov’è… Foggy?-
Il silenzio che ne seguì fu abbastanza da mandarlo quasi in panico.
Fu probabilmente la sua improvvisa tensione a convincere la ragazza a
rispondergli, finalmente.
-Matt- lo pregò -promettimi che non farai niente di stupido. Promettimi
che non tornerai subito da Stick, che aspetterai finchè non ti sarai
rimesso-
Ok, ora era ufficialmente in panico.
-Cosa è successo, Claire?- chiese, con una nota di acciaio nella voce.
Se Stick aveva fatto del male a Foggy...
La sentì prendere un lungo, profondo, respiro prima di parlare.
-Foggy è vivo, e sta bene- iniziò, e Matt rilascio finalmente il fiato
che non sapeva di aver trattenuto fino a quel momento. Foggy era vivo e
stava bene. Ok. Annuì.
Più rilassata, Claire lo aggiornò su quello che era successo e che
Karen le aveva raccontato. Matt ascoltò tutto in silenzio con gli occhi
chiusi, lasciando che ogni parola penetrasse dentro di lui. Sentì la
mano di lei spingerlo a stendersi, ma oppose resistenza e alla fine
Claire smise di insistere. Non poteva riposare, non quando tutto ciò a
cui riusciva a pensare era Foggy. Foggy che si era sacrificato per lui,
Foggy che detestava Daredevil, Foggy che era una delle persone più
pacifiche che conoscesse al mondo (tranne quando un certo vigilante lo
faceva arrabbiare), Foggy che aveva sempre il sorriso stampato in
faccia ed era sempre pronto ad aiutare. Foggy, che adesso era nelle
mani di Stick, da solo.
-Matt?- la voce di Claire esitò, preoccupata.
Scacciò con un gesto rabbioso le lacrime che gli erano salite agli
occhi.
-Voglio parlare con Stick- la voce gli uscì roca, ma ferma.
In realtà “voglio parlare con Stick” non copriva nemmeno lontanamente
quello che avrebbe voluto fare. Avrebbe voluto tornare indietro
immediatamente, liberare Foggy e, forse, riempirlo di botte per aver
messo la propria vita in pericolo (Disse quello che pestava delinquenti
vestito da diavolo…) e poi, forse, abbracciarlo come mai aveva fatto
prima, perchè mai nessuno finora aveva rischiato tanto per lui. Ma
Claire (e Foggy) avevano ragione: non sarebbe sopravvissuto a un altro
volo come quello, senza contare che riusciva a malapena a muoversi,
quindi sarebbe stato praticamente inutile, ed essere inutile intorno a
Stick equivaleva a diventare un bersaglio su cui il vecchio sfogava la
propria rabbia. Tuttavia, chiamare Stick era un primo passo: sentiva un
bisogno quasi fisico di sentire con le proprie orecchie che Foggy
stesse bene e Stick avrebbe mantenuto la parola data
-Domani mattina, Matt. Te lo prometto- Claire cercò di nuovo di
spingerlo giù -Ora, per favore, prova a rilassarti e a dormire, ok?-
Stava di nuovo usando quel tono, e Matt non potè fare altro che
obbedire come un bravo bambino. Odiava quando parlava in quel modo. E
odiava quell’adorabile sorriso soddisfatto che sentiva che stava
nascendo sulla sua bocca, e che avrebbe dato qualunque cosa per vedere,
anche solo per un secondo.
-Posso avere dell’acqua, per favore?- le chiese e quando tornò, stava
cercando di nuovo di alzarsi.
-Quale parte non era chiara di “prova a rilassarti e dormire”?-
-Cercavo solo di andare a controllare Karen. Sta bene?-
-Siediti- Claire lo spinse gentilmente sul divano e gli piazzò il
bicchiere tra le mani con una decisione che gli fece capire che forse
non era il caso di obiettare. Era un avvocato, dopotutto, sapeva
riconoscere una causa persa. -Sta bene- riprende quando fu certa che
non avrebbe cercato di alzarsi di nuovo. -Le ho dato qualcosa per
aiutarla a dormire. Ah, e ha anche detto che quando tutto sarà finito
prenderà a calci il tuo grazioso culetto e quello di Foggy. Sembrava
abbastanza seria, se vuoi la mia opinione-
Matt non trattenne un sorriso. Non aveva nessun dubbio riguardo la
serietà della ragazza, ed era anche sollevato: se pensava a prenderli a
calci, allora stava bene.
-Anche tu dovresti dormire- le disse, percependo quanto fosse stanca
con una fitta di senso di colpa. La stanchezza di Claire era solo
l’ultima cosa sulla lista delle cose che i suoi amici, la sua famiglia,
stavano passando per colpa sua. Prima Karen era stata presa in
ostaggio, ora Foggy, Claire era stata trascinata via dalla sua nuova
vita e adesso a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti e lui era
conciato come uno straccio e non c’era alcuna possibilità che potesse
fare qualcosa per aiutare anche solo uno di loro.
-Matt. Smetti di pensare- Con un singolo, fluido movimento, Claire si
sedette accanto a lui e gli passò un braccio attorno alle spalle. -Non
è stata colpa tua. Ci siamo tutti infilati in questo casino perchè ti
vogliamo bene e teniamo a te, e non vogliamo vederti morto o, peggio,
trasformato in un killer o uno di quei ninja, ok? Non ci hai costretto
tu. E’ stata una nostra scelta- Come faceva a sapere quello che stava
pensando? Era davvero un tale libro aperto per lei? -Stai di nuovo
facendo quella faccia, quella che dichiara al mondo che sei il Diavolo
e nessuno dovrebbe starti vicino- Ok, forse lo era.
