Ti credo
Stava tremando dal freddo, seduto sulla riva del fiume mentre
attendeva l’arrivo di suo figlio Abe e di Jo. Dopo aver
finalmente trovato il coraggio e grazie anche a un piccolo aiuto da
parte di Abe, aveva rivelato la verità a Jo.
Come aveva previsto, la donna non aveva creduto alla storia che era
immortale ed era servita una prova pratica. Abe aveva messo nella sua
tazza di the un veleno che provocava una morte immediata e senza far
soffrire la persona che l’aveva assunto. Tipico di suo figlio.
Ricordava la faccia preoccupata della detective quando gli aveva
spiegato che dentro a quella tazza si trovava del cianuro e le sue urla
quando lui cadde tra le sue braccia per poi svanire sotto ai suoi
occhi. Ma gli aveva fatto una promessa: sarebbe tornato da lei e cosi
era stato.
–Henry- si senti chiamare da una voce familiare che gli fece voltare la testa in quella direzione.
Sorrise vedendo suo figlio e la donna di cui si è innamorato
corrergli incontro con una coperta tra le mani. Coperta che gli fu
avvolta intorno al suo corpo nudo mentre Jo mormorava un - Ti credo-
prima di abbracciarlo.
Henry ricambiò il suo abbraccio, stringendola forte a sé. Finalmente, poteva tornare a vivere.
Abe guardava la scena con un gran sorriso sul volto. Era felice per suo
padre. Dopo la morte della madre, l’aveva visto distrutto e
ferito come mai prima d’allora. Per anni, non si era avvicinato a
una donna per paura di soffrire di nuovo e di ricevere un rifiuto. O
peggio ancora: finire in un manicomio perché creduto pazzo ed
essere torturato quando le proprie facoltà mentali funzionavano
perfettamente.
E adesso poteva finalmente vivere accanto ad una donna che
l’accettava per quello che era e che si sarebbe presa cura di lui
fino a quando la morte non li avrebbe divisi.
Quando Henry si svegliò, la mattina seguente, si sentiva… felice.
Per la prima volta, dopo la morte di Abigail, si sentiva felice.
Guardava le cose da un’altra prospettiva e una nuova luce
brillava nei suoi occhi. Cosa che non sfuggi ad Abe quando lo vide
entrare in cucina e salutarlo con un sorriso sul volto. Un sorriso di
pura felicità.
– Buongiorno. Allora, come ti
senti?-
- Insolitamente bene. Avevi ragione. Dovevo fidarmi di lei- ammise Henry, sedendosi al tavolino e prendendo il giornale.
– Bè, io l’ho sempre detto che in queste cose non mi
sbaglio- si gongolò Abe, suscitando una risata da parte di Henry.
La sua risata fu interrotta dallo squillare del telefono. Abe
andò a rispondere, lasciando al padre la possibilità di
finire di bere il suo caffè.
– Henry, è per te. E’ Jo – disse l’uomo,
porgendo il telefono all’altro che prese tra le mani la cornetta.
– Sì, Jo? ... Va bene, arrivo subito. A dopo- chiuse la
chiamata -C’è stato un omicidio. Il lavoro mi chiama-
spiegò ad Abe, mentre si alzava dalla sedia e recuperava la sua
sciarpa blu scuro.
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