L'errore di Sherrinford Holmes 12
Note Autore:
Salve a tutte/i!
Ed infine, dopo un
tempo improponibile, ecco l'ultimo capitolo di questa odissea più
che storia. Come detto nelle note alla parte precedente, questo
capitolo è un po' a sé e sopratutto molto fuori dal canone ma non
ho resistito a scriverlo per molti motivi, soprattutto il volere
chiudere un cerchio e in un certo qual modo ritornare alle origini.
Voglio ringraziarvi
di nuovo e per l'ultima volta per l'affetto che avete dimostrato
verso questa storia e per le belle parole e le critiche costruttive
che mi avete regalato. Per quanto mi dispiaccia abbandonarla, sono
contenta di portarla a compimento e di potermi affacciare ad altri
progetti che ho da un po' in cantiere e soprattutto spero che la
nuova serie porti novità e spunti per tutte/i noi.
Quindi, come sempre
ma per l'ultima volta per questa storia, a voi l'ardua sentenza.
A presto,
Anne^^
L’errore
di Sherrinford Holmes
Non
potevo accontentarmi di meno
«Non
ci posso credere! Veramente non lo sai?»
L'uomo
cercò debolmente di liberarsi ma senza successo. Le dita di lei
sulle palpebre gli impedivano di usare quel senso, costringendolo a
catalogare quel ricordo attraverso la sensazione della sua voce
divertita a pochi centimetri dalle proprie labbra ed il corpo
sdraiato con estrema naturalezza sul suo.
Accennò
un sorriso prima di riprendere un'espressione annoiata.
«Non
è così importante.»
Le
mani di Molly si spostarono così da permettere a Sherlock di vedere
la tavola periodica sul soffitto della sua camera di adolescente e il
volto della patologa che sorrideva divertita.
«Non
è così importante?! La configurazione elettronica del ferro?! Ci
lavori con questa roba.»
Lui
scosse la testa sconsolato a quelle parole che gli ricordavano
Sherrinford e le sorrise. Lei rispose al suo sorriso per poi tornare
a sdraiarsi nell'incavo fra il braccio e il torace di lui, lo sguardo
nuovamente fuori dalla finestra.
Le
nuvole si muovevano rapidamente trascinate dal vento invernale.
Non
avrebbe mai immaginato che un giorno si sarebbe trovata lì, fra le
braccia di Sherlock ad aspettare che casa Holmes si svegliasse per
festeggiare il Natale. Sognato si, immaginato mai. Certo, non era
stato facile, anzi tutt'altro; avere una relazione con Sherlock
Holmes era ciò che di più assurdo, complicato, irrazionale e
contorto le fosse mai capitato. Aveva dovuto imparare a considerare
superfluo ed inutile tutto ciò che in passato le era sembrato
fondamentale in una relazione e aveva dovuto insegnare a lui cosa
volesse dire essere una coppia; si erano trovati a discutere delle
cose più assurde, concordare su effimeri dettagli e scontrarsi su
questioni fondamentali. Nonostante tutto, ce l'avevano fatta e senza,
in realtà, cambiare. Erano ancora Sherlock e Molly, solo che quella
congiunzione era cambiata arricchendosi di cene saltate, appuntamenti
non programmati, silenzi offesi, risate immotivate e tanto, tanto
altro.
Sentì
il braccio di lui cingerla maggiormente e la labbra avvicinarsi al
suo orecchio. Erano diventati anche questo, gesti e movimenti che
esprimevano pensieri, domande e sentimenti. Per questo Molly rispose
a quella tacita richiesta di chiarimenti sui suoi pensieri.
«Rideresti
di me.»
Si
voltò per poter osservare l'espressione falsamente riflessiva
dell'uomo.
«E'
una delle 24 reazioni possibili.»
Accennò
un mezzo sorriso prima di tornare ad osservare la luce tenue.
«Ad
un uomo.»
