Quando la
memoria ti viene strappata via in toto, soffermarsi a ricordare la
propria infanzia è una cazzata per cui non vale alcuna pena. Eppure,
con le braccia incrociate sulla soglia degli alloggi di Five, il
primo pensiero di Three è stato per sé.
Che uomo orribile, direbbero alcuni (One di sicuro).
Ma è alla propria adolescenza che ha pensato, al fatto che forse,
nonostante la merda di cui è fatto, ha avuto anche fortuna, quella
di non ritrovarsi con una pistola in mano a sparare per salvarsi la
vita o salvare quella di qualcun altro.
Forse ha avuto più fortuna di Five. Forse no. Non lo saprà mai. E
non saprà mai nemmeno che diavolo dire alla ragazzina che gli dà le
spalle e finge di essere troppo impegnata con l’ultima diavoleria
che ha deciso di costruire.
«Sto bene.» la prima a parlare è proprio lei e la voce le trema come
il sorriso che gli rivolge, sbrigativo.
«E chi ha detto niente.»
Sì, sono un cazzone, fanculo. Non c’è nulla di nuovo, è fatto
così, dovrebbero saperlo tutti ormai sulla Raza, per questo non si
sente in colpa per aver parlato prima di contare fino a dieci.
Eppure il primo passo è per entrare nell’alloggio, il secondo è per
indirizzarsi verso la scrivania a cui Five è seduta e quelli che
seguono gli permettono di raggiungerla e posare entrambe le mani
alle sue spalle. È un peso morto quello che le lascia addosso – non
è delicato, non è dolce, ma è presente, nel modo in cui
nessuno si aspetta sia.
Non dice nulla e Five ha troppa paura che la propria voce non regga
alle lacrime che sente gonfiarle gli occhi, per parlare.
Rimangono in silenzio per così tanto, che alla fine Three si sente
costretto a fare qualcosa: all’inizio è solo un movimento circolare
dei pollici, poi piano piano diventa un massaggio leggero, lento,
che si arrampica sul collo sottile e percepisce sotto i polpastrelli
un fremito lungo ed intenso.
Five trema.
Non è sicuro che sia solo per quanto è successo, per la sensazione
dell’indice sul grilletto e di un colpo esploso. È anche per lui.
Serra la mascella, resistendo all’impulso di allontanarsi e mandarla
a farsi fottere – sarà anche una ragazzina, ma che cazzo, lui si
sta impegnando. Lui sta provando a fare qualcosa.
Eppure la voce di Five lo sorprende ancora, sottile, piccola,
come lei.
«Posso chiederti un favore?»
Three deglutisce.
«Spara.»
Shit, pessima scelta di parole. Se ne è pentito nell’istante
esatto in cui lo ha detto. Conta fino a dieci, dannazione. Conta.
Fino. A. Quel. Dannato. Dieci!
Ma Five – per fortuna – non spara. Né parla. Si volta a guardarlo,
con due occhi liquidi che gli fanno impressione (che gli fanno
timore, perché gli ricordano di avere un cuore), si solleva in piedi
ed è così instabile sulle gambe che le mani di Three non hanno il
coraggio di abbandonarle le spalle. Non sa come – anche se la vede
farsi avanti con il volto ed il busto, cadergli addosso – si
ritrovi ad abbracciarla e lei lo stringe più forte che può, con
braccia sottili che hanno a malapena la forza di tenersi sollevate
alla sua vita, dita che si aggrappano alla sua maglia e il volto che
affonda al suo petto.
Three ne guarda le spalle che sussultano per i singhiozzi
trattenuti.
«Hey.» è l’unica cosa che riesca a dire, maledicendosi per essere
incapace di trattare con i ragazzini. Con tutti in generale.
«Scusa.»
«Che cazzo ti scusi a fare?»
Si morde la lingua quando la sente irrigidirglisi addosso.
«Senti, se hai bisogno di piangere fallo, ok? Ma evita di rifilarmi
scuse inutili. Va bene così.»
Si è impegnato, vorrebbe che questo lei lo capisse (che il mondo gli
desse una medaglia per lo sforzo), vorrebbe essere capace di dirle
altro, di essere meno stronzo e più… come One. O come Six. Ma è solo
lui e non può fare più di così: abbracciarla ed aspettare che le
lacrime non piante si asciughino da sole.
Five, però, non gli chiede altro – in un certo senso non gli ha
nemmeno chiesto questo – chiude solo gli occhi e respira
l’odore pungente del corpo di Three.
Quando li riapre, l’unica luce della stanza è quella del monitor
acceso alla scrivania, lontano da dove si trova lei: sdraiata sul
letto. Due braccia le circondano mollemente le spalle, un mento
ruvido le solletica la fronte, un respiro caldo le soffia tra i
capelli e il battito regolare di un cuore si mescola al suo.
Three le dorme accanto, ma come lui stesso le ha detto poco prima:
Va bene così. |