Storia di una ragazza libera

di water_violet
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Era una classica ed inutile serata nel paese di Blueville.

Serata di inizio Maggio, fredda, piovosa, senza ispirazione.

Il paese con la poggia poteva diventare ancora più deserto di quanto non fosse usualmente: un modesto agglomerato di circa 5000 anime contava un paio di banche, un negozio di abbigliamento (risalente forse agli anni 60), una farmacia e l'ufficio postale... oltre a qualche piccolo caffè.

Entusiasmante metropoli piena di opportunità per una ragazza di 22 anni che si affaccia alla vita!

E invece no.

Paese di antico stampo, tra i più grandi della contea, vantava l'arroganza di volersi chiamare città di fronte ai più rurali e piccoli villaggi contadini dei dintorni; quando rimaneva invece bigotto e arretrato nei confronti delle città vere.

Mancava di un teatro, cinema, biblioteca e qualsivoglia forma di intrattenimento; mancava di cultura e rispetto dell'arte nonché di una mentalità propensa al cambiamento, al diverso e all'attivo.

Mancava oltretutto di persone che si distinguevano che si riconoscevano diverse dalle altre; i giovani non mancavano certo, ma l'età lo sappiamo bene conta poco in certe circostanze.

Passeggiate per le stradine del paese fino alla periferia costituivano l'unica fonte di distrazione dalla grigia e uggiosa noia che aleggiava tutta intorno alla città, se così vogliamo chiamarla.

*****

Ora che abbiamo più o meno inquadrato la piccola nebulosità chiamata Blueville torniamo alla piovosa notte di inizio Maggio.

Notte all'apparenza simile a tutte le altre, notte tranquilla, in casa con tazza di thè e computer.

Notte primaverile, quel primaverile incerto che si trova in mezzo tra inverno ed estate, tra freddo e caldo tra tutto e niente.

Ecco fu proprio in quella notte, normale all'apparenza, che tutto cambiò nell' essenza.

 

Non si trattò di un cambiamento in grande stile, fu più che altro un minuscolo passo per l'umanità ma un enorme passo per una ragazza di 22 anni (citando in maniera antitetica la celebre frase di Armstrong) dai capelli scuri come mogano e dagli occhi freddi come ghiaccio.
 

Aira, in camera sua, ascoltava la pioggia battere forte sulla finestra abbaino e come al solito pensava a come poter cambiare la sua vita.

Sognava in grande, sognava ad occhi aperti, sognava quasi sempre qualcosa di diverso qualcosa in più di quello che già aveva.

Guardava i suoi coetanei e suoi amici di Blueville sentirsi pienamente appagati nel vivere e morire nel paese natale, nell'uscire dall'ufficio alle 19.00, nel passeggiare tranquilli per le strade e nel fare aperitivo la domenica a mezzogiorno, prima del pranzo in famiglia.

Li guardava passare e si chiedeva se fossero veramente felici.

Li paragonava silenziosamente ad entità inconsapevoli, prive della capacità di base di riconoscere e riconoscersi nello spazio, dei robot che procedevano per comandi ed impostazioni e ripetevano meccanicamente gli stessi gesti giorno dopo giorno dopo giorno... dopo vita.

Aira si riconosceva purtroppo in questo meccanismo, era a conoscenza di fare parte anch'essa di un automa e di una società compatta e statica, ma per lo meno se ne rendeva conto.

E più se ne rendeva conto più cercava di cambiare la propria situazione, più cercava di evadere dalle circoscrizioni e dalle restrizioni.

Più il tempo passava e più ricercava la libertà.

Ne sentiva il bisogno come lo si ha di respirare, non ce se ne rende conto finché non se ne viene privati e allora diventa indispensabile alla sopravvivenza.

Aira ricercava la libertà per la sopravvivenza e fu proprio in quella fatidica, uggiosa, triste, noiosa notte di Maggio che decise di cambiare.





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