-Claire…-
-Matt, ha ragione- la voce di Karen li fece sobbalzare entrambi. Non
l’aveva proprio sentita svegliarsi o muoversi fino a raggiungere il
salotto. Sentì i suoi passi leggeri avvicinarsi mentre la sua forma
infuocava si sedeva vicino al lui, dall’altro lato rispetto a Claire.
-Te l’ho già detto, e te lo ripeto ora: non sei solo, Matt. E non sei
un Diavolo… mi hai salvato la vita ed evitato una condanna per
omicidio, ricordi?-
-E hai salvato me dai russi- le fece eco l’infermiera.
-Sì, che ti hanno rapita per arrivare a me, perchè sapevano che mi
avevi aiutato-
***
Ci risiamo.
Matt era caduto di nuovo in uno dei suoi loop mentai in cui si riteneva
responsabile per tutti i mali del mondo, incluse le guerre sante, il
nazi-fascismo, la bomba atomica e la mela mangiata da Eva. Claire aveva
iniziato ad associare questi periodi a un ciclo mestruale, perchè
lasciavano il ragazzo silenzioso, irritabile e, soprattutto, irritante
e, cosa peggiore, tornavano a intervalli più o meno regolari. Quando
succedeva, non c’erano parole o azioni che potessero convincerlo del
contrario, perchè finire mezzo morto nei cassonetti non era una prova
sufficiente che stesse già facendo anche più di quanto fosse possibile
per tenere al sicuro quante più persone poteva. L’infermiera sospirò,
preparandosi mentalmente a una lunga notte, quando Karen interruppe i
suoi pensieri.
-Si’, in effetti fai schifo-
Claire non fu l’unica a sobbalzare. Matt si voltò di scatto verso la
biondina, lo sguardo sorpreso di chi ha appena ricevuto un colpo in
faccia che subito si trasformava in senso di colpa. Claire fece per
intervenire, ma poi qualcosa nell’espressione di Karen le suggerì di
aspettare e vedere dove sarebbe andata a parare. Sperava solo che non
finisse troppo male. Claire rivolse lo sguardo verso Matt… e il suo
cuore perse qualche battito.
Karen era rimasta in silenzio, mentre Matt… Oh, mio Dio. Sembrava…
completamente sconvolto e perso, totalmente è incredibilmente tenero,
con gli occhi spalancati e umidi, sull’orlo delle lacrime. Stava
trattenendo il respiro, cercando di prepararsi a qualunque altra cosa
Karen gli avrebbe detto. Claire la guardò di nuovo, e vide che stava
digitando qualcosa sul telefono, dove Matt non avrebbe potuto leggere
nemmeno con i suoi supersensi. Karen voltò il telefono verso di lei.
“Reggimi il gioco” prima di parlare di nuovo -Lo prendo come un
insulto. Claire?”
Che diavolo voleva dire? Decise in mezzo secondo.
-Concordo- disse, convinta. Era quasi sicura che Matt non era nelle
condizioni di percepire qualcosa dal suo battito cardiaco.
-C...Cosa?- Matt pose la domanda nel tono più timido che Claire potesse
immaginare, a stento in grado di evitare di scoppiare in lacrime. Era
una vista che spezzava il cuore.
Ti prego, Karen, se è uno scherzo
chiudilo, qui. Ti prego.
-Sei da solo,- riprese la parola la segretaria -in casa tua, con due
donne stupende a prendersi cura di te… dovresti assolutamente essere un
fottuto diavolo!-
L’allusione era così evidente che Matt divenne all’improvviso più rosso
del suo costume. Come cavolo faceva ad essere ancora più tenero di
prima? Claire scoppiò a ridere di fronte al suo imbarazzo, sicuramente
frutto della sua educazione cattolica, e fu sollevata quando vide il
suo viso accendersi in una risata leggera, i suoi muscoli rilassarsi
mentre la tristezza veniva, almeno in parte, spazzata via dallo
scherzo.
Fu anche sopresa quando si rese conto che il ragazzo non era stato
l’unico ad aver bisogno di farsi una risata, anche lei si sentiva
decisamente meglio, e anche Karen aveva ripreso colore. Aveva appena
salvato la giornata.
Tornò alla realtà quando le ferite di Matt si fecero sentire,
trasformando la sua risata in una tosse dolorosa e soffocata. Claire fu
subito pronta a sorreggerlo e a farlo stendere, ma quando si calmò
stava ancora sorridendo, quindi probabilmente non stava poi così male.
-Vi odio, ragazze-
-Bene- replicò Claire -Allora dormi, così non dovrai vederci-
-Claire, sai che sono cieco, vero?-
-Dormi, cornetto- gli ordinò dandogli un bacio leggero sulla fronte.
-Anche tu, Claire- ed era serio. Annuì senza protestare. Era esausta.
-Promesso, Cornetto. Il tuo tappeto è caldo e comodo-
-Aspetta- intervenne Karen all’improvviso -Matt ha un letto
matrimoniale, perchè non vieni a dormire? C’è abbastanza spazio per noi
due-
Claire ci pensò un attimo sopra, poi concluse che sarebbe comunque
riuscita a sentire se Matt avesse avuto bisogno del suo aiuto, per cui
annuì.
-Posso unirmi a voi?- Matt colse la palla al balzo. Fu ricompensato
dall’attacco simultaneo con i cuscini da parte delle ragazze -Ahi! Ehi,
sono ferito!-
-Buonanotte, Matthew-
A/N: Grazier
per essere arrivati fin qui! Fatemi sapere cosa ne pensate!
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