Lo
aveva detto così, un po' sovrappensiero e un po' per gioco ma fu
sorpresa dall'irrigidimento di lui. Certo, si era trattato di un
frammento di secondo, qualcosa di ancor più breve di un istante ma
lo aveva percepito. Aveva sentito i muscoli tendersi per poi
rilassarsi immediatamente e il respiro di Sherlock fare una leggera
variazione.
«Qualcuno
in particolare?»
Inspirò
muovendosi leggermente. Sherlock registrò la ormai familiare
sensazione dei capelli di lei che gli sfioravano la pelle ed attese.
«...Era
un bravo ragazzo, brillante!» si impose di rimanere immobile mentre
i suoi occhi registravano le dita di Molly stirare e piegare una
minuscola porzione del lenzuolo. «Avevamo lo stesso gruppo di amici.
Ci conoscevamo da molto tempo...» le dita di lei lasciarono il
lenzuolo per andare ad insinuarsi nel pugno parzialmente chiuso di
lui per aprirlo ed iniziare a seguirne le linee interne con un tocco
leggero. Un sospiro pensieroso la fece muovere nuovamente. «...non
sono mai stata una romantica. Non ho mai permesso a me stessa di
esserlo. Ma...» i muscoli del volto di Sherlock ebbero un fremito
vago mentre i suoi occhi seguivano la punta delle dita di lei che
sfioravano la pelle sensibile delle sue.. «...una volta che ho
sentito, anche se solo per un momento, quello che ho provato per
te....» si voltò nuovamente per tornare a guardare e scrutare gli
occhi di lui. «...mi hai rovinato. Non volevo accontentarmi di
meno.»*
Vide
gli occhi di lui cambiare colore ma il suo volto rimanere immobile
prima di parlare con apparente inespressività.
«Quindi
adesso dovrei ridere di te?»
Le
sopracciglia che impercettibilmente si alzavano e un angolo delle
labbra che si incurvava la fecero sorridere ed avvicinarsi per
rispondere all'ormai conosciuto bacio di lui.
«Lo
sai che lo farebbe.»
Un
sospiro di rassegnazione e condiscendenza uscì dalle labbra di lui a
pochi millimetri dal suo collo. Si sollevò per poterla guardare
negli occhi e lei, dopo aver fatto vagare lo sguardo sul suo volto,
gli sorrise. Un carezza leggera sulla guancia. Lui inclinò il capo
per assecondarla per poi chinarsi nuovamente e baciarla.
In
teoria era meglio non farlo, non incoraggiarlo, ma lei ricambiò quel
bacio esattamente come tutti gli altri per poi guardarlo abbassarsi
ed andare a sfiorare, come aveva fatto la prima volta e come da
allora avrebbe sempre continuato a fare, le sue braccia lì dove le
aveva strette ormai un anno prima.
Per
quanto gli avesse detto che non importava più, che era passato, che
l'aveva perdonato, lui aveva continuato a farlo ed era diventato uno
di quei piccoli dettagli che erano e sarebbero sempre stati loro.
Si
alzò per baciarla nuovamente. Un bacio più intenso, il corpo ancora
più vicino al suo.
«ALLORA?
GUARDATE CHE SALGO VERAMENTE!»
La
voce perentoria di Sherrinford riecheggiò nuovamente.
Molly
scoppiò a ridere mentre il volto sconsolato di lui si andava a
nascondere fra l'incavo del suo collo ed il cuscino.
«Oh John, il problema è
che quando era piccolo gli altri bambini non lo hanno accettato…»
«Sherry...»
«Un anno di “non gli
piaccio” e “non mi piacciono” e così via….»
«Sherry!»
«Cosa
c'è? E' vero?»
«Il
problema non ero io, erano loro.»
«Concordo
pienamente.»
«Oh
per favore Mike, tu eri peggio di lui.»
«Io?!
E non chiamarmi Mike!»
«Vi
ricordate del povero figlio degli Smith? Va ancora in terapia per
quella storia di Babbo Natale!»
«Sherry,
io gli ho solo detto la verità! Non vedo come quest...»
«Chi
viene con me dagli Hoower?...Non fate quelle facce, non mi interessa
chi ma almeno uno deve venire.»
«Sherry!»
«Sherrinford!»
«Cosa?!
Ma che razza di fratelli siete? Non ho alcuna intenzi...»
«Sherrinford,
noi abbiamo assolto al nostro stupido ed irrazionale dovere l'anno
scorso ed ora è il tuo turno.»
«Traditori!
Mamma ti prego, non voglio! Papà di qualcosa...»
«Beh
tesoro, in fin dei conti potremmo anche lasciar stare i ragazzi. Sono
adulti ormai, queste cose li mettono in imbarazzo.»
«E
al mio imbarazzo chi ci pensa? Lo sai che domenica scorsa Mrs Taylor,
ha detto a Mrs Fowler che Mrs...»
«John!
Smettila di farle mangiare biscotti o non pranzerà!»
Molly
si fermò sulla porta comunicante fra cucina e salotto. Un sorriso
accennato e uno sguardo sereno erano la palese dimostrazione di
quanto quel caos giocoso e familiare la facessero star bene.
I
battibecchi dei tre Holmes, le risate trattenute di John e Mary sugli
aneddoti infantili del consulente investigativo, il pugno di ferro di
Mrs Holmes, la simpatia del marito e lo sgambettare incerto della
piccola Watson la facevano sentire a casa, la facevano sentire bene.
Vide
la bimba vacillare un istante per poi sedersi, o meglio afflosciarsi,
involontariamente vicino alle gambe di Sherlock. Lui, ancora intento
a rispondere alle accuse della sorella, si chinò in avanti per poi
circondarle il torace con le dita affusolate e rialzarla, in un
gesto automatico e familiare. La piccola si aggrappò ad un suo dito,
per aiutarsi a superare l'incredibile ostacolo rappresentato dal
piede di lui, per poi lasciarlo e ricominciare a girovagare per la
stanza.
Un
sospiro, carico di tutto l'amore che potesse derivare da una scena
del genere, riempì il torace della patologa. Avrebbe potuto non
essere lì, avrebbe potuto non avere tutto ciò che adesso poteva
definire suo. Il senso di colpa che le si ripresentava ogni volta che
pensava a Norton e a ciò che lei aveva pensato di Sherlock, le
mutarono lo sguardo.
Abbassò
il volto e tornò in cucina per cercare di ricomporsi quando sentì
le braccia di Sherlock cingerle la vita.
Sapeva
che lui aveva capito e sapeva che non approvava quel suo senso di
colpa.
Appoggiò
la schiena sul suo petto stringendo a sua volta le braccia di lui.
Chiuse gli occhi registrando il battito calmo e regolare del suo
cuore, la stretta dolce ma decisa e le labbra che le sfioravano la
tempia.
«Te
lo assicuro...» lei trattenne il fiato «...non volevo traumatizzare
il figlio degli Smith.»
Molly
scoppiò a ridere prima di voltarsi ed appoggiare la fronte a quella
di Sherlock, il suo Sherlock.
Non
avrebbe più dubitato di lui, come non avrebbe più dubitato di loro
ma soprattutto non avrebbe più dubitato di sé stessa.
The
End
Note Autore:
*La
frase che Molly pronuncia deriva dal film “I guardiani del
destino”. Non so se la traduzione è fedele alla versione italiana
(sicuramente non è letterale) poiché la mia “ispirazione” non
viene dal film ma da un meraviglioso video su youtube. La ragazza che
lo ha fatto ne ha creati molti altri, ugualmente belli, e su cui
ovviamente la mia mente ha già iniziato a lavorare. Chissà, forse
alla fine ne usciranno delle vere storie. Qualora vogliate vederlo,
cosa che vi consiglio con tutto il cuore, il link è questo:
https://www.youtube.com/watch?v=IGtVkOXcEi4
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